Appalti di lavori pubblici.
Sentenza 10 dicembre 2002 n. 663 del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana sulla verifica del possesso dei requisiti di partecipazione attinenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa.
– L’art. 10 comma 1 quater della L. 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici) impone ai concorrenti sorteggiati “di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito”.
I concorrenti hanno dunque, sebbene in un momento successivo a quello di presentazione delle domande, un onere di documentare le situazioni soggettive che il bando richiede.
L’espressione “documentazione indicata” non può che essere intesa come “documenti necessari a dimostrare il requisito richiesto”.
La verifica deve dunque basarsi su atti diversi dalla semplice autocertificazione; in particolare, per dimostrare il possesso delle attrezzature il concorrente deve esibire le ordinarie certificazioni, quali libretti di circolazione, contratti di comodato o altra documentazione inerente la titolarità dei diritti sui macchinari che ha dichiarato in sede di autocertificazione.
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Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale
SENTENZA 10 dicembre 2002 n. 663
sul ricorso in appello n° 398/02, proposto dalla
S.PRO.N.E. s.p.a. in proprio e quale capogruppo di un’associazione temporanea d’imprese costituita con l’Agnello Costruzioni s.p.a., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa, dagli avvocati G. Fardella e F. S. Mussari, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Palermo, via Ruggiero VII n° 55;
contro
il COMUNE DI SAN GIOVANNI GEMINI, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato G. Pitruzzella, presso il cui studio in Palermo, via Nunzio Morello n. 40 ha eletto domicilio;
per l’annullamento della sentenza n° 423, resa tra le parti dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, Palermo II sezione, pubblicata l’11 febbraio 2002;
FATTO
Con bando di gara pubblicato il 6 agosto 1999, il Comune di San Giovanni Gemini aveva indetto pubblico incanto per l’appalto dei lavori di costruzione della rete fognaria comunale. Alla gara aveva preso parte – quale capogruppo di un’associazione temporanea d’imprese costituita con l’Agnello Costruzioni s.p.a. – la S.PRO.N.E. s.p.a. Nel bando di gara si preannunciava che – ai sensi dell’art. 10 comma 1 quarter della L. 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni – prima di procedere all’apertura delle buste si sarebbe richiesto ad un numero di concorrenti non inferiore al 10% di comprovare l’effettivo possesso dei requisiti di partecipazione attinenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa.
Dopo lo svolgimento delle operazioni preliminari, con nota 20 ottobre 1999 il Comune aveva richiesto i relativi documenti, e la S.PRO.N.E. produceva i bilanci degli anni precedenti e le certificazioni di buona esecuzione dei lavori relativi ad entrambe le imprese associate; ometteva però di documentare effettiva disponibilità effettiva disponibilità di attrezzature, mezzi d’opera ed equipaggiamenti tecnici per l’esecuzione dell’appalto. Con nota del 15 marzo 2000 il dirigente del servizio le comunicava l’esclusione dalla gara, e l’avvio delle procedure di escussione della cauzione e di segnalazione all’Autorità per i Lavori Pubblici.
Tale decisione, unitamente al bando di gara, nella parte in cui prevedeva l’obbligo di comprovare stati e condizioni autocertificabili, venne impugnata innanzi al TAR Lazio; a seguito di eccezione d’incompetenza, la causa è stata riassunta al TAR Sicilia. Col secondo motivo di ricorso (che solo interessa, perchè il primo non è riproposto in appello) la S.PRO.N.E. lamentava la violazione del citato art. 10 comma 1 quarter in quanto il Comune aveva richiesto l’esibizione di documenti non citati nel bando. Con la sentenza indicata in epigrafe il TAR ha respinto il ricorso, ritenendo che una semplice dichiarazione non fosse idonea a comprovare la effettiva sussistenza del requisito da verificare. La società soccombente ha proposto appello; insiste sull’originaria censura, e cita anche l’art.30 del D.Lgvo 19 dicembre 1991, n. 406 (peraltro attinente la verifica sull’aggiudicatario e non sulle partecipanti come tali), che a sua volta richiama l’art.21 dello stesso decreto, nella parte in cui afferma la sufficienza di una semplice dichiarazione per comprovare la sussistenza del requisito in esame; nonchè il regolamento dell’Albo Nazionale Costruttori, che ribadisce il principio.
Tale motivo viene poi ulteriormente argomentato, osservando che l’eventuale incompletezza della documentazione avrebbe dovuto indurre l’ente appaltante a chiederne l’integrazione; e che, in ogni caso, la decisione è inficiata dalla mancata verifica della reale falsità della dichiarazione inerente la disponibilità dei mezzi, che costituirebbe necessario presupposto per attivare il meccanismo di esclusione prima, e sanzionatorio poi. L’appellante evidenzia inoltre la difficoltà per gli interessati di individuare la documentazione richiesta dall’amministrazione, vista la mancanza di una precisa indicazione sia nel bando che nel successivo invito alla esibizione.
