Alice 20 Mega di Telecom Italia, la sentenza integrale

Il
Tar Lazio ha depositato ieri le motivazioni nel giudizio relativo alla
vicenda
“Alice
20 Mega”. Si tratta dell’offerta, presentata da Telecom Italia, a cui l’Autorita’
per
le Garanzie nelle Comunicazioni aveva dato il via libera. Telvia, operatore alternativo,
aveva impugnato gli atti dell’Autorita’ innanzi al TAR, con ricorso presentato
lo scorso mese di aprile. Il TAR, dopo l’udienza di discussione del 26 ottobre,
ha
prima depositato
il dispositivo
di annullamento
degli atti adottati da AGCOM, ed ora ha comunicato le motivazioni.

Si legge in particolare:

“Ai sensi della normativa di settore … l’operatore dominante non
può introdurre sul mercato
un servizio innovativo senza farlo precedere dalla corrispondente offerta all’ingrosso.

La normativa sulla concorrenza … la
disciplina sugli obblighi di trasparenza e di non discriminazione contenuta nelle
direttive comunitarie e nel codice di recepimento (D.Lgs. 259/03), le delibere
dell’AGCOM relative alla Telecom con riferimento al mercato ADSL vietano
espressamente all’incumbent di giovarsi della propria posizione di vantaggio
a scapito degli altri operatori, introducendo sul mercato nuovi servizi senza
consentire agli altri operatori di poter competere in modo concorrenziale nell’ambito
dello stesso settore di mercato”.

La sentenza così conclude:

“La necessità di non pregiudicare
il diritto alla libertà di impresa di Telecom, non può assumere
valore dirimente, se si considera che secondo il diritto della concorrenza, il
principio costituzionale di cui all’art. 41 Cost., nel caso di operatori
titolari di una posizione dominante, non assume la sua piena valenza essendo
condizionato; l’impresa in posizione dominante ha una ‘speciale responsabilità’
in
ragione della quale alla medesima impresa è fatto divieto di porre in
essere qualsiasi comportamento atto a ridurre la concorrenza o ad ostacolarne
lo sviluppo nei mercati nei quali il grado di concorrenza è già ridotto
,
con la conseguenza che l’esercizio della normale attività commerciale
può costituire, da parte dell’incumbent, espressione di abuso della
posizione dominante, se non viene garantito il rispetto del principio delle pari
opportunità”.

Di seguito, il testo integrale della pronunzia del Tar Lazio.

. . . . . . . .

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Sent. n. 12515/06
R.G. 4475/06

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
– Sezione Terza Ter-
composto dai signori magistrati:
Dott. Francesco Corsaro Presidente
Dott. Stefania Santoleri Consigliere, relatore
Dott. Stefano Fantini Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 4475/06, proposto dalla società TELVIA S.r.l. in persona
del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avv.ti Carmelo
Giurdanella, Guido Scorza e Fabrizio Traina ed elettivamente domiciliata presso
lo studio dell’Avv. Guido Scorza sito in Roma, Palazzo Taverna, Via di
Monte Giordano n. 36

contro
l’AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI in persona del
legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale
dello Stato presso i cui uffici di Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è domiciliata
per legge.

e nei confronti di
TELECOM ITALIA S.p.A., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata
e difesa dagli Avv.ti Prof. Filippo Satta, Piero D’Amelio e Filippo Lattanzi
ed elettivamente domiciliata presso il loro studio sito in Roma, Via G. P.
da Palestrina n. 47

per l’annullamento

degli atti adottati dall’AGCOM a conclusione del procedimento di verifica
delle condizioni dell’offerta “managed IP” di Telecom Italia
ai fini della commercializzazione dell’offerta “Alice 20 Mega”;
della nota del 12/04/06 prot. n. 0017084 con la quale l’Autorità,
Direzione reti e Servizi di Comunicazione Elettronica ha comunicato le modifiche
che la Commissione Infrastrutture e Reti dell’Autorità, nella
riunione del 12 aprile 2006 ha disposto ai fini della commercializzazione dell’offerta “Alice
20 Mega” da parte di Telecom;
delle decisioni assunte dalla Commissione Infrastrutture e Reti dell’Autorità nella
riunione del 12 aprile 2006;
di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.
e per il risarcimento dei danni
patiti dalla ricorrente per effetto del provvedimento impugnato.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione resistente
e della società controinteressata;
Visti i motivi aggiunti;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti di causa;

Udita alla pubblica udienza del 26 ottobre 2006 la relazione della Dott.ssa
Stefania Santoleri, e uditi, altresì, l’Avv. Fabrizio Traina per
la parte ricorrente, l’Avv. dello Stato Venturini per l’Amministrazione
resistente e gli Avv.ti Filippo Lattanzi e Piero D’Amelio per Telecom
Italia S.p.A.

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

La società Telvia S.r.l., è una società operante nel mercato
della fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica.

