Consiglio di Stato, Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Parere del 17 settembre 2007 n. 3262/2007
OGGETTO: Ministero delle infrastrutture – Schema di regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui all’art. 5, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163
La Sezione
Vista la relazione trasmessa con nota prot. n. 0010089, in data 19 luglio 2007, con la quale il Ministero delle infrastrutture chiede il parere sullo schema indicato in oggetto;
esaminati gli atti e uditi i relatori ed estensori, Cons. Rosanna De Nictolis e Cons. Giuseppe Minicone;
PREMESSO E CONSIDERATO
Sommario:
1. L’iter e la struttura dello schema di regolamento.
2. La natura giuridica del regolamento di cui all’art. 5, d.lgs. n. 163/2006.
3. Le “criticità” del regolamento.
3.a) Le nuove materie demandate al regolamento dal secondo decreto legislativo correttivo (d.lgs. n. 113/2007).
3.b) Le norme regolamentari in contrasto con le nuove norme primarie.
3.c) Necessità di coordinamento dello schema regolamentare con le nuove norme primarie.
3.d) Altre criticità del regolamento.
4. Osservazioni sui singoli articoli.
5. Rilievi formali.
1. L’iter e la struttura dello schema di regolamento.
Il Governo ha approvato in via preliminare, in data 13 luglio 2007, lo schema di regolamento di attuazione ed esecuzione del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (d’ora innanzi: codice), previsto dall’art. 5, d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, e predisposto dal Ministero delle infrastrutture.
Sul testo è stato acquisito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici (obbligatorio, ex art. 5, co. 4, del codice) (parere 27 giugno 2007 n. 1901), e quello dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (facoltativo), trasmessi a questo Consesso unitamente al visto della Ragioneria generale dello Stato in ordine alla relazione tecnica.
In relazione agli atti di concerto previsti dall’art. 5, co. 4, del codice, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – D.a.g.l., ha trasmesso l’estratto del verbale della seduta del Consiglio dei Ministri del 13 luglio 2007, da cui risulta che il Consiglio approva lo schema di regolamento, e che con la delibera di approvazione “si intendono acquisiti i concerti delle Amministrazioni competenti”.
Il testo consta di 363 articoli suddivisi nell’ambito di sette parti, nonché di 14 allegati da A a P.
Secondo l’art. 5 del codice, il nuovo regolamento generale di attuazione ed esecuzione del codice deve essere adottato entro un anno dall’entrata in vigore di quest’ultimo (termine, peraltro, non perentorio), ed entra in vigore 180 giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (art. 253, co. 2, del codice).
Il regolamento previsto dall’art. 5 del codice dovrà sostituire i seguenti regolamenti:
– il d.P.R. n. 554/1999, vale a dire il regolamento generale di attuazione della c.d. legge Merloni (l. n. 109/1994);
– il d.P.R. n. 34/2000, vale a dire il regolamento di qualificazione per i lavori pubblici;
– il d.P.C.M. 13 marzo 1999, n. 117, in tema di criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa per i servizi di pulizia;
– il d.P.C.M. 18 novembre 2005, relativo al servizio sostitutivo di mensa, limitatamente, peraltro, come si dirà meglio oltre, alla disciplina attuativa del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
– il d.P.R. 4 aprile 2002, n. 101, in tema di aste elettroniche.
2. La natura giuridica del regolamento di cui all’art. 5, d.lgs. n. 163/2006.
Mentre il vigente d.P.R. n. 554/1999 è un regolamento di delegificazione, emesso ai sensi dell’art. 17, co. 2, l. n. 400/1988, e pertanto su di esso era previsto il parere delle commissioni parlamentari, il nuovo regolamento generale è configurato come regolamento di esecuzione ed attuazione, ai sensi dell’art. 17, co. 1, l. n. 400/1988.
Infatti l’art. 5, del codice, oltre a richiamare, nel comma 3, l’art. 17, co. 1, l. n. 400/1988, ai fini del parere obbligatorio del Consiglio di Stato, specifica, nel comma 1, l’ambito della potestà regolamentare come esecutiva e attuativa.
Si deve perciò ritenere che il codice abbia inteso richiamare, specificamente, l’art. 17, co. 1, lettere a) e b), l. n. 400/1988 (che si riferiscono ai regolamenti esecutivi e attuativi – integrativi).
Residua la questione se il regolamento in esame possa operare anche come regolamento “indipendente”, ai sensi dell’art. 17, co. 1, lett. c), l. n. 400/1988, che contempla i regolamenti c.d. indipendenti in materie non disciplinate dalla legge e non coperte da riserva di legge.
E’ da escludere che il regolamento in esame possa disciplinare materie ad esso non demandate dal codice, atteggiandosi pertanto a regolamento indipendente, in quanto quest’ultima tipologia è da ammettere con estrema cautela nelle sole materie “vergini” non ancora regolate con legge, e sempre che non si tratti di materie in cui vi è riserva assoluta o relativa di legge.
L’interpretazione restrittiva della categoria dei regolamenti indipendenti si impone in ossequio al principio di legalità, stante il pericolo che tali regolamenti possano creare un polo normativo concorrente rispetto a quello parlamentare (argomenta da Cons. St., sez. affari normativi, 7 giugno 1999 n. 107; Id., 13 gennaio 2003 n. 4751/2002; Id., 14 febbraio 2005 n. 11603/2004, par. 6.5.1.).
Ora, la materia degli appalti pubblici è già disciplinata dalla legge, e, afferendo alla concorrenza, al mercato, e all’azione amministrativa, è coperta da riserva (relativa) di legge, sicché la fonte regolamentare non può intervenire in via indipendente.
3. Le “criticità” del regolamento.
3.a) Le nuove materie demandate al regolamento dal secondo decreto legislativo correttivo (d.lgs. n. 113/2007).
Poco dopo l’approvazione da parte del Governo, in via preliminare, dello schema di regolamento di esecuzione e attuazione del codice, è stato approvato ed è entrato in vigore il secondo decreto legislativo correttivo del codice (d.lgs. 31 luglio 2007, n. 113, in vigore dal 1° agosto 2007), che demanda al regolamento numerose nuove materie.
In particolare:
1) in materia di requisiti soggettivi, la regolarità contributiva attestata dal documento unico, di cui all’articolo 2, co. 2, d.l. 25 settembre 2002 n. 210, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 novembre 2002 n. 266 (art. 5, co. 5, lett. g), del codice, come novellato dal correttivo);
2) sempre in materia di requisiti soggettivi, la previsione di misure incentivanti stabilite dalla legislazione vigente volte ad attenuare i costi della qualificazione per le piccole e medie imprese (art. 5, co. 5, lett. g), del codice, come novellato dal correttivo);
3) in materia di tutela del lavoro, l’intervento sostitutivo della stazione appaltante in caso di inadempienza retributiva e contributiva dell’appaltatore (art. 5, co. 5, lett. r), del codice, come sostituita dal correttivo);
4) sempre in materia giuslavoristica, la tutela dei diritti dei lavoratori “secondo quanto già previsto ai sensi del regolamento recante capitolato generale di appalto dei lavori pubblici, approvato con decreto del Ministro dei lavori pubblici 19 aprile 2000, n. 145” (art. 5, co. 5, lett. s bis, del codice, introdotta dal correttivo);
5) in materia di qualificazione per i lavori pubblici, la revisione periodica delle categorie di qualificazione con la possibilità di prevedere eventuali nuove categorie (art. 40, co. 2, del codice, novellato), con indicazione del periodo di durata di validità delle categorie generali e speciali oggetto della revisione di cui al co. 2 dell’art. 40 (art. 40, co. 4, lett. f), del codice, come novellato).
6) in materia di SOA, l’individuazione dei soggetti a cui le SOA devono rendere disponibile la documentazione e gli atti, anche in caso di sospensione o revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di attestazione (art. 40, co. 9 bis, del codice, introdotto dal secondo correttivo);
7) sempre in materia di SOA, il termine per il quale le SOA restano obbligate alla conservazione degli atti (art. 40, co. 9 bis, del codice, introdotto dal correttivo);
8) in tema di appalto – concorso, ai fini della valutazione del progetto, i fattori ponderali da assegnare ai “pesi” o “punteggi” in modo da valorizzare la qualità, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali e le caratteristiche ambientali (art. 53, co. 2, lett. c), del codice, come novellato dal correttivo);
9) in materia di appalto – integrato e appalto – concorso sotto soglia, i presupposti oggettivi in presenza dei quali tali istituti sono ammessi sotto soglia (art. 122 del codice, come novellato dal correttivo);
10) in tema di concorsi di progettazione sotto soglia, le disposizioni volte ad assicurare l’adeguata partecipazione di giovani professionisti;
11) in tema di termini di pagamento per le stazioni appaltanti, i termini massimi saranno fissati dal regolamento e non più dal capitolato generale (v. art. 133, co. 1, del codice, come novellato dal correttivo).
Lo schema di regolamento va pertanto integrato.
3.b) Le norme regolamentari in contrasto con le nuove norme primarie.
Vanno inoltre eliminate o corrette le norme regolamentari che, coerenti con la versione originaria del codice, sono ora in contrasto con il testo novellato dal secondo correttivo.
In particolare:
– l’art. 3, lett. l), dello schema, che reca la definizione di “opere e impianti di speciale complessità, o di particolare rilevanza sotto il profilo tecnologico, complessi ad elevata componente tecnologica, oppure di particolare complessità, ai fini, rispettivamente, dell’art. 90, co. 6, dell’art. 91, co. 5 e dell’art. 141, co. 7”, del codice, va coordinato con il nuovo testo dell’art. 122, co. 1, del codice, come novellato dal d.lgs. n. 113/2007, che negli appalti sotto soglia consente l’appalto misto di progettazione ed esecuzione solo in presenza di lavori di speciale complessità e nel caso di progetti integrali;
– l’art. 10, co. 3, dello schema, prevede un termine di venti giorni decorrenti dalla redazione dei programmi, per rendere pubblica la presenza, nei programmi, di interventi realizzabili con capitali privati, laddove nell’art. 153, co. 3, del codice, il termine è stato elevato da venti a novanta giorni;
– l’art. 62 dello schema indica i requisiti di carattere morale per le SOA, riproducendo previsioni dell’art. 38 del codice, che è stato tuttavia nel frattempo novellato;
– l’art. 77, co. 1, dello schema, in relazione ai requisiti di ordine generale per conseguire la qualificazione, indica requisiti ulteriori rispetto a quelli indicati nell’art. 38, del codice, che tuttavia sono ora stati inseriti direttamente nel codice (v. art. 38, lett. m bis), dal secondo correttivo;
– l’art. 96, co. 3, dello schema, prevede la risoluzione del contratto ogni qualvolta vi sia stata la revoca dell’attestazione di qualificazione, ed è ora in contrasto con l’art. 135, co. 1 bis, del codice, introdotto dal secondo correttivo, secondo cui la risoluzione del contratto ha luogo solo in caso di revoca dell’attestazione di qualificazione conseguita sulla base di falsa documentazione o dichiarazioni mendaci;
– gli artt. 97 e ss. dello schema disciplinano la qualificazione del contraente generale per le infrastrutture strategiche, senza tener conto che il secondo correttivo ha introdotto il contraente generale nell’ambito del leasing finanziario, utilizzabile per tutte le opere pubbliche, e dunque senza chiarire quale sia il regime di qualificazione del contraente generale nell’ambito del leasing finanziario;
– l’art. 165, co. 9, e l’art. 166, co. 8, dello schema, demandano al capitolato speciale prestazionale allegato al progetto preliminare le modalità per il pagamento del corrispettivo previsto per le spese di progettazione esecutiva, laddove il nuovo art. 53, co. 3 bis, demanda al bando la facoltà di prevedere le modalità di corresponsione diretta al progettista della quota di compenso corrispondente agli oneri di progettazione, peraltro non solo con riferimento alla progettazione esecutiva, ma anche a quella definitiva;
– l’art. 274 dello schema disciplina la scelta dei candidati da invitare nella procedura ristretta per l’affidamento dei servizi di progettazione, laddove gli artt. 55, co. 6 e 62, co. 1, del codice, come novellati, escludono, nella procedura ristretta per servizi e forniture, la scelta delle imprese da invitare, imponendo alla stazione appaltante di invitare tutti coloro che ne fanno richiesta;
– l’art. 287, co. 4, ultimo periodo, dello schema, in relazione al project financing nel settore dei servizi, prevede il diritto di prelazione del promotore, che invece è stato abrogato, nel settore dei lavori, dal secondo decreto correttivo;
– l’art. 307 dello schema disciplina la risoluzione del contratto per reati accertati in relazione ai servizi e le forniture, riproducendo l’art. 135 del codice, che è stato in numerosi punti novellato dal secondo correttivo;
– la parte V dello schema di regolamento, secondo quanto si legge anche nella relazione illustrativa, mira a creare maggiori vincoli per gli enti aggiudicatori dei settori speciali, laddove il secondo correttivo ha operato una scelta diametralmente opposta, stabilendo, nell’art. 206, del codice, che l’elenco delle norme dettate per i settori ordinari, e richiamate per i settori speciali, è tassativo.
3.c) Necessità di coordinamento dello schema regolamentare con le nuove norme primarie.
Sarebbe stato opportuno l’adeguamento dello schema di regolamento al d.lgs. n. 113/2007 prima della sua trasmissione al Consiglio di Stato per il parere.
La Sezione prende atto della diversa scelta fatta dal Governo, ma ricorda che il codice impone l’esercizio unitario della potestà regolamentare, atteso che l’art. 5 prevede il “regolamento” e non “uno o più regolamenti”.
E del resto ciò è anche indispensabile sia alla luce del principio di semplificazione normativa e burocratica, sia per garantire la esatta corrispondenza delle norme regolamentari alla volontà “attuale” del legislatore.
Occorre pertanto che lo schema sia adeguato allo jus superveniens per colmarne i vuoti nelle materie demandate dal secondo correttivo al potere regolamentare e per eliminare le discrasie con le modifiche apportate dalla nuova fonte primaria.
