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Pronunciandosi
sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo
in materia di edilizia ed urbanistica dopo la sentenza della Corte costituzionale
n. 281 del 2004, le Sezioni Unite hanno statuito che, per effetto della pronuncia
del giudice costituzionale, il testo originario dell’art. 34 del d.lgs.
31 marzo 1998, n. 80 innova in tema di giurisdizione del giudice amministrativo,
nel periodo intercorrente fino all’entrata in vigore della legge 21 luglio 2000,
n. 205, limitatamente all’estensione ai diritti patrimoniali conseguenziali
della giurisdizione di legittimità od esclusiva già appartenente
al medesimo giudice.
Il caso
all’esame delle Sezioni Unite – in relazione al quale è stata
riconosciuta la giurisdizione del giudice amministrativo – riguardava
un’azione (introdotta in epoca successiva al 30 giugno 1998 ma precedente
il 10 agosto 2000) con la quale il privato tendeva in via principale all’annullamento
del provvedimento di occupazione d’urgenza disposto dal prefetto, ossia
di un atto autoritativo idoneo alla degradazione del diritto dominicale in interesse
legittimo, e poi formulava richieste di tipo recuperatorio e risarcitorio conseguenziali
a tale annullamento.
Corte
di Cassazione, Sezioni Unite Civili
Ordinanza
n. 21710 del 17 novembre 2004
(Presidente V. Carbone
– Relatore G. Graziadei)
(….)
SVOLGIMENTO
DEL PROCESSO
Il Prefetto
di Roma, con decreto del 7 gennaio 1998, ha autorizzato l’occupazione temporanea
e d’urgenza di terreni di proprietà della Sorain Cecchini s.p.a. da parte
del Consorzio Iricav Uno, che è stato incaricato della realizzazione
del tratto Roma Napoli del sistema ferroviario ad alta velocità, in base
a convenzione stipulata con la Tav-Treno alta velocità s.p.a. quale concessionaria
della Ferrovie dello Stato s.p.a..
La Sorain
Cecchini, dopo il mancato accoglimento da parte del Tribunale di Roma, per difetto
di giurisdizione, di sua richiesta di provvedimenti cautelari, il 16-17 settembre
1998 ha citato davanti al medesimo Tribunale il Consorzio Iricav Uno, la Tav
s.p.a., la Ferrovie dello Stato s.p.a., il Prefetto di Roma, la Regione Lazio,
il Ministero per l’ambiente ed il Ministero dei beni culturali ed ambientali,
per ottenere a carico dei primi quattro convenuti condanna alla restituzione
dei suoli occupati, alla riduzione in pristino dei medesimi ed al risarcimento
dei danni.
Il decreto
prefettizio, ha sostenuto la società attrice, era stato emesso in radicale carenza
di potere, e doveva essere disapplicato, per la mancanza o comunque per la sopravvenuta
inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, non essendo
questa ravvisabile nella mera approvazione di un progetto esecutivo, non inserito
nel piano generale dei trasporti, nè accompagnato dalla valutazione dell’impatto
ambientale e dagli adempimenti prescritti a tutela dei diritti dei terzi, ed
anche per l’invalidità della convenzione intervenuta fra la società Tav ed il
Consorzio Iricav, nella parte in cui trasferiva dall’una all’altro funzioni
pubblicistiche e d’imperio.
La Regione,
il Consorzio e la società Tav hanno contestato la sussistenza della giurisdizione
dell’autorità giudiziaria ordinaria, sostenendo la devoluzione della
causa alla cognizione del giudice amministrativo.
La Sorain
Cecchini, con ricorso per regolamento preventivo notificato il 25-28 giugno
1999, ha chiesto l’affermazione della giurisdizione del giudice ordinario, osservando
che le proprie domande integrano azioni a difesa del diritto di proprietà,
non degradato ad interesse legittimo per la totale carenza del potere del Prefetto
di autorizzare l’occupazione.
La Regione,
il Consorzio e la società Tav hanno replicato con controricorsi, insistendo
nel denunciare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario.
