Il Parere della Conferenza Unificata

Sta per essere pubblicato il Dpr recante modifiche al regolamento sull’accesso
agli atti, previsto dalla recente novella alla legge 241 del 1990, approvata
con legge 15 del 2005 (poi parzialmente modificata con il "decreto competitività",
DL n. 35 del 2005 convertito con modifiche dalla legge 80 del 2005)

Il Governo ha sostenuto, in sede di Conferenza Unificata, l’applicabilità alle
regioni ed agli enti locali del nuovo regolamento, in quanto, avendo
la legge ricondotto la materia dell’accesso nell’ambito dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo
117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, si tratterebbe di materia
di esclusiva competenza dello Stato, cui spetterebbe come conseguenza anche
la potestà regolamentare ex articolo 117, comma 6, della Costituzione.

Le Regioni hanno obiettato che la determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni non è una materia, bensì una competenza che lo Stato
ha di dettare norme per la fissazione di un livello minimo di soddisfacimento
di diritti civili e sociali (Corte Cost. 50 del 2005) e che la legge n. 241/90,
nel testo consolidato, non prevede alcun meccanismo di successiva specificazione
"statale" dei livelli essenziali
delle
prestazioni
atte
a garantire il
diritto di accesso.

Il riferimento della materia ai livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio
nazionale, va dunque letto nel senso che sarà poi competenza regolamentare
degli enti territoriali garantire, come minimo, i livelli di garanzia
dell’accesso
delineati nella stessa legge, potendo evidentemente elevare il livello delle
garanzie.

Si riporta di seguito il parere integrale della Conferenza Unificata, che
conclude ribadendo che "non è configurabile un potere regolamentare
dello Stato in materia di accesso, se non nei confronti delle amministrazioni
statali e degli enti pubblici nazionali
"

. . . .

Conferenza Unificata

Parere sullo schema di regolamento recante integrazioni e modifiche del DPR
27 giugno 1992, n. 352 (Regolamento per la disciplina delle modalità di
esercizio e dei casi di esclusione del diritto di accesso ai documenti amministrativi),
ai sensi dell’articolo 23, comma 2, della legge 11 febbraio 2005, n.
15

A seguito della riunione tecnica tenutasi il 28 settembre 2005 presso la Segreteria
della Conferenza unificata, nel corso della quale è stato esaminato
lo schema di regolamento in oggetto, è stato redatto dalle regioni un
documento sintetico “Osservazioni tecniche delle regioni e province autonome” ,
che ad ogni buon fine si allega, e che in buona sostanza riassume le questioni
affrontate e le posizioni espresse dalle parti presenti nel corso della riunione
stessa.

Nonostante il sostanziale accordo espresso dai rappresentanti della Presidenza
del Consiglio dei Ministri presenti nella riunione, il Dipartimento per il
coordinamento amministrativo ha fatto seguito con la nota n° DICA/8639/2.4.5.2.1.
del 10 ottobre u.s., nella quale si sostiene invece la piena applicabilità alle
regioni ed agli enti locali del regolamento in oggetto, in quanto, avendo la
legge ricondotto la materia dell’accesso nell’ambito dei livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono
essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo
117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, si tratterebbe di materia
di esclusiva competenza dello Stato, cui spetterebbe come conseguenza anche
la potestà regolamentare ex articolo 117, comma 6, della Costituzione.

Al fine di ulteriormente chiarire il punto di vista delle regioni, si ricorda
che l’articolo 29 della legge n. 241/1990 come modificata dai recenti
interventi legislativi (Legge n. 15/2005 e DL n. 35/2005 convertito con modifiche
dalla Legge n. 80/2005) prevede:

“1. Le disposizioni della presente legge si applicano ai procedimenti
amministrativi che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali
e degli enti pubblici nazionali, e, per quanto stabilito in tema di giustizia
amministrativa, a tutte le amministrazioni pubbliche.

2. Le regioni e gli enti locali nell’ambito delle rispettive competenze,
regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema
costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione
amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente
legge.”

Tale disposizione, di per sé esplicita in quanto alla necessaria autonomia
degli enti territoriali di implementazione dei principi contenuti nella legge
241, deve essere letta in maniera integrata con quanto previsto dall’articolo
22, comma 2, della stessa legge:

“L’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti
finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa
al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e
la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione. Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali,
nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori
di tutela.”