Telecom Italia S.p.A. in quanto ex monopolista del servizio di comunicazione
telefonica, controlla la rete di accesso in rame che – a seguito delle
innovazioni tecnologiche – non è più utilizzata soltanto per
le comunicazioni vocali, ma mediante la tecnologia ADSL consente la fornitura
di servizi avanzati di comunicazioni elettroniche.

Nel novembre 2005 Telecom Italia S.p.A. (in seguito Telecom), ha annunciato
che avrebbe offerto dal febbraio 2006 alla propria clientela servizi di IPTV,
accesso ad Internet, ecc. basati su accessi ADSL fino al 20 Mbit/sec senza
provvedere contestualmente a predisporre un’offerta wholesale (all’ingrosso)
che ne consentisse la replicabilità.

L’Autorità Garante dapprima ha manifestato dubbi sull’ammissibilità di
detta offerta commerciale, e poi a seguito di approfondimenti istruttori e
modifiche all’offerta, ha autorizzato con atto in data 12/4/06 il lancio
dell’offerta commerciale denominata “Alice 20 Mega”, in quanto
la stessa Telecom aveva offerto contestualmente un’offerta “managed
IP”, destinata agli altri operatori del settore, con le caratteristiche
del servizio end to end, nella quale l’operatore non ha necessità di
procedere ad alcun completamento di tipo infrastrutturale, ma si limita alla
fornitura di servizi ISP e alle attività di tipo commerciale.

La ricorrente ha quindi impugnato detto provvedimento deducendo i seguenti
motivi di impugnazione:

1) Violazione del principio di parità di trattamento di cui all’art.
13, comma 4 del codice delle comunicazioni elettroniche (D.Lgs. 259/03), dell’art.
2 della delibera n. 06/03/CIR nonché dell’art. 3 n. 2 della delibera
407/99) del 21/12/99 – Eccesso di potere per contraddizione con le delibere
sopra citate.

Deduce la ricorrente che il servizio offerto da Telecom agli altri operatori è qualificato
come end to end (e quindi dal cliente finale fino alla rete di Telecom Italia);
in pratica, quindi, l’accesso ad internet è garantito dalla stessa
Telecom, e l’operatore concorrente non può scegliere né un
livello qualitativo diverso dal servizio offerto da Telecom alla clientela
finale, né può servirsi di un fornitore di infrastrutture – o
di servizi di connettività analoghi – diverso da Telecom.

Ne deriva che con l’offerta managed IP, in pratica, gli altri operatori
finiscono con diventare dei meri rivenditori del prodotto Telecom.

Ritiene quindi la ricorrente che l’Autorità, prima di autorizzare
la commercializzazione dell’offerta retail di Telecom, avrebbe dovuto
obbligarla a predisporre e pubblicare un’offerta wholesale disaggregata
per le varie componenti di rete necessarie a replicare tale offerta, consentendo
agli operatori alternativi di proporre ai loro clienti un’offerta di
servizi personalizzata e non riducendoli a meri rivenditori.

L’obbligo di disaggregazione, peraltro, sarebbe stato previsto dalla
stessa Autorità anche precedentemente all’adozione della delibera
34/06/CONS, come potrebbe evincersi dalla delibera 2/00/CIR e dalla stessa
delibera 6/03/CIR, essendo una caratteristica propria di ogni offerta wholesale.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 12, commi 3 e 4 della delibera
n. 34/06/CONS – Eccesso di potere per contraddizione con la precedente
delibera – Violazione dell’art. 50, comma 4 del codice – Difetto
di motivazione.

Il provvedimento impugnato stabilisce che “le condizioni economiche dell’offerta
del servizio managed IP devono assicurare un minus non inferiore al 20%”.

Detta previsione contrasterebbe con l’art. 12 comma 3 della delibera
34/06/CONS, che prevedrebbe uno sconto per le offerte wholesale non inferiore
al 30%.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 1 della delibera
6/03/CIR – Eccesso di potere per contraddizione con la medesima delibera.

La delibera 34/06/CONS prevede all’art. 12 comma 4, un lasso di tempo
non inferiore ai 90 giorni tra la presentazione dell’offerta all’ingrosso
(wholesale) e la commercializzazione dell’offerta ai clienti finali.

Nel caso di specie, invece, l’Autorità avrebbe autorizzato Telecom
a commercializzare l’offerta “Alice 20 Mega” non prima del
decorso di 30 giorni, in violazione della suddetta delibera, che consentiva
il termine ridotto solo nel caso di variazione delle sole condizioni economiche
dell’offerta.

4) Eccesso di potere per difetto di istruttoria.

Deduce la ricorrente il difetto di istruttoria non avendo l’Autorità verificato
l’accoglimento delle modifiche imposte all’offerta Managed IP.

Con motivi aggiunti notificati il 19 giugno 2006 e depositati il 28 giugno
2006, la ricorrente ha dedotto le seguenti ulteriori censure:

5) Eccesso di potere per contraddizione con precedenti atti dell’AGCOM – Illogicità – Difetto
di motivazione.

