Codice dell’amministrazione digitale

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Dalla premessa al Parere:“Lo schema in oggetto affronta
per la prima volta in modo organico il tema dell’utilizzo delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione (cd. ICT) nelle pubbliche amministrazioni,
nonché della disciplina dei fondamentali principi giuridici applicabili
al documento informatico e alla firma digitale.

Si
tratta di un’opera
di indubbio rilievo sistematico, che può fornire ai cittadini, alle
imprese e alle stesse pubbliche amministrazioni uno strumento normativo
ampio, tale da orientare in maniera organica i processi di innovazione
in atto.

Uno
strumento, quello del codice, che – vista la assoluta peculiarità della
materia trattata – può contribuire
non soltanto alla erogazione di servizi più efficienti e veloci,
ma anche a consentire forme innovative di partecipazione alla vita amministrativa
e politica. Che può avvicinare i destinatari dell’innovazione
(i cittadini, le imprese, la società civile) ai suoi protagonisti
(gli amministratori, i funzionari e gli impiegati pubblici), nella nuova “amministrazione
digitale”, attraverso un intervento più tradizionale e di
chiara leggibilità come è un codice, ossia una raccolta
organica di disposizioni legislative”
.

– – – –

Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli atti normativi

Adunanza del 7 febbraio 2005

N. della Sezione: 11995/04

OGGETTO: PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – DIPARTIMENTO PER L’INNOVAZIONE
E LE TECNOLOGIE. Schema di decreto legislativo recante il “Codice dell’amministrazione
digitale”, in attuazione della delega contenuta nell’articolo
10 della legge 29 luglio 2003, n. 229, “Interventi in materia di qualità della
regolazione, riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione
2001”
.

La Sezione
Vista la relazione trasmessa con nota prot. UL/1226/04/35 del 18 novembre 2004,
pervenuta il 16 dicembre 2004, con la quale il Ministro per l’innovazione
e le tecnologie ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema
di decreto legislativo indicato in oggetto;
Esaminati gli atti e uditi i relatori ed estensori, presidente Livia Barberio
Corsetti e consiglieri Pier Luigi Lodi, Luigi Carbone, Paolo Troiano e Sergio
De Felice;
Ritenuto quanto esposto dall’Amministrazione riferente;

PREMESSO:

1. Lo schema in esame sottopone
al parere del Consiglio di Stato il testo di decreto legislativo recante
il “Codice dell’amministrazione digitale”,
in attuazione della delega contenuta nell’articolo 10 della legge 29
luglio 2003, n. 229 (Interventi in materia di qualità della regolazione,
riassetto normativo e codificazione – Legge di semplificazione 2001).
Il termine di scadenza della delega (fissata dopo diciotto mesi dalla data
di entrata in vigore della legge n. 229, pubblicata il 25 agosto 2003) impone
che il provvedimento sia emanato entro il 9 marzo 2005. Il comma 3 della norma
di delega consente al Governo di adottare uno o più decreti legislativi
recanti disposizioni correttive e integrative, entro dodici mesi decorrenti
dalla data di scadenza della delega in questione.
Lo schema, proposto dal Ministro per l’innovazione e le tecnologie, è corredato
dei concerti dei Ministri della funzione pubblica e dell’economia e delle
finanze, nonché del parere della Conferenza unificata, tutti pervenuti
successivamente all’invio del testo dello schema.
Hanno espresso, inoltre, avviso favorevole in ordine allo schema i Ministeri
della giustizia, dell’interno, delle comunicazioni e delle attività produttive,
nonché il Dipartimento per le politiche comunitarie.
Tale schema costituisce uno dei primi provvedimenti della nuova fase di codificazione
finalizzata alla semplificazione e al riordino (ora denominato “riassetto”)
normativo, sulla quale questo Consiglio ha avuto modo di esprimersi ampiamente
in relazione allo schema di decreto legislativo concernente il “Codice
dei diritti di proprietà industriale”, oggetto del parere n. 2/2004
del 25 ottobre 2004 dell’Adunanza generale. Con parere n. 11602/2004,
reso nell’adunanza del 20 dicembre 2004, questa Sezione ha poi espresso
il parere sullo schema di decreto legislativo recante il “Riassetto delle
disposizioni vigenti in materia di consumatori – Codice del consumo”.
A tali pareri la Sezione ritiene di poter fare integrale rinvio per tutte le
considerazioni generali sul processo di codificazione e per i suggerimenti
di metodo rivolti al Governo, contenuti in quella sede.

2. La norma di delega di cui
all’art. 10 della legge n. 229 del 2003
ha già costituito il fondamento dello schema di decreto legislativo
recante la “Istituzione del sistema pubblico di connettività e
della rete internazionale della pubblica amministrazione”, su cui la
Sezione – dopo un primo parere istruttorio del 14 giugno 2004 e i relativi
adempimenti – ha espresso parere favorevole con osservazioni nell’adunanza
del 30 agosto 2004 (parere n. 7904/04).
Il decreto legislativo non è stato ancora pubblicato alla data della
presente adunanza.

Con il parere n. 7904/04 si è rilevato, tra l’altro, che quel
provvedimento – il quale si limita ad istituire il “sistema pubblico
di connettività” (SPC) e la “rete internazionale della pubblica
amministrazione” abrogando un solo comma della legislazione preesistente
(il comma 1 dell’art. 15 della legge n. 59 del 1997, sulla Rete unitaria
delle pubbliche amministrazioni-RUPA) – non reca il “riassetto
in materia di società dell’informazione ”, che pure la norma
di delega di cui all’art. 10 della legge n. 229 del 2003 impone come
condizione prioritaria, e non incide sulla ormai ampia normativa esistente
in materia di “società dell’informazione” (che costituisce
la rubrica della delega di cui all’art. 10) e di informatica nelle pubbliche
amministrazioni.

La Sezione ha, però, rilevato come la stessa delega renda possibile
un intervento di riassetto con “uno o più decreti legislativi”,
ed ha quindi fornito il proprio parere favorevole intendendo – con qualche
sforzo interpretativo, di cui la riferente Amministrazione dà atto nella
relazione dello schema in oggetto – quello schema di decreto legislativo
come un intervento parziale, che riordina la materia nella (sola) misura in
cui sostituisce l’SPC alla RUPA. La sua natura di “provvedimento
di riassetto normativo” (e in ultima analisi il rispetto della norma
di delega) era, allora, stata fatta salva a condizione che l’intervento
confluisse, poi, nella generale codificazione della materia nel rispetto del
comma 1 dell’art. 10, divenendo “uno” tra i “più” decreti
legislativi di riassetto.

Nel merito dello schema, si è segnalata la necessità di integrare
quello schema con una o più disposizioni che rendano esplicite ed effettive,
sul piano amministrativo, le commendevoli finalità esposte dall’Ufficio
legislativo del Ministro per l’innovazione e le tecnologie e contenute,
a livello di principio o di dichiarazione di intenti, nello schema, specie
in relazione alla necessità di attuare in maniera concreta la lettera
b) del comma 1 della norma di delega (art. 10 legge n. 229 del 2003), che – introducendo
un criterio incisivo e innovativo – consente di modificare la disciplina
vigente “al fine precipuo di garantire la più ampia disponibilità di
servizi resi per via telematica” dalle P.A. e “di assicurare ai
cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi secondo il criterio
della massima semplificazione degli strumenti e delle procedure necessari e
nel rispetto dei principi di uguaglianza, non discriminazione e della normativa
sulla riservatezza dei dati personali”.

Sempre sulla stessa materia, la Sezione è intervenuta con altri due
avvisi che vanno tenuti presenti anche per lo schema in esame: il parere istruttorio
n. 6786/04 reso dall’adunanza del 19 aprile 2004 (che allo stato risulta
ancora da ottemperare) sullo schema di regolamento del Ministero dell’interno
sull’Indice nazionale delle anagrafi – INA, e il parere n. 7903/04,
reso nell’adunanza del 14 giugno 2004, sullo schema di d.P.R. recante
disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, che
risulta essere stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri.

3. A differenza dell’intervento parziale di cui sopra, lo schema in
oggetto affronta per la prima volta in modo organico il tema dell’utilizzo
delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (cd. ICT) nelle
pubbliche amministrazioni, nonché della disciplina dei fondamentali
principi giuridici applicabili al documento informatico e alla firma digitale.

Si tratta di un’opera di indubbio rilievo sistematico, che può fornire
ai cittadini, alle imprese e alle stesse pubbliche amministrazioni uno strumento
normativo ampio, tale da orientare in maniera organica i processi di innovazione
in atto.

Uno strumento, quello del codice, che – vista la assoluta peculiarità della
materia trattata – può contribuire non soltanto alla erogazione
di servizi più efficienti e veloci, ma anche a consentire forme innovative
di partecipazione alla vita amministrativa e politica. Che può avvicinare
i destinatari dell’innovazione (i cittadini, le imprese, la società civile)
ai suoi protagonisti (gli amministratori, i funzionari e gli impiegati pubblici),
nella nuova “amministrazione digitale”, attraverso un intervento
più tradizionale e di chiara leggibilità come è un codice,
ossia una raccolta organica di disposizioni legislative.

La Sezione ritiene, quindi, di dover dare atto alla riferente Amministrazione
di essersi data carico con impegno di tale opera generale di riordino – indicata,
sin dal parere n. 7904/04, come l’unica in grado di attuare compiutamente
la delega in questione – e di avere effettuato uno sforzo consistente
per accelerare il più possibile, fino quasi a forzare, il cambiamento
e l’innovazione (e in quest’ottica devono essere lette sia alcune
dichiarazioni puramente programmatiche e di principio che la scelta di opzioni
particolarmente radicali, che operano l’abbandono irreversibile delle
modalità amministrative più tradizionali. Ma, come si dirà,
questa impostazione impone un bilanciamento di tali estremi).

CONSIDERATO:

4. Alla stregua della rilevanza
dell’intervento, la Sezione ritiene che
l’opera in questione meriti di essere considerata con particolare attenzione
e ulteriormente rafforzata, ricercando e segnalando i profili in cui la disciplina
può essere resa più completa, ovvero più coerente con
il contesto ordinamentale su cui va ad incidere, o più concreta e operativa
nei confronti dei cittadini, o più flessibile nell’intervento
normativo di riassetto.

La Sezione è, infatti, dell’avviso che lo schema di codice presenti
rilevanti peculiarità e aspetti problematici, rispetto ai quali le scelte
effettuate esigono chiarimenti, o ulteriori sostegni motivazionali, oppure
richiedono una riconsiderazione più meditata, da svolgere in collaborazione
con le altre amministrazioni competenti (peraltro, i concerti e gli avvisi
già resi non appaiono fornire motivazioni specifiche), anche alla
stregua delle osservazioni contenute nel presente avviso.

4.1. Prima di esporre puntualmente
le osservazioni della Sezione – sia
quelle generali sulla struttura dell’intervento che quelle specifiche
sui singoli articoli dello schema – si ritiene opportuno raggruppare,
qui di seguito, i profili di fondo alla stregua dei quali si invitano il Dipartimento
dell’innovazione e le altre amministrazioni interessate – in primo
luogo, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Dipartimento della
funzione pubblica, il Ministero della giustizia e quello dell’interno – ad
adeguare lo schema di codice.

In sintesi, le osservazioni della Sezione mirano a conseguire:

– un testo che sia più completo e “leggibile” sull’argomento
centrale della disciplina, quello della “amministrazione digitale”,
che ricomprenda, quantomeno, anche le normative in corso di adozione sul sistema
pubblico di connettività – SPC, sull’indice delle anagrafi – INA
e sulla posta elettronica certificata (anche recando contestualmente una raccolta
organica di norme regolamentari sulla stessa materia) (cfr. infra, il punto
6);

– un testo che affianchi alle enunciazioni programmatiche
e di principio, contenute in varie parti del testo, norme precettive –applicabili tramite un processo
graduale e guidato di implementazione o, in altri casi, direttamente esecutive – volte
all’effettivo perseguimento delle finalità della delega “di
garantire la più ampia disponibilità di servizi resi per via
telematica dalle pubbliche amministrazioni e dagli altri soggetti pubblici
e di assicurare ai cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi
secondo il criterio della massima semplificazione degli strumenti e delle procedure
necessari e nel rispetto dei principi di uguaglianza, non discriminazione e
della normativa sulla riservatezza dei dati personali” (cfr. infra, il
punto 7);

– un testo che non renda incomplete altre discipline
già organiche (come
quella sulla documentazione amministrativa) e che non tenda ad assorbire la
disciplina del procedimento o della documentazione amministrativa, ma che operi
il necessario riordino ripensando “a livello informatico” la disciplina
sostanziale, nelle sedi sistematicamente proprie (cfr. infra, il punto 8);

– un testo che non rechi una consistente rilegificazione
in una materia la quale invece richiede – ontologicamente – la massima flessibilità e
che demandi una buona parte della disciplina ad una (possibilmente coeva) raccolta
di norme regolamentari (ovvero, eventualmente, a raccolte distinte per i diversi
livelli normativi secondari) (cfr. infra, il punto 9);

– un testo che, nell’accelerare il cambiamento, prevenga con misure concrete
l’incremento (allo stato ipotizzabile) del fenomeno del digital divide
o i rischi che potrebbero derivare dalla troppo rapida scomparsa del documento
cartaceo e da una separazione delle discipline della gestione dei documenti
da quella degli archivi (cfr. infra, il punto 10);

– un testo che, pur nella opportuna centralizzazione
di alcuni profili della disciplina, tenga in maggiore considerazione le esigenze
di raccordo con le
reti regionali e locali integrando – sul modello del sistema pubblico
di connettività – a livello statale, la disciplina generale del
procedimento amministrativo come disciplina generale valevole anche per le
Regioni ma che consenta altresì ai sistemi informatici pubblici regionali
e locali di svilupparsi e migliorare le prestazioni, nella compatibilità con
l’intero sistema ma nel rispetto dell’autonomia (cfr. infra, il
punto 10);

– un testo che, conseguentemente, sia accompagnato
dalla previsione di risorse umane e finanziarie adeguate, nonché dalle ulteriori disposizioni di
preparazione, attuazione e messa a regime, anche graduale, che consentano una
effettiva realizzazione della riforma e delle finalità della delega.