Il Procuratore
generale, concludendo per la declaratoria della giurisdizione del giudice amministrativo,
ha osservato che l’approvazione del progetto esecutivo dell’opera ferroviaria
è da reputarsi dichiarazione di pubblica utilità, idonea a conferire al Prefetto
il potere ablativo, e che di conseguenza le tesi della ricorrente hanno la consistenza
di censure inerenti alla correttezza dell’esercizio di quel potere, a protezione
di interessi legittimi. Per la decisione sul ricorso è stata fissata, ai sensi
dell’art. 375 primo comma n. 5 cod. proc. civ., la camera di consiglio del 22
novembre 2001, e poi, a seguito di rinvio a nuovo ruolo, disposto con ordinanza
8 ottobre 2002, n. 14430 per l’opportunità di attendere la pronuncia della Corte
costituzionale sulla questione di legittimità degli artt. 34 primo e secondo
comma e 35 primo comma del d.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 (questione sollevata da
queste Sezioni unite in altra causa), è stata fissata l’odierna camera di consiglio.
La Sorain
Cecchini, la Regione e la Tav hanno depositato memorie.
MOTIVI
DELLA DECISIONE
L’istanza
di regolamento è ammissibile, in quanto attiene alle domande proposte
nel giudizio di merito, instaurato dinanzi al Tribunale di Roma dopo la conclusione
del procedimento cautelare, e, dunque, non trova ostacolo nella menzionata pronuncia
negativa della giurisdizione, che é stata resa dallo stesso Tribunale
nell’ambito di quel distinto procedimento, con riguardo alle richieste in esso
avanzate (v. Cass. s.u. 17 luglio 2001 n. 9650, 6 maggio 2003 n. 6889, 22 ottobre
2003 n. 15843).
Il cosiddetto
petitum sostanziale, sulla cui scorta va determinata la giurisdizione, deve
essere individuato mediante il collegamento della statuizione richiesta al giudice
con l’intrinseca consistenza della posizione soggettiva allegata quale causa
petendi, a sua volta da riscontrarsi con riferimento alle circostanze richiamate
dalla parte istante, ma non fermandosi alle qualificazioni dalla medesima espresse,
e cogliendo invece l’effettiva valenza giuridica dei fatti addotti e la natura
della tutela accordata dall’ordinamento (v. Cass. s.u. 23 febbraio 2001 n. 64,
17 gennaio 2002 n. 489).
La
Sorain Cecchini, agendo quale proprietaria dei fondi occupati dal Consorzio,
ha sostenuto la lesione del proprio diritto dominicale in dipendenza di meri
comportamenti materiali della pubblica amministrazione, sotto il profilo che
il decreto prefettizio di autorizzazione dell’occupazione dovrebbe reputarsi
tamquam non esset, per radicale carenza di potere, in difetto della dichiarazione
di pubblica utilità dell’opera affidata al Consorzio, ma poi, esplicitando
le ragioni e le situazioni poste a sostegno della tesi, ha dato atto dell’approvazione
di un progetto esecutivo dell’opera stessa (per il quale non deduce la sopraggiunta
scadenza del termine d’efficacia), e, dunque, di un provvedimento potenzialmente
idoneo ad integrare detta dichiarazione, asserendo però che quel progetto
non varrebbe in concreto ad integrare la dichiarazione medesima, per ragioni
di contenuto (portata soltanto esecutiva e non equiparabilità al progetto
di massima) e per vizi procedimentali (mancato inserimento nel piano generale
dei trasporti, nonchè omessa valutazione dell’impatto ambientale e delle
interferenze sui diritti dei terzi), ed inoltre ha contestato la possibilità
di conferire al Consorzio la veste di occupante espropriante, per l’invalidità
del trasferimento ad esso di funzioni di pertinenza esclusiva della pubblica
amministrazione o della sua concessionaria.
Ne discende
che l’affermazione della Sorain Cecchini, circa la carenza del potere del Prefetto
di Roma di disporre l’occupazione, resta a livello enunciativo, venendo superata
da un corredo motivazionale che conferisce alla sua iniziativa giudiziale l’effettiva
natura di denuncia di violazioni di legge nel procedimento di approvazione del
progetto dell’opera e di conferimento al Prefetto del potere ablativo e poi
nella fase di esercizio del potere stesso (quanto all’individuazione dell’ente
abilitato all’occupazione).