Ribadisce la ricorrente l’illegittimità della previsione del retail
minus del 20% per contrasto con quanto ritenuto in precedenza da parte della
stessa Autorità (nota del 29/3/06).

6) Eccesso di potere per contraddizione con la precedente nota prot.
n. 0013630 del 29 marzo 2006 – Difetto di motivazione.

Ribadisce le censure già svolte in ordine alla previsione del termine
di trenta giorni per la comunicazione dell’offerta, in considerazione
della natura dell’offerta stessa.
La ricorrente conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso e formula
domanda risarcitoria.

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni si è costituita
in giudizio ed ha chiesto il rigetto del ricorso per infondatezza.

Ha sostenuto, in particolare, che l’obbligo di disaggregazione non riguarderebbe
necessariamente tutte le offerte commerciali, ma soltanto quelle particolarmente
innovative; nel caso della delibera 34/06/CONS l’obbligo di disaggregazione
deriverebbe dalla natura del servizio bitstream che può operare in concreto
solo in caso di disaggregazione per segmenti di rete.

Nel caso di specie, invece, si tratterebbe di una semplice offerta commerciale
e non dell’introduzione di un nuovo servizio di comunicazione elettronica;
inoltre l’offerta così come formulata, consentirebbe agli altri
operatori di competere con Telecom con offerte equivalenti.

Peraltro, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, la delibera 34/06/CONS
non sarebbe applicabile al caso di specie, poiché l’offerta di
servizi bitstream sarebbe ancora in corso di approvazione.
L’art. 3 della delibera che impone l’obbligo di disaggregazione
non sarebbe stato quindi applicabile.

L’offerta, ricadendo nella fase transitoria – prima del completamento
dell’iter di approvazione dell’offerta dei servizi bitstream – sarebbe
stata disciplinata dall’art. 12 comma 4 della delibera 34/06/CONS (che
richiama la delibera 6/03/CIR) che non prevedrebbe espressamente l’obbligo
di disaggregazione, ma soltanto la replicabilità dell’offerta
a condizioni equivalenti, nonché la previsione di un ragionevole margine
di profitto.

Ha poi specificato che la previsione di un minus inferiore a quello del 30%
stabilito dalla delibera 34/06/CONS (art. 12 comma 3) sarebbe giustificato
perché quella percentuale si riferirebbe alle offerte wholesale, mentre
l’offerta managed IP sarebbe un’offerta atipica che comporterebbe
per gli operatori costi di molto minori di quelli che si sostengono con una
vera e propria offerta wholesale.

Pertanto l’Autorità avrebbe previsto uno sconto inferiore basandosi
sui criteri previsti dall’art. 2 comma 5 della delibera 6/03/CIR: poiché nel
caso di specie non vi sarebbero in capo agli operatori i costi delle infrastrutture
di rete aggiuntive di quelle di cui all’offerta all’ingrosso, la
diminuzione del minus sarebbe pienamente giustificata.

Per quanto concerne la fissazione del termine, contesta l’Autorità la
violazione dell’art. 1 della delibera 6/03/CIR, in quanto la previsione
del termine di 90 giorni riguarderebbe le offerte comportanti per gli operatori
l’adeguamento delle infrastrutture di rete: nel caso di specie, invece,
in considerazione dell’atipicità dell’offerta, il termine
di 90 giorni sarebbe stato comunque inadeguato ed il termine in concreto assegnato – circa
55 giorni – al di là del dato formale dei 30 giorni, sarebbe stato
del tutto adeguato alle circostanze concrete.

Con la memoria depositata in prossimità dell’udienza di discussione,
l’Autorità ha ribadito che l’obbligo di disaggregazione
riguarderebbe la sola offerta di riferimento avente validità di un anno
che l’incumbent è tenuto a pubblicare (art. 46 comma 2 codice
delle comunicazioni elettroniche); l’obbligo di disaggregazione potrebbe
essere imposto dall’Autorità anche in altri casi, ma solo qualora
lo ritenesse necessario e non nel caso di semplice offerta commerciale.

Ha poi rilevato l’Autorità che nelle more del giudizio Telecom
ha comunicato il lancio di un’altra offerta wholesale “ADSL wholesale
flat ad accesso singolo” pienamente disaggregabile, andando incontro
alle esigenze degli operatori maggiormente infrastrutturati, proposta con un
retail minus del 30%.

Ritiene l’Autorità di aver soddisfatto in questo modo le esigenze
di tutti gli operatori sia quelli infrastrutturati che quelli non infrastrutturati.

Anche Telecom Italia S.p.A. si è costituita in giudizio ed ha chiesto
il rigetto del ricorso per infondatezza adducendo – sostanzialmente – le
medesime ragioni indicate dall’AGCOM.

All’udienza pubblica del 26 ottobre 2006, su concorde richiesta delle
parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio di dover preventivamente richiamare la normativa applicabile.

Con Direttiva 2002/21/CE – cosiddetta “direttiva quadro” – la
Commissione Europea ha istituito un quadro comune per le reti e i servizi di
comunicazione elettronica, ed ha definito i principi generali che regolano
l’intero settore.