4.2. Considerata la natura strutturale
di talune delle osservazioni del presente parere e ritenuto che svariate
tra esse debbano essere risolte con la partecipazione
delle amministrazioni richiamate, ma constatate altresì la prossimità della
scadenza del termine della delega e l’impossibilità di rispettarlo
laddove si dovesse procedere ad approfondimenti istruttori, la Sezione suggerisce
sin d’ora di valutare l’eventualità di stabilire un congruo
termine per l’entrata in vigore dello schema in oggetto (ad esempio,
180 o 240 giorni).

Ciò consentirebbe, oltre che di preparare adeguatamente le amministrazioni
e gli operatori ai cambiamenti introdotti, di predisporre la raccolta di norme
regolamentari di cui si dirà infra, al punto 9, nonché di far
confluire le modificazioni che eventualmente non vi fosse stata la possibilità di
apportare con il necessario approfondimento in uno o più decreti legislativi
correttivi, consentiti dall’art. 10, comma 3, della legge n. 229 del
2003.

In questo modo, entrambi tali tipi di intervento potrebbero entrare in
vigore a breve distanza (o addirittura quasi contemporaneamente) al
codice in esame.

5. Ai fini di un proficuo completamento
dell’iter dello schema, proprio
alla stregua del suo notevole rilievo, nell’ulteriore corso del provvedimento
(eventualmente anche contemporaneamente all’esame del Parlamento) occorrerà dunque
acquisire, in relazione alle osservazioni contenute nel presente parere, gli
avvisi delle altre amministrazioni – concertanti e non – sugli
aspetti di propria competenza.

5.1. In primo luogo, relativamente
al Ministero dell’economia e delle
finanze, essendo pervenuti alla Sezione soltanto gli avvisi del Dipartimento
della Ragioneria generale dello Stato, dei cui rilievi peraltro lo schema non
tiene conto, occorrerà trasmettere il presente parere, oltre che a quel
Dipartimento, anche al Dipartimento del tesoro.
Il
Ministero dell’economia
dovrà, infatti, nuovamente pronunciarsi:
– in via generale, sulla concreta “fattibilità” dei cambiamenti
profilati dal nuovo codice (informatizzazione di tutto il sistema della P.A.
italiana e dei suoi rapporti coi privati in due anni) senza alcuna contestuale
previsione di risorse aggiuntive e di copertura finanziaria. In particolare,
sembra richiedere un esplicito, ulteriore pronunciamento da parte della Ragioneria
generale dello Stato l’affermazione della relazione di accompagnamento
(pagina 2) secondo cui “questo profondo ammodernamento delle P.A. … non
potrà che attuarsi tramite l’orientamento delle spese ordinarie
al perseguimento delle finalità indicate”, specificando eventualmente
con maggiore precisione – ancorché in termini generali – nel
testo e nella relazione finale quali delle finalità attualmente perseguite
dovranno essere pretermesse a causa di tale nuovo “orientamento” delle
risorse ordinarie;
– specificamente, su svariate disposizioni del testo (e segnatamente gli
articoli 5, 6, 7, 9, 11, 13, 15, 16, 31 comma 4, 35, 38, 56, 61 e 62, di
cui si dirà caso
per caso infra, ai punti successivi), le quali, se davvero non recanti spesa,
non possono essere intese come disposizioni precettive e dovranno quindi essere
interamente riconsiderate in ottemperanza al presente parere, ovvero integrate
da altre più concrete disposizioni;
– sulla praticabilità della richiesta “di impegno da parte del
Governo per reperire le risorse finanziarie necessarie ad attuare il processo
di digitalizzazione in atto”, che è stata inserita nel parere
della Conferenza unificata del 20 gennaio 2005. Si veda altresì, sempre
sulla questione delle risorse finanziarie, il più ampio pronunciamento
reso dalla Conferenza unificata il 13 gennaio 2005, allegato al predetto parere
del 20 gennaio, secondo il quale, tra l’altro, “qualsiasi intervento
di riassetto normativo in materia comunque non è sufficiente se contestualmente
non vengono definiti impegni economici e investimenti che dovrebbero trovare
copertura nelle leggi finanziarie per dare continuità ai piani di azione
per l’e-government italiani ed europei”.
Appare, infine, necessario uno specifico pronunciamento degli uffici competenti
del Ministero dell’economia riguardo a singole misure previste dal codice
in relazione a competenze dirette del Dicastero e, in particolare, un espresso
avviso del Dipartimento del tesoro sulla parte riguardante il settore del debito
pubblico e le modalità dei pagamenti e del Dipartimento per le politiche
fiscali sui profili relativi alla presentazione della dichiarazione dei redditi
per via telematica.

5.2. Inoltre, è necessario che si esprimano sugli specifici punti sollevati
con il presente parere il Dipartimento della funzione pubblica, il Ministero
dell’interno e il Ministero della giustizia. Ciò al fine di indurre
l’Amministrazione proponente a motivare con maggiore ampiezza alcune
scelte effettuate con lo schema in questione, nonché ad eventualmente
riconsiderarne altri profili.
Per il seguito dell’iter appare innanzitutto necessaria una specifica,
ulteriore collaborazione da parte del Dipartimento della funzione pubblica – che
pure ha già fornito il suo concerto – in relazione a tutti i profili
di incidenza dello schema in oggetto sulla disciplina generale del procedimento
amministrativo, nonché alla “perimetrazione” del codice
rispetto al testo unico sulla documentazione amministrativa n. 445 del 2000,
di cui si dirà ampiamente infra, ai punti successivi (in particolare
ai punti 8 e 9). Molti problemi sollevati dallo schema e molte questioni di
connessione tra lo schema di codice in oggetto e il menzionato testo unico
non potranno, quindi, essere risolti senza la attiva partecipazione, nella
fase successiva dell’iter dello schema, del Dicastero responsabile per
la disciplina generale della pubblica amministrazione.
Occorre, inoltre, che per la redazione del testo definitivo si acquisiscano
almeno gli avvisi motivati: del Ministero della giustizia su alcune questioni
di rilievo, di seguito individuate, e segnatamente su quelle che incidono sulla
rilevanza probatoria dei documenti, sull’ordinamento civile con particolare
riguardo ai rapporti tra privati (artt. 17 e 18), sulla attività notarile;
del Ministero dei beni culturali e ambientali per l’archiviazione degli
atti; del Ministero dell’interno per quanto attiene alle carte di identità elettronica
(il d.P.R. n. 445 del 2000 era stato adottato su proposta del Presidente del
Consiglio dei Ministri e del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con i Ministri dell’interno e della giustizia) e per i rapporti con l’Indice
nazionale delle anagrafi – INA, che avrebbe dovuto essere costituito
con regolamento ministeriale di cui al parere istruttorio di questa Sezione
n. 6786/2004 reso dall’adunanza del 19 aprile 2004, che – come
si è detto – allo stato risulta ancora da ottemperare.

6. Un primo profilo generale
da rimettere alla riconsiderazione del Dipartimento proponente e delle amministrazioni
innanzi menzionate è quello della
necessità di completare la disciplina organica già contenuta
nello schema.

Una delle caratteristiche dell’intervento, infatti, già evidenziata
nel precedente parere n. 7904/04 – dovrebbe essere quello della sua esaustività e
sistematicità, quantomeno in relazione agli strumenti portanti dell’innovazione
digitale nelle pubbliche amministrazioni (cfr., in particolare, la lettera
d) della norma di delega, che impone anche di “realizzare il coordinamento
formale del testo delle disposizioni vigenti, apportando, nei limiti di detto
coordinamento, le modifiche necessarie per garantire la coerenza logica e sistematica
della normativa anche al fine di adeguare o semplificare il linguaggio normativo”.

Lo schema in oggetto, invece, si limita a riordinare soltanto una parte
della disciplina attualmente vigente, come si evince chiaramente dalla “tabella
di corrispondenza” e dalla norma sulle abrogazioni, che in realtà si
incentra esclusivamente su due delle molteplici fonti normative riguardanti
l’informatizzazione dell’amministrazione pubblica (ossia sul recente
d.lgs. n. 10 del 2002 e, soprattutto, sul testo unico sulla documentazione
amministrativa, che peraltro costituiva già un riordino della materia:
sulle relative problematiche, cfr. infra, i punti 8 e 9). L’effetto di
riassetto normativo richiesto dalla delega ne risulta, ad avviso della Sezione,
fortemente limitato, non sfruttandosi appieno le potenzialità innovative
della delega.

A titolo esemplificativo, una rilevante lacuna – che pure il precedente
parere della Sezione n. 7904/04 aveva raccomandato di evitare – è la
mancata considerazione nel codice della disciplina del sistema pubblico di
connettività (SPC) di cui al precedente schema di decreto legislativo
di attuazione dell’art. 10 della legge n. 229 del 2003, menzionato retro,
al punto 2. Tale sistema costituisce invece, per ammissione dello stesso Dipartimento
per l’innovazione, nella relazione a quello schema di decreto legislativo,
uno degli assi portanti della riforma, oltre che un esempio di interazione
costruttiva tra Stato, Regioni ed autonomie locali e tra i loro sistemi informativi.

In altri termini, se nel precedente parere si affermava che un intervento
additivo come la creazione dell’SPC non può prescindere dal “riassetto
normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia”,
che peraltro ispira l’intera legge n. 229 del 2003, vale anche – e
a maggior ragione – il reciproco, perché un codice non può non
contenere, al suo interno, una innovazione così recente e cruciale come
quella di cui al richiamato schema.

Il codice va, altresì, integrato con la disciplina (quantomeno nelle
sue linee generali di rango legislativo) dell’Indice nazionale delle
anagrafi (INA), per il quale si rinvia alle osservazioni specifiche contenute
nel parere istruttorio di questa Sezione n. 6786/04 del 19 aprile 2004 e dell’utilizzo
della posta elettronica certificata, di cui al parere della Sezione n. 7903/04
del 14 giugno 2004.

Dovrebbe poi, in generale, tenersi conto con maggiore organicità delle
varie altre normative sulla materia che non risultano comprese nel codice.
Per tutte valga, anche qui a titolo di mero esempio, la menzione delle recenti “misure
telematiche” contenute nella stessa legge di delega n. 229 del 2003 in
un apposito capo III (artt. da 16 a 19) e in particolare la necessità di
considerare, nella disciplina codificata, il “Registro informatico degli
adempimenti amministrativi per le imprese” (art. 16 legge n. 229 del
2003) e la “Consultazione in via telematica”, che recepiscono a
livello legislativo (senza che, peraltro, risulti essere stata fornita un’ulteriore
attuazione a tali previsioni) precise raccomandazioni all’Italia fornite
dall’OCSE nel suo Rapporto Regulatory Reform in Italy del 2001; manca,
altresì, il recepimento dell’art. 19 della stessa l n. 229, sulla
accessibilità informatica dei “Dati identificativi delle questioni
pendenti dinanzi al giudice amministrativo e contabile” (che invece risulta
in buona parte ormai realizzata). Ma gli esempi potrebbero essere molteplici,
sino alla recente legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004), ai
commi 80, 149, 172, 187, 188, 332 e 333, 374, 380, 381, 382, 383, 384, 385,
429, 431 dell’art. 1, con le questioni che essi pongono in materia di
firma elettronica e di autonomia delle singole amministrazioni.

Infine, appare necessario prendere in considerazione anche la legge
di riforma della disciplina generale del procedimento di cui
alla legge n. 241 del 1990
(ormai definitivamente approvata, anche se non ancora pubblicata).
La
riforma introduce nella legge n. 241 (come art. 3-bis) un principio
generale sull’“uso
della telematica” (termine che andrebbe coordinato con quelli, diversi,
utilizzati dal codice), secondo il quale “Per conseguire maggiore efficienza
nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l’uso
della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra
queste e i privati” e reca altri riferimenti (ad esempio, alla conferenza
di servizi informatizzata di cui agli artt. 14 e seguenti della stessa legge
n. 241 come modificati dalla riforma appena approvata).

Ciò rende ancora più evidente una delle questioni di fondo della
materia in esame (di cui si dirà infra, al punto 8): quella dei rapporti
tra procedimento amministrativo e disciplina della “digitalizzazione”,
che il codice risolve – alquanto sommariamente – assorbendo in
sé parti della disciplina, senza modificare (o limitandosi ad abrogare)
la disciplina “amministrativa” delle stesse procedure.

7. Una seconda questione di
tipo strutturale – anch’essa, come
la precedente, già rilevata nel precedente parere n. 7904/04 ma non
recepita in questa sede – è quella della necessità di accompagnare
alle enunciazioni di principio norme direttamente precettive, che non rimettano
l’attuazione di tali principi esclusivamente alla volontà (mutevole
per definizione) di attuarle da parte delle singole amministrazioni.

Come rilevato dalla migliore dottrina, la presenza di nuovi mezzi di svolgimento
dell’attività amministrativa impone, quando le innovazioni lo
consentono, il compimento di operazioni di adattamento dei vecchi istituti
alle nuove situazioni (si ricordi l’insegnamento di “interrogare
i nuovi ordinamenti adoperando gli antichi istituti e modificandoli, quando
necessario”).

Oltre che di un generale criterio di qualità della produzione normativa,
si tratta in questo caso di uno specifico precetto contenuto nella norma di
delega più volte richiamato nel parere n. 7904/04.

Come già avvertito nel precedente avviso, se la norma di delega (alla
lett. b) del comma 1 dell’art. 10) consente di innovare la legislazione
vigente allo scopo (pressoché esclusivo) di “garantire la più ampia
disponibilità di servizi resi per via telematica” dalle P.A. e “di
assicurare ai cittadini e alle imprese l’accesso a tali servizi”,
il decreto delegato non può limitarsi a ribadire tali finalità,
ma deve darne concreta ed effettiva attuazione, prevedendo effetti giuridicamente
rilevanti per le pubbliche amministrazioni e consentendo, in caso di inerzia
o di inadempimento della nuova disciplina, il ricorso da parte di cittadini
e imprese agli ordinari strumenti di tutela amministrativa e giurisdizionale.
La mancata effettività delle disposizioni generali non potrebbe che
ricadere sulla credibilità dell’intera riforma.