L’azione,
pertanto, tende in via principale all’annullamento del provvedimento d’occupazione,
vale a dire di atto autoritativo idoneo alla degradazione del diritto dominicale
in interesse legittimo, e poi formula richieste di tipo recuperatorio e risarcitorio
consequenziali a tale annullamento.
Dette domande
sono state proposte successivamente all’entrata in vigore dell’art. 34 del d.Lgs.
31 marzo 1998 n. 80, ma prima della sostituzione di tale norma da parte dell’art.
7 della legge 21 luglio 2000 n. 205, e, quindi, ai sensi dell’art. 5 cod, proc.
civ., ricadono nell’ambito di applicazione dell’originario testo del medesimo
art. 34, come risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale
28 luglio 2004 n. 281; l’indicata sostituzione non ha infatti efficacia retroattiva,
secondo consolidato indirizzo di queste Sezioni unite (v. ordd. 13 agosto 2002
n. 12198, 13 agosto 2002 n. 12199, 21 ottobre 2002 n. 14870), del quale detta
pronuncia della Corte costituzionale ha preso atto, riconoscendo rilevanza alle
questioni sollevate con riguardo alle disposizioni sostituite anche dopo aver
dichiarato, con la precedente sentenza 6 luglio 2004 n. 204, la parziale illegittimità
delle disposizioni sostitutive.
La citata
sentenza della Corte costituzionale 28 luglio 2004 n. 281, con un contenuto
argomentativo e decisionale parallelo a quello della sentenza 17 luglio 2000
n. 292 resa con riferimento all’art. 33 (originario testo) del d.Lgs. n. 80
del 1998, ha rilevato che la delega conferita con l’art. 11 della legge15 marzo
1997 n. 59 riguarda la concentrazione davanti al giudice amministrativo, nell’esercizio
della giurisdizione, sia di legittimità che esclusiva, di cui era all’epoca
titolare in materia di edilizia ed urbanistica, tanto del controllo della conformità
a legge dell’azione amministrativa, quanto della riparazione e del risarcimento
del danno da essa provocato, evitando al riguardo l’instaurazione di un successivo
e separato giudizio innanzi al giudice ordinario, mentre non riguarda l’ampliamento
dell’ambito della giurisdizione esclusiva; su queste premesse, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 34 primo e secondo comma del d.Lgs.
n. 80 del 1998 “nella parte in cui istituisce una giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anzichè limitarsi
ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle
controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali conseguenziali, ivi comprese
quelle relative al risarcimento del danno”.
Il carattere
esplicitamente parziale di tale declaratoria d’incostituzionalità, con
l’espressa indicazione nel dispositivo del tenore che la norma delegata avrebbe
dovuto avere in sintonia con la norma delegante, evidenziano che la Corte costituzionale
ha colto nella pìù ampia previsione dell’una un quid pluris in
aggiunta a quanto voluto dall’altra, di modo che, annullando la parte viziata
da eccesso rispetto alla delega, quella cioè istitutiva di una nuova
giurisdizione esclusiva in detta materia, ha lasciato fermo, in quanto non affetto
dall’indicato sconfinamento, il minus della norma delegata attinente all’estensione
della giurisdizione del giudice amministrativo, di legittimità od esclusiva,
ove sussistente in base alle leggi anteriori, alle controversie inerenti a diritti
patrimoniali conseguenziali.
Conferma
della portata dell’intervento della Corte costituzionale si trova nell’ultimo
periodo della motivazione della medesima sentenza n. 281 del 2004, con il quale
si afferma che la dichiarazione d’illegittimità dell’art. 34 primo e secondo
comma del d.Lgs. n. 80 del 1998 comporta la necessità d’interpretare l’art.