Ne consegue che il Ministero, allorché provvederà alle necessarie integrazioni e correzioni, dovrà riproporre un testo unitario senza articoli e commi aggiunti (con numerazione bis, ter, etc.), essendo inaccettabile che un testo di questa rilevanza e portata innovativa nasca già interpolato.
Inoltre sul testo integrato e corretto andranno acquisiti i concerti obbligatori previsti dall’art. 5 del codice, che, dovranno, attesa l’importanza del testo, essere scritti, espressi, e provenienti dai singoli Ministri competenti. La Sezione ritiene, infatti, che, se in linea di principio e in termini generali potrà ritenere acquisiti gli atti di concerto dei singoli Ministri, (prescritti dalle norme primarie in relazione all’esercizio della potestà legislativa delegata e della potestà regolamentare), laddove vi sia stata l’approvazione collegiale dell’atto da parte del Consiglio dei Ministri, tuttavia potrà anche, caso per caso, in considerazione dell’importanza e rilevanza dell’atto normativo sottoposto al suo parere, chiedere che i concerti siano scritti, espressi, e individuali.
La Sezione, nel formulare le proprie osservazioni sul testo trasmesso dal Governo, nei paragrafi che seguono segnalerà i punti che necessitano di un intervento integrativo o di adeguamento alla luce della nuova normativa primaria.
3.d) Altre criticità del regolamento.
Vanno, sinteticamente, segnalate altre criticità dello schema, su cui la Sezione si soffermerà in sede di esame dei singoli articoli:
1) norme praeter legem, che fanno atteggiare lo schema a regolamento “indipendente” laddove, come si è detto, il codice contempla un regolamento di “esecuzione” e “attuazione” (p. es. appalti relativi a lavori all’estero e a lavori su beni paesaggistici);
2) norme contra legem, anche a seguito della novella (p. es. divieto di avvalimento per gli appalti relativi a beni culturali);
3) norme prive di copertura finanziaria o che comportano un aumento del costo delle opere pubbliche;
4) presenza sia di norme che sono la mera clonazione di norme primarie contenute nel codice, sia di norme dettate per servizi e forniture, che riproducono disposizioni già dettate per i lavori.
Di tutto ciò si darà conto in sede di esame analitico, ma si raccomanda comunque al Ministero di compiere una revisione generale del testo, per rendere lo schema non solo conforme allo jus superveniens, ma anche più sintetico, mediante l’eliminazione di norme meramente ripetitive di quelle primarie contenute nel codice, e di quelle che riproducono altre norme del medesimo schema di regolamento.
Una maggiore sintesi risponde agli obiettivi di semplificazione e qualità della regolazione, che il Governo si è prefissi, anche mediante la recente elaborazione del piano di azione per la semplificazione e la qualità della regolazione.
Una maggiore sintesi è anche indispensabile per evitare contrasti e difetti di coordinamento tra norme: da un lato, infatti, se una norma identica è contenuta sia nella fonte primaria che nella fonte regolamentare, è soggetta a diverso regime giuridico, e potrebbe pertanto darsi il caso che la norma regolamentare viene annullata in sede giurisdizionale mentre quella primaria, identica, continua ad operare; dall’altro lato, la riproduzione più volte di norme identiche comporta il rischio, non remoto, che si proceda a modifica di una sola delle norme identiche, dimenticando le altre (è quanto già accaduto nella redazione del presente schema di regolamento, in relazione agli artt. 119 e 293, relativi alle offerte anomale per lavori, servizi e forniture, e in cui l’art. 119, co. 1, è stato modificato in accoglimento di osservazioni del C.S.LL.PP., e l’art. 293, identico originariamente all’art. 119, non è stato aggiornato).
4. Osservazioni sui singoli articoli.
Art. 1 – Ambito di applicazione.
L’art. 1, co. 1, dello schema, nel prevedere l’idoneità del regolamento a recepire la normativa comunitaria, sembrerebbe implicitamente attribuire ad esso un carattere delegificante ed un conseguente potere che la normativa primaria di delega (la l. n. 62/2005 – legge comunitaria per l’anno 2004) attribuisce al solo codice.
E’ vero che analoga previsione era già contenuta nel d.P.R. n. 554/1999. Tuttavia, ciò era consentito dall’art. 3, co. 2, l. n. 109/1994, che prevedeva un regolamento anche di delegificazione, diversamente dal codice, che contempla un regolamento di sola attuazione ed esecuzione. Inoltre l’art. 3, co. 3 della medesima legge prevedeva che il Governo, nell’ambito delle materie disciplinate dal regolamento, attuasse le direttive comunitarie che non richiedevano modifiche alla l. n. 109/1994.
Tali previsioni non sono contenute nel codice né nella legge delega.
Pertanto nell’art. 1, co. 1, va espunto il periodo: “, recependo altresì la normativa comunitaria”.
Art. 3 – Definizioni
a) Le definizioni ripetitive del codice o in contrasto con esso.
Una prima considerazione di ordine generale è che occorre evitare di riprodurre nell’art. 3 del regolamento definizioni che sono già contenute nell’art. 3 del codice e che, pertanto, sono meramente ripetitive; è consentito solo introdurre nuove definizioni che non sono già nel codice.
Vero è che molte definizioni sono tratte, fedelmente, dal d.P.R. n. 554/1999: tuttavia quest’ultimo aveva la necessità di dare definizioni, che non erano contenute nella l. n. 109/1994. Invece, il codice detta numerose definizioni, sicché il nuovo regolamento può aggiungerne di ulteriori, ma non (inutilmente) replicarle.
Occorre inoltre espungere quelle definizioni che, seppur fedeli al d.P.R. n. 554/1999 e al d.P.R. n. 34/2000 sono da ritenere superate alla luce del codice o di ulteriori sopravvenienze normative.
Vanno pertanto espunti:
– l’art. 3, co. 1, lett. b) dello schema, che per definire le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori, i soggetti aggiudicatori e le stazioni appaltanti, rinvia all’art. 3, commi 25, 26, 29, 32 e 33; il rinvio è oltretutto incompleto, dovendosi richiamare, ove la norma non venga soppressa, anche il comma 31 dell’art. 3 del codice;
– l’art. 3, co. 1, lett. c), dello schema, che nel dare la definizione dell’”Autorità”, ripete l’art. 3, co. 44, del codice;
– l’art. 3, co. 1, lett. d) dello schema, che definisce la “tipologia delle opere e dei lavori”, in quanto le opere e i lavori sono già definiti nell’art. 3, co. 8, del codice; è vero che l’art. 3, lett. d), dello schema mutua l’art. 2, lett. b), d.P.R. n. 554/1999, tuttavia quest’ultimo è stato varato sulla base della l. n. 109/1994, che non conteneva definizioni, invece il nuovo regolamento si basa sul codice che contiene già definizioni dettagliate; inoltre l’art. 3, co. 1, lett. d) dello schema non è in tutto conforme all’art. 3, co. 8, del codice, includendo nella nozione di lavori il “completamento” che l’art. 3, co. 8, non contempla, e correttamente, trattandosi di una nozione finalistica e non strutturale, atteso che sotto quest’ultimo profilo il completamento rientra pur sempre nelle nozioni di costruzione, demolizione, manutenzione, etc.
Inoltre, nell’art. 3, lett. ff) occorre eliminare il riferimento alla “dichiarazione della presenza di elementi significativi di qualità”, che non compare più nel codice.
Va altresì espunto l’art. 3, co. 1, lett. ii), che reca la definizione della “Commissione” di cui all’art. 40, co. 3, del codice, disciplinata in dettaglio nell’art. 60 dello schema di regolamento, perché, come meglio si dirà in sede di esame dell’art. 60, tale Commissione sembra da ritenere soppressa con decorrenza dal 15 maggio 2007 per effetto dell’art. 29, d.l. n. 223/2006 (c.d. primo decreto Bersani).
In ogni caso, ove il Governo non condivida tale impostazione, la definizione della Commissione deve essere effettuata con la sola espressione “la Commissione consultiva prevista dall’articolo 40, comma 3, del codice”, mentre vanno espunti i successivi periodi “del cui parere si avvale l’Autorità ai fini dell’autorizzazione e della sua eventuale revoca nei confronti dei soggetti di cui alle lettere ee) e ff) nonché della definizione delle procedure e dei criteri cui devono attenersi nella loro attività i soggetti autorizzati al rilascio dell’attestazione di qualificazione”. Non si tratta, infatti, di una definizione, ma di una disciplina delle competenze della Commissione, che semmai andrebbe introdotta nell’art. 60 dello schema.
In ogni caso va attentamente verificata la coerenza di tale disposizione con l’art. 40 del codice, che sembra circoscrivere la funzione consultiva della Commissione al rilascio dell’autorizzazione agli organismi di attestazione, e non estenderla anche, come fa il regolamento, alla revoca dell’autorizzazione e alla definizione delle procedure e dei criteri cui devono attenersi nella loro attività i soggetti autorizzati. E’ vero che viene mutuata la formulazione utilizzata dall’art. 2, d.P.R. n. 34/2000, tuttavia con il codice è mutata la fonte del potere regolamentare, atteso che il regolamento n. 34/2000 è un regolamento di delegificazione ai sensi dell’art. 17, co. 2, l. n. 400/1988, mentre il nuovo regolamento è di esecuzione e attuazione ai sensi dell’art. 17, co. 1, l. n. 400/1988.
Va espunto l’art. 3, co. 1, lett. nn) dello schema, che nel dare la definizione dell’Osservatorio ripete l’art. 3, co. 45, del codice.
b) Le definizioni equivoche e incomplete.
L’art. 3, lett. l) che reca la definizione di “opere e impianti di speciale complessità, o di particolare rilevanza sotto il profilo tecnologico, complessi ad elevata componente tecnologica, oppure di particolare complessità, ai fini, rispettivamente, dell’art. 90, co. 6, dell’art. 91, co. 5 e dell’art. 141, co. 7, del codice”, deve essere integrato o completato con riferimento al nuovo testo dell’art. 122, co. 1, del codice, come novellato dal d.lgs. n. 113/2007, che negli appalti sotto soglia consente l’appalto misto di progettazione ed esecuzione solo in presenza di lavori di speciale complessità e nel caso di progetti integrali.
Inoltre, la definizione recata dall’art. 3, lett. l), va coordinata con l’art. 232, co. 1, dello schema, che dà la definizione di “lavori di grande rilevanza economica” e di “particolare complessità tecnica” ai fini dell’art. 141, co. 1 e co. 6 del codice.
E, invero, l’art. 141 del codice (relativo al collaudo dei lavori pubblici):
– al co. 1 parla di “particolare complessità dell’opera”;
– al co. 6 parla di “lavori di particolare complessità tecnica o di grande rilevanza economica”;
– al co. 7 parla di “opere di particolare complessità”.
Ora, il co. 1 e il co. 7 dell’art. 141 utilizzano la medesima espressione, desumendone come conseguenza che il termine per il collaudo può essere elevato fino ad un anno (art. 141, co. 1, del codice) e che si procede a collaudo in corso d’opera (art. 141, co. 7 del codice).
Il co. 6, specifica la particolare complessità come “tecnica”, peraltro riferendola ai lavori e non alle opere, e vi aggiunge il caso di lavori di grande rilevanza economica, traendone come conseguenze che per tali tipologie di lavori il collaudo si basa su apposite certificazioni di qualità dell’opera e dei materiali.
Ora, posto che il co. 1 e il co. 7 dell’art. 141 del codice si riferiscono alla medesima nozione di particolare complessità dell’opera, non è corretto che tale particolare complessità venga, dallo schema di regolamento, diversamente definita nell’art. 3, lett. l) e nell’art. 232.
Ancora, l’art. 3, lett. l) non è completo sia perché l’art. 90, co. 6, rinvia al regolamento la definizione non solo dei lavori di speciale complessità, ma anche di quelli “di rilevanza architettonica o ambientale”, sicché anche tale nozione va richiamata nel regolamento, sia perché l’art. 262 del regolamento fa menzione di “lavori di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, storico – artistico, conservativo nonché tecnologico”, sicché anche tali nozioni vanno richiamate in questa sede.
Sul piano formale, poi, non è corretta l’espressione “secondo le definizioni rispettivamente contenute nell’articolo 90, comma 6, nell’articolo 91, comma 5, e nell’articolo 141, comma 7, del codice”, che va sostituita con la seguente “ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 90, comma 6, dell’articolo 91, comma 5 e dell’articolo 141, comma 7, del codice”.
L’art. 3, co. 1, lett. s) dispone “i gruppi di categorie ritenute omogenee sono assimilati alla descrizione di una o più delle categorie di opere generali o di opere specializzate individuate nell’allegato A; per gruppi di categorie ritenute omogenee si intendono anche le categorie di lavoro indicate nell’articolo 132, comma 3, del codice;”: la definizione non è chiara, essendovi una disciplina, più che una definizione.
L’art. 3, co. 1, lett. aa) reca una definizione di “laureato” riferita alle sole lauree ordinarie, e che non comprende le lauree brevi che, pure, vengono menzionate in taluni articoli dello schema.
La Sezione ritiene che non spetti al regolamento dare una definizione di “laurea”, che compete alla disciplina primaria dell’ordinamento universitario. Inoltre, l’ambito delle competenze professionali dei soggetti muniti di laurea ordinaria e di laurea breve è fissato dalle discipline delle singole professioni, e non può essere modificato dal presente regolamento. Occorre, pertanto, da un lato espungere l’art. 3, co. 1, lett. aa) dello schema, dall’altro lato espungere, in tutto lo schema, i riferimenti alle lauree brevi che possano incidere su competenze stabilite dalle discipline delle singole professioni (e segnatamente negli artt. 78, 86, 88, 212 dello schema) In via subordinata, ove il Governo non concordi, occorrerebbe quanto meno precisare che la definizione di laureato data dall’art. 3 dello schema si applica salvo che non sia diversamente disposto da singoli articoli dello schema medesimo.
