Consiglio di Stato n. 5013/2002

L’estinzione del procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 120, co.1, del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, per decorrenza di un termine non inferiore a novanta giorni fra il compimento di un atto e l’altro è automatica ed è indipendente dalle ragioni che hanno determinato la stasi del procedimento stesso, essendo volta ad evitare che il procedimento disciplinare possa protrarsi oltre un ragionevole limite di tempo, con evidenti conseguenze negative per l’incolpato (Cons. Stato, IV Sez. n. 1230/00; VI Sez.n. 4283/00; n. 650/96; n. 561/95)

Consiglio di Stato, sezione IV

Sentenza 30 settembre 2002 n. 5013

sul ricorso n.4750/93, proposto dal Ministero di grazia e giustizia, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la stessa domiciliato ex lege in Roma, via de’ Portoghesi n. 12,

contro

F. Michele, rappresentato e difeso dall’avv. Carlo Rienzi, presso lo stesso elettivamente domiciliato in Roma, viale delle Milizie n. 9,

per l’annullamento

della sentenza n. 387/93 resa inter partes dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez.I, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da F. Michele avverso il provvedimento di destituzione dall’impiego;

Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato sig. F. Michele;

Viste le memorie prodotte dalle parti; Visti gli atti tutti della causa; Nominato relatore alla pubblica udienza del 30 aprile 2002 il Consigliere Anna Leoni; Sentiti per le parti gli avv.ti Nicoli per l’Avvocatura Generale dello Stato e Mazzocco su delega dell’avv. C. Rienzi;

Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:

Fatto

1. Il Ministero di grazia e giustizia propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio- Roma, Sez.I, n. 387/93, con la quale è stato annullato il provvedimento di destituzione dall’impiego del sig. Michele F.

2. Sostiene l’Amministrazione appellante che l’argomentazione utilizzata dal Tribunale amministrativo regionale per l’accoglimento del ricorso(intervenuta estinzione del procedimento disciplinare ex art. 120 T.U. n. 3/57, in quanto tra la seduta della Commissione di disciplina dell’11/5/87 e la seduta finale del 12/9/88 sarebbero decorsi più di 90 giorni) sarebbe errata in quanto il termine di 90 giorni di cui all’art. 120 T.U. n. 3/57 sarebbe posto esclusivamente nell’interesse dell’incolpato e avrebbe lo scopo di evitare ingiustificati ritardi nella definizione del procedimento, per cui detto termine non decorrerebbe quando il suo decorso possa attribuirsi esclusivamente all’incolpato.

Sostiene, inoltre, che le modalità di comunicazione di cui all’art. 104 T.U. n. 3/57 sarebbero volte a consentire all’interessato di partecipare alla seduta quale esercizio del suo diritto di difesa.

Nella specie, l’attestazione dei Carabinieri del 20/10/87 dava atto della assoluta irreperibilità del F., sicchè l’avere l’Amministrazione fissato la seduta solo quando il medesimo si è reso disponibile non potrebbe determinare alcuna negativa conseguenza a danno dell’Amministrazione.

3. Si è costituito in giudizio il F. che, con articolata memoria, ha portato argomenti a favore dell’intervenuta estinzione del procedimento, essendo stato, a suo avviso, superato più volte il termine perentorio di cui all’art. 120 T.U. cit. (tra la contestazione di addebito del 23/4/86 e la trasmissione degli atti alla Commissione di disciplina del 30/7/86; tra la data della seconda riunione, 11/5/87, e la seduta finale di discussione del 12/9/88 non sarebbe intervenuto alcun atto idoneo ad interrompere il termine).

Vi sarebbe, poi, anche violazione dell’art. 113 T.U. n. 3/57 per mancata comunicazione del decreto del Ministro entro 10 giorni dalla sua adozione nei modi previsti dall’art. 104 dello stesso T.U.: il D.M. impugnato, recante data 26/1/89, è stato infatti notificato il 6/7/89.

4. Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 30/04/2002.

Diritto

1. La decisione in epigrafe ha annullato la sanzione disciplinare della destituzione dal 12/9/88 irrogata al sig. Michele F., segretario giudiziario dei ruoli della carriera di concetto del Ministero di grazia e giustizia.

Secondo il primo giudice il procedimento si è estinto in via automatica ai sensi dell’art. 120, primo comma, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, con il decorso di un periodo di tempo superiore a 90 giorni fra gli atti del procedimento (dopo la nota del 21/10/87 di trasmissione da parte della Pretura di Montebelluna al Ministero di grazia e giustizia della comunicazione in data 20/10/87 dei Carabinieri, relativa alla irreperibilità nella zona del F., nessun atto sarebbe stato compiuto entro il termine di 90 giorni, essendo costituito l’atto successivo dalla nota del 15/6/88 con cui il competente ufficio del Ministero ha trasmesso alla segreteria della Commissione di disciplina copia della decisione n. 466/88 della IV Sezione del Consiglio di Stato, che ha confermato la sentenza n. 861/84 del TAR del Lazio- Roma, Sez.I., di annullamento del D.M. 4/5/83 avente ad oggetto la risoluzione del rapporto di impiego del ricorrente per esito negativo del periodo di prova).

L’estinzione del procedimento per decorso di un termine superiore ai 90 giorni previsti dalla norma non poteva essere impedita dalla impossibilità di notificare all’incolpato, resosi irreperibile nella zona di Montebelluna, la nota del 6/10/87 di fissazione della seduta per la trattazione del procedimento alla data del 23/11/87, tenuto conto che l’art. 104 del T.U. n. 3/57 prevede, in maniera esaustiva, tutti i mezzi per ovviare alla irreperibilità anche volontaria dell’impiegato e che pertanto non si può giustificare con tale ragione il fatto che la seduta della Commissione di disciplina, già fissata per la data del 23/11/87, abbia avuto luogo solo in data 12/9/88.

