Esecuzione delle sentenze del Giudice del lavoro pubblico privatizzato

Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche

Sentenza 19 settembre 2003 n. 453

(Pres. Amoroso – Est. Giambartolomei)

Il giudice del lavoro può conoscere solo le questioni di diritto soggettivo e non di interesse legittimo; pertanto il lavoro pubblico privatizzato è stato a lui devoluto limitatamente alla tutela dei diritti soggettivi (con una conseguente diminuzione di tutela del dipendente pubblico).

Il giudice amministrativo può intervenire in materia, in sede di ottemperanza, per garantire l’esecuzione del giudicato civile nascente dalla pronuncia del giudice del lavoro.

(…)

FATTO E DIRITTO

1.- Il sig. Gabriele Nisi ha promosso innanzi al Giudice del Lavoro (Tribunale civile di Ancona) azione volta al suo passaggio dal profilo di operatore professionale amministrativo (area B2) ad operatore professionale tecnico (stessa area) in ragione delle mansioni di fatto svolte.

Dopo l’emanazione delle ordinanze: 26 novembre 2001, resa su ricorso ex art.700 c.p.c. e 25 gennaio 2002, resa su reclamo ex art. 669 terdecies, definita la controversia nel merito dinanzi al Giudice del lavoro con sentenza 24 ottobre 2002 n.1115, con decreto 14 gen-naio 2003 n.9638 il Direttore generale disponeva l’inquadramento del ricorrente nel profilo di operatore professionale tecnico in soprannumero.

Non soddisfatto del provvedimento emanato, il sig. Nisi ha proposto ricorso innanzi a questo Giudice avverso l’asserita mancata corretta esecuzione di dette ordinanze e della sentenza.

In risposta alla comunicazione 14 giugno 2003 della Segreteria il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha trasmesso relazione scritta.

Il sig. Nisi ha prodotto memoria integrativa.

2.- Il ricorso è inammissibile.

2.1.- Il giudizio d’ottemperanza è stato introdotto dall’art.27, n.4 del T.U.26 giugno 1924, n.1054 per dare attuazione all’art.4 della L. 20 marzo 1865, n.2248, all.E, relativo all’obbligo dell’Autorità amministrativa di conformarsi al giudicato dei Tribunali ordinari e, più precisamente al giudicato d’accertamento della lesione di un diritto soggettivo e dell’illegittimità dell’atto che l’aveva provocata.

Ottenuta la sentenza, il cittadino doveva richiedere all’Amministrazione pubblica d’annullare l’atto che aveva provocato la lesione del diritto e, se questa non ottemperava, conformandosi alla sentenza, rivolgersi al Consiglio di Stato.

Il rimedio ha avuto poco utilizzo e per le difficoltà derivanti dal sistema di riparto della competenza giurisdizionale amministrativa.

Ha avuto, invece, un suo esteso impiego per l’ottemperanza alle sentenze del Giudice amministrativo (cfr.: Cons.St., sez.IV, 9 marzo 1928, n.181; id., sez.V, 31 marzo 1931, n.176) e come strumento d’esecuzione delle sentenze di condanna al pagamento di somme del giudice ordinario (cfr.: Cons.St., Ad. Plen., sent. 9 marzo 1973, n.1), ritenute in un primo momento attuabili solo attraverso il processo d’esecuzione di cui al codice di procedura civile.

Con riferimento alle sentenze di condanna, il Giudice amministrativo (Cons.St., Ad.Plen. n. 1 del 1973, cit.) ha ammesso la ricorribilità all’ottemperanza per ottenere l’adozione di atti od il compimento di operazioni materiali d’esecuzione al giudicato.

Il più recente art. 37, co.1, della L. 6 dicembre 1971, n.1034 ha regolato la competenza dei Tribunali Amministrativi Regionali e del Consiglio di Stato in ipotesi di ricorso diretto “ad ottenere l’adempimento dell’obbligo dell’autorità amministrativa di conformarsi, in quanto riguarda il caso deciso, al giudicato dell’autorità giudiziaria ordinaria, che abbia riconosciuto la lesione di un diritto civile o politico” ed in ipotesi di ricorso diretto ad ottenere l’esecuzione del giudicato degli organi di giustizia amministrativa.

Corrente il sistema normativo e giurisprudenziale, per sommi capi sopra delineato, il Legislatore ha dato un nuovo assetto alla giustizia amministrativa, ridisegnando gli ambiti di giurisdizione e, sostanzialmente, introducendo un nuovo (imperfetto) criterio di riparto per “materia” (D.L. 31 marzo 1998, n.80 e L. n.205 del 2000) che interessa anche il settore del pubblico impiego.

2.2.- Le controversie dei pubblici dipendenti (eccettuate quelle del personale di cui all’art.2, co.4 e 5 del D.Lgs. n.29 n.1993) sono state attribuite alla competenza del Giudice ordinario (art.68 D.Lgs. 3 febbraio 1993, n.29 e DD.LL. 31 marzo 1998, n.80, 29 ottobre 1998, n. 387).

Il passaggio, in qualche misura conseguente alla c.d. privatizzazione del pubblico impiego, è stato improntato ad un criterio di unitarietà e completezza, senza che se ne possa dedurre l’istituzione di una “quasi” giurisdizione esclusiva (di diritti ed interessi legittimi).