L’art. 3, co. 1, lett. gg) reca la definizione di “autorizzazione” con riferimento all’atto conclusivo del procedimento con cui l’Autorità abilita le SOA alle attività di attestazione: la nozione di “autorizzazione”, mutuata dal d.P.R. n. 34/2000, può essere fonte di equivoci una volta che sia calata in un regolamento di più ampia portata. Infatti l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di attestazione non è l’unica autorizzazione menzionata nel regolamento, essendovene numerose altre di diverso tipo (p.es. negli artt. 50, 51, 159, 171, 172, 174, 175, 212, 285, 329).
Sicché, o si cambia il nome dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di attestazione, ovvero, nell’art. 3, co. 1, lett. gg), si specifica che “autorizzazione” è l’atto che abilita all’esercizio dell’attività di attestazione nel solo ambito della parte II, titolo III, che appunto disciplina l’attività di attestazione.
Analoga riflessione si impone in relazione all’art. 3, co. 1, lett. ii), secondo cui “Commissione” è quella di cui all’art. 40, co. 3 del codice (e 60 del regolamento), laddove il codice menziona anche altre commissioni (a tacer d’altro quelle giudicatrici e quelle di collaudo).
In relazione all’art. 3, co. 1, lettere da ss) a bb1), occorre specificare che si tratta di definizioni valevoli nell’ambito della disciplina della garanzia globale di esecuzione.
Inoltre, in ordine all’art. 3, co. 1, lett. ss), che reca la definizione di “contraente” nell’ambito del sistema di garanzia globale di esecuzione, non è corretto far riferimento solo all’appaltatore e al contraente generale perché, come meglio si dirà in relazione alla garanzia globale di esecuzione, non è corretto circoscriverla all’appalto ed escluderla per le concessioni. Dunque nella norma qui in commento l’espressione “l’appaltatore o il contraente generale” va sostituita con quella “l’esecutore”.
Art. 4 – Sito informatico presso l’Osservatorio
L’art. 7, co. 10, del codice, demanda al regolamento di cui all’art. 5 (e dunque al regolamento generale di attuazione ed esecuzione del codice) la disciplina delle modalità di funzionamento del sito informatico presso l’Osservatorio.
L’art. 4, co. 5, dello schema, (nello stabilire che “Nel sito informatico presso l’Osservatorio sono previsti archivi differenziati per i bandi, gli avvisi e gli estremi dei programmi non ancora scaduti e per atti scaduti e, con specifico comunicato del Presidente inserito nel sito dell’Autorità, è stabilito il temine massimo di conservazione degli atti nell’archivio degli atti scaduti. E’ altresì previsto un archivio per la pubblicazione di massime tratte da decisioni giurisdizionali e lodi arbitrali”), è meramente ripetitivo di quanto già stabilito nell’art. 7, co. 10, del codice, l’unico elemento innovativo essendo il rinvio ad uno specifico comunicato del Presidente dell’Autorità, per la fissazione del termine massimo di conservazione degli atti nell’archivio degli atti scaduti.
Sicché, a bene vedere, manca del tutto la disciplina attuativa, non essendo dettate né le modalità di organizzazione degli archivi, né l’accessibilità e fruibilità dei dati, né il termine di conservazione degli atti, demandato ad una fonte ulteriore, senza indicazione dei criteri a cui deve attenersi la stessa.
In considerazione della specificità tecnica della disciplina in materia di archivi informatici, occorrerebbe o prevederla con maggiore dettaglio nello schema di regolamento, ovvero demandarla integralmente ad un atto normativo – organizzativo dell’Autorità.
La norma dell’art. 4, co. 5, potrebbe essere del seguente tenore:
“La banca dati di cui al comma 4 è disciplinata con atto del Consiglio dell’Autorità, che prevede, nel suo ambito, archivi differenziati per bandi, avvisi e programmi non scaduti e scaduti, la conservazione degli atti scaduti per un periodo proporzionato alle esigenze di conoscibilità degli atti anche al fine di eventuali contenziosi, nonché un archivio contenente massime tratte da decisioni giurisdizionali e lodi arbitrali nelle materie oggetto del codice. L’accesso a detti archivi è gratuito e aperto al pubblico, previa registrazione e abilitazione dell’utente”.
Art. 5 – Il responsabile del procedimento per la realizzazione di lavori pubblici
Nell’art. 5 co. 4, dello schema, il primo periodo, secondo cui “il responsabile del procedimento è un tecnico in possesso di titolo di studio adeguato all’intervento da realizzare” non è conforme all’art. 10, co. 5, del codice, a tenore del quale “il responsabile del procedimento deve possedere titolo di studio e competenza adeguati in relazione ai compiti per cui è nominato. Per i lavori e i servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria deve essere un tecnico”. Infatti la norma primaria richiede titolo di studio e competenza adeguati al complesso dei compiti che il r.u.p. deve assolvere, mentre la norma regolamentare incentra il titolo di studio sull’intervento da realizzare. La previsione deve pertanto essere modificata eliminando le definizioni difformi dal codice.
Anche la seconda parte del primo periodo del comma 4 non è in linea con il codice, perché in talune ipotesi dispone che il r.u.p. sia un “funzionario”, mentre per il codice deve necessariamente essere un “tecnico”.
Pertanto il primo periodo dell’art. 5, co. 4, a tenore del quale “Il responsabile del procedimento è un tecnico in possesso di titolo di studio adeguato alla natura dell’intervento da realizzare, abilitato all’esercizio della professione o, quando l’abilitazione non sia prevista dalle norme vigenti, è un funzionario, anche di qualifica non dirigenziale, con idonea professionalità, e con anzianità di servizio non inferiore a cinque anni”, va sostituito come segue: “Il responsabile del procedimento è un tecnico, abilitato all’esercizio della professione o, quando l’abilitazione non sia prevista dalle norme vigenti, è un funzionario tecnico, anche di qualifica non dirigenziale, con anzianità di servizio non inferiore a cinque anni”.
Art. 6 – Funzioni e compiti del responsabile del procedimento
La lett. h) del comma 1, prevede che nel caso di procedura negoziale (recte: negoziata) senza pubblicazione di bando il responsabile del procedimento effettua le dovute comunicazioni all’Autorità. Tuttavia le suddette comunicazioni all’Autorità, in caso di trattativa privata, erano previste dall’art. 24, co. 2, l. n. 109/1994. Tale previsione non è stata riprodotta negli artt. 56 e 57 del codice. Vi è tuttavia una regola generale nell’art. 7, co. 8, del codice, secondo cui le stazioni appaltanti comunicano all’Osservatorio i dati su bandi, verbali di gara, etc., entro trenta giorni dall’aggiudicazione o dalla definizione della procedura negoziata.
La regola è applicabile anche alla procedura negoziata senza bando.
Sicché, nella lett. h) in commento vanno soppresse le parole “effettua le dovute comunicazioni all’Autorità”, mentre nella lett. s) del medesimo articolo vanno aggiunte le parole “anche in relazione a quanto prescritto dall’articolo 7, comma 8, del codice”.
Sul piano formale, nel primo periodo di cui al comma 7 vanno soppresse le parole “di cui all’articolo 3, commi 25, 26, 28, 29 e 32 dl codice”, mentre nell’ultimo periodo del comma 7 la parola “Responsabile” va scritta con lettera iniziale minuscola.
Art. 10 – Pubblicità del programma
Il comma 1 dell’art. 10 è la mera riproduzione, sia pure con diversa formulazione, dell’art. 128, co. 11, del codice. La norma va pertanto espunta e se del caso riproposta in sede di (futuro) correttivo del codice, come correzione formale dell’attuale comma 11 dell’art. 128.
Il comma 3 costituisce la puntuale ripetizione dell’art. 153, co. 3, del codice, ed è pertanto superfluo e va espunto; inoltre tale comma 3, come già osservato, è anche in contrasto con l’art. 153, co. 3, come riformulato dal secondo decreto legislativo correttivo. Prevede, infatti, un termine di venti giorni per le amministrazioni aggiudicatrici, laddove tale termine è stato portato, nel codice, a novanta giorni.
Art. 11 – Disposizioni preliminari
Il comma 5, primo periodo, va corretto come segue: “Il responsabile del procedimento redige un documento preliminare all’avvio della progettazione, con allegato ogni atto necessario alla redazione del progetto e recante, in particolare, le seguenti precisazioni di natura procedurale:…”
Art. 40 – Schema di contratto e capitolato speciale di appalto
Il comma 1 di tale articolo è la riproduzione dell’art. 45, d.P.R. n. 554/1999. Mentre quest’ultimo sanciva senz’altro che il capitolato generale è parte integrante del contratto, l’art. 40 dello schema dispone che detto capitolato generale è parte integrante del contratto “ove adottato”.
La norma regolamentare non è in linea con le innovazioni recate dal codice in tema di capitolato generale.
E, invero, il codice ha inteso attribuire valenza negoziale e non regolamentare al capitolato generale di appalto (art. 5, commi 8 e 9, e art. 253, co. 3, del codice), in una logica di semplificazione che passa anche, e necessariamente, per la riduzione del numero delle fonti normative eteronome.
Secondo il codice, in particolare, il capitolato generale è parte integrante del contratto se menzionato nel bando o nell’invito.
Pertanto, la norma regolamentare va allineata al codice, sostituendo le parole “ove adottato” con le parole “se menzionato nel bando o nell’invito”.
Dal punto di vista formale, nella rubrica dell’articolo la parola “Capitolato” va scritta con l’iniziale minuscola.
Art. 46 – Disposizioni generali
Ai sensi dell’art. 46, co. 1, la stima del corrispettivo dell’attività di validazione è effettuata con riferimento alla tabella B6, d.m. 4 aprile 2001, in caso di validazione eseguita tramite strutture esterne alla stazione appaltante; quando l’attività è svolta da strutture interne, si demanda alla stazione appaltante di stabilire la misura del compenso, rapportato alla tabella B6.
E’ da rilevare, al riguardo, che la verifica del progetto è, all’attualità, già una competenza svolta, quale compito d’ufficio, dalle strutture tecniche della stazione appaltante.
Non sembra consentito alla fonte regolamentare prevedere ex novo un compenso aggiuntivo per i dipendenti pubblici, parametrato a tariffe professionali, in difetto di una base legislativa che lo consenta. Invero, tale previsione non era contenuta nel precedente d.P.R. n. 554/1999 e non ha una base normativa nel codice.
Infatti il codice (art. 92), come già il previgente art. 16, l. n. 109/1994, indica tassativamente i casi di incentivi economici per i dipendenti pubblici che concorrono alla progettazione, direzione lavori, collaudo, redazione del piano di sicurezza.
In particolare, l’art. 92 del codice contempla incentivi per il responsabile del procedimento “e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo”, nonché per “i loro collaboratori”.
Individua, pertanto, attività tipiche e nominate (la redazione del progetto, la redazione del piano della sicurezza, la direzione dei lavori, il collaudo), e menziona coloro che collaborano a tali attività tipiche e nominate.
La verifica del progetto è invece una attività distinta e non nominata nell’art. 92, e non una mera collaborazione alle attività ivi nominate.
Inoltre le concrete modalità di ripartizione degli incentivi economici è materia riservata alla contrattazione collettiva (v. in tal senso anche l’art. 92, co. 5, del codice), alla quale è stata attribuita, con la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, la disciplina del trattamento economico dei dipendenti pubblici (Corte cost., nn. 282/2004, 106/2005, 234/2005, 189/2007).
Per attribuire un compenso professionale ai dipendenti pubblici che effettuano, nell’ambito delle proprie mansioni, validazione di progetti, occorrerebbe pertanto intervenire sull’art. 92 del codice, mediante norma primaria, e previo reperimento della necessaria copertura finanziaria.
Sicché, va soppresso l’ultimo periodo dell’art. 46, co. 1, che è privo di base legislativa e di copertura finanziaria, e che impinge in materia riservata alla contrattazione collettiva.
Art. 47 – Requisiti per la partecipazione alle gare
L’art. 47 dello schema indica i requisiti di capacità tecnica e professionale dei prestatori di servizi con specifico riferimento al servizio di verifica della progettazione.
Si richiedono, in particolare, un fatturato minimo per pregressi servizi di verifica della progettazione nell’ultimo quinquennio e l’avvenuto espletamento, nell’ultimo quinquennio, di analoghi servizi di verifica della progettazione.
In termini generali si deve osservare che la scelta del regolamento, di disciplinare i servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria distintamente rispetto agli altri servizi, può ritenersi corretta, ma deve comunque essere in linea con le previsioni del codice.
Orbene, i requisiti di capacità professionale fissati dall’art. 47 dello schema appaiono troppo restrittivi e tali da porsi in contrasto con le direttive comunitarie e con gli artt. 41 e 42 del codice, che riconoscono alle stazioni appaltanti il potere di fissare i requisiti soggettivi.
Infatti l’art. 47 ammette alle gare per la verifica della progettazione solo chi ha pregresse esperienze di verifica della progettazione, salvo un limitato periodo transitorio, in tal modo impedendo la partecipazione di chi non ha mai svolto siffatta attività. Ciò significa creare una barriera di accesso al mercato delle commesse pubbliche in tale settore.
Si potrebbe al più prevedere come requisito a regime (ora solo transitorio) l’attività alternativa di progettazione, direzione e collaudo, attività che presuppongono una non inferiore qualificazione professionale.
Art. 48 – Procedure di gara
L’art. 48 disciplina la procedura di gara per l’affidamento dell’attività di verifica dei progetti. Si impone come criterio esclusivo quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e si indicano tre soli criteri di valutazione: prezzo; esperienze professionali; caratteristiche e modalità del servizio e delle prestazioni.
La previsione è in contrasto con il codice e con il diritto comunitario, sotto molteplici profili:
– anzitutto, il diritto comunitario (e il codice) riservano alle stazioni appaltanti la scelta tra criterio del prezzo più basso e criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e sul punto vi è già stata una condanna della Corte di giustizia nei confronti dello Stato italiano;
– in secondo luogo, secondo il diritto comunitario (e il codice), nell’ambito dell’offerta economicamente più vantaggiosa vi sono una pluralità di elementi di valutazione, il cui elenco è peraltro solo esemplificativo: invece l’art. 48 dello schema elenca tre soli criteri, in maniera tassativa;
– infine, secondo il diritto comunitario e secondo la giurisprudenza, gli elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa devono essere elementi oggettivi, cioè riferiti all’offerta, e non soggettivi, atteso che questi ultimi si valutano nell’ambito della capacità ed esperienza del concorrente (v. da ultimo circolare del Ministro per le politiche comunitarie, 1° marzo 2007; Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, deliberazioni 14 giugno 2007 n. 185 e n. 30/2007).