In particolare, con la direttiva quadro sono stati individuati gli strumenti
di analisi di mercato di tipo antitrust, da utilizzarsi a cura delle diverse
Autorità Nazionali di Regolamentazione (c.d. “A.N.R.”) dei
paesi dell’Unione, al fine di definire il mercato da regolamentare (nel
caso di specie si tratta del mercato 12 relativo ai “servizi di accesso
a banda larga all’ingrosso”), di valutare la concorrenzialità all’interno
del mercato stesso, accertando se vi sono al suo interno operatori aventi Significativo
Potere di Mercato (c.d. operatori S.P.M. e quindi titolari di una posizione
dominante) – e nel caso che vi siano operatori S.P.M. – , individuando
le misure di regolamentazione in conformità con la raccomandazione della
Commissione Europea sui mercati rilevanti dell’11 febbraio 2003.

Per maggiore completezza espositiva occorre ricordare che la Commissione Europea
ha adottato anche le direttive 2002/20/CE relativa alle autorizzazioni per
le reti e i servizi di comunicazione elettronica (c.d. direttiva autorizzazioni);
la direttiva 2002/19/CE relativa all’accesso e alle reti di comunicazione
elettronica e alla risorse correlate, e all’interconnessione delle medesime
(c.d. direttiva accesso); la direttiva 2002/22/CE (c.d. direttiva servizio
universale) e la raccomandazione sui mercati rilevanti dei prodotti e dei servizi
dell’11/2/03 già richiamata in precedenza.

Ha poi dettato le linee guida per l’analisi di mercato e la valutazione
della significativa posizione di mercato (c.d. linee guida) e la raccomandazione
relativa alle notificazioni ai termini e alle consultazioni di cui all’art.
7 della direttiva quadro.

Il quadro normativo comunitario è stato recepito nel D.Lgs. 1/8/2003
n. 259 “Codice delle comunicazioni elettroniche”.

Gli artt. 17, 18 e 19 del Codice hanno recepito gli artt. 14, 15 e 16 della
direttiva quadro: l’Autorità è dunque chiamata a svolgere
un’analisi di mercato per verificare il grado di sviluppo della concorrenza
e l’eventuale presenza di imprese che dispongano di una significativa
posizione di mercato (operatori S.P.M.) ovvero titolari di una posizione dominante,
qualificati, secondo il diritto della concorrenza, come “incumbent”.

In attuazione della direttiva accesso, il Legislatore ha previsto negli artt.
45-52 del codice le misure attuative; in particolare con l’art. 45 ha
previsto che qualora, in esito all’analisi di mercato – effettuata
ai sensi dell’art. 19 – un operatore sia designato come impresa titolare
di significativo potere di mercato in un mercato specifico, l’Autorità gli
impone gli obblighi di trasparenza (art. 46), di non discriminazione (art.
47), di separazione contabile (art. 48), di accesso e di uso di determinate
risorse di rete (art. 49), di controllo dei prezzi e di contabilità dei
costi (art. 50).

L’obbligo di non discriminazione in relazione sia all’interconnessione
che all’accesso (art. 47) comporta che l’operatore “applichi
condizioni equivalenti in circostanze equivalenti nei confronti di altri operatori
che offrono servizi equivalenti, ed inoltre che esso fornisca a terzi servizi
e informazioni garantendo condizioni e un livello di qualità identici
a quelli che assicura per i propri servizi o per i servizi delle proprie società consociate
o dei propri partner commerciali”; a sua volta l’art. 46 (relativo
all’obbligo di trasparenza) prevede che l’Autorità può imporre
obblighi di trasparenza in ordine all’interconnessione e all’accesso,
ed esigere “che quando un operatore è assoggettato ad obblighi
di non discriminazione ai sensi dell’art. 47 pubblichi un’offerta
di riferimento sufficientemente disaggregata per garantire che gli operatori
non debbano pagare per risorse non necessarie ai fini del servizio richiesto
e in cui figuri una descrizione delle offerte suddivisa per componenti in funzione
delle esigenze di mercato, corredata dai relativi termini, condizioni e prezzi.
L’Autorità con provvedimento motivato può imporre modifiche
alle offerte di riferimento in attuazione degli obblighi previsti dal presente
Capo”.

L’offerta di Telecom Italia di cui trattasi si riferisce al mercato 12 – servizi
di accesso dati a banda larga all’ingrosso – e cioè ai servizi
di accesso ad internet ad alta velocità.

Con delibera 34/06/CONS, pubblicata sulla G.U. n. 44 del 22/2/06, l’Autorità ha
svolto l’analisi di mercato e ha dichiarato che nel settore “non
si registrano ancora condizioni di concorrenza sufficiente” (art. 2 comma
6); ha poi aggiunto che “l’operatore Telecom Italia S.p.A. detiene
un significativo potere di mercato dell’accesso a banda larga all’ingrosso” e
quindi ha notificato tale operatore.

