Il Consiglio di Stato, con sentenza depositata lo scorso 16 ottobre, ha indicato
puntalmente quali siano gli obblighi di motivazione cui una Pubblica Amministrazione
è tenuta, per reiterare legittimamente vincoli espropriativi scaduti.
La reiterazione dei vincoli di espropriazione infatti, non può prescindere
dalla
presenza di una congrua e specifica motivazione, nè l’obbligo
di indennizzo fa venire meno quello della adeguata
giustificazione della reiterazione.
L’obbligo di motivazione in tali casi, si pone come
eccezione
alla
generale
regola
secondo cui gli atti a carattere generale non
necessitano di motivazione.
In definitiva, secondo il Consiglio di Stato, la reiterazione dei vincoli
urbanistici decaduti per effetto del decorso del termine può ritenersi
legittima sul piano amministrativo solo se corredata da adeguata motivazione
concernente:
– la persistenza
dell’interesse pubblico e la sua attualità, con riferimento
a congrui e specifici elementi oggettivi;
–
le specifiche ragioni del ritardo che hanno causato la decadenza del vincolo;
– una nuova e adeguata comparazione degli interessi pubblici e privati
coinvolti, con riferimento alla mancanza di possibili soluzioni alternative
o di perequazione fra i proprietari espropriabili e, dunque, la dimostrazione
della ineluttabilità della
scelta dell’area
già vincolata (la nuova comparazione dovrà essere tanto più dettagliata
e concreta quante più volte viene ripetuta la reiterazione del vincolo);
– la ragionevole dimostrazione, sulla scorta della situazione dei luoghi,
che la rinnovazione del vincolo sulla stessa area è necessaria per realizzare
l’opera o l’intervento pubblico;
–
la serietà e affidabilità della realizzazione
nei termini previsti delle opere di cui trattasi, con la precisazione delle iniziative
mediante le quali il procedimento ablativo verrà portato a compimento;
– le iniziative assunte per soddisfare l’accantonamento delle somme necessarie
per il pagamento dell’indennizzo.
. . . . . . . . .
Consiglio di Stato, sezione IV
Sentenza 16 ottobre 2006 n. 6171
(presidente Riccio, relatore Leoni)
Annulla Tar Lombardia, Milano,
sez. I, n. 1088/97
(…)
Diritto
(…)
E’, invero, consolidato in giurisprudenza il principio secondo il quale
la reiterazione dei vincoli di espropriazione non può prescindere dalla
presenza di una congrua e specifica motivazione sulla perdurante attualità della
previsione, comparata con gli interessi privati, motivazione conseguente allo
svolgimento delle indagini necessarie per accertare i presupposti.
La motivazione, in tale ipotesi, quale eccezione alla generale regola che non
impone l’obbligo di motivazione per gli atti a carattere generale, va in
tal caso ancorata ad una serie di parametri obiettivi:oltre alla persistenza
dell’interesse pubblico e alla sua attualità, vanno evidenziate
le specifiche ragioni del ritardo che hanno determinato la decadenza del vincolo;
la mancanza di possibili soluzioni alternative o di perequazione fra i proprietari
espropriabili e, dunque, la ineluttabilità della scelta dell’area
già vincolata; la serietà e affidabilità della realizzazione
nei termini previsti delle opere di cui trattasi, con la precisazione delle iniziative
mediante le quali il procedimento ablativo verrà portato a compimento
ed, infine, la ragionevole dimostrazione, sulla scorta della situazione dei luoghi,
che la rinnovazione del vincolo sulla stessa area è necessaria per realizzare
l’opera o l’intervento pubblico (cfr. in tal senso, tra le tante,
Cons. Stato, IV Sez., n. 4397/04 e n.3535/05).