Dalla lettura integrata delle norme riportate, risulta quindi che esiste un
ambito di applicazione diretta esteso alle regioni e agli enti locali delle
norme in materia di accesso delineato e delimitato da quanto espressamente
stabilito a livello legislativo dalla stessa 241.

Il riferimento della materia ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale, va letto nel senso che la regolamentazione degli enti territoriali
deve, come minimo, garantire i livelli di garanzia dell’accesso delineati
nella stessa legge, potendo evidentemente elevare il livello delle garanzie,
come di fatto è avvenuto in recente legislazione regionale. Basti qui
citare la legge regionale della Regione Friuli Venezia Giulia 20 marzo 2000,
n. 7 recante il “Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo
e di diritto di accesso” , con la quale la Regione garantisce con tutta
evidenza ulteriori livelli di tutela rispetto a quanto previsto dalla normativa
statale.

In materia si è formata ormai copiosa giurisprudenza costituzionale.
Basti ricordare la recente sentenza n. 50 del 2005, che ha affermato che la
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni non è una materia,
bensì una competenza che lo Stato ha di dettare norme per la fissazione
di un livello minimo di soddisfacimento di diritti civili e sociali, ribadendo
quanto già esplicitato nella sentenza n. 19 del 2002, rispetto agli
stessi livelli essenziali: “… non si tratta di una “materia” in
senso stretto, ma di una competenza del legislatore statale idonea ad investire
tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre
le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale,
il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti,
senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle”.

E’ evidente che, data la trasversalità della fissazione dei livelli
essenziali, una interpretazione estensiva del principio potrebbe portare ad
uno svuotamento della potestà legislativa regionale e ad una lesione
grave all’autonomia degli enti territoriali in generale.

Nella sentenza n. 13 del 2003, la Corte costituzionale ha affrontato proprio
il problema della compatibilità di questo strumento attribuito al legislatore
statale al fine di garantire il mantenimento di una adeguata uniformità di
trattamento sul piano dei diritti di tutti i soggetti con un sistema caratterizzato
da un livello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto.

Si legge in proposito nella stessa sentenza: “La conseguente forte incidenza
sull’esercizio delle funzioni nelle materie assegnate alle competenze legislative
ed amministrative delle Regione e delle Province autonome impone evidentemente
che queste scelte, almeno nelle loro linee generali, siano operate dallo Stato
con legge, che dovrà inoltre determinare adeguate procedure e precisi
atti formali per procedere alle specificazioni ed articolazioni ulteriori che
si rendano necessarie nei vari settori.”.

Orbene, la legge n. 241/90 non ha previsto alcun meccanismo di successiva
specificazione dei livelli essenziali delle prestazioni atte a garantire il
diritto di accesso. Scelta peraltro logica dato l’estremo dettaglio della
disciplina dell’accesso contenuta nella legge n. 241/1990, che vi dedica
l’intero Titolo V (Definizioni e principi in materia di accesso).

Alla luce delle considerazioni di cui sopra ed alla stregua della giurisprudenza
costituzionale, si ritiene che non sia configurabile un potere regolamentare
dello Stato in materia di accesso, se non nei confronti delle amministrazioni
statali e degli enti pubblici nazionali. Si ribadisce pertanto la richiesta
di inserire nello schema di regolamento in oggetto una norma che esplicitamente
definisca tale ambito di applicazione.

******

Fermo restando l’avviso espresso sullo schema di regolamento, non ci si esime
dall’osservare – nel rispetto del principio di leale cooperazione ed al fine
di addivenire ad una soluzione condivisa che consenta la migliore tutela dei
diritti individuali e risponda altresì all’esigenza di omogeneità dell’ordinamento
– che l’obiettivo di pervenire ad una garanzia uniforme su tutto il territorio
nazionale potrebbe essere raggiunto mediante la posizione legislativa di una
disposizione del seguente tenore:

“Entro un anno dall’entrata in vigore del regolamento per la disciplina
delle modalità di esercizio e dei casi di esclusione del diritto di
accesso ai documenti amministrativi emanato ai sensi dell’articolo 23, comma
2, della legge 11 febbraio 2005, n. 15, le Regioni, nell’esercizio dei propri
poteri legislativi e regolamentari, adegueranno la propria normativa ai principi
stabiliti dagli articoli 22, 23, 24, 25 e 26 della legge 7 agosto 1990, n.
241, come modificata ed integrata, in ultimo, dalla legge 11 febbraio 2005,
n. 15, e, in quanto applicabili, alle norme del richiamato regolamento.”

Roma, 26 gennaio 2006

Redazione

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