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Articolo pubblicato su Telejus
all’indirizzo https://www.telejus.it/idea/mostra.php?pid=9&pidarea=14
1.- Il sedici dicembre scorso
sono state presentate ufficialmente a Torino(1) le versioni italiane delle
licenze Creative
Commons (2), frutto
di un lavoro accurato
di traduzione ed adattamento (in gergo tecnico porting) delle licenze originali
all’ordinamento giuridico italiano.
Si è trattato di un lavoro lungo
e complesso iniziato alla metà di
novembre del 2003 e condotto da alcuni volontari con il coordinamento delle Affiliate
Institutions italiane (3), l’Istituto di Elettronica e di Ingegneria dell’Informazione
e delle Telecomunicazioni del C.N.R. e il Dipartimento di Scienze Giuridiche
dell’Università di Torino.
Negli ultimi decenni
abbiamo assistito ad un crescente protezionismo in materia di diritto d’autore,
di marchi e di brevetti, voluto da soggetti economici con dimensione sopranazionale,
che rischia di bloccare il progresso della conoscenza.
La legislazione degli stati
nazionali in cui si riusciva a mediare tra gli interessi dei titolari dei
diritti inerenti
la proprietà intellettuale e l’interesse
collettivo, realizzando un bilanciamento che preservava il ruolo della conoscenza
come bene pubblico, ha dovuto in modo sempre più significativo adeguarsi
ad una disciplina internazionale che si è affermata in assenza dei contropoteri
che sussistono a livello degli stati nazionali.
Il risultato è una normativa in cui il diritto d’autore
si estende oltre che alla forma delle opere anche ai contenuti e la nozione
di brevetto
viene allargata sino a comprendere diritti su frammenti essenziali della conoscenza
come la struttura del D.N.A. o quella di elementi biochimici normalmente presenti
negli esseri viventi.
La progressiva chiusura degli
spazi “pubblici” della conoscenza è avvenuta
senza che vi fosse l’opposizione di soggetti con una dimensione internazionale
in grado di rivendicare il mantenimento di ambiti di libertà nella diffusione
della conoscenza e nell’accesso ad essa.
2. Nasce da questo stato di cose
l’esigenza di una ridefinizione della nozione
di diritti universali che riesca a cogliere tutte le opportunità offerte
dalla società dell’informazione e faccia della condivisione della
conoscenza il punto di partenza per l’affermarsi di un nuovo rinascimento.
Occorre rendere il diritto di
accesso alla conoscenza collettiva un nuovo diritto universale da porre a
base di
un nuovo modello di sviluppo nel quale
vengano
sapientemente bilanciati gli interessi economici dei creatori e dei distributori
di opere intellettuali e l’interesse collettivo all’accesso ai
nuovi Commons.
Ovviamente la strada maestra
per la realizzazione di questa rivoluzione rimane sempre quella della modifica
della disciplina
legislativa in materia di proprietà intellettuale.
Questa strada appare, però, impervia ed irta di ostacoli almeno fino a
quando sul piano internazionale non si sarà affermato un movimento capace
di tener testa alle lobbies delle multinazionali della proprietà intellettuali.
L’esigenza di una reazione immediata che consenta comunque di contrastare
l’inesorabile processo di chiusura degli spazi di libertà intellettuale
ha spinto un gruppo di intellettuali, guidati dal prof. Lawrence Lessig, a
creare le licenze Creative Commons.
Si tratta di una pluralità di licenze mediante
le quali il creatore di contenuti ha la possibilità di riservarsi non
la piena proprietà intellettuale (caratterizzata dalla tradizionale formula “tutti
i diritti riservati”), ma solo alcuni specifici diritti (“alcuni
diritti riservati”), consentendo la diffusione e la condivisione delle
opere create senza che ciò comporti la violazione delle severe norme vigenti
in materia di diritto d’autore.
Le norme attualmente vigenti
a livello internazionale riconoscono all’autore,
in assenza di una espressa diversa volontà del medesimo, una tutela
piena, della quale molto spesso i creatori di contenuti non sono consapevoli
o, qualora
lo fossero, non sarebbero in grado di derogarvi mediante la previsione di specifiche
clausole contrattuali.
Le licenze Creative Commons sono
state realizzate proprio con l’obiettivo
di rendere consapevole chiunque realizzi opere di natura intellettuale delle
conseguenze negative derivanti dall’applicazione delle piena tutela del
diritto d’autore e di consentire loro di scegliere in modo semplice ed
intuitivo le modalità di tutela delle proprie opere.
3.- Si distinguono in particolare quattro tipi di licenze Creative Commons secondo
l’entità e la natura dei diritti che ciascun autore sceglie di
riservarsi.
Il creatore di contenuti potrebbe desiderare:
– che la propria opera venga
diffusa con qualunque mezzo solo a condizione che la paternità della
medesima venga ad esso sempre riconosciuta (Attribuzione)
(4) ;
– che la riproduzione della
medesima sia consentita a condizione che ciò non
avvenga per fine di lucro (NonCommerciale) (5);
– che non sia consentito realizzare opere derivate modificando il contenuto
della propria opera (NonOpereDerivate) (6);
– o, infine, che chiunque utilizzi
il contenuto della propria opera anche modificandolo per la realizzazione
di
una opera derivata sia tenuto a rilasciare quest’ultima
sotto la medesima licenza (CondividiAlloStessoModo) (7).