L’espressa previsione dell’utilizzabilità da parte del Giudice ordinario dell’istituto della disapplicazione degli atti illegittimi (la cognitio sul provvedimento o anche sull’attività materiale della P.A. che siano diretti al conseguimento di fini pubblici e siano espressione d’esercizio di potestà autoritativa, generatrice di una posizione di interesse e non di diritto, è esplicata, ex art.5 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo, attraverso una sentenza dichiarativa d’illegittimità e non d’annullamento), l’esclusione d’ipotesi di pregiudizialità amministrativa a fronte di atti di macro-organizzazione (presupposti degli atti gestori o negoziali di diritto privato) per i quali continua a permanere la giurisdizione del Giudice amministrativo e, sopratutto, la mancanza di una norma costituzionale attributiva al Giudice ordinario di una tutela sugli interessi legittimi, circoscritta a particolari materie e di contenuto equivalente all’art.103, co.1 (che ammette una tutela sui diritti del Giudice amministrativo) inducono il Collegio a ritenere che:

– la tutela giurisdizionale devoluta al Giudice ordinario riguardi solo diritti soggettivi (con conseguente riduzione di tutela, essendo esclusa l’invocabilità di interessi legittimi e la deducibilità del vizio dell’eccesso di potere);

– l’istituto della disapplicazione riguardi i soli atti di organizzazione, presupposti degli atti di gestione, formati al di fuori e prima della costituzione del rapporto di lavoro e demandati alla cognitio del Giudice amministrativo;

– il Giudice ordinario, oltre a sentenze dichiarative, possa emanare sentenze: di condanna al pagamento di somme di denaro; a concludere un contratto (art.2932 c.c.); a fare o non fare (artt.2931 e 2933 c.c.; anche ad un facere infungibile, quale ad es. l’assegnazione delle man-sioni spettanti, determinando il contenuto di atti negoziali, con conseguente attenuazione, rispetto ai soli atti di mera gestione, adottati dal-l’Amministrazione iure privatorum, del divieto di cui all’art.4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo.

Sommariamente delimitato l’ambito d’intervento del Giudice ordinario nella materia del pubblico impiego, pur fatto salvo un sistema non speculare (in quanto diversi e non parimenti incidenti sono i mezzi utilizzabili dai due organi giurisdizionali) di doppia tutela esecutiva, la vigenza di norme che prevedono un giudizio d’ottemperanza innanzi al Giudice amministrativo, si rivela di sommo interesse con riguardo, in particolare, all’ipotesi di sentenze del Giudice civile che impongano all’Amministrazione pubblica una prestazione infungibile e/o l’adozione di atti amministrativi dovuti o necessitati, senza valutazioni discrezionali, per ottemperare ad un non coercibile obbligo ad un facere od un non facere.

In tali ipotesi (di prestazione infungibile e di obbligo incoercibile) è dubbio che il Giudice civile dell’esecuzione, designato (art.612 c.p.c.) un ufficiale giudiziario (od un commissario ad acta), possa disporre con effetti costitutivi, ad esempio, la reintegrazione di un di-pendente pubblico nel posto di lavoro mentre, per il divieto di cui all’art.4 della L. n.2248 del 1985, all. E, non può sicuramente dettare prescrizioni per l’adozione, la revoca e la modifica degli atti amministrativi che influiscono dall’esterno sul rapporto di lavoro oggetto del giudizio.

A sua volta il Giudice amministrativo dell’ottemperanza, a fronte di statuizioni giudiziali precise e determinate ed alla natura di diritto soggettivo delle posizioni azionate, deve svolgere un’attività esecutiva (alla quale non sono del tutto estranei e preclusi i poteri di sostituzione nel merito delle determinazioni, anche negoziali), senza possibilità d’integrare la sentenza civile e senza la facoltà d’incidere sulla sfera di discrezionalità dell’Amministrazione pubblica.

E’ così possibile evitare che il Giudice amministrativo (ove gli si riconosca una cognitio piana, con possibilità di modificare ed integrare la sentenza del Giudice ordinario), attraverso il giudizio d’ottemperanza recuperi il ceduto sindacato sul rapporto di pubblico impiego.

2.3.- La novità del caso ha imposto la trattazione, seppur sintetica, di questioni meramente di principio affrontate le quali, in astratto riconosciuta la propria competenza in materia, è ora possibile procedere all’esame della specifica fattispecie.

Con la più sopra richiamata sentenza 24 ottobre 2002, n.1115, resa esecutiva il 29 ottobre 2002, notificata l’8 novembre 2002 e passata in giudicato, il Tribunale Civile di Ancona ha accertato il diritto del sig. Nisi “all’inquadramento richiesto nel ruolo degli operatori professionali tecnici ex art.7/ter CCN integrativo e di cui all’istanza 23.5.2001.

In dichiarata esecuzione della sentenza, con decreto 14 gennaio 2003 n.9638, il Direttore generale ha disposto l’inquadramento del ricorrente nel profilo d’operatore professionale tecnico in soprannumero.

Non è condivisibile l’affermazione (di cui alla diffida notificata il 19 marzo 2003 ed al ricorso, depositato il 4 giugno 2003) di contrasto con il giudicato e di parziale sua esecuzione della disposizione di col-locamento in ruolo in soprannumero.

Il ricorrente ha conseguito il “bene della vita” oggetto della do-manda (d’inquadramento nel profilo professionale e d’ammissione ai corsi di riqualificazione professionale, finalizzati al passaggio di un profilo superiore); non appare residuino spazi d’interesse ulteriore che giustifichi un’azione d’ottemperanza.

3.- Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile. Nulla per le spese, non essendosi costituita l’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale delle Marche dichiara il ricorso inammissibile. Nulla per le spese.

Redazione

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