Ha poi disposto nei confronti dell’operatore Telecom obblighi di accesso
e di uso di determinate risorse di rete, obblighi di non discriminazione, di
trasparenza, di separazione contabile, di controllo dei prezzi e di contabilità dei
costi, in applicazione delle relative disposizioni normative (artt. 49, 47,
46, 48 e 50 D.Lgs. 259/03).

Con riferimento agli obblighi di cui all’art. 46, l’Autorità ha
imposto a Telecom la presentazione di un’offerta di riferimento completamente
disaggregata per la gestione del servizio di internet ad alta velocità,
dettando anche le necessarie disposizioni tecniche.

Nell’art. 14 della delibera 34/06/CONS, sono definiti i termini ed i
tempi per la pubblicazione dell’offerta di riferimento, mentre nell’art.
12 sono contenute le disposizioni transitorie applicabili “limitatamente
al periodo intercorrente fra l’entrata in vigore del presente provvedimento
e l’approvazione dell’offerta di riferimento.

In particolare il comma 3 stabilisce che nel periodo transitorio “…Telecom
Italia prevede che il valore del minus per le offerte wholesale non possa essere
fissato in misura inferiore al 30%”; il comma 4 stabilisce, invece, che “limitatamente
al medesimo periodo di cui al comma precedente ed al fine di permettere la
verifica del minus applicato per le offerte wholesale, Telecom Italia è tenuta
a comunicare per iscritto all’Autorità le condizioni tecniche… ed
economiche che caratterizzano ciascuna nuova offerta al dettaglio ed all’ingrosso
di servizi a banda larga. La comunicazione delle offerte al dettaglio ed all’ingrosso
avviene secondo tutte le modalità ed i tempi previsti dagli articoli
1 e 2 della delibera 6/03/CIR”.

E’ necessario richiamare a questo punto la disciplina dettata dalla stessa
Autorità con riferimento all’offerta dei servizi x-DSL all’ingrosso
da parte della società Telecom, contenuta nella delibera 6/03/CIR, e
la disciplina anteriore predisposta dalla stessa Autorità con riferimento
all’operatore Telecom (delibere n. 407/99, 217/00).

Occorre premettere che ai sensi dell’art. 5 comma 5 del D.P.R. 318/97 “Regolamento
di attuazione di direttive comunitarie nel settore delle telecomunicazioni”, “ogni
organismo che fornisce reti e servizi di telecomunicazioni, notificato tra
quelli aventi notevole forza di mercato, ha l’obbligo di negoziare, su
richiesta di un altro organismo di telecomunicazioni, accordi in relazione
ad un accesso speciale alla sua rete ed alle condizioni in grado di rispondere
ad esigenze specifiche”: l’Autorità, per soddisfare la tutela
della concorrenza nel settore, ha imposto a Telecom – operatore S.P.M. – con
delibera 407/99, l’autorizzazione provvisoria per la fornitura di servizi
di accesso ad Internet ad alta velocità basati sull’applicazione
delle tecnologie ADSL.

L’attuale regime comporta, quindi, – in applicazione del principio della
parità di trattamento – che Telecom debba immettere sul mercato dei
servizi all’ingrosso (c.d. wholesale) destinati agli altri operatori
del settore “un’offerta trasparente e non discriminatoria, con
riferimento alle modalità e ai termini di fornitura, rispetto a quanto
offerto da Telecom alle società controllanti, controllate e collegate
e alle proprie divisioni operative e tale da consentire agli operatori di telecomunicazioni,….
di fornire tempestivamente un servizio di qualità equivalente, a condizioni
concorrenziali sul mercato finale. A tal fine, nell’offerta al pubblico
(“retail”) di servizi ad accesso veloce ad Internet basati sulla
tecnologia ADSL da parte delle proprie controllate, collegate e/o divisioni,
Telecom Italia dovrà prevedere condizioni trasparenti e non discriminatorie
tali da non violare detti principi” (delibera 407/99CIR).

Pertanto, nell’attuale regime – al fine di garantire idonea concorrenza
del settore caratterizzato dalla presenza di un operatore dominante – qualora
l’incumbent voglia introdurre un’offerta innovativa in relazione
alle caratteristiche tecniche del servizio (e non soltanto una nuova offerta
commerciale), è tenuto a far precedere la sua offerta retail da un’offerta
wholesale destinata agli altri operatori concorrenti.

La necessità di predisporre l’offerta wholesale deriva – come
chiaramente precisato dall’Autorità Garante della Concorrenza
nel Mercato – prima ancora che dalla normativa di settore, dalle regole
e dai principi del diritto della concorrenza (provvedimento 9472 del 2001).

La stessa Autorità Antitrust in detto provvedimento ha precisato che
l’offerta wholesale che non può ridursi alla mera rivendita di
un servizio offerto sul mercato all’utenza finale a ridotte condizioni
di prezzo, ma deve concepirsi come “diritto a fruire di condizioni tecniche
ed economiche particolari in relazione alla fornitura di un servizio intermedio
necessario per formulare un’offerta alternativa di servizi finali sul
mercato a valle, in competizione con l’offerta dell’operatore dominante
verticalmente integrato” (punto 257).