Infine, l’art. 48, co. 2, laddove prevede che della commissione di gara faccia parte il responsabile del procedimento, non è coerente con l’art. 10 del codice ed è in contrasto con l’art. 84 del codice medesimo. L’art. 10 del codice demanda al r.u.p. la cura del corretto e razionale svolgimento delle procedure, ipotizzando un ruolo di supervisione anche su altri organi che intervengono nella procedura medesima. L’art. 84, a sua volta, da un lato in tema di commissione giudicatrice demanda al regolamento solo la disciplina del suo operato, ma non anche la sua composizione, già compiutamente fissata dal codice, e, dall’altro lato, prevede una specifica incompatibilità a far parte della commissione di coloro che svolgono altre funzioni o incarichi tecnici o amministrativi rispetto all’appalto. Sicché vi è una specifica incompatibilità per il r.u.p. a far parte della commissione di gara.
In definitiva, nell’ambito dell’art. 48 dello schema l’unica previsione conforme al codice è quella secondo cui per l’aggiudicazione dell’appalto di verifica della progettazione può essere utilizzata la stessa commissione giudicatrice dell’appalto di servizi di progettazione.
Il restante testo o va espunto, o va riformulato facendo rinvio agli artt. 83 e 84 del codice.
Art. 53 – Le responsabilità
Art. 54 – Le garanzie
L’art. 53 dello schema disciplina la responsabilità del verificatore del progetto, sia che si tratti di soggetto esterno, sia che si tratti di dipendente della stazione appaltante.
Per i soggetti esterni, si prevede l’obbligo del risarcimento dei danni, mediante polizza assicurativa, e per i danni non ristorabili, la responsabilità per danno erariale.
Per i dipendenti si prevede il ristoro economico nei limiti della copertura assicurativa, il cui onere peraltro grava sulla pubblica amministrazione, e, in caso di colpa grave, la responsabilità erariale e disciplinare.
Occorre osservare che la responsabilità disciplinare, nel vigente ordinamento, prescinde dal grado della colpa, sicché non è corretto innovare in sede di regolamento di attuazione del codice.
Quanto alla responsabilità erariale, la stessa ha una puntuale disciplina, nel cui ambito viene affrontato anche il tema del grado della colpa, non senza considerare che in materia di incarichi professionali trovano applicazione, sotto il profilo della colpa, gli artt. 1176, comma 2, e 2236 del codice civile.
La responsabilità civile e per danno erariale sono pertanto materie demandate a fonti primarie, su cui il regolamento non ha competenza ad intervenire.
Pertanto, le parole “e, in caso di colpa grave, lo stesso è sottoposto alla responsabilità disciplinare e per danno erariale”, vanno soppresse o quantomeno sostituite con le parole “salve la responsabilità disciplinare e per danno erariale secondo le norme vigenti”.
Non può, poi, essere condiviso, l’art. 54, co. 2, secondo cui il premio della polizza assicurativa, per i dipendenti della stazione appaltante, è a carico dell’amministrazione di appartenenza.
Infatti ciò non è previsto dall’art. 112, del codice, che prevede la necessità di polizza assicurativa per il verificatore, ma non che il costo di tale polizza sia a carico della amministrazione di appartenenza. E, tanto, diversamente dalla polizza per il progettista, il cui costo, in caso di progettista interno alla stazione appaltante, grava su questa (v. art. 90, co. 5, del codice).
Inoltre, una attenta lettura dell’art. 112 del codice induce a ritenere che l’obbligo di polizza assicurativa riguardi solo i verificatori “esterni” all’amministrazione, non anche quelli “interni”. E, invero, la polizza è imposta al “soggetto” che effettua la verifica, e non anche agli uffici interni alla stazione appaltante, privi di soggettività giuridica. Per questi ultimi, d’altro canto, la materia dell’assicurazione dei dipendenti pubblici è oggetto di contrattazione collettiva, sicché il presente schema di regolamento nulla potrebbe aggiungere.
Siffatta interpretazione dell’art. 112 del codice da un lato spiega perché non sia stata prevista la ripartizione dei costi della polizza assicurativa tra amministrazione e dipendente e dall’altro lato è coerente con l’esigenza di una interpretazione restrittiva dell’utilizzo di polizze assicurative da parte delle pubbliche amministrazioni, per coprire i rischi derivanti dalle attività istituzionali di ufficio dei dipendenti (in tal senso è la giurisprudenza del giudice contabile: C. conti, sez. giur. Sicilia, 25 ottobre 2006 n. 3054; C. conti, sez. giur. reg. Puglia, 7 febbraio 2004 n. 95; C. conti, sez. giur. reg. Lombardia, 8 aprile 2004 n. 528).
Pertanto, nell’art. 54, va espunto il comma 2, mentre nel comma 1, primo rigo, dopo le parole “Il soggetto”, va aggiunta la parola “esterno”.
Art. 56 – Verifiche dei progetti relativi a lavori riguardanti i beni culturali
Nel comma 1 l’ambito applicativo della disposizione va delimitato mediante rinvio alla sola parte II, titolo IV, capo II del codice (contratti relativi a beni culturali). Pertanto le parole “lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale, di cui all’articolo 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio approvato con il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modifiche, disciplinati dalle disposizioni della parte II, titolo IV, capo II, del codice, concernenti i contratti relativi ai beni culturali” vanno sostituite con le parole “lavori di cui alla parte II, titolo IV, capo II, del codice, concernente i contratti relativi ai beni culturali”.
Inoltre, come meglio si esporrà in relazione agli articoli da 235 a 246 dello schema, l’art. 56 andrebbe ricollocato nel titolo specificamente dedicato dal regolamento agli appalti relativi a beni culturali.
Artt. 57 – 90 Qualificazione per eseguire lavori pubblici
Considerazioni di carattere generale.
Gli articoli da 57 a 90 dello schema riproducono con adattamenti formali e con talune innovazioni sostanziali il d.P.R. n. 34/2000, relativo alla qualificazione per lavori pubblici nei settori ordinari, tramite il sistema SOA.
Si è già osservato in generale, e si osserverà meglio nel dettaglio in relazione ai singoli articoli, che sul sistema SOA ha inciso dapprima la giurisprudenza, e poi il secondo decreto legislativo correttivo.
Art. 57 – Ambito di applicazione
Art. 58 – Categorie e classifiche
Nei commi 4, 5, e 6, dell’art. 58, per maggiore semplicità, e al fine di evitare errori, per le classifiche sarebbe opportuno arrotondare, in difetto, i relativi importi, in modo che le ultime tre cifre siano sempre .000 ovvero .500.
Il comma 7, dell’art. 58, relativo alla qualificazione di imprese stabiliti in altri Stati dell’Unione europea, va espunto, perché superato dall’art. 47 del codice che tratta la medesima materia. Si veda anche quanto si dirà in relazione all’art. 103 dello schema.
Conseguentemente, nell’art. 57, comma 3, le parole “fatto salvo quanto stabilito all’articolo 58, commi 6 e 7”, vanno sostituite con le parole “fatto salvo quanto stabilito all’articolo 58, comma 6”.
Il comma 8, dell’art. 58 relativo alla qualificazione per la progettazione, va espunto perché la questione è già trattata in dettaglio nell’art. 53, co. 3 del codice.
Art. 59 – Sistema di qualità aziendale
Viene mutuato con adattamenti l’art. 4, d.P.R. n. 34/2000.
Viene opportunamente aggiunto che i soggetti accreditati che rilasciano la certificazione di qualità aziendale hanno l’obbligo di comunicare all’Autorità, entro cinque giorni, la revoca della certificazione di qualità, ai fini dell’inserimento nel casellario informatico di cui all’art. 88 (art. 59, co. 4).
Andrebbe previsto un obbligo di comunicazione da parte dei soggetti accreditati anche nei confronti delle SOA, che attestano il possesso della certificazione di qualità, di modo che le stesse provvedano a modificare l’attestazione, espungendone il riferimento alla certificazione di qualità, se questa è stata revocata.
In secondo luogo nell’art. 88 in relazione al contenuto del casellario informatico non si fa cenno alle comunicazioni effettuata da parte degli organismi di certificazione. L’art. 88 va pertanto integrato.
Art. 60 – Commissione consultiva
La Commissione consultiva per le autorizzazioni alle SOA è direttamente prevista dall’art. 40 del codice, e l’art. 60 dello schema di regolamento ne disciplina la composizione. Essa assolve al compito di dare parere all’Autorità in ordine alle autorizzazioni alle SOA, secondo quanto dispone l’art. 40, co. 3, del codice.
Si tratta di organismo che nell’esperienza pratica si è rivelato non essenziale e che potrebbe ritenersi già soppresso con decorrenza dal 15 maggio 2007, in virtù dell’effetto ghigliottina di cui all’art. 29, co. 4, d.l. n. 223/2006, ove si dovesse ritenere applicabile tale disposizione anche alle Autorità indipendenti.
In tal caso l’intero art. 60 dello schema di regolamento andrebbe espunto. Come già osservato, andrebbe conseguentemente espunto l’art. 3, co. 1, lett. ii) che reca la definizione di tale Commissione.
Art. 62 – Requisiti generali e di indipendenza delle SOA e relativi controlli
L’art. 62 dello schema indica i requisiti di carattere morale per le SOA, mutuando previsioni dell’art. 38 del codice, che è stato tuttavia novellato.
Pertanto nell’art. 62 dello schema vanno introdotti i requisiti previsti dall’art. 38, co. 1, lett. m), del codice, come novellato.
Sul piano formale si segnala, nel comma 2, che le parole “1.000.000 euro” vanno sostituite con le parole “1.000.000 di euro”, mentre nel comma 5 la parola “15” va sostituita con “quindici”.
Art. 63 – Partecipazioni azionarie
Alla fine del comma 5, relativo alla facoltà dell’Autorità di vietare il trasferimento della partecipazione entro sessanta giorni, si suggerisce di valutare l’opportunità di aggiungere: “In caso di richieste istruttorie il termine rimane sospeso per una sola volta fino al relativo adempimento”, per ovviare a difficoltà incorse nella pratica applicativa.
Sul piano formale si segnala che il comma 2 rinvia all’art. 60, comma 1, lett. n) dello schema. Ove il Ministero e il Governo concordino con il parere della Sezione in ordine alla soppressione dell’art. 60, il rinvio a norma espunta, contenuto nell’art. 63, andrà opportunamente rivisto.
Art. 65 – Rilascio e revoca dell’autorizzazione
Art. 70 – Sanzioni per violazione da parte delle SOA dell’obbligo di informazione
Art. 72 – Sanzioni relative all’attività delle SOA
a) Il sistema sanzionatorio nei confronti delle SOA
L’art. 65 disciplina l’autorizzazione alle SOA per l’esercizio dell’attività di attestazione e la sua revoca in relazione a fatti oggettivi.
L’art. 70 prevede le sanzioni per violazione da parte delle SOA dell’obbligo di informazione, distinguendo sanzioni pecuniarie, sospensione e revoca dell’autorizzazione.
L’art. 72 prevede le sanzioni relative all’attività delle SOA distinguendo sanzioni pecuniarie, sospensione e revoca dell’autorizzazione.
Una prima considerazione, comune alla tre previsioni, è che l’espressione “revoca” è impropria, in quanto per revoca si intende un atto di ritiro per motivi di opportunità originari o sopravvenuti, la cui adozione dà diritto ad un indennizzo a carico del revocante (ai sensi della l. n. 241/1990). Nel caso di specie, invece, la c.d. “revoca” è ancorata a situazioni oggettive o a inadempimenti, che non implicano valutazioni di opportunità, ma solo accertamenti di fatto.
Si tratta, più propriamente, di “decadenza” (o “accertativa” o “sanzionatoria”), che non dà diritto ad indennizzo alcuno.
Tuttavia, l’utilizzo dell’espressione “revoca” trova il suo fondamento nel codice, che contiene la stessa improprietà terminologica (v. art. 40, co. 4, lett. b) e g), e nell’art. 40, commi 9 bis e 9 ter). Essa può pertanto essere mantenuta, ma in sede di un (futuro) decreto correttivo del codice dovrà provvedersi a sostituire l’espressione “revoca” con quella “decadenza”, nel codice, e, di conseguenza, nel regolamento.
Per motivi di migliore lettura delle norme, sarebbe opportuno accorpare in un unico articolo le disposizioni attualmente contenute negli artt. 70 e 72, nonché nell’art. 65, commi da 5 a 9. In tal modo, l’art. 65 disciplinerebbe solo il rilascio e non anche la revoca dell’autorizzazione.
L’esigenza di accorpamento sussiste anche perché solo l’attuale art. 65 disciplina il procedimento di revoca (nel rispetto del principio del contraddittorio), mentre gli artt. 70 e 72, pur contemplando la revoca, non ne disciplinano il procedimento, né gli effetti in ordine alle attestazioni già rilasciate.
Inoltre, non è disciplinato, e occorre disciplinarlo, il procedimento che sfocia nella sospensione dell’attestazione, né sono regolamentati gli effetti della “sospensione dell’attività di attestazione” in ordine ai procedimenti di attestazione in corso, e alle istanze pendenti di conferma infraquinquennale.
Va chiarito che la sospensione dell’attività di attestazione incide anche sui procedimenti pendenti e che le SOA sospese, in relazione ai procedimenti in corso ovvero alle richieste pendenti di verifica triennale, sono tenute, a richiesta dell’interessato, a trasmettere tutti gli atti necessari ad altra SOA. A tale risultato si può pervenire richiamando la disciplina dettata per gli obblighi delle SOA in caso di revoca dell’autorizzazione o cessazione dell’attività.
