La giurisdizione sulle controversie nascenti dall’applicazione delle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 44 della legge n. 833 del 1978 tra le Unità sanitarie locali e i laboratori, i centri di diagnostica, i gabinetti specialistici ed altre strutture private, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 1034 del 1971, ad eccezione di quelle relative al mero pagamento di indennità, canoni ed altri corrispettivi, le quali, non implicando indagini circa la sussistenza del potere dell’Amministrazione concedente riguardo all’espletamento dell’attività di servizio pubblico concessa, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, sempre che non comportino un’indagine sul contenuto del rapporto e sugli atti posti in essere dall’Ente concedente.
In tale ultima ipotesi, allorquando la richiesta di somme attiene alla pretesa di svolgere prestazioni per le quali è dubbia che sia stata ottenuta la relativa autorizzazione o il relativo accreditamento, il vero oggetto del contendere è il contenuto del rapporto concessorio, e la domanda a contenuto economico accede ad esso per effetto dell’esclusività della giurisdizione del giudice amministrativo.
La vertenza va devoluta al giudice amministrativo allorchè ad esempio occorre accertare se tra le parti sia intervenuta una nuova convenzione in sostituzione di quella precedente, il che presuppone una preventiva e discrezionale valutazione da parte della P.A. in ordine all’insufficienza della struttura sanitaria pubblica ed alla opportunità di stipulare una convezione con struttura sanitaria privata (SS.UU. 17 novembre 1994, n. 9747).
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Consiglio di Stato, sezione V
Sentenza 1 ottobre 2002 n. 5135
sul ricorso n. 5865 del 1996, proposto da Laboratorio BETA di Pellegrini e Schicchi s.n.c., rappresentata e difesa dagli avv.ti Domenico Arlini e Ranieri Felici, elettivamente domiciliata presso il primo in Roma, Via Nicotera 29
Contro
Azienda USL n. 7 di Ancona, rappresentata e difesa dall’avv. Gabriele Galvani, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma, via Salaria 95 la Regione Marche non costituita
Per l’annullamento
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, 23 giugno 1995, n. 286, resa tra le parti.
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda USL 7 di Ancona; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 30 aprile 2002 il consigliere Marzio Branca, e uditi i difensori delle parti come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
Fatto
Il Laboratorio BETA ha proposto ricorso al TAR Marche, tendente all’annullamento degli atti con i quali la Azienda USL intimata ha negato di dover corrispondere i benefici di cui agli artt. 2 e 3 del d.P.R. 23 marzo 1988 n. 120, recante l’accordo nazionale collettivo per la disciplina dei rapporti convenzionali in materia di diagnostica strumentale e di laboratorio.
La doglianza veniva proposta anche come domanda di accertamento del relativo diritto.
L’art. 3 del detto Accordo prevedeva, fra l’altro, la conferma dei rapporti convenzionali in atto e la attribuzione di somme a titolo di transattivo per gli anni 1985/87, purché nella relativa domanda si fosse espressa la rinuncia formale ad ogni azione legale collegata a diversa interpretazione del punto 4 del d.P.R. 16 maggio 1980.
Il Laboratorio BETA presentava la domanda richiesta ma apponeva in calce alla stessa la riserva di adire le vie legali, come poi è avvenuto, per conseguire l’annullamento in parte qua del detto D.P.R. 16 maggio 1980.
In ragione di tale riserva la Azienda ha negato la corresponsione degli arretrati per il periodo 1985/87.
Con la sentenza in epigrafe il ricorso è stato dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione.
Il TAR ha considerato che la domanda tendeva al conseguimento della rivalutazione delle tariffe per gli anni 1985/87, nel quadro di un rapporto concessorio per il quale è stata prevista bensì la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ma non per ciò che concerne le controversie in materia di canoni o altri corrispettivi, che rimane assegnata al giudice ordinario (legge n. 1034 del 1971, art. 5).
Avverso la decisione il Laboratorio BETA ha proposto appello, ribadendo la propria tesi circa l’appartenenza della giurisdizione al giudice amministrativo. La Azienda si è costituita in giudizio ed ha chiesto il rigetto del gravame. Alla pubblica udienza del 30 aprile 2002 la causa veniva trattenuta in decisione.