Ed infatti, la delibera 217/00/CONS – “Condizioni economiche e
modalità di fornitura del servizio di accesso ad alta velocità basato
sull’applicazione delle tecnologie ADSL di Telecom Italia di cui alla
Delibera 407/99”, nell’individuare le caratteristiche delle offerte
wholesale che Telecom Italia è tenuta ad immettere sul mercato, richiama
l’obbligo della disaggregazione.

Il punto 5 dei Considerato, stabilisce espressamente che l’offerta wholesale
deve comprendere diversi elementi del servizio che siano disaggregabili sia
dal punto di vista economico, sia del punto di vista tecnico; l’offerta
congiunta delle diverse componenti del servizio da parte di Telecom non permette
ai suoi concorrenti di ottimizzare pienamente l’utilizzo delle proprie
infrastrutture; l’offerta aggregata non consente agli altri operatori
di diversificare l’offerta dei servizi sia sotto il profilo tecnico che
qualitativo, riducendo l’incentivo alla realizzazione delle infrastrutture
alternative da parte degli operatori concorrenti; la possibilità di
richiedere l’accesso disaggregato è prevista sia dall’art.
5 del D.P.R. 318/97 che dalla delibera 2/00/CIR.

I principi individuati dall’AGCOM sono quindi in perfetta sintonia con
quanto affermato dall’Autorità Antitrust, secondo cui l’obbligo
di predisposizione di un’offerta wholesale disaggregata deriva direttamente
dal rispetto degli obblighi di trasparenza e di non discriminazione.

A sua volta la delibera 6/03/CIR “Offerte di servizi x-DSL all’ingrosso
da parte della società Telecom Italia e modifiche dell’offerta
per accessi singoli in modalità flat”, dopo aver richiamato tutta
la disciplina applicabile, ed in particolare, le precedenti delibere dell’Autorità relative
alla società Telecom nell’ambito del servizio x-DSL, ha precisato
che: “In caso di introduzione di nuove offerte x-DSL all’ingrosso
o di modifica delle condizioni di fornitura di offerte x-DSL all’ingrosso
esistenti, Telecom Italia è tenuta a comunicare per iscritto contestualmente
all’Autorità e ai soggetti che hanno sottoscritto contratti per
servizi x-DSL all’ingrosso la relativa proposta di offerta, con almeno
90 giorni di anticipo rispetto all’avvio della commercializzazione della
stessa. (comma 1) Nel caso in cui la modifica delle condizioni di fornitura
di offerte x-DSL all’ingrosso riguardi le sole condizioni economiche
dell’offerta e non comporti variazioni delle caratteristiche tecniche
del servizio, né variazioni della struttura economica dell’offerta,
il termine di cui al comma precedente è di 30 giorni (comma 2)”.

All’art. 2 ha poi stabilito che “In ottemperanza al principio di
parità di trattamento, di cui alla delibera 407/99, le condizioni economiche
dei servizi x-DSL all’ingrosso offerti da Telecom Italia sono determinate
in maniera tale da consentire ai concorrenti l’offerta di un servizio
finale di qualità equivalente a quello fornito da Telecom Italia o dalle
società controllanti, controllate, collegate ed il conseguimento di
un ragionevole margine di profitto sul servizio” (comma 1); al comma
2 ha poi previsto che le condizioni di offerta dei servizi x-DSL all’ingrosso
offerti da Telecom Italia sono determinate sulla base del prezzo dalla stessa
praticato per i corrispondenti servizi finali depurato dal valore dei servizi,
e quindi dai costi non pertinenti (c.d. minus).

Completata questa lunga digressione normativa, è possibile procedere
alla disamina dei motivi di ricorso.

L’intera controversia ruota, in estrema sintesi, sui seguenti
aspetti:

qualificazione dell’offerta Managed IP, al fine di accertare se presenti
le caratteristiche proprie di un’offerta wholesale;

qualora non sia un’offerta wholesale, quale sia la disciplina applicabile;

se l’attuale disciplina consenta il lancio sul mercato di un’offerta
atipica non disaggregata;

se sia legittimo lo sconto “c.d. retail minus” del 20%;

se sia legittimo il termine di 30 giorni per il lancio dell’offerta.

La prime tre questioni sono strettamente connesse tra loro, perché la
qualificazione formale dell’offerta Managed IP implica automaticamente
anche l’individuazione del regime normativo applicabile.

La tesi di fondo che permea l’intero ricorso è che l’offerta
managed IP, non essendo disaggregata, non sarebbe un’offerta wholesale,
e che quindi non sarebbe rispondente ai parametri della delibera 34/06/CONS.

L’AGCOM ha replicato che la delibera 34/06/CONS non si applicherebbe
a questa offerta, qualificata come “atipica”; l’offerta managed
IP ricadrebbe nell’ambito di applicazione della disciplina transitoria,
e quindi sarebbe disciplinata dalla vecchia delibera 6/03/CIR; l’obbligo
di disaggregazione, inoltre, riguarderebbe la sola offerta di riferimento e
non tutte le altre offerte commerciali.