Gli attuali commi 8 e 9 dell’art. 65, si riferiscono al trasferimento della documentazione ad altra SOA, in caso di revoca, fallimento, cessazione di attività, distinguendo le imprese qualificate e quelle in attesa di qualificazione. In entrambi i casi, peraltro, è obbligatorio il trasferimento della documentazione. E in entrambi i casi la nuova SOA è scelta dall’impresa. Tuttavia, non è previsto come l’impresa venga a conoscenza degli eventi che colpiscono la SOA. Non è stabilito nel comma 9, ma solo nel comma 8, come si rimedia all’inerzia dell’impresa che non indica la nuova SOA. Non è chiarito, in nessuno dei due commi, su iniziativa di chi si attiva l’Autorità, in caso di inerzia dell’impresa, per designare la nuova SOA. I due commi vanno pertanto accorpati, e integrati.
Occorre, inoltre:
– adeguare il regolamento all’art. 40, co. 9 bis del codice, e, allo scopo, imporre alla SOA revocata o sospesa un termine per il trasferimento della documentazione, trascorso il quale si applicano le sanzioni dell’art. 6, co. 11, del codice;
– adeguare il contenuto degli attuali artt. 65, 70 e 72 all’art. 40, co. 9 bis, del codice, inserito dal secondo decreto correttivo, in ordine alla individuazione dei soggetti nei cui confronti le SOA la cui autorizzazione sia cessata, revocata o sospesa, devono rendere disponibile la documentazione e gli atti, e in ordine al termine di conservazione della documentazione (ove tale termine non sia indicato nel regolamento, supplisce il termine legale di dieci anni indicato nell’art. 40, co. 9 bis, del codice).
Va poi rilevato che l’attuale art. 65, co. 8, dello schema, che riproduce l’art. 10, co. 9, d.P.R. n. 34/2000, dispone che se l’impresa qualificata non indica la nuova SOA destinataria del trasferimento della documentazione da parte di quella a cui è stata revocata l’autorizzazione, “il trasferimento è disposto dall’Autorità”. Occorre chiarire con quali criteri viene individuata la SOA ad quem: sul punto, è utile ricordare che con la determina n. 17/2003 dell’Autorità di vigilanza, è stato indicato il criterio del sorteggio in pubblica seduta. Il criterio del sorteggio è tuttavia casuale e non assicura un’adeguata rotazione. Sicché è preferibile prevedere che l’Autorità designa la SOA ad quem sulla base di criteri oggettivi e predeterminati, stabiliti dall’Autorità medesima.
Ancora, nell’ambito delle sanzioni per violazione degli obblighi inerenti l’attività di attestazione, va richiamata anche l’ipotesi delineata dal nuovo art. 40, co. 9 ter del codice (a tenore del quale se le SOA non revocano l’attestazione di qualificazione rilasciata in mancanza dei requisiti prescritti, o in caso di venir meno dei requisiti, l’Autorità revoca nei loro confronti l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di attestazione).
Infine, occorre osservare che sia l’art. 70 che l’art. 72, dopo aver previsto la sanzione pecuniaria, aggiungono che le inadempienze possono comportare la sospensione temporanea e la revoca, “con provvedimento motivato dell’Autorità”.
Ora, anzitutto l’espressione è superflua, atteso che vige un obbligo generale di motivazione dei provvedimenti amministrativi (art. 3, l. n. 241/1990), e segnatamente di quelli sanzionatori.
Nel merito, non è chiaro se le sanzioni interdittive sono cumulative o alternative rispetto a quelle pecuniarie.
Ove si intenda la sanzione interdittiva come cumulativa, sia nell’art. 70, co. 3, che nell’art. 72, co. 3, andrebbe inserita la parola “anche”.
In conclusione, si suggerisce la seguente formulazione dell’art. 70 (con contestuale soppressione sia dei commi da 5 a 9 dell’art. 65, sia dell’art. 72).
“Art. 70 – Sanzioni pecuniarie nei confronti delle SOA. – Sospensione e revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di attestazione.
1. Alle SOA si applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 6, comma 11, del codice, fino ad un massimo di euro 25.822, in caso di:
a) mancata risposta alle richieste dell’Autorità ai sensi degli articoli 62, 63 e 64 nel termine indicato dall’Autorità stessa;
b) mancata comunicazione di cui all’articolo 62, comma 8, nel termine ivi previsto.
c) violazione degli obblighi di comunicazione e trasmissione della documentazione di cui al comma 9 del presente articolo.
2. Alle SOA si applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 6, comma 11, del codice, fino ad un massimo di 51.545 euro in caso di:
a) informazioni o atti non veritieri, compresa la documentazione fornita dall’impresa in sede di attestazione;
b) svolgimento dell’attività della SOA in modo non conforme alle disposizioni previste dall’articolo 67, e alle procedure contenute nel documento di cui all’articolo 65, comma 2, lettera f);
c) mancato rispetto delle condizioni previste dall’articolo 69, comma 1.
d) invio di comunicazioni inesatte o non veritiere, ovvero trasmissione di documentazione inesatta o non veritiera, in relazione agli obblighi di cui al comma 9 del presente articolo.
3. Nei casi più gravi, per le violazioni di cui ai commi 1 e 2 si applica anche la sospensione temporanea per un periodo fino a 180 giorni o la revoca dell’autorizzazione.
4. Quando la SOA non ottempera all’obbligo di cui all’art. 40, comma 9 ter del codice, si applica la sanzione della revoca dell’autorizzazione.
5. E’ inoltre disposta la revoca dell’autorizzazione in caso di:
a) venire meno dei requisiti e delle condizioni di cui agli articoli 62, 63 e 64;
b) mancato inizio dell’attività sociale entro sei mesi dalla autorizzazione;
c) interruzione dell’attività per più di sei mesi.
6. Il procedimento per l’irrogazione delle sanzioni di cui ai commi da 1 a 4 e quello di revoca di cui al comma 5, è iniziato d’ufficio dall’Autorità, quando viene a conoscenza dell’esistenza, anche a seguito di denuncia di terzi interessati, del verificarsi di una delle circostanze di cui ai commi che precedono. A tal fine l’Autorità contesta alla SOA gli addebiti, invitandola a presentare le proprie controdeduzioni ed eventuale documentazione entro un termine perentorio non superiore a trenta giorni, e adotta il pertinente provvedimento entro i successivi novanta giorni..
7. In via istruttoria l’Autorità può disporre tutte le audizioni e le acquisizioni documentali necessarie; le audizioni sono svolte in contraddittorio con la SOA interessata e le acquisizioni documentali sono alla stessa comunicate, con l’assegnazione di un termine non inferiore a trenta e non superiore a sessanta giorni per controdeduzioni e documenti. In tal caso, il termine per le pronuncia da parte dell’Autorità rimane sospeso per il periodo necessario allo svolgimento dell’istruttoria.
8. Le attestazioni rilasciate sono valide a tutti gli effetti, nelle ipotesi di sospensione o revoca dell’autorizzazione, ovvero di fallimento o di cessazione della attività di una SOA.
9. La SOA è tenuta a comunicare la sospensione e la revoca dell’autorizzazione, il fallimento e la cessazione della attività, alle imprese qualificate e a quelle in attesa di qualificazione entro quindici giorni dal loro verificarsi. Nell’ipotesi di sospensione dell’autorizzazione, le imprese possono indicare un’altra SOA cui va trasferita la documentazione. Nel caso di revoca, fallimento, cessazione dell’attività, le imprese devono indicare, nei trenta giorni successivi alla comunicazione di cui al primo periodo del presente comma, la SOA cui trasferire la documentazione. Se l’impresa non provvede, la SOA, nei successivi quindici giorni, inoltra la richiesta di indicazione di altra SOA all’Autorità, la quale, nei successivi quindici giorni, la designa, secondo criteri oggettivi e predeterminati, dandone comunicazione alla SOA. Le SOA sono tenute a trasferire la documentazione alla SOA indicata dall’impresa o dall’Autorità, entro sessanta giorni dalla relativa comunicazione.”.
b) Altre osservazioni in ordine all’art. 65.
Il co. 10 dell’art. 65 dispone che “l’Autorità, in caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento aziendale, autorizza nuovamente la SOA allo svolgimento dell’attività di attestazione”.
Si osserva che attualmente l’Autorità autorizza le operazioni di fusione o di cessione di azienda tra SOA nel rispetto delle norme del codice civile. Non si comprende perché dovrebbe essere nuovamente autorizzata alla attività di attestazione la SOA cessionaria o incorporante che ha già una valida autorizzazione, tenuto conto che le operazioni in argomento non richiedono un incremento dei requisiti delle SOA (organico, capitale, ecc.). Tra l’altro questo comma può ingenerare il dubbio se la SOA incorporante o cessionaria possa o meno operare nel lasso di tempo che occorre per perfezionare queste operazioni societarie.
Art. 67 – Svolgimento dell’attività di qualificazione e relative tariffe
L’art. 67 disciplina lo svolgimento dell’attività di qualificazione e le relative tariffe.
Nel co. 2, la parola “possono acquisire” va sostituita con quella “acquisiscono”, e le parole “dalla banca dati” vanno sostituite con le parole “anche dalla banca dati”, tenuto conto che la verifica attraverso la consultazione della banca dati delle Camere di commercio non è una facoltà bensì un obbligo, e per fugare ogni equivoco sul punto.
Il co. 4 dispone che l’inosservanza delle disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 comporta l’applicazione degli artt. 71 e 72 del regolamento.
Intanto, il riferimento all’art. 71 è erroneo, perché l’art. 71 prevede le sanzioni a carico dei soggetti che si rivolgono alle SOA, e non a carico delle SOA (le sanzioni per le SOA sono contenute negli artt. 70 e 72).
In ogni caso la norma è superflua, perché l’art. 72 già richiama specificamente la violazione degli obblighi dell’art. 67. Pertanto l’art. 67, co. 4, va espunto.
Il co. 6 prevede che i corrispettivi per le attestazioni di qualificazione e relativo rinnovo sono considerati corrispettivo minimo, con nullità dei patti contrari.
La norma ripropone i minimi tariffari inderogabili.
I minimi tariffari previsti non hanno base legislativa nel codice, che demanda al regolamento la fissazione dei criteri per la determinazione delle tariffe inerenti l’attività di qualificazione (art. 40, co. 4, lett. e), ma non prevede minimi tariffari inderogabili.
Tali minimi tariffari sono inoltre in contrasto con il d.l. n. 223/2006 (c.d. primo decreto Bersani).
Pertanto, le parole “Gli importi determinati ai sensi del comma 5 sono considerati corrispettivo minimo della prestazione resa. Non può essere previsto il pagamento di un corrispettivo in misura maggiore del suo doppio. Ogni patto contrario è nullo” vanno sostituite come segue: “Non può essere previsto il pagamento di un corrispettivo in misura maggiore del doppio degli importi determinati ai sensi del comma 5”.
Art. 68 – Autorizzazione di organismi di certificazione
L’art. 68 dello schema riproduce il contenuto dell’art 13, d.P.R. n. 34/2000, che tuttavia trovava il suo fondamento nell’originaria formulazione dell’art. 8, co. 4, lett. b), l. n. 109/1994, nel testo anteriore alla l. n. 166/2002.
Infatti la citata disposizione della legge Merloni disponeva che “i soggetti accreditati nel settore delle costruzioni, ai sensi delle norme europee della serie UNI CEI EN 45000 e delle norme nazionali in materia, al rilascio della certificazione dei sistemi di qualità, su loro richiesta sono autorizzati dall’Autorità, nel caso siano in possesso dei predetti requisiti, anche allo svolgimento dei compiti di attestazione di cui al comma 3, fermo restando il divieto per lo stesso soggetto di svolgere sia i compiti della certificazione che quelli dell’attestazione relativamente alla medesima impresa”. Ma tale previsione è stata abrogata già dalla l. n. 166/2002, e, conseguentemente, non è stata riprodotta nel codice.
In sostanza, la norma primaria consentiva una deroga al principio secondo cui le SOA possono fare solo le SOA (esclusività dell’oggetto sociale, ora affermata nell’art. 62, co. 3, dello schema di regolamento), consentendo agli organismi di certificazione di qualità di svolgere entrambe le attività.
E, infatti, l’art. 13, d.P.R. n. 34/2000, ora riprodotto nell’art. 68 dello schema, prescrive che gli organismi di certificazione di qualità che aspirano all’autorizzazione all’attività di SOA, devono avere tutti i requisiti prescritti per le SOA, tranne quello dell’unicità dell’oggetto sociale.
Trattandosi di un regime derogatorio, lo stesso deve avere base in una norma primaria, che, come già osservato, non esiste più, sin dalla l. n. 166/2002.
Pertanto l’art. 13, d.P.R. n. 34/2000 ha perso la sua base normativa e non può essere riprodotto nel nuovo schema di regolamento.
L’art. 68 dello schema va pertanto espunto.
Art. 70
V. sub art. 65.
Art. 71 – Sanzioni per violazione da parte delle imprese dell’obbligo d’informazione e del possesso dei requisiti
Art. 73 – Attività delle SOA
L’art. 71 prevede le sanzioni per le imprese che non rispondono a richieste dell’Autorità o forniscono dati non veritieri.
L’art. 73 prevede a carico delle SOA l’obbligo di informare l’Autorità delle inadempienze delle imprese attestate, e in tal caso si applicano le sanzioni di cui all’art. 71.
I due articoli possono essere accorpati in uno solo, trasformando l’art. 73 in comma tre dell’attuale art. 71.
L’art. 73 deve meglio chiarire che la SOA informa l’Autorità non solo in caso di inadempimento dell’impresa a fronte di richiesta della SOA, ma anche nel caso in cui l’impresa violi obblighi informativi ad essa imposti direttamente dal regolamento (v. p. es. art. 86, co. 6, dello schema di regolamento).
Pertanto, le parole “non adempia a quanto richiesto” vanno sostituite con le parole “non adempia alle richieste della SOA o agli obblighi imposti dal codice e dal presente regolamento”.