L’appello contiene infine l’enunciazione di un nuovo motivo, secondo cui il Comune avrebbe dovuto escludere la S.PRO.N.E. per difetto dei requisiti inerenti la posizione contributiva, fiscale e fallimentare, logicamente precedenti la fase di sorteggio, il che avrebbe quanto meno evitato l’attivazione del meccanismo sanzionatorio di cui all’art. 10 comma 1 quarter della L. 109/1994. Si è costituito in giudizio il Comune di San Giovanni Gemini, che svolge articolate difese e conclude per la reiezione dell’appello. La domanda di sospensione della sentenza appellata è stata respinta con ordinanza n° 321 del 19 aprile 2002. All’udienza del 18 settembre 2002 la causa è assunta in decisione.
DIRITTO
Il motivo da ultimo riportato è inammissibile: nel giudizio amministrativo è applicabile il principio di cui all’articolo 345, comma 1, del codice di procedura civile, per cui nel giudizio di appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, devono essere dichiarate inammissibili d’ufficio (Consiglio di Stato, V sez. 2 marzo 1999 n. 222 e, da ultimo, VI sezione, 17 settembre 2001 n. 4857). Come detto in narrativa, la censura non è contenuta nel ricorso di primo grado. L’altro motivo è poi infondato. Si sostiene che l’art. 10 comma 1 quarter della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici) limiti la verifica sull’effettivo possesso dei mezzi e delle attrezzature alla sola documentazione espressamente indicata nel bando.
La norma impone ai concorrenti sorteggiati „di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito“. Questi ultimi documenti, che dettano le regole speciali della gara, spesso prevedono o consentono che determinati requisiti, stati o qualità siano attestati con dichiarazione dei concorrenti; ciò in osservanza delle leggi sulla semplificazione, che in molti casi non consentono all’amministrazione di chiedere al cittadino il tradizionale certificato.
La interpretazione del comma ora citato, deve tener conto di questa realtà normativa; volendo il legislatore che sia effettuato un controllo sulla serietà delle partecipazioni, impone ai concorrenti sorteggiati la dimostrazione documentale di quanto da loro dichiarato. Essi hanno dunque, sebbene in un momento successivo a quello di presentazione delle domande, un onere di documentare le situazioni soggettive che il bando richiede. L’espressione „documentazione indicata“ non può che essere intesa come „documenti necessari a dimostrare il requisito richiesto“. Il richiamo all’art. 30 del D.Lgvo 19 dicembre 1991, n. 406 (peraltro abrogato dall’art. 231 D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554) ed alle norme ad esso correlate è del tutto inconferente, posto che il bando vi fa riferimento esclusivamente con riguardo alla posizione dell’aggiudicatario e non a quella di tutti i concorrenti. La diversa esegesi proposta dalla società ricorrente renderebbe del tutto inutile il controllo, ovvero sposterebbe il relativo onere sulla amministrazione procedente, che dovrebbe provvedere a verifica sulle diverse e molteplici posizioni dichiarate dai concorrenti. E’ ovvio quindi che la verifica deve basarsi su atti diversi dalla semplice autocertificazione; in particolare, per dimostrare il possesso delle attrezzature il concorrente doveva esibire le ordinarie certificazioni, quali libretti di circolazione, contratti di comodato o altra documentazione inerente la titolarità dei diritti sui macchinari che ha dichiarato in sede di autocertificazione.
Se invece si ritenesse sufficiente versare, anche in questa fase, una semplice dichiarazione, il procedimento di controllo si risolverebbe nell’inutile riesame di atti già prodotti in sede di offerta. Che fosse questa l’esatta l’interpretazione del bando e della norma di legge richiamata non può essere sfuggito all’appellante, ove si consideri che ricevette apposita nota (peraltro mai impugnata) con cui il Comune gli richiedeva di comprovare il possesso dei requisiti richiesti nel bando e dichiarati nella documentazione allegata all’offerta: il fatto che l’amministrazione, ricevuta la semplice autocertificazione allegata all’offerta, chiedesse ulteriori prove dell’effettiva sussistenza dei requisiti non poteva che significare la necessità di elementi documentali, e l’insufficienza delle semplici dichiarazioni.
L’asserita difficoltà di individuare i documenti necessari per mancanza di espressa indicazione sia nel bando che nella citata richiesta di integrazione è smentita da una nozione comune: la prova della titolarità o disponibilità di un bene può essere fornita esibendo i documenti di proprietà, o altri titoli di detenzione, specie per beni mobili registrati, quali generalmente sono i più importanti macchinari e attrezzature per l’esecuzione dei lavori pubblici. Per i beni non registrati, soccorre la contabilità aziendale, dalla quale possono trarsi non solo quelli in proprietà, nello stato patrimoniale, ma anche quelli in locazione, dovendo i relativi contratti essere assoggettati a fatturazione. Priva di fondamento, infine, la tesi secondo cui l’amministrazione avrebbe dovuto verificare la eventuale falsità delle autocertificazioni presentate dal ricorrente.
La norma non fa alcun riferimento a tale verifica, e collega le sanzioni al solo fatto che non sia stata data nei termini la dimostrazione del possesso dei requisiti di capacità tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria. In definitiva, l’appello è infondato e va respinto. La natura della controversia induce il collegio a compensare integralmente tra le parti diritti, spese ed onorari relativi a questo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale respinge l’appello in epigrafe.
(Andrea Camera, Presidente, Paolo Turco, estensore, Pier Giorgio Trovato, Antonio Andò, Vittorio Mammana, Componenti).