In quest’ottica, ad esempio, appare corretto ma non sufficiente inserire,
all’inizio del codice, una serie di previsioni programmatiche e di principio
(su cui cfr. amplius infra, il punto 12.2), senza prevedere effetti concreti,
dal punto di vista della disciplina amministrativa, in materia di “diritti” dei
cittadini e delle imprese, di documentazione amministrativa, di rilascio degli
atti amministrativi, di erogazione dei servizi pubblici on line e di accesso
telematico a tali servizi da parte del pubblico.

Né potrebbe sostenersi che le necessarie disposizioni integrative potranno
essere introdotte per la prima volta con le “regole tecniche” di
cui all’art. 72 dello schema. Pur se va probabilmente rilevata la natura
regolamentare di tali “regole tecniche” (come già riconosciuto
dal Dipartimento in sede di adempimento istruttorio sullo schema dell’SPC:
cfr. infra, il punto 17, sub art. 72), le disposizioni integrative in parola
si configurano come norme generali, applicabili a tutte le pubbliche amministrazioni,
che incidono direttamente sui procedimenti amministrativi e sulle posizioni
soggettive dei cittadini e delle imprese. Appare, quindi, necessario che esse
siano contenute in una fonte normativa di rango primario, quale è il
presente schema di codice. Esso potrà invece, ovviamente, collegarne
la concreta vigenza al momento della operatività delle singole “regole
tecniche”.

Per esempio, un primo modello per rendere effettive alcune delle
suindicate finalità (suggerito già dal citato parere n. 7904/04) potrebbe
rinvenirsi nella introduzione di un principio generale e precettivo simile
a quello contenuto nell’art. 43 del d.P.R. n. 445 del 2000, secondo il
quale “le amministrazioni pubbliche e i gestori di servizi pubblici non
possono richiedere atti o certificati concernenti stati, qualità personali
e fatti che risultano elencati all’art. 46, che siano attestati in documenti
già in loro possesso o che comunque esse siano tenute a certificare”.

Altra possibilità sarebbe quella di prevedere la liberazione dei cittadini
e delle imprese dall’onere di fornire ad una amministrazione pubblica,
in generale o per determinate procedure, tutti gli atti o i documenti comunque
reperibili da altre amministrazioni in via telematica o informatica (per esempio,
limitatamente a determinate categorie di soggetti pubblici, a causa del sistema
di interconnessione: un caso tipico potrebbe essere quello dei titoli, da esibire
in un concorso pubblico, o in una gara di appalto, che fossero già in
possesso di altre amministrazioni, che attualmente continuano ad essere richiesti
come necessario elemento integrativo della domanda).

La riconsiderazione di questo profilo molto rilevante dell’impianto dovrebbe
indurre a modificare anche la asserzione della relazione di accompagnamento
(pag. 2) secondo cui “il decreto legislativo non comporta alcuna spesa
o onere per il bilancio pubblico” e che “siffatta circostanza deriva
dalla stessa natura di codice rivestita dal testo, e dunque dalle stesse finalità generali
e programmatiche che essa presenta”.

Come si è detto, la natura del codice e la specifica norma di delega
impongono, al contrario, una precettività dell’intervento codicistico,
che, si ripete, può innovare solo al fine di “garantire – con
norme direttamente applicabili e non solo programmatiche – la più ampia
disponibilità di servizi resi per via telematica dalle pubbliche amministrazioni
e dagli altri soggetti pubblici”, o di “assicurare – anche
qui con norme non solo “generali e programmatiche” – ai cittadini
e alle imprese l’accesso a tali servizi”.

Di ciò dovrà tenere specificamente conto anche il Ministero dell’economia,
nell’adempiere al richiesto intervento sul seguito dell’iter dello
schema, quantomeno nel prevedere un obbligo espresso di distogliere le risorse
per “spese ordinarie” (da individuare specificamente) e di ri-orientarle
a favore dell’innovazione digitale (cfr. retro, il punto 4).

Inoltre, accanto alle disposizioni integrative di cui si è detto andrebbe
altresì prevista una specifica normativa attuativa per l’effettiva
(e verosimilmente graduale) messa in pratica delle finalità enunciate
dal codice (soprattutto dal suo Capo I), prevedendo, oltre alla individuazione
delle risorse nell’ambito delle “spese ordinarie” (se tale
procedimento è ritenuto corretto dal Ministero responsabile), la definizione
in concreto di programmi di sperimentazione, di formazione e di graduale “messa
a regime” delle innovazioni annunciate.

8. Le problematiche sinora esposte
dovrebbero condurre a valutare l’opportunità di
un consistente rafforzamento ed ampliamento della portata del codice in oggetto.

D’altro canto, non può tacersi di un terzo profilo problematico
(ampiamente messo in evidenza dai primi due pareri di questo Consiglio di Stato
sulla nuova fase della codificazione, il parere n. 2/2004 dell’Adunanza
generale e il n. 11602/2004 della Sezione): quello della “perimetrazione” del
codice e, in generale, del rapporto tra la disciplina sulla digitalizzazione
dell’amministrazione e quella sul procedimento amministrativo digitalizzato.

In generale, si deve osservare che nel codice non si prevede quale delle
fasi del procedimento amministrativo (in genere e non solo statale), dalla
fase
di iniziativa o comunicazione di avvio del procedimento, alla fase della
istruttoria (produzione o comunicazione di atti o di avvenuta recezione
di atti), alla
fase determinativa (si pensi a procedure automatizzate, che limitano la
discrezionalità quasi
ad azzerarla, nelle quali la volontà è quasi del computer o del
programma), alla fase di integrazione della efficacia (si pensi alla comunicazione,
recettizietà o pubblicità rese con il mezzo informatico), possa
avvenire con modalità informatiche e telematiche. Nulla stabilendosi
in relazione alle varie fasi del procedimento amministrativo, non si percepisce
il vantaggio che dall’informatizzazione del procedimento può derivare
al cittadino e utente di pubblici servizi.

8.1. Il problema della perimetrazione
del codice si pone, poi, con particolare delicatezza nei confronti di una
normativa anch’essa già riordinata
di recente, che sta fornendo buoni risultati: quella del testo unico sulla
documentazione amministrativa (d.P.R. n. 445 del 28 dicembre 2000 e connessi
testi A – d.lgs. n. 443 del 2000 – e B – d.P.R. n. 444 del
2000).

Appare, anzi, quantomeno singolare che la norma sulle abrogazioni (art.
75) si incentri come si è detto esclusivamente sul d.lgs. n. 10 del 2002
e sul t.u. n. 445 del 2000, così concentrando (e limitando) la propria
opera di “riassetto” su una normativa che in realtà era
stata già riordinata di recente, tralasciando invece tutte le altre
norme sulla materia, presenti, spesso in modo asistematico, in molteplici fonti
dell’ordinamento.

Questo Consiglio di Stato considera, poi, con preoccupazione il rischio
che si pervenga nuovamente alla frammentazione di una disciplina che,
dopo lunga
attesa (di oltre trent’anni) e svariati tentativi, era stata riordinata
organicamente. In relazione allo schema di quel testo unico, la Sezione (parere
n. 147/00 del 18 settembre 2000) aveva, tra l’altro, apprezzato la scelta
di raccogliere in un’unica fonte normativa sia le disposizioni relative
alla tradizionale documentazione amministrativa cartacea (certificati, autocertificazioni,
dichiarazioni, etc.) che quelle relative alla documentazione informatica (documento
elettronico, firma digitale, etc.), fornendo ai cittadini una sede unitaria
della disciplina e favorendo in tal modo anche la progressione da un modello
di documentazione ad un altro. In proposito, il citato parere aveva anche affermato
che l’informatica costituisce uno strumento al servizio dei cittadini,
delle imprese e delle pubbliche amministrazioni e che va direttamente integrata
nella disciplina dei relativi procedimenti amministrativi.

Nel codice in oggetto sembra, invece, che si estrapoli la disciplina di
quel testo unico che riguarda l’amministrazione digitale. Senza menzionare
il fatto che nel testo unico citato si eliminano norme regolamentari per trasformarle
in norme tecniche, mentre nello schema in esame si rilegificano norme regolamentari,
con conseguenze negative per la flessibilità dell’intera disciplina
(sulla possibilità di intervenire anche a livello subprimario, cfr.
infra, il punto 9).

La disciplina sembra, dunque, separarsi nuovamente e al tempo stesso
irrigidirsi, laddove sarebbe possibile, invece, integrare e rafforzare
la precedente
raccolta normativa organica, con un’opera di novella cui si potrebbe provvedere
nell’ambito dell’esercizio di questa stessa delega:
– attraverso lo stesso codice, eventualmente con un titolo separato
ed esclusivamente dedicato alla novella di un’altra disciplina organica;
– ovvero, preferibilmente, con un separato e contestuale decreto legislativo
di novella che modifichi i profili di quella normativa organica da
migliorare e ammodernare;
– peraltro, coevamente al codice in oggetto, si potrebbe provvedere
anche per il livello regolamentare, prevedendo eventualmente un distinto
ma
contemporaneo intervento anche sulle norme di rango secondario contenute
in quel testo
unico.

8.2. Quello dei rapporti con
il testo unico sulla documentazione amministrativa rappresenta un esempio,
ancorché il più rilevante, del rapporto
tra due ambiti di materie sopra individuate (la digitalizzazione dell’amministrazione
e il procedimento amministrativo digitalizzato) i cui confini andrebbero definiti
con maggiore visione sistemica dell’ordinamento, operando – di
concerto con il Dipartimento della funzione pubblica – una generale riconsiderazione
sulla natura strumentale della “digitalizzazione” rispetto al servizio
reso dalle amministrazioni pubbliche o ai provvedimenti da queste adottati
(e non viceversa) e, più in generale, sulla strumentalità del
cambiamento portato dalle tecnologie dell’informazione rispetto al più generale
cambiamento necessario (e certamente in parte già in atto) nella fonction
publique del nostro Paese.

Da tale riconsiderazione – da effettuarsi, semmai, anche con gli interventi
correttivi di cui al comma 3 dell’art. 10 di delega, calibrando eventualmente
su tali interventi l’entrata in vigore dell’intera riforma (cfr.
retro, il punto 5.2) – potrebbe conseguire un duplice effetto positivo.

La riferente Amministrazione,
senza rinunciare alla capacità innovativa
del codice, potrebbe in tal modo:
– da un lato, modificare la sede sistematica di taluni suoi interventi
e, con il medesimo decreto legislativo in oggetto o con un altro decreto,
collocare
alcune delle disposizioni ora comprese nel codice in altri contesti normativi
organici o generali (come ad esempio la legge generale sul procedimento
ovvero il testo unico della documentazione amministrativa);
– dall’altro (ri)trasferire altre disposizioni contenute nello schema
in una raccolta di norme di natura regolamentare, da redigere contemporaneamente
all’intervento di rango primario, conservando una maggiore visione d’insieme
delle varie politiche perseguite senza asservirle tutte a quella della pur
fondamentale “digitalizzazione” dell’amministrazione.

In ogni caso, non si potrebbe in alcun modo prescindere dalla necessità di
inserire, all’interno dell’abrogando (parzialmente) testo unico
sulla documentazione amministrativa, disposizioni di raccordo con il codice
in esame, che rendano più chiara e leggibile all’utente l’esistenza
di una seconda, diversa disciplina in luogo di quella unitaria oggi vigente.

9. Un ulteriore profilo di rafforzamento
complessivo dell’intervento è quello
relativo ai rapporti tra i diversi livelli di fonti normative e in particolare
tra legge e regolamento, di cui si è più volte fatta menzione
nei punti precedenti.

Se la nuova fase di “codificazione” di cui alla legge n. 229 del
2003 si caratterizza, rispetto ai “testi unici misti” di cui all’abrogato
art. 7 della legge n. 50 del 1999, dall’abbandono dell’inclusione
di disposizioni di rango regolamentare e dalla capacità innovativa attribuita
oggi al legislatore (primario) delegato, ciò non significa che il codice
debba necessariamente operare, nel nome della unitarietà della disciplina,
la “rilegificazione” di molte norme ora previste al più flessibile
livello regolamentare, come invece fa il codice in oggetto (basti osservare
la tabella di corrispondenza e il cospicuo numero di norme regolamentari che
trovano ora sede tra le disposizioni del codice, aventi natura legislativa).

Peraltro, la rilegificazione appare particolarmente controindicata proprio
in una materia come quella in oggetto, in cui anzi alcune disposizioni
tecniche, a rapidissima evoluzione, dovrebbero essere rese ancora più flessibili
(un meccanismo analogo è previsto, correttamente, dal testo unico sulla
documentazione amministrativa). Appare, infatti, limitativo volere codificare
la fase attuale (fermatasi, allo stato della tecnica, alla firma digitale,
di cui la dottrina afferma la artificiosità), mentre in un futuro, forse
anche imminente, potrebbero raggiungersi diverse e più efficaci modalità di
esternazione degli atti o di apposizione di sigilli, etc. (si pensi alla impronta
del dito, alla identificazione attraverso l’iride, alla certezza del
dna per la identità dei soggetti, alla videoconferenza certificata).

Questo Consiglio di Stato ha più volte affermato la possibilità e
l’opportunità – specialmente in casi come quello di specie – di
emanare contemporaneamente al codice, di rango primario, una raccolta organica
di norme secondarie, che trova anche uno specifico fondamento autorizzatorio
nella stessa legge n. 229 del 2003 (cfr. il più volte citato parere
n. 2/04 dell’Adunanza generale).

Alla stregua di tale disposizione generale, e in considerazione del fatto
che il Governo può in ogni momento avvalersi della propria potestà normativa
secondaria, che è una potestà autonoma e non “delegata” (ovviamente,
per le sole materie consentite ai sensi dell’art. 117 Cost.), può ritenersi
che la redazione e l’adozione di un corpus organico di norme di natura
regolamentare possa avvenire anche contemporaneamente al processo di adozione
del codice e non richieda un ulteriore fondamento legislativo nelle specifiche
norme di delega “sostanziale” per le singole materie.