Inoltre, l’art. 73 non prevede un termine entro cui la SOA deve riferire all’Autorità e un termine entro cui l’impresa deve rispondere alla richiesta delle SOA, ai fini dell’applicazione della sanzione. Il termine, inoltre, se introdotto, dovrebbe conciliarsi con il termine massimo per il rilascio delle attestazioni e con il termine della verifica triennale.
Art. 72
V. sub art. 65.
Art. 73
V. sub art. 71.
Art. 69 – Vigilanza dell’Autorità
Art. 76 – Controllo dell’Autorità sulle attestazioni
Tali articoli trattano il medesimo argomento: è pertanto opportuno, in un’ottica di semplificazione e chiarezza di lettura, che siano accorpati.
Inoltre l’art. 69, co. 2 e l’art. 76, co. 2, mutuano pedissequamente il d.P.R. n. 34/2000 senza tener conto dell’art. 6, co. 7, lett. m) del codice, che demanda all’Autorità anche il potere di annullare o sospendere le attestazioni SOA viziate, in caso di inerzia delle SOA. Sicché, o il regolamento rinvia espressamente a tale disposizioni (ove non si ritenga di introdurre disposizioni procedurali di dettaglio), ovvero vengono dettate norme regolamentari ulteriori in ordine al procedimento da seguire (messa in mora della SOA, intervento dell’Autorità in caso di inerzia di quest’ultima).
Si può ipotizzare, in luogo dell’attuale art. 76, co. 2, una norma del seguente tenore:
“L’Autorità, sentita l’impresa richiedente, la SOA e l’impresa della cui attestazione si tratta, e acquisite le informazioni necessarie, provvede entro sessanta giorni ad indicare alla SOA le eventuali condizioni da osservarsi nell’esecuzione del contratto stipulato, ove possibile, ovvero a chiedere alla SOA di sospendere o annullare l’attestazione, assegnando alla SOA un termine congruo, non inferiore a quindici giorni. L’inottemperanza da parte della SOA alle indicazioni dell’Autorità costituisce comportamento valutabile ai sensi dell’articolo 65, comma 5. Ove la SOA non provveda alla sospensione o all’annullamento dell’attestazione nel termine assegnato, l’Autorità, previo avviso di avvio del procedimento alla SOA e all’impresa interessata ove non vi ostino ragioni di urgenza, provvede di ufficio alla sospensione o all’annullamento, dandone tempestiva comunicazione alla SOA e all’impresa interessata”.
Art. 74 – Domanda di qualificazione
In relazione al co. 8, a tenore del quale non costituiscono rinnovo di attestazione le variazioni che non producono effetti diretti sulle categorie e classifiche, e tali variazioni sono soggette a procedure semplificate e a tariffa ridotta, si osserva che il d.P.R. n. 34/2000 prevedeva che l’Autorità individuasse i casi e le tariffe minime.
Il co. 8 in commento non prevede la stessa delega.
Di conseguenza, le variazioni minime o si inseriscono nell’allegato C relativo alle tariffe (attualmente non ci sono) o si ripete che i criteri li stabilisce l’Autorità ( determina n. 40/2000).
In relazione al co. 10 relativo alla cessione, sarebbe opportuno prevedere la necessità di una perizia giurata sia nel caso di cessione intera che nel caso di cessione parziale.
Nel primo caso, la perizia deve stimare i valori dei requisiti, nel secondo caso deve scorporare per il ramo i relativi requisiti.
I valori delle perizie devono riferirsi all’ultimo quinquennio antecedente la stipula del contratto con la SOA del cessionario.
Non è condivisibile la previsione, contenuta nell’ultimo periodo del co. 10, secondo cui l’impresa cedente deve aspettare cinque anni dalla cessione per chiedere nuova attestazione, in quanto potrebbe maturare i requisiti anche prima di tale termine (v. determinazione dell’Autorità di vigilanza n. 11/2002).
Va pertanto espunto l’ultimo periodo del co. 10.
Art. 75 – Verifica triennale
La norma riproduce, con modifiche, l’art. 15 bis, d.P.R. n. 34/2000, in tema di verifica intermedia, allo scadere del triennio, dell’attestazione quinquennale, norma che ha dato luogo a numerose questioni applicative, in ordine ai termini in essa previsti.
Sebbene la nuova formulazione sia migliore della precedente, permangono alcuni nodi irrisolti, in particolare quanto alle conseguenze della mancata verifica alla scadenza del triennio, e quanto al dies a quo di efficacia della verifica sia positiva che negativa.
Occorre pertanto aggiungere che: “l’impresa può sottoporsi a verifica anche dopo la scadenza del triennio di validità dell’attestazione ma, in tal caso, non può partecipare alle gare nel periodo che intercorre tra la data di scadenza del triennio e la data di effettuazione della verifica con esito positivo”, e modificare, nel co. 6, le parole “ove la verifica sia compiuta dopo la scadenza predetta, la efficacia della stessa decorre dalla ricezione delle comunicazione da parte dell’impresa” con le parole “ove la verifica sia compiuta dopo la scadenza predetta, la efficacia della stessa decorre dalla data di adozione”.
Art. 76
V. sub art. 69.
Art. 77 – Requisiti di ordine generale
Il co. 1 dell’articolo in commento, al fine dell’individuazione dei requisiti di ordine generale per conseguire la qualificazione, rinvia all’art. 38, sia comma 1 che comma 3, del codice e aggiunge come requisito di ordine generale l’inesistenza di false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione agli appalti e per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione.
La prima parte della norma (cioè l’inesistenza di false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti per l’ammissione alle gare) è gia contenuta nell’art. 38, lett. h), del codice.
La seconda parte della norma (cioè l’inesistenza di false dichiarazioni per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione) è stata inserita nell’art. 38, lett. m-bis), dal secondo decreto correttivo.
Pertanto nel comma 1 vanno espunte le parole “nonché l’inesistenza di false dichiarazioni circa il possesso dei requisiti richiesti per l’ammissione agli appalti e per il conseguimento dell’attestazione di qualificazione”.
Il rinvio al comma 3 dell’art. 38 del codice, va inteso nel senso che al fine del rilascio dell’attestazione SOA, la regolarità contributiva va comprovata con il DURC. Resta inteso che in sede di stipula del contratto l’aggiudicatario dovrà comunque esibire il DURC alla stazione appaltante, come richiesto dall’art. 38, co. 3, del codice, atteso che la regolarità contributiva è vicenda soggetta a modifiche nel corso del tempo e che tale requisito deve essere attuale.
Art. 78 – Requisiti di ordine speciale
Nel co. 6 va soppresso il periodo “pubblicati nel casellario di cui all’articolo 88”, alla luce di quanto si osserverà in relazione all’art. 82, co. 5.
Nel co. 7, va espunto il periodo “Per la qualificazione necessaria a realizzare lavori pubblici attraverso i contratti di cui all’articolo 53, comma 2, lettere b) e c), del codice, l’impresa attestata per progettazione e costruzione è comunque tenuta a dimostrare, attraverso il proprio staff di progettazione, costituito ai sensi dei precedenti periodi, anche il possesso dei requisiti progettuali previsti dal bando di gara; in mancanza di tali requisiti progettuali l’impresa è tenuta ad avvalersi di uno o più soggetti qualificati alla realizzazione del progetto, da indicare in sede di offerta o a partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati alla realizzazione della progettazione, scelti fra i soggetti di cui all’articolo 90, comma 1, lettere d), e), f), g) e h), del codice” in quanto non in linea con l’art. 53, co. 3 del codice e ripetitivo di norme primarie, e formulato con terminologia che fa riferimento alla qualificazione per singola gara, e non ai requisiti per conseguire l’attestazione di qualificazione. Va pertanto ripristinata, se del caso con adeguamenti, la previsione già contenuta nell’art. 18, co. 7, d.P.R. n. 34/2000, che indica lo staff tecnico progettuale minimo che deve essere posseduto da impresa che intenda conseguire l’attestazione per attività di progettazione ed esecuzione.
In relazione al co. 10, non è chiaro perché per le imprese artigiane, che con il d.P.R. n. 34/2000 erano avvantaggiate nel soddisfacimento della percentuale relativa al personale operaio (in quanto il d.P.R. correttamente consentiva di utilizzare la retribuzione convenzionale INAIL del titolare artigiano per il soddisfacimento del requisito più oneroso relativo ad avere almeno il 40% di costo per personale operaio), il presente regolamento non preveda alcuna misura per riconoscere nel costo operaio, o comunque nel costo del personale il contributo fornito, dal titolare artigiano. Il regolamento riconosce tale vantaggio solo alle società di capitali artigiane unipersonali. Nel contempo non si capisce perché per le società individuali e per le società di persona in nome collettivo il regolamento consenta di riconoscere la retribuzione convenzionale INAIL per il titolare e per i soci non più limitata, come previsto dal d.P.R. n. 34/2000, al concorrere alla soglia del 15% del costo del personale indifferenziato, ma esteso anche al soddisfacimento della percentuale di almeno il 40% di personale operaio (il che non appare logico per chi è titolare di un’impresa ma non ha il titolo di artigiano).
Quindi, si propone di conservare la formulazione prevista nel d.P.R. n. 34/2000.
In relazione al co. 14:
– sostituire le parole “per conto di imprese già iscritte all’Albo nazionale dei costruttori ovvero qualificate ai sensi del presente titolo” con le parole “per conto di imprese già iscritte all’Albo nazionale dei costruttori ovvero già qualificate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34 o qualificate ai sensi del presente titolo”;
– è opportuno arrotondare a 2.500.000 euro l’importo di 2.582.284 euro.
Art. 81 – Rivalutazione dell’importo dei lavori eseguiti
L’art. 81, al comma 1 riproduce l’art. 21, d.P.R. n. 34/2000, prevedendo la rivalutazione dei lavori ultimati, ai fini della attestazione di qualificazione.
Il comma 2, che è nuovo, consente la rivalutazione esclusivamente per i lavori con stazioni appaltanti e enti aggiudicatori elencati nell’art. 3, co. 1, lett. b), dello schema.
La limitazione non è agevolmente comprensibile, atteso che ai fini della attestazione sono oggetto di valutazione anche i lavori privati e i lavori eseguiti in proprio.
La relazione ministeriale non fornisce, sul punto, chiarimenti.
Se l’esclusione dalla rivalutazione di altri lavori è suggerita dalle difficoltà di accertare la data di ultimazione (vedi ad esempio, lavori in proprio), con conseguente possibilità di frodi, andrebbe meglio circoscritta siffatta esclusione, ad esempio consentendo la rivalutazione in caso di prova certa della data di ultimazione.
Art. 82 – Determinazione del periodo di attività documentabile e dei relativi importi e certificati
Si propone anzitutto l’accorpamento dei commi 1 e 2 nei termini seguenti: “La cifra d’affari in lavori e gli importi dei lavori previsti, rispettivamente, all’articolo 78, comma 2, lettera b), e comma 5, lettere b) e c), sono quelli realizzati nel quinquennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA”.
In secondo luogo, in relazione al co. 5 si osserva che la previsione secondo cui i certificati di esecuzione dei lavori sono “pubblicati sul casellario informatico di cui all’articolo 88 dai soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b” è ripetitiva della norma già contenuta nell’art. 88, co. 9, e pertanto va espunta.
Con riferimento all’ultimo periodo del comma 5 in esame, riguardante lavori sui beni soggetti alle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali e per gli scavi archeologici, l’attuale previsione impone che i relativi certificati siano considerati utili ai fini della qualificazione solo se corredati dall’attestato di buon esito da parte dell’autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori, ma limitatamente ai lavori eseguiti per committenti privati o per lavori in proprio. Di conseguenza, per lavori per conto di stazioni appaltanti pubbliche non è più necessario detto attestato, a differenza di quanto prevedeva il d.P.R. n. 34/2000 all’art. 22, co. 7 (“Ai fini della qualificazione per i lavori sui beni soggetti alle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali e per gli scavi archeologici, la certificazione deve contenere l’attestato dell’autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori, del buon esito degli interventi eseguiti”). A parte ogni considerazione sulla legittimità e sulla logicità di una siffatta previsione, detta norma è in contraddizione con quella analoga prevista dall’art. 90, co. 2 (rectius co. 3), del regolamento, che disciplina i requisiti per la partecipazione agli appalti di lavori pubblici su beni soggetti alle disposizioni dei beni culturali ecc. di importo pari o inferiore a 150.000 euro. Infatti, quest’ultima impone per la dimostrazione da parte dell’impresa di una qualificazione adeguata, l’esibizione di certificati, rilasciati sia da committenti privati che pubblici, vistati dall’Autorità preposta alla tutela del bene.
Pertanto, nell’art. 82, co. 5, ultimo periodo, vanno espunte le parole “per committenti privati o per lavori in proprio”.
Inoltre l’ambito applicativo dell’art. 82, co. 5, ultimo periodo, deve coincidere con quello degli articoli del codice dedicati ai lavori su beni culturali. Pertanto, le parole “sui beni soggetti alle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali e per gli scavi archeologici ” devono essere sostituite con le parole “sui beni di cui alla parte II, titolo IV, capo I del codice, inerente i contratti relativi a beni culturali”.
Infine, come meglio si esporrà in relazione agli articoli da 235 a 246 dello schema, l’art. 82, co. 5, ultimo periodo, andrebbe ricollocato nel titolo specificamente dedicato dal regolamento agli appalti relativi a beni culturali.
In relazione al comma 6, si ravvisa l’opportunità, al fine di scoraggiare eventuali falsificazioni per i certificati di lavori privati, di cui si può ipotizzare l’aumento nel momento in cui attraverso l’art. 40, co. 3, lett. b), del codice, e il presente art. 82 si rende impossibile di fatto la falsificazione dei certificati di lavori pubblici, di inserire un periodo aggiuntivo così formulato: “Le SOA trasmettono all’Osservatorio, secondo le modalità stabilite dall’Autorità, entro quindici giorni dal rilascio delle attestazioni, i certificati e la documentazione a corredo di cui all’articolo 85, presentati dalle imprese per essere qualificate, relativi a lavori il cui committente non sia tenuto alla applicazione del codice e del presente regolamento, o in proprio. In caso di inadempienza o negligenza delle SOA, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall’art. 6, comma 11, del codice. L’Autorità provvede ai necessari riscontri a campione.”.