Diritto
Come accennato più sopra, la doglianza riguarda la pretesa erroneità della pronuncia con la quale il TAR ha declinato la propria giurisdizione sulla azione intentata dall’appellante Laboratorio di analisi nei confronti dell’Azienda sanitaria in relazione al diniego di corrispondere i benefici di cui agli artt. 2 e 3 del d.P.R. 23 marzo 1988 n. 120, recante l’accordo nazionale collettivo per la disciplina dei rapporti convenzionali in materia di diagnostica strumentale e di laboratorio.
L’appellante si sforza di dimostrare che il rifiuto di corrispondere agli adeguamenti di tariffa per gli anni 1985/87 costituisce un atto autoritativo che incide sul rapporto concessorio, e, pertanto, ai sensi della giurisprudenza del giudice della giurisdizione (SS.UU. 27 aprile 1995, n. 4679), spetterebbe conoscerne al giudice amministrativo.
La tesi non può essere condivisa.
La stessa giurisprudenza citata dall’appellante chiarisce che la giurisdizione sulle controversie nascenti dall’applicazione delle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 44 della legge n. 833 del 1978 tra le Unità sanitarie locali e i laboratori, i centri di diagnostica, i gabinetti specialistici ed altre strutture private, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 1034 del 1971, ad eccezione di quelle relative al mero pagamento di indennità, canoni ed altri corrispettivi, le quali, non implicando indagini circa la sussistenza del potere dell’Amministrazione concedente riguardo all’espletamento dell’attività di servizio pubblico concessa, sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, sempre che non comportino un’indagine sul contenuto del rapporto e sugli atti posti in essere dall’Ente concedente.
Nella specie, l’Amministrazione non ha posto in essere un atto qualificabile come esercizio di potere pubblico, perché si è limitata a negare la sussistenza dei presupposti cui la normativa dell’art. 3 del d.P.R. n. 120 del 1988 subordinava il diritto alla corresponsione di somme a titolo di rivalutazione in via transattiva delle tariffe 1985/87.
Tale presupposto consisteva in una determinata dichiarazione di rinuncia ad attività di rivendicazione giudiziaria di arretrati e tale condizione, a giudizio non insindacabile dell’Amministrazione, l’appellante non avrebbe osservato.
Si è quindi in presenza di un comportamento dell’Ente che può essere variamente giudicato, ma che comunque attiene ad una pretesa di diritto soggettivo afferente a somme costituenti corrispettivo della concessione, posto che non viene minimamente in discussione la conferma del rapporto convenzionale e il diritto del laboratorio a svolgere le sue prestazioni.
Diverso è il caso in cui la richiesta di somme attiene alla pretesa di svolgere prestazioni per le quali è dubbia che sia stata ottenuta la relativa autorizzazione o il relativo accreditamento. In tal caso il vero oggetto del contendere è il contenuto del rapporto concessorio, e la domanda a contenuto economico accede ad esso per effetto dell’esclusività della giurisdizione del giudice amministrativo.
Anche la diversa giurisprudenza invocata dall’appellante, quale ipotesi di attribuzione al giudice amministrativo di pretesa patrimoniale, nella specie per interessi moratori, originata da rapporto convenzionale con casa di cura privata (SS.UU. 17 novembre 1994, n. 9747), conferma la tesi qui sostenuta.
Le SS.UU., infatti, hanno affermato che la vertenza andava devoluta al giudice amministrativo perché occorreva accertare se tra le parti fosse intervenuta una nuova convenzione in sostituzione di quella precedente, il che presupponeva una preventiva e discrezionale valutazione da parte della P.A. in ordine all’insufficienza della struttura sanitaria pubblica ed alla opportunità di stipulare una convezione con struttura sanitaria privata.
In conclusione l’appello deve essere rigettato.
La spese possono essere compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respinge l’appello in epigrafe; dispone la compensazione delle spese; ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
(Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 aprile 2002 con l’intervento dei magistrati: Claudio Varrone, Presidente; Corrado Allegretta, Consigliere; Paolo Buonvino, Consigliere; Goffredo Zaccardi, Consigliere; Marzio Branca, Consigliere estensore)