Occorre preventivamente rilevare che – dalla lettura degli atti e delle
memorie prodotte dalle parti – è emerso un dato fattuale incontroverso:
tutti i soggetti finiscono con il concordare che l’offerta Managed IP – offerta
end to end – non può qualificarsi come vera e propria offerta
wholesale proprio perché carente del requisito della disaggregazione.

La stessa Autorità sostiene che si tratta di un’offerta atipica,
che non presenta le caratteristiche proprie delle offerte wholesale in quanto “non
permette la flessibilità di configurazione agli operatori/ISP concorrenti …..limitando
quindi l’autonomia nella proposizione delle loro politiche commerciali” (Relazione
6 marzo 2006).

Occorre quindi di accertare se l’Autorità potesse autorizzare
il lancio, nel mercato all’ingrosso, di un’offerta atipica contestualmente
alla commercializzazione del prodotto “Alice 20 Mega” offerto da
Telecom Italia nel mercato retail.

Secondo la difesa dell’Autorità solo nel caso dell’offerta
di riferimento – di validità annuale – sarebbe obbligatoria
la disaggregazione: nel caso di specie il procedimento per la predisposizione
dell’offerta di riferimento relativamente ai servizi bitstream non sarebbe
stato ancora completato, e dunque l’offerta managed IP non ricadrebbe
sotto quella disciplina; essendo una mera offerta commerciale, avrebbe potuto
essere proposta secondo le modalità del servizio end to end.

Ritiene il Collegio di non poter condividere la tesi dell’Avvocatura
erariale.

Occorre infatti precisare che ai sensi della normativa di settore in precedenza
richiamata, l’operatore dominante non può introdurre sul mercato
un servizio innovativo senza farlo precedere dalla corrispondente offerta all’ingrosso.

La normativa sulla concorrenza cui si è fatto cenno in precedenza, la
disciplina sugli obblighi di trasparenza e di non discriminazione contenuta
nelle direttive comunitarie e nel codice di recepimento (D.Lgs. 259/03), le
delibere dell’AGCOM relative alla Telecom con riferimento al mercato
ADSL vietano espressamente all’incumbent di giovarsi della propria posizione
di vantaggio a scapito degli altri operatori, introducendo sul mercato nuovi
servizi senza consentire agli altri operatori di poter competere in modo concorrenziale
nell’ambito dello stesso settore di mercato.

Pertanto, atteso che l’offerta managed IP non è – secondo
il parere unanime delle parti – un’offerta wholesale, per poter essere
immessa legittimamente sul mercato deve necessariamente poter essere qualificata
come semplice offerta commerciale, in quanto, in caso contrario si eluderebbero
tutti i principi desunti dalla normativa antitrust.

Non a caso, infatti, nelle memorie l’Avvocatura dello Stato viene sostenuta
questa tesi.

Ebbene, l’offerta di cui trattasi è sicuramente innovativa in
quanto presenta delle caratteristiche tecniche e prestazionali del tutto nuove
rispetto a quelle della precedente offerta ADSL.

Si tratta, evidentemente, dell’ADSL di seconda generazione, ad altissima
velocità, che consente la fornitura di ulteriori servizi rispetto a
quelli originari.

Non può quindi ritenersi che l’offerta in questione – innovativa
dal punto di vista tecnico e prestazionale – possa qualificarsi come
mera offerta commerciale, poiché la stessa Autorità ricomprende
nel suo novero solo i casi di modifica delle condizioni economiche dell’offerta
non comportanti variazioni delle caratteristiche tecniche del servizio (del.
6/03/CIR art. 1 comma 2).

Ne deriva che nell’attuale regime non sono possibili offerte atipiche,
ma l’operatore titolare di una posizione dominante, qualora voglia introdurre
sul mercato un’offerta tecnicamente innovativa qual è l’ADSL
di seconda generazione, è tenuto al rispetto delle norme sulla concorrenza
e quindi ad immettere sul mercato un’offerta wholesale disaggregata e
non soltanto un’offerta di mera rivendita dello stesso servizio da lui
predisposto.

Pertanto, anche a voler accogliere la tesi dell’AGCOM in ordine alla
non applicabilità in toto alla fattispecie della delibera 34/06/CONS,
in considerazione del mancato completamento dell’iter di approvazione
dell’offerta di riferimento per i servizi bitstream, il risultato non
muta: anche facendo applicazione del vecchio regime disciplinare, l’incumbent
non può immettere sul mercato l’offerta di un nuovo servizio se
non pone i propri concorrenti nella possibilità di replicare l’offerta
secondo le modalità tecniche da loro ritenute più convenienti.

In pratica, l’offerta retail di nuovo servizio deve essere preceduta
da una regolare offerta wholesale (delibere 407/99; 217/00/CONS; 6/03/CIR).