Art. 83 – Criteri di accertamento e di valutazione dei lavori eseguiti all’estero
La norma prevede i certificati e attestati per i lavori eseguiti all’estero da imprese aventi sede legale in Italia, distinguendo tra lavori eseguiti in Paesi aderenti all’Unione europea, e Paesi extracomunitari. Solo per i lavori in Paesi extracomunitari, si prevede che la attestazione conseguita all’estero sia “confermata” dalla competente struttura centrale del Ministero affari esteri, che provvede ad inserirla nel casellario informatico.
Coordinando tale disciplina con quella che si desume dall’art. 40, co. 3, lett. b), del codice, se ne desume un “vuoto” per i certificati di lavori conseguiti in Paesi comunitari diversi dall’Italia. Infatti quelli conseguiti in Italia sono inseriti nel casellario informatico, e possono essere acquisiti dalle SOA solo tramite il casellario informatico. Similmente, vi è un meccanismo di controllo e inserzione nel casellario informatico per le attestazioni conseguite in Paesi extracomunitari. Invece i certificati conseguiti in Paesi comunitari diversi dall’Italia non sono controllati né pubblicizzati.
Occorre, pertanto, prevedere che anche tali certificati sono inseriti nel casellario informatico, a cura della SOA a cui vengono esibiti dall’impresa che vuole utilizzarli, e va individuato l’organo che effettua i controlli, se del caso a campione, in ordine alla loro autenticità.
Inoltre, nel co. 1, lett. b), non è chiaro il richiamo all’istituto della “conferma” da parte del Ministero degli esteri degli attestati conseguiti all’estero. Infatti la conferma è atto amministrativo che ha un preciso significato tecnico – giuridico (nuovo provvedimento con il medesimo dispositivo di uno precedente, previa rinnovata valutazione degli interessi in gioco), e che non può che promanare dall’organo che ha emesso il provvedimento confermato. Va pertanto chiarito il contenuto dell’attività svolta dal Ministero degli esteri, precisando se si intende fare riferimento ad un atto di controllo in ordine alla autenticità del documento, ovvero ad un controllo di tipo più pregnante. Giova rilevare che la conferma è stata introdotta ex novo dallo schema di regolamento, rispetto all’art. 23, d.P.R. n. 34/2000. Un atto di controllo è auspicabile, ma deve essere correttamente configurato, e deve riguardare anche i certificati conseguiti in Paesi comunitari.
Nel co. 1, lett. b), aggiungere in fine le parole “secondo le modalità stabilite dall’Autorità”.
Art. 84 – Lavori eseguiti dall’impresa aggiudicataria e dall’impresa subappaltatrice
L’art. 84 dello schema riproduce l’art. 24, d.P.R. n. 34/2000.
Il co. 2 riguarda i lavori su beni culturali, e il loro utilizzo ai fini della qualificazione. L’ambito di tali lavori deve coincidere con l’ambito del capo del codice dedicato ai contratti su beni culturali. Non è nemmeno chiaro perché la norma regolamentare si riferisca ai soli beni immobili, in contrasto con l’art. 198 del codice.
Pertanto, le parole “I lavori sui beni immobili soggetti alle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali” vanno sostituite con le parole “I lavori di cui alla parte II, titolo IV, capo II del codice, inerente i contratti relativi ai beni culturali”.
Inoltre, come meglio si esporrà in relazione agli articoli da 235 a 246 dello schema, l’art. 84, co. 2, andrebbe ricollocato nel titolo specificamente dedicato dal regolamento agli appalti relativi a beni culturali.
Art. 85 – Criteri di valutazione dei lavori eseguiti e dei relativi importi
In relazione al co. 1, si suggerisce di valutare l’opportunità di prevedere misure sanzionatorie nei confronti del RUP e della SOA, in caso di impropria attribuzione delle categorie di qualificazione. E’ infatti molto frequente, nella prassi, l’attribuzione di veri e propri “regali” alle imprese, in termini di categorie di qualificazione, o da parte del RUP della stazione appaltante, in fase di redazione del certificato, o da parte della SOA, in fase di lettura del certificato e traduzione dello stesso in qualificazione.
Si propone pertanto l’aggiunta del seguente periodo: “Nei casi in cui il responsabile del procedimento rilasci il certificato di esecuzione lavori per categorie di qualificazione diverse da quelle previste nel bando di gara e da eventuali atti aggiuntivi, o qualora la SOA nella attività di attestazione attribuisca qualificazione difforme dal contenuto del certificato di esecuzione lavori, si applicano le sanzioni previste dall’articolo 6, comma 11, del codice, fino ad un massimo di euro 51.545. La SOA è comunque tenuta a segnalare all’Autorità eventuali incongruenze riscontrate nel certificato di esecuzione lavori, ai sensi dell’art. 67, comma 1, lettera f).”.
Nel comma 5, lett. a), oltre al permesso di costruire, va menzionata la denuncia di inizio attività, entrambi ove richiesti; va corretta la parola “richiesta” in “richiesto”.
In relazione al co. 6 aggiungere, in fine “nonché dalle fatture corrispondenti all’acquisto di materiali e di servizi e a eventuali subappalti”.
In relazione al co. 8 si suggerisce di aggiungere, in fine, il seguente periodo: “Ai fini della qualificazione del consorzio o del consorziato esecutore, la SOA acquisisce il certificato di esecuzione dei lavori, corredato della deliberazione consortile in cui sia precisato se il relativo importo sia da attribuire completamente al consorziato esecutore ovvero al consorzio e al consorziato nelle misure di cui al precedente periodo”.
Il co. 9 va espunto perché riproduce quanto già previsto nell’art. 6, co. 11, del codice.
Art. 86 – Direzione tecnica
Nell’art. 86, co. 3, terzo periodo, l’ambito applicativo deve coincidere con quello degli articoli del codice dedicati ai lavori su beni culturali. Pertanto, le parole “Per i lavori che hanno ad oggetto beni immobili soggetti alle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali e per gli scavi archeologici,” devono essere sostituite con le parole “Per i lavori sui beni di cui alla parte II, titolo IV, capo I del codice, inerente i contratti relativi a beni culturali “.
Si rinvia alle osservazioni svolte in relazione all’art 3, lett. aa), quanto alla necessità di espungere dall’art. 86 il riferimento alla laurea triennale.
Infine, come meglio si esporrà in relazione agli articoli da 235 a 246 dello schema, l’art. 86, co. 3, terzo e quarto periodo, andrebbe ricollocato nel titolo specificamente dedicato dal regolamento agli appalti relativi a beni culturali.
Art. 87 – Contratto di avvalimento in gara e qualificazione SOA mediante avvalimento
L’art. 87 dello schema dà attuazione agli artt. 49 e 50 del codice, in materia di avvalimento per singola gara e ai fini della qualificazione SOA.
Il co. 8 esclude l’applicazione, oltre che dell’art. 87 dello schema, anche degli artt. 49 e 50 del codice ai contratti di lavori relativi a beni culturali (disciplinati negli artt. 197 e ss. del codice).
A parte la considerazione di carattere formale – costituzionale, che una norma regolamentare non può escludere l’applicazione di norme primarie (non si tratta di regolamento di delegificazione), sul piano sostanziale va rilevato che l’avvalimento è istituto di derivazione comunitaria a recepimento obbligatorio, e che nessuna disposizione del codice ne esclude, allo stato, l’applicazione nel settore degli appalti di lavori relativi a beni culturali.
Le ragioni tecniche e pratiche per non estendere l’avvalimento a tale settore non possono tradursi in norma regolamentare in contrasto con il codice e con il diritto comunitario, ma devono semmai indurre a studiare una apposita norma primaria di deroga, previo vaglio dei competenti organi comunitari.
Pertanto nell’art. 87, co. 8, vanno espunte le parole “nonché degli articoli 49 e 50 del codice”.
Art. 88 – Casellario informatico
a) L’ambito applicativo: mancata estensione a servizi e forniture, nonché a certificati di lavori eseguiti in Paesi comunitari, e a certificati di lavori privati o in proprio eseguiti in Italia.
Il casellario informatico è stato istituito ai sensi dell’art. 27, d.P.R. n. 34/2000 nell’ambito del sistema di qualificazione delle imprese per i lavori pubblici.
L’art. 88 dello schema di regolamento è costruito sulla falsariga del citato art. 27, d.P.R. n. 34/2000 ed è riferito, conseguentemente, alle imprese qualificate per l’esecuzione di lavori pubblici.
Nel casellario informatico vengono, da un lato, inseriti i certificati relativi a lavori pubblici eseguiti in Italia, e, dall’altro lato, gli attestati relativi a lavori eseguiti in Paesi extracomunitari, siano essi pubblici o privati (v. art. 83, lett. b), dello schema).
Occorre anzitutto inserire nel casellario informatico, previa trasmissione da parte delle SOA, anche i certificati relativi a lavori privati o in proprio eseguiti in Italia, che l’impresa esibisca alle SOA (v. anche quanto osservato in relazione all’art. 82, dove si è suggerito l’inserimento di un ulteriore periodo nel comma 6).
Inoltre, come già segnalato in relazione all’art. 83, occorre inserire nel casellario informatico non solo gli attestati di lavori eseguiti in Paesi extracomunitari, ma anche i certificati di lavori eseguiti in Paesi comunitari diversi dall’Italia.
Va ancora rilevato che l’art. 88 disciplina il casellario informatico solo per i lavori, e non anche per i servizi e le forniture.
Invece da una interpretazione sistematica delle norme primarie si desume che il casellario informatico deve operare anche per servizi e forniture.
Anzitutto, l’art. 38 del codice indica i requisiti di ordine generale per la partecipazione a gare, facendo riferimento in via unitaria alle procedure di affidamento, oltre che degli appalti di lavori, di quelli relativi a forniture e servizi. In relazione, in particolare, ad alcune cause di esclusione dalla gara, è precisato che l’elemento preclusivo alla partecipazione deve risultare “dai dati in possesso dell’Osservatorio”, e quindi dai dati risultanti dal casellario informatico.
In tal senso, la lett. e) del citato art. 38, riferito alle gravi infrazioni in materia di sicurezza e ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, e la successiva lett. h), riguardante le “false dichiarazioni” in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione rese nell’anno antecedente la data di pubblicazione del bando di gara.
Depone in tal senso anche l’art. 45 del codice, che prevede la pubblicazione di elenchi ufficiali di fornitori o di prestatori di servizi sul casellario informatico dell’Autorità. Peraltro, l’iscrizione in elenco di un prestatore di servizi o di un fornitore, certificata dall’ Autorità, costituisce per la stazione appaltante presunzione di idoneità alla prestazione, limitatamente anche ad alcuni dei requisiti previsti dall’art.38.
Anche l’art. 7, co. 8 e l’art. 49, co. 11, del codice, prevedono comunicazioni all’Osservatorio che riguardano anche gli appalti di servizi e forniture.
Occorre pertanto che l’art. 88 si riferisca anche agli appalti di forniture e servizi, suddividendo il casellario in tre sezioni, e chiarendo che in caso di contratti misti i dati vanno inseriti in tutte e tre le sezioni.
Il casellario deve poi essere esteso alle imprese non qualificate concorrenti per l’aggiudicazione di appalti di lavori pubblici ovvero esecutrici degli stessi (evidentemente di importo inferiore a 150.000 euro); l’Autorità ha risolto detta questione in via interpretativa, estendendo le annotazioni sul casellario relative a pregresse esclusioni da gare nonché ad ogni altra notizia utile ai fini della tenuta dello stesso anche alle imprese non qualificate, ma sarebbe auspicabile un chiaro dettato normativo in tal senso.
In tale ottica, il primo comma dell’art. 88 dovrebbe specificare che il casellario è formato anche dalle comunicazioni delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori riferite ai dati indicati dal suddetto nuovo co. 3, nonché dai certificati di lavori di cui all’articolo 85, comma 7, trasmessi dalle SOA ai sensi dell’articolo 82, comma 6 (nel testo integrato proposto da questo Consesso).
Ogni qualvolta si fa poi riferimento alle imprese e agli appalti di lavori (commi 5 e 6), sostituire detti termini rispettivamente con “operatori economici” e “appalti pubblici di lavori, servizi e forniture”.
b) Ambito soggettivo degli obblighi di comunicazione all’Osservatorio.
L’art. 88 prevede adempimenti nei confronti dell’Osservatorio e del casellario informatico a carico di tutti i soggetti di cui all’art. 3, co. 1, lett. b) dello schema, ivi compresi, dunque, gli enti aggiudicatori dei settori speciali.
Fermo quanto osservato sulla necessità di espungere l’art. 3, co. 1, lett. b), va rilevato che le amministrazioni aggiudicatrici e le altre stazioni appaltanti dei settori ordinari, e gli enti aggiudicatori dei settori speciali, non sono posti dal codice sullo stesso piano, quanto agli adempimenti nei confronti dell’Autorità e dell’Osservatorio.
Pertanto, l’ambito soggettivo degli adempimenti divisati dall’art. 88 dello schema va attentamente rivisto.
In particolare, nel comma 1 è corretto aver richiamato le comunicazioni previste dall’art. 7, commi 8 e 9 del codice, a carico sia delle stazioni appaltanti che degli enti aggiudicatori.
Il comma 4, che prevede la relazione a fine lavori, è mutuato dall’art. 27, co. 4, d.P.R. n. 34/2000, che in quest’ultimo riguardava solo le stazioni appaltanti e non anche gli enti aggiudicatori dei settori speciali.
L’estensione soggettiva operata dall’art. 88, co. 4, anche agli enti aggiudicatori dei settori speciali, è in contrasto con il secondo correttivo che ha novellato l’art. 206 del codice esprimendo la scelta politica di elencare tassativamente le norme dei settori ordinari estensibili ai settori speciali. Il riferimento agli enti aggiudicatori va pertanto espunto.