Nell’appello l’Amministrazione ha dedotto che il termine di cui all’art. 120 è posto esclusivamente nell’interesse dell’incolpato ed ha lo scopo, oltre che di evitare ingiustificati ritardi nella definizione del procedimento, anche di consentire all’interessato la partecipazione alla seduta quale esercizio del suo diritto di difesa.

Quindi, l’avere l’Amministrazione rifissato la seduta solo quando il F. si è reso nuovamente reperibile non potrebbe determinare alcuna conseguenza negativa a carico della stessa.

2. L’appello è infondato.

Nella giurisprudenza di questo Consiglio l’estinzione del procedimento disciplinare, ai sensi dell’art. 120, co.1, del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, per decorrenza di un termine non inferiore a novanta giorni fra il compimento di un atto e l’altro è automatica ed è indipendente dalle ragioni che hanno determinato la stasi del procedimento stesso, essendo volta ad evitare che il procedimento disciplinare possa protrarsi oltre un ragionevole limite di tempo, con evidenti conseguenze negative per l’incolpato(Cons. Stato, IV Sez. n. 1230/00; VI Sez.n. 4283/00; n. 650/96; n. 561/95).

La perentorietà del termine infraprocedimentale rimane, naturalmente, preclusa dal verificarsi di circostanze obiettive ed esterne che portino a giustificare il superamento del termine decadenziale perché impediscono il normale svolgimento della procedura nei tempi e nei modi prescritti.

Non essendo, come tali, riconducibili all’inerzia dell’autorità procedente, siffatte circostanze non estinguono la potestà di provvedere dell’Amministrazione(cfr. dec.n. 1230/00 cit.)

Nella fattispecie, tuttavia, l’impugnata decisione ha ricondotto il rinvio della seduta della Commissione di disciplina, fissata per il 23/11/87, al 12/9/88 non a cause eccezionali o obiettive, sebbene alla mancata attivazione da parte dell’Amministrazione di tutte le previste modalità di comunicazione all’interessato della data della seduta, ovverosia a vicende organizzative della Pubblica amministrazione prive del requisito della straordinarietà e dell’imprevedibilità, come tali insuscettibili di aggravare la situazione dell’incolpato.

Invero, l’art. 111 u.co. del T.U. n. 3 del 1957 stabilisce che la data della seduta fissata per la trattazione orale deve essere comunicata all’impiegato almeno venti giorni prima nelle forme previste dall’art. 104 del medesimo T.U.

Quest’ultima norma, che disciplina le formalità per la contestazione degli addebiti, prevede che la comunicazione avvenga, innanzitutto(primo comma) mediante consegna personale; qualora questa non sia possibile, mediante raccomandata con avviso di ricevimento(secondo comma); infine, se la comunicazione non può effettuarsi nelle forma previste dai due commi precedenti, essa è fatta mediante pubblicazione nell’albo dell’ufficio cui l’impiegato appartiene (terzo comma).

Fra l’altro, tutte le modalità previste valgono, per costante giurisprudenza, ad interrompere il termine di estinzione del procedimento disciplinare.

Risultano agli atti prove dei reiterati tentativi dell’Amministrazione di comunicare all’incolpato la data della seduta della Commissione di disciplina mediante consegna personale; non risultano, invece, prove di tentativi di comunicazione mediante le ulteriori formalità previste dall’art. 104 T.U. cit.(raccomandata con avviso di ricevimento recante prova dell’esito negativo della comunicazione ovvero pubblicazione nell’albo dell’ufficio di appartenenza).

La divaricazione temporale fra il verificarsi dell’esigenza di comunicare all’incolpato la data della seduta e il momento in cui la seduta stessa ha avuto luogo, evidenzia come il rinvio della seduta sia stato cagionato non da esigenze imprevedibili o eccezionali, ma alla mancata attivazione da parte dell’Amministrazione delle ulteriori formalità di comunicazione previste dalla legge.

Difetto organizzativo cui l’Amministrazione avrebbe potuto ovviare, con la normale diligenza, in un arco di tempo ragionevole e senza aggravare la realizzazione dei distinti momenti che compongono il procedimento disciplinare, a danno del dipendente.

Si è verificata, pertanto, una ingiustificata inattività dell’Amministrazione, in quanto dopo la nota del 21/10/87 con cui la Pretura di Montebelluna ha trasmesso al Ministero di grazia e giustizia la nota dei Carabinieri del 20/10/87, relativa alla irreperibilità nella zona del F., nessun atto del procedimento risulta attivato entro il termine perentorio dei successivi 90 giorni.

3. In conclusione, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in Euro 3000 (tremila).

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sez.IV, definitivamente pronunziando sul ricorso, meglio indicato in epigrafe, respinge l’appello indicato in epigrafe e conferma, per l’effetto, la sentenza impugnata.

Condanna l’Amministrazione soccombente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in Euro 3000 (tremila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

(Così deciso in Roma, addì 30 aprile 2002, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez.IV) riunito in Camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti signori:

Stenio RICCIO, Presidente;

Domenico LA MEDICA , Consigliere;

Carmine VOLPE , Consigliere;

Anna LEONI , Consigliere, estensore;

Carlo SALTELLI , Consigliere)

Redazione

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