Difatti, la codificazione deve garantire il più possibile non solo l’organicità della
materia oggetto del riordino ad un dato livello normativo (quello primario),
ma anche la sua completezza. E tale completezza non può prescindere,
per le materie in cui la competenza sia rimasta in capo allo Stato, dalla normazione
secondaria: non solo quella di natura attuativa e integrativa, ma anche quella
di eventuale delegificazione.

Sotto questo profilo, l’introduzione di un corpus normativo compiuto
soltanto per la normazione di livello primario e non anche per quella di livello
secondario può apparire un limite rilevante per la denunciata rilegificazione
dei profili più strettamente connessi, ma anche per la stessa immediata
operatività della disciplina, per la sua completezza, per la sua leggibilità,
per la sua diretta applicabilità da parte degli operatori e degli interpreti.

Certo, occorrerebbe un accorto sistema di rinvii tra i due testi – che
resterebbero comunque separati, a differenza che nei testi unici misti – ma
la loro redazione contemporanea potrebbe risultare vantaggiosa anche a questo
scopo (anzi, sarebbe auspicabile la pubblicazione sulla medesima Gazzetta Ufficiale
di entrambi i testi, a fini di leggibilità e di chiarezza, per offrire
agli operatori un unico “testo” con la normativa completa).

Per quanto riguarda, invece, le norme regolamentari già “codificate” nel
t.u. n. 445 del 2000, appare sufficiente una mera opera di novella di quella
raccolta organica, operando sul suo “testo B”, contenente le sole
norme regolamentari (d.P.R. n. 444 del 2000).

Un diverso ordine di problemi riguarda il rapporto tra i diversi
livelli di fonte secondaria in un eventuale testo unico ad
hoc: su tale specifico
profilo
si rinvia a quanto affermato nel più volte citato parere n. 2/04.

10. Un altro gruppo di rilievi
riguarda il ruolo conferito dal codice al documento informatico e la mancata
previsione
di una dettagliata e credibile normativa
transitoria per il progressivo abbandono (e, nell’ottica del codice,
per la progressiva scomparsa) del documento cartaceo così come oggi
conosciuto.

Come affermato retro, al punto 3, la Sezione comprende l’esigenza di “forzare
il cambiamento” in cui si muove la riferente Amministrazione, che ha
condotto alla scelta di opzioni particolarmente radicali e alla previsione
dell’abbandono irreversibile di alcune modalità amministrative
più tradizionali.

Tale scelta – pur se astrattamente condivisibile – rischia di produrre
rilevanti controindicazioni se non accompagnata da interventi di bilanciamento,
allo stato non presenti nel codice. Pertanto, le osservazioni che seguono vanno
lette non già nel senso di rallentare il cambiamento o di introdurvi
deroghe, ma al contrario nel senso di completarlo con idonee misure di preparazione
e di attuazione e di accompagnarlo ad altri interventi di sostegno, a garanzia
della sua stessa “fattibilità”.

Ad avviso della Sezione, vanno evidenziati quantomeno quattro profili:
– quello della possibile introduzione di disuguaglianze sociali in relazione
al diverso livello di dimestichezza con le tecnologie dell’informazione
(o, in alternativa, della possibilità di una sostanziale inattuazione
delle previsioni de quibus);
– quello della non sufficiente considerazione della necessità di raccordo
con Regioni e autonomie locali;
– quello della possibile perdita del ruolo di certezza e di testimonianza
storica del documento amministrativo come sinora conosciuto;
– quello della sicurezza e della “tenuta” del nuovo assetto, anche
per i casi estremi di crisi “sistemiche”, in assenza di previsioni
che consentano un funzionamento “non elettronico” della vita pubblica.

10.1. Più di un autore, anche in sede internazionale, ha messo in luce
i rischi di una completa “digitalizzazione” dell’amministrazione
pubblica in assenza di misure volte a bilanciare tale radicale innovazione.
Uno dei pericoli principali – che fa parte del fenomeno noto come digital
divide – è quello che un rilevante numero di cittadini (anziani,
disabili, soggetti con basse scolarità, emarginati, abitanti in aree
remote o rurali, in ritardo con l’ “alfabetizzazione informatica” o
semplicemente diffidenti) possa risultare discriminato o addirittura socialmente
emarginato da un passaggio radicale e non bilanciato ad un’amministrazione
esclusivamente digitale.

Pertanto, il cospicuo numero di previsioni generali e programmatiche presenti
nel codice dovrebbe essere accompagnato da interventi specifici di sostegno
per i cittadini che non siano in grado di avvalersi delle nuove tecnologie
dell’informazione. Alla effettiva attuazione di tali interventi dovrebbe
essere condizionata l’intera riforma, eventualmente anche agendo su una
diversa disciplina dell’entrata in vigore delle singole disposizioni
(in proposito, appare ad esempio piuttosto rigida la previsione di cui all’art.
58 dello schema: cfr. infra, il punto 15.1) In altri termini, l’abbandono
delle modalità tradizionali di azione amministrativa va necessariamente
accompagnato da misure concrete – che richiedono una consona copertura
finanziaria e amministrativa – che prevedano azioni adeguate per l’implementazione
dei nuovi processi, sia dal punto di vista tecnico che da quello umano (anche
con riferimento ad appositi processi formativi e di “alfabetizzazione
informatica avanzata” degli attuali dipendenti pubblici), nonché da
norme transitorie e di raccordo che assicurino la continuità di azione
pubblica e scongiurino possibili momenti di impasse nel passaggio da un sistema
all’altro.

10.2. Un ulteriore elemento
di perplessità sull’assetto previsto
dal codice è che esso appare prescindere, nella sostanza, dal ruolo
delle Regioni e delle autonomie locali (soprattutto dei comuni), che costituiscono
invece il livello principale sul quale agire per una effettiva erogazione on
line dei servizi pubblici – quantomeno di quelli prioritari – a
cittadini e imprese.
Proprio a proposito del digital divide si ricorda, ad esempio, che – a
differenza di quanto prescritto normativamente dal codice – il documento
recante le “Linee guida del Governo per lo sviluppo della Società dell’Informazione” del
giugno 2002 prevede espressamente tale azione in via prioritaria (come primo
dei dieci obiettivi di e-government a livello locale) e si sofferma esplicitamente
sulla necessità di realizzare “centri di servizio a livello territoriale” che
possano servire i cittadini con minore dimestichezza con le tecnologie dell’informazione,
allo scopo di “conseguire entro la legislatura l’obiettivo di avere
tutti i servizi prioritari on line, relativi ad almeno il 50% della popolazione”.
La realizzazione di tale obiettivo, non previsto da un atto di natura normativa,
appare alla Sezione, a titolo di esempio, necessariamente antecedente alla
entrata in vigore di svariate disposizioni dello schema normativo in oggetto.
Alla stregua di quanto esposto, la Sezione, condividendo le osservazioni contenute
nel parere della Conferenza unificata del 20 gennaio 2005, ritiene di raccomandare
l’istituzione di un’“Agenzia nazionale ‘federata’ per
l’e-government, come sede stabile di raccordo tra lo Stato, le Regioni
e le autonomie locali”.

10.3. Lo schema di codice sembra,
inoltre, non tenere nella necessaria considerazione il rilievo del “documento amministrativo” come oggi conosciuto;
la sua funzione di certezza e di “evidenza probatoria” che esso
ancora assolve nella vita dell’amministrazione e dei rapporti giuridici
tra cittadini; il suo contenuto stabile e il suo ruolo di testimonianza storica.
Anche in questo caso, si invita a riconsiderare – di concerto con il
Dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell’interno – la
cesura che il codice introduce tra la disciplina in oggetto e quella fornita
dal t.u. n. 445 del 2000 in relazione alla tenuta e alla conservazione del
sistema di gestione dei documenti ed alla gestione dei flussi documentali e
degli archivi (artt. 61 ss.).
Nell’invitare anche in questo caso il Dipartimento ad una maggiore visione
d’insieme, che affianchi la gestione dei documenti a quella degli archivi,
quella dei protocolli a quella dei sistemi di gestione, si ricorda, a mero
titolo di esempio, come recenti riflessioni anche in sede
internazionale (ad esempio, quella che ha portato alla produzione dello standard
ISO 15489 sul “records management”) dimostrano proprio la necessità di
una visione globale di tutto il processo documentario.
Anche in questo caso, la reintroduzione di un raccordo e di un’integrazione
tra la policy dell’innovazione digitale e le singole policies amministrative
appare alla Sezione una condizione di credibilità della riforma nei
confronti dei (non pochi) cittadini più restii ad accettarla, e in ultima
analisi un elemento per la riuscita della stessa.

10.4. Sotto un quarto e ultimo
profilo, si rileva come il codice, stabilendo il principio di primarietà e originalità (non solo di ausiliarietà o
accessorietà) del documento informatico, non preveda misure di accompagnamento
a proposito delle esigenze di conservazione, immodificabilità, sicurezza
(di archiviazione), problemi tecnici, errori del sistema o dell’operatore
umano degli atti informatici delle pubbliche amministrazioni.
Sempre a titolo di esempio, si rileva come la sicurezza sulla firma digitale
appaia, allo stato, temporanea, con la conseguente necessità di modificare
la chiave privata piuttosto frequentemente (come già accennato retro,
al punto 9). Risultano, però, allo studio sistemi più sicuri
(quali impronte digitali, impronte retiniche, etc.). Ciò dovrebbe indurre
a rendere più flessibili le relative previsioni (anche laddove se ne
evitasse la criticata “legificazione”): dovrebbe, pertanto, valutarsi
l’opportunità di inserire fin d’ora previsioni che limitino
la normativa introdotta fino al momento in cui sarà tecnicamente possibile
imprimere agli atti e ai documenti informatici impronte antropometriche (o,
in ogni caso, sistemi più sicuri di quelli ora previsti), che consentano
senza possibilità di errore di stabilirne la provenienza, la firma,
etc.

11. Una volta esposte le osservazioni
di fondo di cui ai punti precedenti, vanno ora formulati specifici rilievi
sull’articolato, anche al fine
di facilitare la valutazione di alcuni degli aspetti problematici generali
dianzi evidenziati e di accelerare l’iter dello schema di decreto legislativo
con riferimento ad altre questioni di particolare importanza nel delineato
riassetto della disciplina in materia di informatizzazione e digitalizzazione
dell’amministrazione.
Per facilitare la lettura del parere si indicheranno i Capi, le Sezioni e i
singoli articoli del codice interessati dalle osservazioni.

12. CAPO I

12.1 Sezione I

Articolo 1
Occorre preliminarmente osservare che l’articolo 1, dedicato
alle definizioni, e gli articoli contenuti nel capo II (dal 17 al 36) sono
riproduttivi, in linea
di massima, di disposizioni contenute nella normativa precedente (in particolare
nel d.P.R. n. 445 del 2000), mentre gli articoli dal 2 al 16 non trovano corrispondenti
nei precedenti legislativi e regolamentari.
Le definizioni di cui all’art. 1, imposte dal contenuto tecnico della
normativa, non esauriscono tutte quelle contenute nel codice (si veda ad esempio
l’articolo 22, comma 2, ai sensi del quale “l’autenticazione
della firma digitale o di altro tipo di firma elettronica qualificata consiste
nell’attestazione…”). La relazione peraltro afferma che,
rispetto alla precedente normativa, talune definizioni sono state eliminate,
mentre altre sono state aggiunte.

Può in linea generale osservarsi che non tutte le definizioni coincidono
con le accezioni comuni del linguaggio informatico: sarebbe pertanto importante
precisare che le definizioni sono valide solo ai fini del significato del codice,
e non anche in assoluto. Si pensi per esempio alla distinzione tra il concetto
di informatico e quello di digitale. Informatico è ciò che viene
formato non con la scrittura a segni grafici, ma ad impulsi elettronici. Digitale è un
metodo di rappresentazione della informazione in forma numerica. La normativa
esaminata utilizza invece tali espressioni (informatico e digitale) in un senso
diverso: informatica o elettronica è la firma debole, mentre digitale è la
firma forte, rafforzata dalla certificazione.

Occorre osservare che la Direttiva comunitaria n. 1999/93/CE, che ha introdotto
un quadro comunitario per le firme elettroniche, distingue (art. 2, dedicato
alle definizioni) la “firma elettronica” dalla “firma elettronica
avanzata”.

Anche in considerazione della normativa comunitaria, particolari problemi
presenta la distinzione (la graduazione, come si precisa nelle legge
di delega) tra
i vari generi di firma, ovvero tra le lettere r), s), e t) dell’articolo
1. In proposito, si ricorda che nella delega si fa riferimento al “documento
informatico, alla firma elettronica e alla firma digitale” (art. 10,
comma 2, lett. a) della legge n. 229 del 2003). La firma digitale, come risulta
dalla definizione e come può dedursi dagli effetti, anche probatori,
previsti dagli articoli 17 e 18, è peraltro una specie della firma elettronica
qualificata (definita “elettronica avanzata” dalla direttiva comunitaria).
Sembra quindi inopportuna la distinzione apparente in tre diverse specie di
firma e, se deve essere apprezzata la riduzione a tre delle ipotesi di firma
(sono quattro nell’attuale d.P.R. n. 445 del 2000), sarebbe opportuno
un ulteriore chiarimento, nel senso che i tipi di firma sono solo due, la firma
elettronica pura e semplice e quella qualificata, di cui la firma digitale è un
tipo.
Pertanto, appare opportuno riposizionare le lettere nel seguente ordine:
t), s) e r), in modo da anteporre la definizione della firma elettronica “debole” (lett.
t), fare seguire quella generale della firma elettronica qualificata (lett.
s) e porre alla fine quella della firma digitale come “particolare tipo
di firma elettronica qualificata” (lett. r).

Significativa e meritevole di apprezzamento, perché coincidente con
la evoluzione della tecnica, è la definizione di indirizzo elettronico,
perché introduttiva di una nuova nozione di indirizzo, oltre a quella
genericamente deducibile dall’art. 1335 c.c., in tema di recezione delle
dichiarazioni, come ogni luogo che, in quanto inserito nella sfera di dominio
o controllo del destinatario, appaia idoneo a consentirgli la ricezione dell’atto
e la cognizione del relativo contenuto.
Si segnala, infine che l’aggiunta delle parole “in rete” alla
definizione della carta nazionale dei servizi, già contenuta nell’articolo
1, comma 1, lett. bb) del d.P.R. n. 445 del 2000, può costituire una
limitazione ingiustificata alle possibilità di uso della carta stessa.