L’amministrazione comunale, pertanto, allorquando dispone a notevole distanza
di tempo la reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti per effetto del decorso
del termine contemplato nell’art. 2 L. n. 1187/68, è tenuta, per
esigenze di giustizia, ad accertare e rappresentare che l’interesse pubblico
sia ancora attuale e non possa essere soddisfatto con soluzioni alternative,
indicando le concrete iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfarlo
e provvedendo all’accantonamento delle somme necessarie per il pagamento
della indennità di espropriazione (cfr., in tal senso, Cons. Stato, IV
Sez., n.3646/00 e 3535/05 cit.).
In sintesi, la reiterazione dei vincoli urbanistici decaduti per effetto del
decorso del termine può ritenersi legittima sul piano amministrativo solo
se corredata da congrui e specifici elementi oggettivi sulla attualità della
previsione, con nuova e adeguata comparazione degli interessi pubblici e privati
coinvolti e con giustificazione delle scelte urbanistiche, tanto più dettagliata
e concreta quante più volte viene ripetuta la reiterazione del vincolo
(in tal senso Cons. Stato, IV Sez., n. 3535/05 cit. e n.4340/02).
La esigenza della motivazione è stata affermata anche dalla Corte costituzionale
(sent. n. 179/99) secondo cui i due doveri, di indennizzo e di motivazione, sono
posti su piani separati e distinti, né può sostenersi che sussistendo
l’obbligo di indennizzo venga meno quello della adeguata giustificazione
della reiterazione.
Sulla esigenza che la motivazione, che non deve riguardare la scelta delle singole
aree, ma avere ad oggetto l’attualità e la persistenza delle esigenze
urbanistiche, che devono essere valutate e motivate come attuali e persistenti,
ha concordato anche l’Adunanza plenaria (dec. n. 24 del 1999).
Nella specie, la reiterazione del vincolo a 16 anni di distanza dalla prima imposizione
avrebbe dovuto trovare una compiuta giustificazione in termini di valutazione
degli interessi pubblici e privati compresenti. Al contrario, per l’area
della società ricorrente azionata SC viene prevista la possibilità di
utilizzazione quale parcheggio pubblico non prevista dalla originaria disciplina
urbanistica, ma successivamente inserita d’ufficio dalla Regione tramite
rappresentazione grafica delle tavole di azzonamento, circostanza che il TAR
non ha ritenuto rilevante in considerazione del fatto che la realizzazione di
un parcheggio pubblico era fatta in termini meramente possibilistici e che, comunque,
in qualche maniera l’art.37 delle N.T.A. consentiva la realizzazione di
un parcheggio.
Tutto ciò non appare corrispondente alla sopra illustrata necessità di
motivare gli atti reiterativi di vincoli espropriativi ancorandola alla individuazione
di precisi parametri oggettivi, quali la persistenza dell’interesse pubblico
e la sua attualità, la mancanza di possibili soluzioni alternative o di
perequazione fra i proprietari espropriabili, le ragioni del ritardo nella realizzazione
dell’opera, la ragionevole dimostrazione, sulla scorta della situazione
dei luoghi, che la rinnovazione del vincolo sull’area stessa è necessario
per realizzare l’opera, le iniziative assunte per soddisfare l’accantonamento
delle somme necessarie per il pagamento dell’indennizzo; tutti tali elementi
avrebbero dovuto essere valutati nella fase istruttoria e quindi esplicitati
in motivazione.
Ne deriva la erroneità della sentenza di I grado che ha
ritenuto, nonostante ciò, la legittimità del provvedimento di azzonamento
impugnato.
Per le considerazioni sopra svolte l’appello va accolto, con conseguente
riforma della sentenza impugnata.
Le spese vengono poste a carico della Amministrazione soccombente nella misura
di Euro 3000,00.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione IV- definitivamente
pronunciando in ordine al ricorso in appello indicato in epigrafe, lo accoglie
e, per l’effetto, in riforma della sentenza di I grado, accoglie il ricorso
originario.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida
in Euro 3000,00. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso
in Roma, nella Camera di consiglio del 21 marzo 2006. Depositata il
16 ottobre 2006.