Nessuna legge dello Stato impone l’affissione del Crocifisso nelle aule scolastiche
(cfr. Corte cost., ordinanza n. 389 del 2004), per cui la controversia sulla
legittimità della sua affissione riguarda le modalità di erogazione
del pubblico servizio scolastico, e dunque rientra nella giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 33 del D.Lgs. 31 marzo 1998 n.
80.
. . . . . .
Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili
Ordinanza n. 15614 del 10 luglio 2006
(presidente Carbone, estensore Luccioli)
(…)
Diritto
(…)
Non è contestabile che l’affissione del crocifisso nelle
scuole avvenga sulla base di provvedimenti dell’ autorità scolastica
conseguenti a scelte dell’Amministrazione, contenute in regolamenti e
circolari ministeriali, riguardanti le modalità di erogazione del pubblico
servizio, e quindi riconducibili, pur nella complessità delle implicazioni
e nella rilevanza e delicatezza degli interessi coinvolti – non potendo certamente
il crocifisso, per il suo valore escatologico e di simbolo fondamentale della
religione cristiana, essere considerato alla stregua di qualsiasi componente
dell’arredo scolastico, ed evocando indubbiamente la sua stessa presenza
problematiche che trascendono la sfera del pubblico servizio – alla potestà organizzatoria
della stessa.
Va al riguardo ricordato che con ordinanza 389/04 la Corte Costituzionale ha
dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale
degli articoli 159 e 190 del D.Lgs 297/94 (Approvazione del testo unico delle
disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole
di ogni ordine e grado), come specificati, rispettivamente, dall’articolo
119 (e allegata tabella C) del Rd 1297/28 (Approvazione del regolamento generale
sui servizi dell’ istruzione elementare), e dall’ articolo 118 del
Rd 965/24 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione
media), e dell’articolo 676 del predetto D.Lgs 297/94, sollevata in riferimento
al principio di laicità dello Stato e, comunque, agli articoli 2, 3, 7,
8, 19 e 20 Costituzione.
Ha osservato al riguardo il giudice della legittimità delle
leggi che l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche è contemplata
unicamente da norme di rango regolamentare volte a disciplinare le modalità di
prestazione di un servizio pubblico essenziale, quale è quello scolastico,
non sussistendo tra le disposizioni legislative di cui agli articoli 159 e 190
del D.Lgs 297/94 e le norme regolamentari richiamate quel rapporto di integrazione
e specificazione, ai fini dell’oggetto del quesito di costituzionalità,
che avrebbe consentito l’impugnazione delle disposizioni legislative come
specificate dalle norme regolamentari, e d’altro canto non potendo ricondursi
all’articolo 676 dello stesso testo unico del 1994 l’affermata perdurante
vigenza di dette norme regolamentari, conclusivamente ritenendo che l’impugnazione
delle disposizioni di legge denunziate costituisse il frutto di un improprio
trasferimento su disposizioni di rango legislativo di una questione di legittimità concernente
le norme regolamentari richiamate.
In tale quadro di riferimento, segnato dalla mancanza di una espressa previsione
di legge impositiva dell’obbligo di affissione del crocifisso nelle scuole,
trova applicazione ai fini della giurisdizione l’articolo 33 del D.Lgs
80/1998, sostituito dall’articolo 7 della legge 204/00, nel testo risultante
dalla sentenza 204/04 della Corte Costituzionale (e con le puntualizzazioni contenute
nella recente sentenza 191/06), che nella materia dei pubblici servizi attribuisce
al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva se in essa la pubblica amministrazione
agisce esercitando il suo potere autoritativo (ovvero si avvale della facoltà riconosciutale
dalla legge di adottare strumenti negoziali in sostituzione dei potere autoritativo),
venendo qui in discussione provvedimenti dell’ autorità scolastica
che hanno dato attuazione, all’interno dell’ istituto frequentato
dai figli dei ricorrenti, a disposizioni di carattere generale adottate nell’esercizio
del potere amministrativo, e quindi riconducibili alla pubblica amministrazione
– autorità.
Nel contesto esistente in questo momento storico e nel rapporto che ne consegue
tra il principio di laicità dello Stato, il potere organizzatorio dell’amministrazione
scolastica e la posizione soggettiva dei singoli fruitori del servizio certamente
suscettibile di evoluzione sul piano legislativo in ragione delle sempre più pressanti
esigenze di tutela delle minoranze religiose, etniche e culturali in un ordinamento
ispirato ai valori della tolleranza, della solidarietà, della non discriminazione
e del rispetto del pluralismo, appare condivisibile l’orientamento espresso
dal Consiglio di Stato nella recente sentenza 556/06, che in analoga controversia
ha ritenuto la propria giurisdizione, come in ogni ipotesi in cui la vertenza
abbia ad oggetto la contestazione della legittimità dell’esercizio
del potere amministrativo, ossia quando l’atto amministrativo sia assunto
nel giudizio non come fatto materiale o come semplice espressione di una condotta
illecita, ma sia considerato nel ricorso quale attuazione illegittima di un potere
amministrativo, di cui si chiede l’annullamento.
La ritenuta giurisdizione del giudice amministrativo si estende alla consequenziale
domanda risarcitoria proposta, secondo il disposto dell’articolo 35 del
D.Lgs 80/1998, come sostituito dall’articolo 7 della legge 205/00.
Sussistono giusti motivi, in relazione alla natura della controversia ed alla
peculiarità degli interessi coinvolti, per compensare interamente tra
le parti le spese processuali.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione, a Sezioni unite, pronunciando sul ricorso, dichiara
la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Compensa le spese.