Articolo 2
Il contenuto dell’articolo 2 potrebbe sembrare in parte esorbitare dalla
delega, che elenca tra i propri oggetti: “b) i procedimenti amministrativi
informatici di competenza delle amministrazioni statali anche ad ordinamento
autonomo”, senza alcun riferimento alle competenze procedimentali di
Regioni ed enti locali. Va però rilevato che tra gli oggetti della delega
rientrano, senza limitazioni: “a) il documento informatico, la firma
elettronica e la firma digitale … c) la gestione dei documenti informatici
d) la sicurezza informatica dei dati e dei sistemi”. Le disposizioni
relative a tali ambiti, rientrando in larga misura nella materia dell’ordinamento
civile e in quella dei livelli essenziali delle prestazioni, si applicano a
tutte le pubbliche amministrazioni ed ai privati. È pertanto necessario
ridefinire l’ambito di applicazione del codice riportando con chiarezza
gli oggetti della delega, eventualmente integrandoli con riferimento ai principi
direttivi, che ne individuano le finalità, e chiarire che gli interventi
sui procedimenti regionali riguardano solo l’esercizio del potere di
coordinamento informatico dei dati delle amministrazioni regionali, secondo
quanto previsto dall’articolo 117, secondo comma, lettera r) della Costituzione.

Di grande importanza è il comma 3 dell’articolo in esame, ai sensi
del quale, come già prevedeva l’art. 3 del d.P.R. n. 445 del 2000,
sebbene con diversa espressione, le disposizioni del capo IV (concernenti i
documenti informatici, le firme elettroniche, i pagamenti informatici, i libri
e le scritture, nonché le disposizioni di cui al capo III, relative
a gestione, conservazione, trasmissione dei documenti informatici) si applicano
anche ai privati.

Si pone quindi l’esigenza di stabilire quale parte della normativa si
applica, e quale non si applica, a soggetti formalmente privati, ma in sostanza
pubblici, ai fini di altre discipline. Si ricorda peraltro che l’art.
3 del d.P.R. n. 445 del 2000 – norma regolamentare, che non risulta abrogata – individua
espressamente i destinatari della normativa del testo unico sulla documentazione
amministrativa nei “cittadini dell’Italia e dell’Unione europea,
le persone giuridiche, le società di persone, le associazioni, le pubbliche
amministrazioni, gli enti, le associazioni e i comitati aventi sede legale
in Italia o in uno dei Paesi dell’Unione europea”. La mancata riproduzione
di tale disposizione nello schema di codice, o comunque l’assenza di
una disposizione di rinvio, possono indurre difficoltà interpretative
e di coordinamento.

12. 2 Sezione II

Articoli 3-13
Gli articoli in questione destano qualche perplessità: in parte perché affermano
diritti non azionabili (art. 3); in parte perché si limitano a dichiarazioni
di intenti e mancano di precettività (artt. 8, 9 e 10); in parte perché rinviano
ad altre disposizioni vigenti che non sono poste in discussione dal codice
e che, ove si ritenesse necessario, sarebbe bene riprodurre integralmente nel
codice (art. 6); in parte perché enunciano principi che dovrebbero usualmente
ispirare l’azione amministrativa e che non possono, pertanto, comparire
in un codice di settore (art. 10, comma 6); in parte perché pleonastiche
o ripetitive (artt. 10, comma 1; 12; 13) in quanto ripetono principi già affermati
da articoli precedenti, o pacifici, o addirittura precetti costituzionali;
in parte perché, come l’articolo 5, prevedono termini che appaiono
inadeguati e che, comunque, stante la loro natura ordinatoria, nulla aggiungono
alla disposizione cui accedono. Alcune disposizioni sembrano poi comportare
l’esigenza di copertura finanziaria per poter trovare effettiva attuazione
(artt. 5, 6, 7, 9, 11, 13, 15 e 16: per le considerazioni già svolte
sulla questione in generale, cfr. retro, al punto 4).

È
pur vero che molte delle finalità ivi enunciate sono commendevoli e
condivisibili; tuttavia, adottando uno stile codicistico in senso classico,
le disposizioni in esame possono essere ridotte ad indicazioni molto più contenute,
che possano avere effetti giuridicamente rilevanti per le pubbliche amministrazioni,
eventualmente consentendo, in caso di inerzia o di inadempimento della nuova
disciplina, il ricorso da parte di cittadini e imprese agli ordinari strumenti
di tutela amministrativa o giurisdizionale (anche su tali considerazioni si
rinvia a quanto già rilevato in precedenza).

13. CAPO II

13. 1 Sezione I

Articoli 17 e 18
Gli articoli 17 e 18, riguardanti il documento informatico e il valore probatorio
del documento informatico sottoscritto, contengono disposizioni di grande interesse
e importanza.

Essi riprendono concetti già contenuti nel d.P.R. n. 445 del 2000 (artt.
8 commi 1, 2, 3; 4; 10 e 29 quater). In particolare l’articolo 17 ripete
le espressioni e i concetti di validità e rilevanza contenuti in tutte
le normative che si sono occupate dell’argomento (cfr. d.P.R. n. 513
del 1997).

La delega per il coordinamento e il riassetto delle disposizioni vigenti
in materia di società dell’informazione, che si applicano, come già previsto
dal d.P.R. n. 445 del 2000, anche ai rapporti tra privati, avrebbe potuto costituire
l’occasione per realizzare un pieno coordinamento tra le disposizioni
in materia informatica e quelle del codice civile in materia di forma degli
atti.

Bisogna però prendere atto che il legislatore, in sede di delega, non è intervenuto
sulla possibile rivisitazione delle tradizionali figure formali dell’atto
pubblico e della scrittura privata, ma solo sull’utilizzo della firma
digitale, equiparandola alla sottoscrizione autografa e quindi utilizzando
concetti propri delle altre figure. (In realtà ben avrebbe potuto introdurre
la forma della scrittura telematica, munita o meno di una firma sicura -o più o
meno sicura-, ritenendola idonea al perseguimento degli scopi di legge. Basti
pensare che il d.lgs. n. 50 del 1993, sui contratti a distanza, prevede “contratti
conclusi mediante l’uso di strumenti informatici e telematici”,
con la ulteriore possibilità di distinguere, anche per lo strumento
utilizzato, le scritture (non sottoscritte) da quelle sottoscritte, asseverate
dalla sottoscrizione). Si rende perciò necessario adeguare lo strumento
informatico alle norme vigenti, cercando quanto più possibile di evitare
equivoci e ambiguità.

A prescindere dall’antico dibattito dottrinale sulla distinzione tra
atto e documento, non si può sottacere che una cosa è il documento,
che è il contenente (che è un mezzo di prova), altra cosa è il
contenuto o l’atto documentato (il negozio o atto giuridico voluto),
altra cosa ancora è la forma, che è elemento essenziale dell’atto
o negozio, se prescritta a pena di nullità (art. 1325 c.c.) e che può consistere
nell’atto pubblico o nella scrittura privata, autenticata o non (v. art.
1350 c.c.).

La affermazione, contenuta nello schema di codice, che sia il documento
informatico (sottoscritto con firma digitale) a soddisfare il requisito
della forma scritta
sembra invece confondere il contenente con il contenuto.

D’altronde, la differenza tra il documento (definito come cosa che serve
come mezzo di prova) e l’atto documentato (che può essere narrativo
o di dichiarazione di volontà) si evince dalla possibilità che
il documento può venire meno (per esempio, perché distrutto),
ma non viene meno la possibilità di fornire la prova dell’atto
per il quale sia prevista la forma scritta a pena di nullità, ai sensi
dell’art. 2725 c.c.

Sarebbe pertanto opportuno chiarire, data la differenza del mezzo,
quale tipo di prova dell’atto può essere fornita nel caso di distruzione
del documento informatico che lo contiene.
Inoltre, è opportuna una ulteriore riflessione per raccordare le previsioni
di cui agli articoli 17 e 18 con l’articolo 1350 c.c., chiarendo quale
sia la forma informatica equivalente all’atto pubblico e alla scrittura
privata per gli atti ivi elencati.

Minori problemi in materia crea il vigente articolo 10 del d.P.R.
n. 445 del 2000, che per il documento informatico in sé, a prescindere dalla sottoscrizione,
rinvia all’articolo 2712 c.c. e prevede (comma 2) che il documento informatico
sottoscritto con firma elettronica soddisfa il requisito della forma scritta,
dandosi così carico di attribuire un valore a qualsiasi documento informatico,
a prescindere dalla forza della firma.
Peraltro, l’idoneità della forma a conseguire un effetto si desume,
secondo la dottrina, dall’art. 121 c.p.c., sulla strumentalità (idoneità allo
scopo) delle forme. Si dovrebbe pertanto cercare di affrontare anche nel nuovo
codice il tema del valore dell’atto adottato con scrittura telematica
anche ove non sia munito di sottoscrizione, laddove sia conosciuto l’autore
per la provenienza dal suo indirizzo elettronico, ovvero ove sia sottoscritto
con firma elettronica c.d. debole.
Per meglio chiarire tali osservazioni, basti rilevare, a titolo
di esempio, che l’art. 1350 c.c. prevede che determinati atti, per la loro importanza,
debbano farsi per atto pubblico o per scrittura privata (anche non autenticata).
L’art. 2657 c.c. stabilisce che la trascrizione non si può eseguire
se non in forza di sentenza, di atto pubblico o di scrittura privata con sottoscrizione
autenticata o accertata giudizialmente. Sulla base di tali distinzioni è possibile
un trasferimento di immobili a mezzo di scrittura privata senza sottoscrizione
autenticata, anche se per la trascrizione è poi necessario un atto riproduttivo
della forma giusta.
Gli artt. 17 e 18 non chiariscono se sia idonea forma scritta,
a tal fine, ai sensi dell’art. 1350 c.c., la scrittura con firma soltanto elettronica.
Anzi, l’articolo 18 sembra escludere tale possibilità, in quanto
il secondo comma prevede il soddisfacimento della forma scritta solo per il
documento (non per l’atto) con firma elettronica qualificata o firma
digitale. Ne discende che la scrittura con firma elettronica (non qualificata)
non sembrerebbe integrare la scrittura privata non autenticata di cui all’articolo
1350 c.c., anche se gli autori della scrittura non disconoscono la loro firma.
Non si comprende come debba essere considerato l’atto con firma elettronica
debole non disconosciuta a norma dell’articolo 215 c.p.c. La previsione
della libera valutabilità in giudizio, di cui al primo comma dell’articolo
18, sembra contrastare con il principio desumibile dal codice di rito.
L’articolo 18, comma 2 – fermo restando il problema della scrittura
privata sottoscritta con firma elettronica semplice – dovrebbe essere
riscritto per evitare ambiguità. Il rinvio all’efficacia di cui
all’articolo 2702 c.c. può infatti generare l’equivoco che
il documento sottoscritto con firma digitale sia equiparato alla scrittura
privata riconosciuta o autenticata, ciò che è positivamente escluso,
almeno per l’autentica, dal successivo articolo 22 che disciplina l’autentica
notarile. La formulazione potrebbe essere: “Al documento informatico
sottoscritto con firma digitale si applica l’articolo 2702 c.c.”.
Infatti, alla scrittura autenticata si applicano regole che non
valgono invece per la scrittura riconosciuta (come in materia
di trascrizione
ai sensi del
richiamato art. 2657 c.c.). Si deve poi osservare che il meccanismo
introdotto della presunzione della riconducibilità dell’utilizzo del dispositivo
della firma al titolare, salvo che sia data prova contraria, indebolisce la
suddetta equiparazione e genera il dubbio che la fiducia nell’atto informatico,
che in questi anni è andata diffondendosi, possa notevolmente ridursi.
Sarebbe almeno opportuno individuare il tipo di prova che consente il disconoscimento
secondo un criterio di responsabilità nella conservazione e nell’utilizzo
della chiave privata.
Ciò che importa veramente stabilire, in relazione al grado di certezza
delle firme e della loro paternità, è su chi incomba l’onere
di iniziare il giudizio (oltre che a quali scopi e entro quali limiti), se
sull’apparente titolare o su coloro che vogliono fare valere la paternità altrui
della firma.
Da un lato, sembra giusto superare i vecchi concetti di falso,
strettamente legati al principio di “paternità” della firma e non a quello
di “responsabilità” per la firma; dall’altro, occorre
fare assoluta chiarezza sulle ipotesi in cui è consentito dimostrare
l’assenza di responsabilità (per esempio, errore, violenza, dolo,
abuso del mandato, contrarietà a patti interni, abusivo riempimento
da parte di colui che aveva la legittimazione). Basti osservare che la dottrina
più accreditata, richiamando i principi di autoresponsabilità,
affidamento, apparenza, rappresentanza, certezza dei rapporti, ha limitato
alle sole ipotesi di violenza e di dolo la possibilità di fare valere
i vizi della volontà, escludendo per esempio l’errore, così come
la violazione di patti interni, salva la ipotesi della conoscenza o riconoscibilità da
parte del terzo contraente.
Sugli articoli in questione appare, comunque, particolarmente
opportuno un pronunciamento del Ministero della giustizia.

Articolo 20
Desta perplessità il rinvio alle regole tecniche per verificare la validità dei
duplicati, delle copie e degli estratti del documento informatico in quanto
la validità dovrebbe discendere automaticamente dall’identità del
testo accompagnata da una semplice attestazione di conformità, indipendentemente
dalla forma o dal supporto su cui è trasferito.
Altra perplessità nasce dalla limitazione prevista dal comma 5, che
riserva solo ai pubblici ufficiali e ai notai l’attestazione di conformità all’originale
di un documento cartaceo trasferito su supporto informatico. Tale disposizione
potrebbe avere effetti paralizzanti nell’azione amministrativa e nel
processo civile telematico. D’altra parte, non si comprende perché l’attestazione
di conformità non possa essere fatta da chi ha formato l’atto
o da chi lo riceve.