35, nella parte censurata con alcune delle ordinanze di rimessione, cioè il
primo comma, secondo cui il giudice amministrativo nelle controversie devolute
alla sua giurisdizione esclusiva ai sensi degli artt. 33 e 34 dispone anche
attraverso la reintegrazione in forma specifica il risarcimento del danno ingiusto,
nel senso che il relativo compito è limitato alle ipotesi nelle quali lo stesso
giudice sia dotato di giurisdizione, di legittimità od esclusiva, sulla scorta
della disciplina pregressa. Ne deriva che l’art. 34 originario testo del d.Lgs,
n. 80 del 1998, per effetto della declaratoria di parziale illegittimità di
cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 281 del 2004, innova in tema
di giurisdizione del giudice amministrativo, con riguardo alla materia dell’edilizia
ed urbanistica, nel periodo intercorrente fino all’entrata in vigore della legge
n. 205 del 2000, limitatamente all’estensione ai diritti patrimoniali conseguenziali
della giurisdizione di legittimità od esclusiva già appartenente al medesimo
giudice.
Il collegamento
con la materia, ire altre parole, resta influente al fine dell’ampliamento,
nei limiti predetti, di attribuzioni giurisdizionali preesistenti.
L’affermazione
è in linea con quanto rilevato da queste Sezioni unite, con ordinanza 22 dicembre
2003 n. 19663, in tema di giurisdizione nella materia dei pubblici servizi;
dopo la declaratoria di parziale illegittimità dell’art. 33 originario testo
del d.Lgs. n. 80 del 1998, resa dalla Corte costituzionale con la sentenza n.
292 del 2000, la giurisdizione del giudice amministrativo in detta materia,
si è osservato, si estende alla pretesa risarcitoria per la lesione di interessi
legittimi, evidenziata dall’annullamento dell’atto amministrativo in sede di
giurisdizione di legittimità.
I rilievi
svolti portano ad affermare nella presente controversia la giurisdizione del
giudice amministrativo, dato che le domande della Sorain Cecchini, come si é
detto, sostanzialmente deducono vizi del procedimento amministrativo e dell’esercizio
da parte del Prefetto del potere di autorizzare l’occupazione d’urgenza, così
facendo valere posizioni d’interesse legittimo tutelabili dinanzi al giudice
amministrativo secondo la normativa anteriore al d.Lgs. n. 80 del 1998 (artt.
26 del r.d. 26 giugno 1924 n. 1054, 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971 n. 1034),
e poi introducono pretese di risarcimento in forma specifica o per equivalente,
conseguenziali alla denunciata illegittimità di atti amministrativi,
alle quali si estende la cognizione del medesimo giudice, a norma dell’art.
34 del d.Lgs. n. 80 del 1998 nel testo risultante dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 281 del 2004.
Alla conclusione
raggiunta non é opponibile il dubbio di legittimità costituzionale sollevato
dalla ricorrente con la memoria, nel senso che l’affidamento al giudice amministrativo
di attribuzioni giurisdizionali anche su diritti soggettivi inerenti a rapporti
con la pubblica amministrazione violerebbe gli artt. 3, 24, 103, 104, 111 e
113 della Costituzione, sotto il profilo che l’ordinamento della giustizia amministrativa
non sarebbe tale da assicurare il giusto processo, l’indipendenza e la terzietà
del giudice, ed inoltre si determinerebbe irragionevole disparità di trattamento
per i limiti del controllo di legittimità di questa Corte sulle decisioni del
Consiglio di Stato; le relative questioni non sono pertinenti nell’attuale sede,
in quanto coinvolgono non la norma attributiva della giurisdizione, ma le disposizioni
di detto ordinamento e del processo dinanzi al giudice amministrativo che in
tesi provocherebbero le indicate disfunzioni o menomazioni, e, quindi, potrebbero
essere rilevanti solo nelle fasi dell’applicazione di quelle disposizioni.
La definizione
del quesito sulla giurisdizione alla luce della sopravvenuta sentenza della
Corte costituzionale rende equa la compensazione delle spese del giudizio di
regolamento.
PER
QUESTI MOTIVI
La Corte,
a sezioni unite, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e compensa
le spese del presente giudizio.