La stessa delibera 6/03/CIR ritenuta applicabile dall’AGCOM, richiama
gli obblighi di parità di trattamento di cui alla delibera 407/99 che
a sua volta – come già rilevato in precedenza – ritiene
inderogabile l’obbligo della disaggregazione.

Ne consegue che qualunque sia la disciplina applicabile, resta l’obbligo
di predisporre, per il lancio di un nuovo servizio ADSL di nuova generazione,
di un’offerta wholesale disaggregata.

Ritiene quindi il Collegio che – correttamente l’Autorità aveva
ritenuto in un primo momento di non poter autorizzare l’offerta retail “Alice
20 Mega” perché non preceduta da una regolare offerta wholesale
destinata agli altri operatori del settore, c.d. OLO/ISP.

Non sfugge al Collegio la ragione per la quale l’Autorità, dopo
aver ottenuto miglioramenti nell’offerta managed IP di Telecom (incremento
del retail minus, svincolo dall’abbonamento al servizio telefonico di
Telecom, previsioni di provisioning ed assurance migliorative rispetto a quelle
proprie di Alice 20 Mega) ha autorizzato il lancio di quest’offerta “ibrida”:
i termini del procedimento relativo all’approvazione della disciplina
del nuovo servizio bitstream si stavano allungando eccessivamente, altri operatori
del settore avevano iniziato la commercializzazione del servizio ADSL ad alta
velocità, l’operatore dominante rischiava di perdere quote di
mercato all’interno di un settore altamente concorrenziale.

Le ragioni sottese all’adozione del provvedimento, pur se meritevoli
di considerazione sotto il profilo dell’opportunità, nondimeno
non possono assumere rilevanza sotto il profilo della legittimità dell’atto,
l’unico valutabile in questa sede. La necessità di non pregiudicare
il diritto alla libertà di impresa di Telecom, non può assumere
valore dirimente, se si considera che secondo il diritto della concorrenza,
il principio costituzionale di cui all’art. 41 Cost., nel caso di operatori
titolari di una posizione dominante, non assume la sua piena valenza essendo
condizionato; l’impresa in posizione dominante ha una “speciale
responsabilità” in ragione della quale alla medesima impresa è fatto
divieto di porre in essere qualsiasi comportamento atto a ridurre la concorrenza
o ad ostacolarne lo sviluppo nei mercati nei quali il grado di concorrenza è già ridotto,
con la conseguenza che l’esercizio della normale attività commerciale
può costituire, da parte dell’incumbent, espressione di abuso
della posizione dominante, se non viene garantito il rispetto del principio
delle pari opportunità.

Dalla natura ibrida dell’offerta derivano anche gli ulteriori profili
dei quali la ricorrente ha denunciato l’illegittimità: quantificazione
del retail minus e del termine di pubblicazione dell’offerta sul mercato
wholesale.

La speciale disciplina in deroga rispetto a quanto previsto dall’Autorità nelle
delibere 34/06/CONS e 6/03/CIR è stata giustificata dall’Autorità stessa
proprio con riferimento alla particolarità dell’offerta (offerta
end to end che non comportava costi infrastrutturali e tempi tecnici di adeguamento
delle strutture tecniche): l’illegittimità dell’autorizzazione
di un’offerta non disaggregata comporta a cascata anche l’illegittimità della
previsione di un retail minus inferiore a quello minimo del 30% stabilito dalla
stessa Autorità, e la previsione di un termine – quale quello di 30
giorni – utilizzabile nei soli casi di offerte commerciali, non applicabile
quindi al caso di specie.

In conclusione, il ricorso deve essere accolto disponendosi l’annullamento
dell’atto impugnato, non potendo assumere alcuna rilevanza ai fini della
decisione l’esistenza sul mercato di una nuova offerta wholesale disaggregata,
introdotta successivamente alla proposizione del ricorso e della quale non è dato
conoscere neppure le caratteristiche tecniche.

La domanda risarcitoria deve essere invece respinta non avendo dimostrato la
ricorrente né la sussistenza della colpa in capo all’Amministrazione,
né avendo fornito la benché minima prova sul danno patito.

Costituisce, infatti, principio pacifico in giurisprudenza quello secondo cui
il soggetto che propone una domanda risarcitoria deve darsi carico di dimostrare
la sussistenza di tutti i requisiti previsti dall’ art. 2043 c.c., non
potendo limitarsi a fondare la propria domanda risarcitoria sulla sola illegittimità dell’atto.

Quanto alle spese di lite, in considerazione della novità e della complessità della
questione, ritiene il Collegio che sussistano giusti motivi per disporne la
compensazione tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione Terza Ter-
così dispone:

accoglie

il ricorso in epigrafe indicato e per l’effetto annulla il provvedimento
impugnato;
respinge la domanda risarcitoria.
Compensa tra le parti le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 ottobre 2006.
Francesco Corsaro PRESIDENTE
Stefania Santoleri ESTENSORE

Depositata il 16 novembre 2006

Redazione

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