13.2 Sezione II

Articolo 22
Il comma 2 desta perplessità e dovrebbe essere sostituito con il riferimento
alle disposizioni vigenti in materia di autentica notarile, come avviene attualmente
nell’articolo 24 del d.P.R. n. 445 del 2000. La disposizione tra l’altro
sembra in contrasto col principio di cui all’articolo 2703 c.c., in quanto
il pubblico ufficiale, quando attesta che la sottoscrizione è stata
apposta in sua presenza, non accerta alcunché in relazione alla volontà dell’atto
contenuto nel documento sottoscritto.
L’accertamento del fatto che l’atto corrisponde alla volontà delle
parti e che non è in contrasto con l’ordinamento giuridico è un
accertamento che la legge devolve alla competenza del notaio (art. 47 legge
notarile, terzo comma: “Spetta al notaro soltanto d’indagare la
volontà delle parti e dirigere personalmente la compilazione integrale
dell’atto”), ma solo quando si tratta di atto del quale il notaio
cura la redazione, formato a sua cura (atto pubblico), non anche quando si
tratta di atto formato dalle parti, la cui sola sottoscrizione sia autenticata.
Il notaio, per la efficacia privilegiata della scrittura autenticata, corrispondente
a quella dell’atto notarile stricto iure, è tenuto a controllare
che la scrittura non sia contraria all’ordine pubblico (art. 28 legge
notarile: per esempio, che non si costituisca una associazione sovversiva),
ma va escluso che sussista l’obbligo del notaio di accertare la corrispondenza
del contenuto dell’atto alla effettiva volontà delle parti, obbligo
che sussiste solo in caso di atto pubblico.

Articolo 24
Non emergono dalla relazione le ragioni per le quali è stata espunta
dal comma 4 dell’articolo 27 del d.P.R. n. 445 del 2000, ivi riprodotto,
la previsione che, oltre al divieto di prosecuzione dell’attività,
sia intimata “la rimozione degli effetti”.

Articolo 28
Pur avendo mantenuto la stessa rubrica dell’articolo 29 del d.P.R. n.
445 del 2000, l’articolo in esame non fa più cenno alla distinzione
tra controllo dell’attività di certificazione e controllo sui
certificatori. Dalla relazione non è dato comprendere la portata della
modifica.

Articolo 29
E’ bene chiarire al comma 2 che tra “gli altri” tutelati
dal certificatore è compreso anche il titolare del certificato.
Alla lettera i) è opportuno chiarire quali sono i “servizi di
elencazione”, altrove non citati né descritti.
Alla lettera m) è opportuno individuare il termine iniziale dal quale
decorre l’obbligo di tenuta della registrazione, coordinando la disposizione
con l’art. 30.
Il comma 4 introduce il problema dell’identificazione del soggetto che
richiede il certificato qualificato di firma delegando a terzi tale attività,
ponendone la responsabilità a carico del certificatore. Tale disposizione,
che identifica un problema reale, evidenzia che nel codice manca una disposizione
relativa alle modalità con le quali il titolare della firma può rivolgersi
al certificatore, agli obblighi che assume nei suoi confronti, alle comunicazioni
che è tenuto a fare. Una simile previsione renderebbe più facilmente
leggibili tutte le disposizioni relative alla sottoscrizione del documento
e alla sua validità.

Articolo 30
Si veda, sub art. 29, la necessità di coordinamento delle due
disposizioni.

Articolo 31
Nella lettera a) del comma 1 è necessario chiarire in qual modo sono
individuate le “categorie di terzi, pubblici o privati” nei confronti
dei quali l’amministrazione è abilitata ad esercitare l’attività di
rilascio dei certificati, quantomeno individuando un criterio di collegamento
univoco.
Per quanto attiene al comma 3, occorre sottolineare che l’articolo 31
disciplina la materia già regolata dall’articolo 29-quinquies
del d.P.R. n. 445 del 2000, il quale al quarto comma prevede una disciplina
transitoria, in base alla quale sono stati già emessi in Italia certificati
elettronici al cui interno è specificato il ruolo del titolare. Sembra
opportuno confermare tale disposizione transitoria in attesa dell’emanazione
delle nuove regole tecniche.
Sul comma 4, la Sezione condivide i rilievi della Ragioneria Generale dello
Stato sulla necessità di una adeguata copertura finanziaria, richiedendo
un nuovo pronunciamento del Ministero dell’economia nel seguito dell’iter
dello schema.

Articolo 32
L’articolo tratta, come già il 29 sexies del d.P.R. n. 445 del
2000, dei dispositivi sicuri per la generazione della firma. La sostituzione,
al comma 2, del riferimento ai “dati elettronici” col riferimento
al “documento” sembra pertanto frutto di una svista in sede di
collazione del testo. Nulla ha infatti a che vedere l’articolo 32 con
il documento informatico, ma riguarda solo le garanzie di sicurezza per la
generazione della firma.
Nel comma 3 è stata aggiunta la frase “e lo stesso renda palese
la sua adozione in relazione al singolo documento firmato automaticamente”.
Tale espressione sembra complicare oltremodo il procedimento di firma automatica
e non chiarisce in che modo il titolare debba agire in concreto. Occorre pertanto
eliminarla.
Il comma 6, che come il comma 5 riprende l’articolo 10 del d.lgs. n.
10 del 2002, è stato modificato nel senso che al posto dell’aggettivo “sicura”,
riferito alla firma, è stato introdotto l’aggettivo “qualificata”.
La sostituzione potrebbe creare problemi interpretativi, riferendosi l’aggettivo “sicura” a
tutte le forme di firma definite come tali dalla direttiva. Sembrerebbe pertanto
opportuno ripristinare il testo originale.

Articolo 35
La norma richiede una adeguata copertura finanziaria, su cui dovrà pronunciarsi
il Ministero dell’economia e delle finanze.

14. CAPO III

Si suggerisce di modificare la rubrica del Capo
III in “Sistema di gestione
informatica dei documenti e dei procedimenti delle pubbliche amministrazioni”,
per omogeneità con la definizione di cui all’articolo 1, comma
1, lettera cc) dello schema.
Sempre con riguardo a tale Capo sembra di dover formulare alcuni rilievi di
carattere generale circa la sistematica utilizzata nella ripartizione in Sezioni
e nella distribuzione del contenuto normativo fra i vari articoli.
Appare, infatti, indispensabile un coordinamento contenutistico e lessicale
della disciplina di tale Capo con la definizione di “gestione informatica
dei documenti” di cui all’articolo 1, comma 1, lettera u).
Se, infatti, la gestione informatica dei documenti comprende “l’insieme
delle attività finalizzate alla registrazione e segnatura di protocollo,
nonché alla classificazione, organizzazione, assegnazione e reperimento
e conservazione dei documenti amministrativi formati o acquisiti dalle amministrazioni
nell’ambito del sistema di classificazione d’archivio adottato,
effettuate mediante sistemi informatici”, allora:
– nella rubrica della Sezione II, dedicata alla “Gestione informatica
dei documenti e protocollo informatico”, dovrebbe eliminarsi il riferimento
al “protocollo informatico”, visto che si tratta di uno degli elementi
della gestione informatica dei documenti ed è ricompreso in tale più ampia
nozione;
– la Sezione III, dedicata alla “Conservazione informatica dei documenti”,
dovrebbe essere assorbita dalla Sezione II, visto che anche la conservazione
informatica dei documenti rientra nella nozione di gestione informatica dei
documenti;
– parimenti, la distinzione, di cui all’articolo 39, comma 1, tra “sistema
di gestione informatica dei documenti” e “sistema di conservazione
informatica dei documenti” non ha ragion d’essere, perché la
gestione informatica comprende l’attività di conservazione informatica;
– è necessario verificare se vada inclusa nella definizione di gestione
informatica dei documenti, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera u),
anche l’attività di “trasmissione interna alle amministrazioni
dei documenti informatici” menzionata dall’articolo 39, comma 1,
visto che il sistema di gestione informatica, a mente del comma 2, lettera
h), dello stesso articolo, deve anche “consentire lo scambio di informazioni
con i sistemi per la gestione dei flussi documentali di altre amministrazioni”,
e quindi la trasmissione di documenti fra le stesse. Ove l’Amministrazione
riferente ritenesse di aderire a tale indicazione, anche la Sezione IV dovrebbe
essere assorbita dalla Sezione II e la rubrica dell’articolo 39 andrebbe
cambiata in “Requisiti del sistema per la gestione informatica dei documenti”;
– dovrà, infine, valutarsi se non sia preferibile modificare la rubrica
della Sezione I in “Gestione informatica dei procedimenti”, vista
la rubrica generale del Capo III e considerato che la rubrica della Sezione
II si riferisca già alla “Gestione informatica dei documenti e
protocollo informatico”.

14. 1 Sezione I

Articolo 37
Riguardo al primo comma si rileva che, anche dopo l’entrata in vigore
del codice, permarranno procedimenti non gestiti con strumenti informatici,
come conferma la previsione dell’articolo 38, comma 2. È, quindi,
opportuno limitare la portata della disposizione in esame sostituendo l’inciso
finale “ai sensi del presente decreto” con una formula più precisa
(ad esempio, con le parole “nei casi e nei modi previsti dal presente
decreto”).

Articolo 38
Con riferimento al disposto del comma 1, l’Amministrazione riferente
dovrà valutare se, in considerazione del contenuto della delega di cui
all’articolo 10, comma 1, lettera c) della legge n. 229 del 2003 (“prevedere
la possibilità di attribuire al dato e al documento informatico contenuto
nei sistemi informatici pubblici i caratteri della primarietà e originalità …”),
non possa risultare eccedente rispetto all’ambito della delega l’imposizione
alle amministrazioni pubbliche di un obbligo di formare gli originali dei propri
documenti con strumenti informatici, in luogo della mera facoltà di
ricorrere a tale soluzione.
Fermo quanto rilevato con riguardo al comma 1, relativamente alla previsione
di cui al comma 2, l’Amministrazione riferente vorrà valutare
se, tenendo conto dell’attuale fase di sviluppo dell’amministrazione
digitale, non sia opportuno differire l’entrata in vigore di tale norma
fino ad una data da fissare con il medesimo decreto di cui al comma 3, continuando
a consentire, durante un adeguato periodo di transizione, l’utilizzo
contemporaneo del documento informatico e di quello cartaceo.
È necessario sottolineare che la soluzione di cui al comma 3 sembra una
di quelle indicate retro, al punto 5, che comporta oneri per il bilancio delle
pubbliche
amministrazioni.

Articolo 39
Quanto al comma 1, si rinvia alle osservazione innanzi formulate con
riguardo all’intero Capo III.
Al comma 2, alla lettera e), è utile richiamare anche le disposizioni
in materia di accesso ai documenti amministrativi, mentre, alla lettera h),
lo scambio di informazioni fra amministrazioni va vincolato al rispetto delle
disposizioni in materia di protezione dei dati personali. E’ preferibile
sostituire il termine latino “iter” con un’espressione della
lingua italiana.
La portata della lettera i), non presente nel d.P.R. n. 445 del 2000 e di nuova
introduzione, andrebbe meglio chiarita. In particolare si dovrebbe precisare
se con essa si intende dire che il flusso di lavoro dei documenti informatici
non deve intralciare il procedimento amministrativo.

14. 2 Sezione II

Articolo 40
Il comma 2 andrebbe soppresso, in quanto riproduce nella sostanza
il contenuto dell’articolo 39, comma 2, e dell’articolo 48.

Articolo 41
Con riguardo al comma 3 va rilevato che alle diverse aree organizzative
omogenee non corrispondono necessariamente altrettanti complessi di unità amministrative
dotati di autonomia organizzativa, in quanto la competenza in ordine all’organizzazione
delle aree potrebbe essere attribuita dalla legge anche ad organi posti al
di fuori delle stesse e in posizione di gerarchia o direzione rispetto agli
uffici che le compongono. In tale prospettiva è preferibile modificare
l’inciso iniziale del terzo comma, con le parole “Ciascuna area
organizzativa omogenea è strutturata in modo tale da assicurare …”.
Il riferimento alle “professionalità tecnico archivistiche” va
precisato avendo riguardo alle specifiche figure previste dalla contrattazione
collettiva.

Va comunque considerato che la disposizione,
che ha valore prettamente organizzativo interno e che potrebbe essere migliorata
dall’esperienza
applicativa concreta, troverebbe forse migliore collocazione in un testo
regolamentare.

Articolo 42
Appare opportuno che l’Amministrazione riferente chiarisca, nella relazione,
le ragioni per le quali non sono stati riprodotti i commi 3, 4 e 5 dell’articolo
53 del d.P.R. n. 445 del 2000.
Al comma 5 si richiama il “registro di emergenza”, che però non
sarebbe più disciplinato dal codice e neppure dal regolamento, vista
l’abrogazione dell’articolo 63 del d.P.R. n. 445 del 2000.

Articolo 43
Nel riferimento normativo va richiamato anche il comma 2 dell’articolo
55 del d.P.R. n. 445 del 2000.
È
utile che l’Amministrazione riferente precisi, nella relazione, le ragioni
per le quali non sono stati riprodotti i commi 3, 4 e 5 del citato articolo
55.
L’Amministrazione vorrà valutare se escludere dalle abrogazioni
gli articoli 56 e 57 del d.P.R. n. 445 del 2000, che sembrano rivestire una
certa importanza anche alla luce del nuovo codice.

Articolo 44
Non è chiaro se l’inciso “su qualsiasi tipo di supporto
informatico”, collocato alla fine del comma 1, si riferisca al trasferimento
delle informazioni o ai procedimenti conclusi.
Non è dato comprendere, dalla relazione, perché è stato
eliminato il comma 1 dell’articolo 62 del d.P.R. n. 445 del 2000, che
consentiva l’individuazione del responsabile del procedimento di salvataggio.
Sembra opportuno reintrodurlo o, quantomeno, di richiamare il principio, visto
che nel vigente ordinamento non esistono procedimenti che non facciano capo
ad un responsabile.

Articolo 45
Si suggerisce di riformulare la parte iniziale della disposizione,
che appare di non agevole lettura, e di tenere conto che la gestione informatica
dei documenti
comprende anche le attività di registrazione di protocollo, segnatura
di protocollo, predisposizione di manuali di gestione, salvataggio e conservazione
degli stessi. Potrebbe, pertanto, optarsi per una formulazione alternativa
in tale senso: “Le regole tecniche, i criteri e le specifiche delle informazioni,
da osservare nelle operazioni di registrazione di protocollo, di segnatura
di protocollo, di predisposizione del manuale di gestione, di salvataggio e
conservazione dei documenti, nonché in ogni altro aspetto della gestione
informatica dei documenti, sono stabiliti …”.