Ciascuna di queste licenze costituisce
un modulo che può essere utilizzato
per la creazione di una licenza composta. In tal modo ciascun autore avrà la
facoltà di scegliere quali specifici diritti riservarsi sull’opera
pubblicata.
Le versioni originali delle licenze Creative Commons sono
state realizzate pensando alla loro applicazione nell’ambito dell’ordinamento statunitense
o comunque, più in generale, nel quadro di un ambiente di Common
Law.
L’opera di adattamento all’ordinamento italiano implicava la loro
trasposizione in un quadro giuridico di Civil Law per molti versi
completamente diverso. Ciononostante le Affiliate Instituitions italiane hanno
scelto di mantenersi
sempre fedeli all’impianto fondamentale delle licenze originale, allontanandosi
dallo stesso solo quando gli interventi apparissero indispensabili o opportuni
in relazione al diverso contesto giuridico in cui le licenze italiane sono
destinate ad operare.
4.- I problemi affrontati nell’opera di adattamento possono essere raggruppati
in due ordini di questioni. Questioni interne afferenti alla struttura intrinseca
delle licenze ed alla compatibilità delle medesime con la disciplina italiana
del diritto d’autore e questioni esterne relative al contesto giuridico
in cui le licenze dovranno operare.
In particolare rientrano nella
categoria delle questioni interne sia il problema inerente il diritto morale
d’autore,
sia quello della natura giuridica
delle licenze Creative Commons.
Nel nostro ordinamento il diritto
morale d’autore ha natura indisponibile
ed irrinunciabile; perciò in ogni caso l’autore di un’opera
non può mai rinunciare validamente al riconoscimento della paternità dell’opera.
Da questo punto di vista per
ogni opera “licenziata” in Italia il
diritto al riconoscimento della paternità è tutelato in automatico,
indipendentemente dal fatto che si sia scelta la licenza c.d. Attribution (8).
Quanto alla natura giuridica delle licenze Creative Commons occorre osservare
che mentre negli ordinamenti di Common Law sono concepite come autorizzazioni,
in base ai principi dell’ordinamento italiano esse hanno natura contrattuale
con la conseguenza che ai fini della validità ed efficacia delle stesse
occorre lo scambio dei consensi e, quanto al diritto d’autore, la forma
scritta.
La questione si complica ulteriormente
in relazione all’applicazione dell’art.
1341 c.c. che richiede l’approvazione specifica delle clausole vessatorie
e degli artt. 1469 bis e ss. che prevedono particolari cautele a tutela del
consumatore nei contratti conclusi con un professionista. Le Affiliate Institutions e i collaboratori
esterni hanno ritenuto di risolvere questo problema facendo riferimento ad un
orientamento giurisprudenziale emerso in relazione ad un tipo di licenza analoga
alle Creative Commons: la licenza open-sourceGNU-GPL. Si è, infatti, ritenuto
che la particolare natura collettiva dell’opera (in questo caso il codice
sorgente del software) rilasciata sotto la licenza GNU-GPL sia incompatibile
con la disciplina dettata in materia di clausole vessatorie.
I problemi esterni affrontati
nell’opera
di adattamento sono relativi al contesto giuridico in cui le licenze Creative Commons sono
destinate ad operare ed in particolare necessità di chi intenda avvalersi di tali licenze di
rispettare la normativa in materia di bollino della SIAE e di esclusività del
mandato affidato a quest’ultima dall’autore.
Trattandosi di questioni esterne alle licenze le Affiliate Institutions si
sono limitate ad indicare ai soggetti licenziatari le norme di condotta per
evitare
di infrangere norme interne per le quali si prevedono pesanti sanzioni amministrative
o, in taluni casi, penali.
La presentazione della versione italiana delle Creative Commons rappresenta
certamente un momento fondamentale per la acquisizione nel nostro paese della
consapevolezza
delle importanti sfide che l’informatica e le nuove tecnologie pongono
al mondo della conoscenza e della creatività artistica per la creazione
di nuovi Commons in grado di definire uno statuto dei lavoratori della conoscenza
che sia rispettoso dei bisogni collettivi (9).
Carmelo Giurdanella – Fabrizio Traina (3 gennaio 2004)
N o t e
(1) La registrazione completa
della conferenza di presentazione delle versioni italiane delle licenze Creative
Commons è disponibile
sul sito di Radio
Radicale, all’indirizzo https://www-5.radioradicale.it/servlet/VideoPublisher?cmd=segnalaGoNew&livello=s7.2.1&file=uni_michele_0_20041217160417.txt
(2) Il sito internazionale delle Creative Commons è raggiungibile all’indirizzo www.creativecommons.org
(3) Il sito italiano delle Creative Commons è raggiungibile all’indirizzo www.creativecommons.it
(4) Licenza consultabile collegandosi all’indirizzo https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/it/legalcode
(5) https://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.0/it/legalcode
(6) https://creativecommons.org/licenses/by-nd/2.0/it/legalcode
(7) https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0/it/legalcode
(8) Infatti il “modulo” Attribuzione costituisce il contenuto minimo
e imprescindibile di qualsiasi licenza Creative Commons relativa ad opere cui
debba essere applicata la legge italiana.
(9) Per i riferimenti bibliografici, si rinvia all’articolo degli stessi
autori, Alcune ragioni per adottare le licenze Creative Commons, pubblicato su Telejus,
all’indirizzo https://www.telejus.it/idea/mostra.php?pid=24&pidarea=3