14.3 Sezione III

Articolo 47
Al comma 1 è opportuno chiarire la portata e l’esatto significato
dell’inciso finale “ed in funzione dei principi stabiliti dal presente
decreto e delle finalità di cui all’articolo 2, comma 1”.
Valuti comunque l’Amministrazione se non sia il caso di espungerlo dal
testo.
La previsione del comma 2, operando solo per il passato, determina un obbligo
di sostituzione immediata dei sistemi di conservazione su supporti fotografici
o ottici, già autorizzati dall’articolo 6 del d.P.R. n. 445 del
2000, che potrebbe trovare non preparate le pubbliche amministrazioni ed i
privati che ne facciano uso. Sarebbe, quindi, opportuno continuare a consentire
l’utilizzo di tali supporti ancora per una fase transitoria di ragionevole
durata.

Articolo 48
Sembra necessario precisare che il sistema di conservazione dei documenti informatici,
quando i documenti contengano dati personali, deve garantire anche il rispetto
delle misure di sicurezza previste dagli articoli da 31 a 36 del decreto legislativo
30 giugno 2003, n. 196 e dal disciplinare tecnico pubblicato in Allegato B
a tale decreto.
Fra i requisiti del sistema andrebbe, inoltre, inclusa la agevole reperibilità del
documento.

14.4 Sezione IV

Articolo 49
Poiché la disposizione di cui al comma 2 intende individuare il momento
in cui la trasmissione e la consegna del documento informatico sono giuridicamente
perfezionate, è preferibile riformularla in modo tale da renderne esplicita
la portata e da precisarne il significato, ad esempio sostituendo le parole “se
trasmesso” e “se disponibile” con le parole “nel momento
in cui ne è completata la trasmissione al proprio gestore” e,
rispettivamente, “nel momento in cui diviene effettivamente disponibile,
nell’indirizzo da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica
del destinatario messa a disposizione dal gestore”. Tale intervento va,
comunque, coordinato con quello previsto dall’articolo 3 del decreto
del Presidente della Repubblica, recante disposizioni per l’utilizzo
della posta elettronica certificata, che sostituisce l’abrogando articolo
14, comma 1, del d.P.R. n. 445 del 2000.

Articolo 50
Al comma 1 occorre chiarire il significato della formula secondo cui
le comunicazioni avvengono “di norma” mediante l’utilizzo della posta elettronica,
precisando il parametro che consente all’amministrazione di derogare
a tale precetto (es. ragioni tecniche, organizzative o di sicurezza). Appare
necessario, inoltre, chiarire che si fa riferimento alle comunicazioni “di
documenti”, come reso palese dalla rubrica dell’articolo.
Con riguardo alla previsione di cui al comma 3, che impone alle pubbliche amministrazioni
l’adozione di determinate soluzioni tecnologiche entro un termine di
ventiquattro mesi, è necessario precisare se essa comporti oneri e,
in tal caso, la relativa copertura finanziaria.

Articolo 51
Il comma 1 fa riferimento alla nozione di posta elettronica certificata,
che dovrebbe essere definita nella disposizione di cui all’articolo 2
del codice.
La nuova formulazione del comma 2, che riproduce e adatta la previsione di
cui all’articolo 14, comma 3, del d.P.R. n. 445 del 2000, potrebbe costituire
l’occasione per precisare il significato del rinvio ai “casi consentiti
dalla legge”, chiarendosi se si alluda ai casi in cui la legge consente
la notificazione per mezzo della posta o ai casi in cui la legge ammette l’equipollenza
fra notificazione a mezzo posta e invio di posta elettronica certificata.

15. Capo IV

15.1 Sezione I

Articolo 53
Quanto alla formulazione della disposizione di cui al comma 1, va
rilevato che anche i limiti posti dalle norme in materia di trattamento dei
dati personali
sono posti da leggi e regolamenti vigenti. Sembra, quindi, preferibile aggiungere,
dopo la parola “regolamenti”, l’inciso “ed in particolare
dalla disciplina in materia di protezione dei dati personali”.
Al comma 2 il richiamo alla “tutela della riservatezza” è più limitato
del riferimento alle norme in materia di protezione dei dati personali contenuto
nel comma 1. E’ preferibile un richiamo anche qui alla “disciplina
in materia di protezione dei dati personali”. Si suggerisce, inoltre,
di valutare se debba richiamarsi anche il limite di cui all’articolo
2, comma 6.
Al comma 3 la parola “costruisce”, avendo ad oggetto i “servizi
informatici”, va sostituita con la parola “predispone”, che è lessicalmente
più appropriata.

Articolo 54
Quanto al comma 1, occorre coordinarne la disciplina – che riguarda
la sicurezza di tutti i dati, anche anonimi, detenuti da pubbliche amministrazioni
– con
quella di cui all’articolo 39, comma 2, lettera a), che concerne i dati
contenuti in documenti informatici, nonché con quella relativa alle
misure di sicurezza previste, per il solo trattamento di dati personali, dagli
articoli da 31 a 36 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e dal disciplinare
tecnico pubblicato in Allegato B a tale decreto.
Non è chiaro, inoltre, il significato del richiamo che il comma 1 opera
alle “norme di sicurezza di cui all’articolo 10, comma 6”,
visto che il citato comma 6 non sembra concernere specificamente la materia
delle misure di sicurezza.
La previsione di cui al comma 2 sembra sovrapporsi a quella di cui all’articolo
39, comma 2. L’Amministrazione vorrà, quindi, valutare se l’articolo
54, comma 2, può essere soppresso.

Articolo 55
Nella rubrica dell’articolo la formula “accesso telematico ai dati
e documenti pubblici” risulta ambigua, non essendo chiaro se si riferisca
ai dati e documenti “pubblici” perché suscettibili di libera
diffusione oppure ai dati e documenti “pubblici” perché detenuti
da pubbliche amministrazioni. Si suggerisce, quindi, di fare riferimento ai
dati “delle pubbliche amministrazioni”.
Quanto al comma 1, è preferibile che almeno la disciplina dell’accesso
telematico ai “documenti” amministrativi venga definita non mediante
autonomi regolamenti, bensì mediante regolamenti che novellino la vigente
disciplina regolamentare della materia, adottata in attuazione della legge
n. 241 del 1990.
Potrebbe, infine, essere meglio specificato il significato del riferimento
ad un accesso telematico alle “procedure”.

Articolo 56
Con riguardo alla disciplina dei siti istituzionali della amministrazioni
centrali, delle Regioni e degli enti locali appare opportuno, anche ai sensi
dell’articolo
117, comma 2, lettera r), della Costituzione, affidare ad un organismo con
mere funzioni consultive e di coordinamento l’esame preventivo dei progetti
diretti alla realizzazione e modificazione di tali siti, affinché renda
un parere non vincolante circa la conformità degli stessi ai principi
e alle caratteristiche di cui ai commi 1 e 2.
Nella stessa prospettiva di coordinamento informatico l’Amministrazione
riferente vorrà valutare, l’utilità di prevedere l’istituzione
e la gestione di un sito unitario che rechi l’elenco generale aggiornato
periodicamente dei siti di tutte le amministrazioni pubbliche italiane e i
necessari collegamenti (links) ai medesimi, come ad esempio già accade
in Francia. Con riguardo al comma 1 va chiarito che l’ “usabilità”,
la “reperibilità” e l’“accessibilità” del
sito devono essere di livello elevato (elevata usabilità, etc.).

Articolo 57
Con riguardo al comma 1, lettera a), non sono indicate le ragioni
che hanno indotto ad escludere da tale forma di pubblicità gli uffici
di livello dirigenziale generale.
Sempre con riferimento al comma 1, le fattispecie di cui alle lettere b) e
c) potrebbero essere unificate. In tale prospettiva si suggerisce di aggiungere
alla lettera b), dopo le parole “livello dirigenziale non generale”,
le parole “il termine per la conclusione di ciascun procedimento ed ogni
altro termine procedimentale, il nome del responsabile e l’unità organizzativa
responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale,
nonché dell’adozione del provvedimento finale, come individuati
ai sensi degli articoli 2, 4 e 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241”.
Alla lettera e) del comma 1 è preferibile sostituire la formula “ogni
altra pubblicazione prevista dalla legge 7 giugno 2000, n. 150” con l’inciso “i
messaggi di informazione e di comunicazione previsti dalla legge 7 giugno 2000,
n. 150”, che individua in termini più precisi le attività disciplinate
da tale legge.
Alla lettera f) del comma 1 è opportuno prevedere la pubblicazione,
oltre che dei bandi di gara, anche dei bandi di concorso. Sempre con riguardo
a tale disposizione è, inoltre, indispensabile precisare i termini per
procedere a tale pubblicazione sul sito ed i relativi effetti giuridici. Ove
la pubblicazione sul sito venga intesa come mera forma pubblicitaria integrativa
con funzione notiziale, la disposizione in esame dovrebbe chiarire che la pubblicazione
del bando sul sito istituzionale non sostituisce le altre forme di pubblicità previste
dalla legge, fra cui la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana, e non determina la decorrenza di termini sostanziali o processuali.
In termini più generali vanno, inoltre, individuate le conseguenze giuridiche
di una eventuale omissione di tempestiva pubblicazione sul sito delle informazioni
di cui al comma 1 o di errori in tale pubblicazione, chiarendosi, ad esempio,
se l’omissione di tale forma pubblicitaria, che è configurata
comunque come obbligatoria per l’amministrazione procedente, o eventuali
difformità rispetto al contenuto originale del provvedimento, in violazione
della previsione di cui al comma 4, o altre inesattezze, rilevino ai fini della
eventuale rimessione in termini per errore scusabile o ad altro fine.
Con riguardo alla previsione di cui al comma 2, che impone alle pubbliche amministrazioni
di adeguare i loro siti istituzionali entro il termine di ventiquattro mesi, è necessario
precisare in che misura essa comporti oneri e, contemporaneamente, la relativa
copertura finanziaria; la fissazione di un termine, infatti, rende certa la
spesa, diversamente da quanto ritenuto nella relazione tecnico-finanziaria.
Il riferimento ai dati “pubblici” contenuto nel comma 3 – come
già evidenziato con riguardo all’articolo 55 – non appare
idoneo ad individuare le specifiche tipologie di dati cui si fa riferimento.

Articolo 58
Il Consiglio è consapevole della importanza di eliminare tutte le difficoltà connesse
con l’acquisizione delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi,
che spesso impongono sui cittadini oneri defatiganti.
In un sistema in cui fosse stata già completata l’informatizzazione
e nel quale esistesse la garanzia dell’accesso diretto al sistema per
tutti gli utenti, le disposizioni di cui all’art. 58 sarebbero pienamente
condivisibili.
Peraltro, una disposizione come quella contenuta al comma 2, non accompagnata
da altre misure idonee a garantire in concreto la effettiva realizzazione di
quanto previsto al comma 1, può produrre rilevanti conseguenze pregiudizievoli,
anche in procedimenti di notevole rilevanza sociale nei quali la produzione
documentale assume particolare rilievo e non può comunque essere omessa
(es. in materia di tutela ambientale) per il solo fatto che sia in qualche
misura meno agevole procurarsi il relativo modulo o formulario.
Tenuto conto del grave danno che tale disciplina potrebbe arrecare al buon
andamento dell’azione amministrativa e della sproporzione fra l’entità dell’inadempimento
formale dell’amministrazione – che potrebbe anche risultare non
ad essa imputabile – e le conseguenze che ne derivano, si ritiene necessario
ancorare l’entrata in vigore del comma 2 ad un provvedimento di ricognizione
della effettiva avvenuta attuazione delle disposizioni di cui al comma 1.

15.2 Sezione II

Articolo 59
Con riguardo al comma 1 si premette che, venendo in considerazione
una disposizione definitoria, essa dovrebbe trovare collocazione nell’ambito delle definizioni
di cui all’articolo 1. In tale sede dovrebbe parimenti precisarsi la
nozione di “sistema informativo automatizzato”.
Si suggerisce, comunque, di intervenire sulla formulazione della disposizione,
non essendo chiaro a quale amministrazione si faccia riferimento con l’aggettivo “propri” riferito
ai sistemi informativi automatizzati. In particolare, non è chiaro se
la fruibilità consista nella mera possibilità di trasferire il
dato all’interno di una stessa amministrazione (fra più sistemi
informativi automatizzati gestiti dalla medesima e, quindi, “propri” alla
stessa) o, invece, nella possibilità che un dato, trattato nell’ambito
del sistema informativo automatizzato di una pubblica amministrazione, possa
essere trasferito al sistema informativo automatizzato di altre pubbliche amministrazioni.
Quanto alla previsione di cui al comma 2, ne sono oscuri il fondamento e la
portata, che è opportuno chiarire. In proposito si evidenzia che tale
disposizione, escludendo che il trasferimento di un dato fra amministrazioni
pubbliche modifichi la titolarità dello stesso o determini una ulteriore
posizione di titolarità, delinea una soluzione diversa da quella seguita
in sede di disciplina del trattamento dei dati personali (l’amministrazione
che riceve dati personali da un’altra amministrazione di regola diviene
a sua volta titolare del nuovo trattamento).

Articolo 60
La previsione di cui all’articolo 60, comma 1, sembra sovrapporsi, quanto
a contenuto, a quella di cui all’articolo 53, comma 2. E’, pertanto,
necessario procedere al coordinamento delle due disposizioni, eventualmente
sopprimendo una delle due.

Articolo 61
E’ opportuno chiarire che i decreti di cui ai commi 4 e 5, in ragione
del loro contenuto, sono adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, avendo natura regolamentare.
Inoltre, malgrado il comma 6 escluda l’esistenza di oneri per la partecipazione
al Comitato, l’Amministrazione dovrebbe chiarire perché ritiene
che non derivino oneri di nessun tipo dall’attuazione del comma 5.

Articolo 62
In generale, occorre precisare se la realizzazione e la gestione delle
basi di dati di interesse nazionale comportino oneri e, in tal caso, indicare
la
relativa copertura finanziaria. In proposito questo Consesso, pur prendendo
atto di quanto dichiarato nella relazione tecnico-finanziaria, ritiene che
la determinazione della copertura delle spese non possa essere rimessa agli
atti di normazione secondaria che individueranno le singole basi di dati di
interesse nazionale.
Al comma 2 va precisato il significato dell’espressione “allineamento
delle informazioni”.
Con riguardo al decreto di cui al comma 3, in ragione della natura regolamentare,
va aggiunto che l’adozione ha luogo ai sensi dell’articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

15. 3 Sezione III

Articolo 64
Con riguardo alla previsione di cui al comma 1, appare necessario
un richiamo anche al rispetto del principio di non discriminazione e di eguaglianza,
in
conformità a quanto stabilito dalla delega di cui all’articolo
10, comma 1, lettera b) della legge 29 luglio 2003, n. 229, essendovi il rischio
che l’accesso ai servizi prestati per via telematica sia precluso alle
fasce della popolazione prive di mezzi informatici o non in grado di utilizzarli.
Il disposto del comma 3, per come è attualmente formulata la disposizione,
sembra eccedente rispetto al contenuto dell’articolo 64 come indicato
nella rubrica (“Organizzazione e finalità dei servizi in rete”),
visto che letteralmente si riferisce a tutti i procedimenti e non solo a quelli
diretti all’ammissione o comunque correlati all’erogazione di un
servizio pubblico.
La previsione di cui al comma 4 va soppressa, in quando riproduce quanto già previsto
dall’articolo 57, comma 1, lettera g).

Articolo 65
Occorre coordinare i commi 1 e 3, visto che il comma 1 prevede due
sole modalità di
identificazione informatica ai fini dell’accesso ai servizi erogati in
rete dalle pubbliche amministrazioni, ossia la carta d’identità elettronica
e la carta nazionale dei servizi, mentre il comma 3 fa riferimento anche alla
firma digitale.

Articolo 66
Visto che il comma 2 dell’articolo 38 del d.P.R. n. 445 del 2000 viene
contestualmente soppresso, vorrà valutarsi l’opportunità di
inserire nel citato decreto n. 445 del 2000 un richiamo alle modalità di
identificazione del soggetto che presenta l’istanza o la dichiarazione
previste ora dall’articolo 66 del Codice.

15. 4 Sezione IV

Articolo 67
Con riguardo alla previsione del comma 2 giova premettere che, ai
sensi della vigente disciplina di cui all’articolo 36, comma 1, del d.P.R. n. 445
del 2000, le caratteristiche e le modalità per il rilascio della carta
nazionale dei servizi devono essere definite con un decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, che non può, come tale, modificare o abrogare
la disciplina di rango primario della materia o derogare alla stessa. In relazione
a tale premessa, suscita perplessità la scelta di rimettere, con il
Codice, ad un regolamento di c.d. delegificazione adottato ai sensi dell’articolo
17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 la disciplina, fra l’altro,
delle caratteristiche e dell’uso della carta nazionale dei servizi; si
tratta, infatti, di una materia che può incidere sulla tutela di diritti
fondamentali della persona (diritto alla protezione dei dati personali, diritto
alla salute e altri) e che, salva la possibilità di adottare regolamenti
di esecuzione o di attuazione ai sensi del comma 1 del menzionato articolo
17, andrebbe regolata con norme di rango primario. In ogni caso, qualora si
ritenga di mantenere il richiamo all’articolo 17, comma 2, della legge
n. 400 del 1988, sarebbe necessario definire contestualmente nel Codice “le
norme generali regolatrici della materia” come prescritto dal citato
comma 2.
Il decreto previsto dal comma 6 ha natura regolamentare e va, quindi, prescritto
che esso deve essere adottato secondo il procedimento previsto dall’articolo
17, comma 3, della citata legge n. 400 del 1988.

16. CAPO V

16. 1 Sezione I

Articolo 68
La previsione di cui al comma 2 va integrata, in conformità a quanto
previsto dall’articolo 57, comma 6, del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554,
con la precisazione che le amministrazioni appaltanti possono porre a base
di gara le proposte ideative acquisite a seguito di un concorso di idee, ma
solo per le gare che abbiano ad oggetto “un concorso di progettazione
ovvero di un appalto di servizi di cui ai Capi IV e V” del titolo IV
del citato d.P.R. n. 554 del 1999 e, comunque, solo in relazione ad appalti
che ricadano nell’ambito di applicazione del suddetto decreto.

Articolo 69
Al comma 1, lettera b), occorre chiarire che si fa riferimento a programmi
sviluppati per conto e a spese “della medesima o di altre” amministrazioni.
Il significato delle nozioni di “interoperabilità” e di “cooperazione
applicativa”, contenute nel comma 2, deve essere meglio precisato, se
del caso utilizzando una circonlocuzione, considerato anche che manca una corrispondente
definizione all’articolo 1.

Articolo 70
Va definito in modo puntuale l’ambito di applicazione della previsione
di cui al comma 3, dovendosi precisare se l’inserimento delle clausole
ivi indicate debba avere luogo in tutte le tipologie di contratti contemplate
dall’articolo 69, comma 1, che abbiano ad oggetto l’acquisizione
di programmi informatici da parte dell’amministrazione, oppure – come
sembra verosimile – alla sola ipotesi considerata dall’articolo 70, comma
1 (che corrisponde alla fattispecie di cui all’articolo 69, comma 1,
lettera a), riferita, inoltre, ai soli programmi applicativi).
Sempre con riguardo al comma 3, anche in considerazione del rilievo innanzi
formulato, l’Amministrazione riferente dovrà valutare se mantenere
il riferimento alla “proprietà dei programmi ai fini del riuso” o
fare ricorso ad una espressione più lata, adattabile ad una più ampia
tipologia di modelli negoziali (es. “il diritto di disporre dei programmi
ai fini del riuso da parte della medesima o di altre pubbliche amministrazioni”).

17. CAPO VI

Articolo 72
Con riguardo al disposto del comma 1, deve essere chiarito che i decreti
previsti da tale disposizione debbono essere adottati ai sensi dell’articolo 17,
comma 3, della citata legge n. 400 del 1988, in considerazione della loro natura
regolamentare (cfr. anche il parere della Sezione per gli atti normativi n.
7904/04 del 30 agosto 2004 reso in relazione alla “Istituzione del sistema
pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica
amministrazione”). Si prende atto che l’Amministrazione ha inserito
nel testo l’intesa con la Conferenza unificata.
Si suggerisce, inoltre, di prevedere una verifica della coerenza tecnica di
tali norme anche rispetto alle regole di cui al disciplinare tecnico pubblicato
in Allegato B al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

18. CAPO VII

Articolo 74
Con riguardo al secondo periodo del comma 1, va osservato che l’obbligo
di attuare i successivi interventi normativi incidenti sulla materia mediante
la modifica o l’integrazione delle disposizioni del codice non si pone
come vincolo per il legislatore, bensì quale precetto diretto alla Presidenza
del Consiglio dei Ministri quale amministrazione competente in ordine all’adozione
degli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento. Appare, quindi, preferibile,
il ricorso, con i necessari adattamenti, ad una formula analoga a quella già utilizzata
all’articolo articolo 7, comma 6, della legge 8 marzo 1999, n. 50, abrogato
dall’articolo 23 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (“La Presidenza
del Consiglio dei Ministri adotta gli opportuni atti di indirizzo e di coordinamento
per assicurare che i successivi interventi normativi incidenti sulle materie
oggetto di riordino siano attuati esclusivamente mediante la modifica o l’integrazione
delle disposizioni contenute…”).

19. Per quanto concerne, infine,
gli aspetti relativi alla migliore e più corretta
formulazione dello schema in esame, si espongono qui di seguito ulteriori osservazioni
e suggerimenti.

Il primo rilievo di ordine formale riguarda la necessità di inserire – in
coerenza con quanto suggerito per gli altri codici di attuazione della legge
n. 229 del 2003 – un indice delle disposizioni del codice, con la loro
rubrica.

Si rileva, sempre in via preliminare, che i riferimenti normativi nelle
rubriche degli articoli, effettuate nei confronti di norme da abrogare,
risultano
utili solo per i lavori preparatori e debbono, quindi, essere espunti nella
stesura
definitiva.

Si richiamano, poi, le indicazioni della “Guida per la redazione dei
testi normativi”, di cui alla circolare della Presidenza del Consiglio
dei Ministri 2 maggio 2001, n. 1/1.1.26/10888/9.92, specie per quanto riguarda
l’uso della lettera iniziale maiuscola che deve essere limitato ai soli
casi di uso corrente e, comunque, deve essere effettuato con criteri di uniformità.
In proposito si segnala in particolare che nel testo del codice la parola “Regione” viene
scritta in maniera non uniforme (v. ad es. artt. 2, comma 1, e 56, comma 2),
mentre la parola “Conferenza” va scritta con l’iniziale
maiuscola solo quando fa parte della denominazione di un organo, mentre
deve avere l’iniziale minuscola se si designa una generica conferenza di servizi
(v. artt. 9, comma 3; 37, comma 3).
L’espressione “Comunità europea” (cfr. art. 18) va
sostituita da “Unione europea” (tenendo conto che la parola “europea” va
scritta con l’iniziale minuscola: v. art. 13, comma 3).
E’ opportuno modificare l’espressione “presente decreto” spesso
ricorrente nel testo, con la formula “presente codice” (usata agli
artt 47, comma 3, e 51, comma 3), per accentuare il carattere proprio della
normativa di cui si tratta (v. artt. 2, commi 2, 5 e 6; 3; 10, comma 6; 31,
comma 4; 36; 38, comma 1; 47, comma 1; 63).
Dopo l’articolo 75, e fuori dalla numerazione dell’articolato,
va aggiunta la clausola di inserzione del decreto nella raccolta degli atti
normativi, del seguente tenore: “Il presente decreto, munito del sigillo
dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi
della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo
e di farlo osservare”.
Per quanto riguarda le singole parti dello schema si suggeriscono le
seguenti modifiche e correzioni:
– art. 1, comma 1, lettera s): alla penultima riga sostituire la parola “cioè” con “quale”;
– art. 2, comma 4:, penultima riga: dopo “informatici” mettere
la virgola;
– art. 6, comma 1: dopo “utilizzano” mettere la virgola;
– art. 8: prima della parola “facilitare” inserire “per”;
– art. 10, comma 4: sostituire “La Repubblica” con “Lo Stato”;
– art. 12, comma 1: sostituire l’espressione “a tal fine anche
dettando” con “dettando anche”;
– art. 15, comma 1, lettere e) ed i): correggere l’errore materiale della
ripetizione degli articoli “la” e “le”;
– art. 15, comma 1, lettera h) terza riga: dopo “amministrazioni” mettere
la virgola;
– art. 19, comma 2, ultima riga: dopo “interessate” mettere la
virgola;
– art. 19, comma 3: alla seconda riga, dopo “sostituiscono” mettere
la virgola; alla penultima riga, dopo “appartenenza” mettere la
virgola;
– art. 24, comma 1, il riferimento all’art. 25 è errato (controllare
se si tratta invece dell’articolo 23), così come avviene per una
serie di indicazioni successive, che vanno tutte accuratamente verificate (v.
art. 25, comma 3, lettera b), che dovrebbe riferirsi all’art. 27, comma
3; art. 26, comma 2, che dovrebbe riferirsi all’art. 23, comma 1; art.
27, comma 1, lettera d), che dovrebbe riferirsi all’art. 29; art. 31,
comma 1, lettera a), che dovrebbe riferirsi all’art. 26; art. 34, comma
4, che dovrebbe riferirsi all’art. 26, comma 6; art. 42, comma 4, che
dovrebbe riferirsi all’art. 45; art. 57, comma 1, lettera g), che dovrebbe
riferirsi all’art. 64, comma 4; art. 63, comma 1, che dovrebbe riferirsi
al comma 3 dell’articolo richiamato);
art. 37, comma 3: il riferimento agli articoli “14 e seguenti” della
legge n. 241 del 1990 va precisato nel riferimento agli articoli “da
14 a 14-quinquies” della stessa legge, nel testo recentemente innovato
con legge approvata in via definitiva dalla Camera dei Deputati il 26 gennaio
2005 e in attesa di promulgazione;
– art. 38, comma 2: correggere l’errore materiale “uve” = “ove”;
– art. 41, comma 3, ultime due righe: dopo “omogenea” mettere la
virgola e toglierla dopo la parola “progressiva”;
– art. 44, comma 2: dopo “conservare” mettere la virgola;
– art. 54, comma 1: alla fine mettere il segno del punto;
– art. 54, comma 2: le parole “custodite” e “controllate” debbono
essere volte al maschile concordando con “documenti”;
– art. 57, comma 1, lettera c): “8 agosto”= “7 agosto”;
lettera d): indicare gli estremi del d.P.R.;
– art. 62, comma 4: tra le parole “articolo” e “decreto” inserire “8
del”;
– art. 63, l’aggettivo “previsto” va eliminato;
– art. 66, al comma 1 dopo le parole “articolo 38” occorre aggiungere,
dopo la virgola, le parole “commi 1 e 3”;
– art. 67, comma 1, terza riga, e comma 4, seconda riga: dopo “anno” aggiungere “di
età”;
– art. 67, comma 2: l’espressione “dell’articolo 117, sesto
comma, della Costituzione” appare superflua e può essere espunta;
– art. 67, comma 4, dopo l’entrata in vigore del citato decreto legislativo
n. 196 del 2003, è opportuno sostituire la parola “riservatezza” con
le parole “protezione dei dati personali”;
– art. 67, comma 5, penultima riga: dopo “articolo 72” mettere
la virgola; inoltre le parole “ai sensi dell’articolo” vanno
sostituite con le parole “di cui all’articolo”;
– art. 67, comma 6, terza riga: correggere “articolo 9” in “articolo
8”;

– art. 72, comma 1, quarta riga: correggere “articolo 9” in “articolo
8”.

P.Q.M.

Esprime parere favorevole con le suesposte osservazioni.


Redazione

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