Infine, il comma 9 dell’art. 88 impone l’obbligo di inserire nel casellario informatico i certificati di lavori di cui all’art. 40, co. 3, lett. b) del codice a tutti i soggetti di cui all’art. 3, co. 1, lett. b) del regolamento, e dunque non solo alle stazioni appaltanti, ma anche agli enti aggiudicatori dei settori speciali. Fermo che solo nei settori ordinari opera il sistema di qualificazione tramite SOA con obbligo per le SOA di acquisire i certificati dei lavori esclusivamente tramite il casellario informatico, è corretto prevedere l’obbligo di trasmissione, oltre che a carico delle stazioni appaltanti, anche a carico degli enti aggiudicatori, in quanto i lavori eseguiti con gli enti aggiudicatori possono essere utilizzati per conseguire la qualificazione nel sistema SOA:
c) Altre osservazioni.
c.1) Come già osservato in sede di esame dell’art. 59, nell’art. 88 va precisato che il casellario informatico è formato anche dalle comunicazioni di cui all’art. 59, co. 4.
c.2) Da un punto di vista strettamente letterale nel testo dell’art. 88 si nota una antinomia tra il richiamo operato dal co. 2, lett. p) che, in relazione alle inadempienze contrattuali, fa riferimento alle segnalazioni comunicate dai “soggetti di cui all’art. 3, co. 1, lett. b)” del nuovo regolamento e la successiva lett. r) che, in ordine alle segnalazioni di esclusioni da gare, fa riferimento ai provvedimenti adottati dalle “stazioni appaltanti”.
c.3) Altra questione degna di considerazione è che nel testo dell’art. 38 del codice, al co. 1, lett. f), viene prevista quale causa di esclusione da gara l’errore grave nell’esercizio dell’attività professionale, accertato con qualsiasi mezzo di prova da parte della stazione appaltante.
Ai fini della piena operatività di detta norma andrebbe pertanto specificato nel testo dell’art. 88, co. 2 – nonché nel testo del nuovo co. 3 suggerito dal presente parere – quale dato da inserire nel casellario, la segnalazione, da parte delle stazioni appaltanti, di errori gravi nell’esercizio di attività professionale (che abbiano portato o meno alla risoluzione contrattuale).
Anche la lett. q) va integrata per tener conto dell’art. 38, lett. c) del codice.
c.4) Il co. 4 dell’art. 88 prescrive che i soggetti dell’art. 3, co. 2, lett. b), inviano una relazione dettagliata sul comportamento dell’impresa esecutrice, dopo il collaudo o il certificato di regolare esecuzione, e redatta secondo la scheda tipo definita dall’Autorità e pubblicata in Gazzetta Ufficiale. La relazione è predisposta dal responsabile del procedimento.
Occorre considerare che non tutti i lavori esitano nel collaudo o certificato di esecuzione regolare, potendovi essere casi di mancata ultimazione a causa di risoluzione, recesso, del contratto.
Anche nei casi di risoluzione e recesso sarebbe opportuno l’invio di relazione dettagliata.
Sarebbe inoltre opportuno specificare il termine per l’invio della relazione, p. es. sessanta giorni decorrenti dal collaudo o dal certificato di regolare esecuzione, o dalla risoluzione, o dal recesso.
c.5) Il co. 7 dell’art. 88 dispone che nel casellario sono inserite le sanzioni di cui agli artt. 70, 71 e 72.
La norma è incompleta, andrebbero menzionate anche le sanzioni di cui all’art. 65, ferma restando l’opportunità, come evidenziato in sede di esame degli artt. 65, 70 e 72, che le sanzioni a carico delle SOA siano accorpate in un unico articolo.
c.6) Il co. 9, nuovo rispetto al d.P.R. n. 34/2000, dà attuazione all’art. 40, co. 3, lett. b) del codice.
Come è noto, la norma primaria ha stabilito che le SOA acquisiscono i certificati di esecuzione dei lavori unicamente dall’Osservatorio, a cui sono trasmessi, in copia, dalle stazioni appaltanti.
La norma regolamentare in commento specifica che detti certificati di lavori sono inseriti nel casellario informatico da parte delle stazioni appaltanti entro 30 giorni dalla richiesta dell’appaltatore o subappaltatore. In caso di inadempimento delle stazioni appaltanti, queste ultime sono soggette alla sanzione pecuniaria di cui all’art. 6, co. 11, del codice (per violazione degli obblighi informativi nei confronti dell’Autorità).
La norma va integrata, se si condividono le osservazioni della Sezione, con la previsione dell’obbligo delle SOA di inserire i certificati relativi ai lavori privati o in proprio, esibiti dalle imprese richiedenti l’attestazione.
La norma regolamentare lascia inoltre scoperto il problema della tutela dell’esecutore dei lavori in caso di inadempimento della stazione appaltante o delle SOA nell’invio dei certificati al casellario. La sanzione pecuniaria irrogata alla stazione appaltante è rimedio insufficiente, che non garantisce l’obiettivo dell’esecutore, di ottenere il celere inserimento del certificato nel casellario, al fine di conseguire l’attestazione di qualificazione.
Il problema non può essere risolto stabilendo che in tal caso le SOA possono conseguire il certificato direttamente dall’esecutore o dalla stazione appaltante, perché tale soluzione vanificherebbe lo scopo della norma primaria, che impone il necessario passaggio dei certificati nel casellario informatico.
Ma si può ipotizzare che in caso di inadempimento della stazione appaltante, l’esecutore possa produrre l’originale o copia autentica del certificato direttamente all’Osservatorio, il quale, fatte le necessarie verifiche presso la stazione appaltante, ne dispone l’inserimento nel casellario informatico. Ove, poi, la stazione appaltante ometta non solo l’invio del certificato al casellario, ma addirittura la sua emissione, rimane ferma per l’esecutore la possibilità di utilizzare la procedura del silenzio inadempimento (art. 21 bis, l. TAR), chiedendo al TAR vuoi l’emissione del certificato, vuoi di ordinare l’iscrizione del certificato nel casellario.
Sul piano formale, nel comma 9 le parole “appaltatore” e “subappaltatore” andrebbero sostituite con la parola “esecutore”, atteso che il certificato di esecuzione lavori viene rilasciato non solo all’”appaltatore” ma a chiunque esegue, a qualsiasi titolo contrattuale, lavori (concessionario, promotore, contraente generale, etc.).
c.7) Molti commi possono utilmente essere accorpati, p. es. gli attuali commi 8 e 10, possono essere accorpati all’attuale comma 2.
c.7) Di seguito si riproduce il testo dell’art. 88 con evidenziate in neretto le modifiche suggerite, anche con inversione e rinumerazione dei commi:
“Art. 88
1. Presso l’Osservatorio è istituito il casellario informatico suddiviso in tre sezioni distinte, contenenti i dati relativi agli operatori economici per l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti, la prestazione di servizi. La sezione relativa ai lavori è distinta in due subzsezioni rispettivamente per le imprese qualificate e non qualificate. In caso di contratti misti, i dati vanno inseriti in tutte e tre le sezioni.
2. Per le imprese qualificate per i lavori pubblici nel casellario sono inseriti i seguenti dati:
a) ragione sociale, indirizzo, partita IVA e numero di matricola di iscrizione alla C.C.I.A.A.;
b) rappresentanza legale, direzione tecnica e organi con potere di rappresentanza;
c) categorie ed importi della qualificazione conseguita;
d) data di cessazione dell’efficacia dell’attestazione di qualificazione;
e) ragione sociale della SOA che ha rilasciato l’attestazione;
f) cifra di affari in lavori realizzata nel quinquennio precedente la data dell’ultima attestazione conseguita;
g) costo del personale sostenuto nel quinquennio precedente la data dell’ultima qualificazione conseguita, con indicazione specifica del costo relativo al personale operaio, tecnico, diplomato, o diplomato universitario o laureato anche con laurea triennale;
h) costo degli ammortamenti tecnici, degli ammortamenti figurativi e dei canoni di locazione finanziaria e, suddivisi tra quelli con durata superiore e inferiore a cinque anni, dei canoni di noleggio a freddo, per attrezzatura tecnica, sostenuto nel quinquennio precedente la data dell’ultima qualificazione conseguita;
i) natura ed importo dei lavori eseguiti in ogni categoria nel quinquennio precedente l’ultima qualificazione conseguita, risultanti dai certificati rilasciati dalle stazioni appaltanti;
l) elenco dell’attrezzatura tecnica in proprietà o in locazione finanziaria;
m) importo dei versamenti effettuati rispettivamente all’INPS, all’INAIL e alle Casse Edili in ordine alla retribuzione corrisposte ai dipendenti;
n) stato di liquidazione o cessazione di attività;
o) procedure concorsuali pendenti;
p) episodi di grave negligenza o errore grave nell’esecuzione dei contratti ovvero gravi inadempienze contrattuali, anche in riferimento all’osservanza delle norme in materia di sicurezza e degli obblighi derivanti da rapporto di lavoro, comunicate dai soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), compresi i provvedimenti interdittivi a contrarre con le pubbliche amministrazioni e alla partecipazione a gare pubbliche di cui all’articolo 36-bis, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni nella legge 4 agosto 2006, n. 248;
q) sentenze di condanna passate in giudicato o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile oppure sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale a carico dei legali rappresentanti, degli amministratori delegati o dei direttori tecnici per reati contro la pubblica amministrazione, l’ordine pubblico, la fede pubblica o il patrimonio, ivi compresi i reati di partecipazione a un’organizzazione criminale, di corruzione, di frode, di riciclaggio, quali definiti dagli atti comunitari citati all’articolo 45, paragrafo 1, della direttiva Ce 2004/18. Nel casellario informatico sono anche inseriti i predetti dati con riferimento ai soggetti cessati dalla carica. L’impresa annotata nel casellario può altresì chiedere all’Osservatorio che nello stesso casellario informatico siano inserite le informazioni relative ad atti e misure adottati che, a parere dell’impresa, dimostrino la completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata. Decorso il triennio dalla data di cessazione dalla carica gli stessi dati sono cancellati a cura dell’Osservatorio su richiesta dell’impresa annotata. Anche in caso di estinzione del reato ai sensi dell’articolo 178 del codice penale e dell’articolo 445, comma 2, del codice di procedura penale, l’impresa può richiedere che sia cancellata dal casellario l’annotazione che a tale reato si riferiva;
r) provvedimenti di esclusione dalle gare, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia, adottati dalle stazioni appaltanti;
s) falsità nelle dichiarazioni rese in merito ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara e di qualificazione.
t) le sanzioni di cui all’articolo 71;
u) l’elenco dei direttori tecnici delle imprese attestate dalle SOA ai fini del rispetto dell’unicità di incarico prevista dall’articolo 86, comma 3;
v) l’elenco delle imprese ausiliate attestate dalle SOA; l’elenco delle imprese ausiliarie in possesso dell’attestato SOA nonché l’elenco dei requisiti di cui all’articolo 78 messi a disposizione dell’impresa ausiliata;
z) tutte le altre notizie riguardanti le imprese che, anche indipendentemente dall’esecuzione dei lavori, sono dall’Osservatorio ritenute utili ai fini della tenuta del casellario.
3. Nella subsezione del casellario relativa alle imprese qualificate esecutrici di lavori pubblici sono inoltre inseriti:
a) le comunicazioni delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori previste dall’articolo 7, commi 8 e 9, del codice;
b) i certificati dei lavori di cui all’articolo 40, comma 3, lettera b), del codice;
c) le informazioni relative agli avvalimenti, ai sensi dell’articolo 49, comma 11, del codice;
d) le comunicazioni da parte dei soggetti accreditati di cui all’articolo 59, comma 4 del presente regolamento;
e) le attestazioni, trasmesse dalle SOA ai sensi dell’articolo 67, comma 7;
f) le certificazioni e attestazioni di cui all’articolo 83;
g) i certificati di lavori di cui all’articolo 85, comma 7, trasmessi dalle SOA ai sensi dell’articolo 82, comma 6;
h) le relazioni dettagliate sul comportamento delle imprese di cui al comma 6.
4. Per le imprese non qualificate, esecutrici di lavori pubblici, nonché per i fornitori e per i prestatori di servizi, nel casellario sono inseriti, a seguito di segnalazioni da parte delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori, i dati, di cui al comma 2, lettere n), o), p), q), r), s) nonché i dati di cui al comma 3, lettera c). Per i servizi e le forniture di importo superore a 150.000 euro sono altresì inseriti i dati di cui al comma 3, lettera a). Sono altresì inserite tutte le altre notizie riguardanti i predetti operatori economici che, anche indipendentemente dall’esecuzione dei lavori, forniture e servizi, sono dall’Osservatorio ritenute utili ai fini della tenuta del casellario.
5. Le imprese qualificate per i lavori sono tenute a comunicare all’Osservatorio, entro trenta giorni dal suo verificarsi, ogni variazione relativa ai requisiti di ordine generale previsti dall’articolo 77.
6. Per le imprese qualificate per i lavori, le stazioni appaltanti inviano dopo la presentazione del collaudo o del certificato di regolare esecuzione, ovvero dopo la risoluzione o il recesso, una relazione dettagliata sul comportamento dell’esecutore, redatta secondo la scheda tipo definita dall’Autorità e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Tale relazione è predisposta dal responsabile del procedimento, eventualmente integrata con ulteriori valutazioni espresse dalla stazione appaltante, ed è trasmessa entro sessanta giorni dall’emissione del certificato di collaudo o di regolare esecuzione, ovvero entro sessanta giorni dalla risoluzione del contratto o dal recesso dal contratto.
7. Le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori, la competente struttura centrale del Ministero degli affari esteri e le SOA, nell’ambito delle rispettive competenze ai sensi del presente regolamento, inseriscono nel casellario informatico, secondo le modalità telematiche previste dall’Autorità:
a) i certificati dei lavori di cui all’articolo 40, comma 3, lettera b), del codice entro trenta giorni dalla richiesta dell’esecutore;
b) le informazioni relative agli avvalimenti, in relazione a ciascuna gara, ai sensi dell’art. 49, comma 11 del codice, entro trenta giorni dall’aggiudicazione definitiva, ovvero, in caso di mancata aggiudicazione, entro trenta giorni dal provvedimento conclusivo della procedura;
c) i certificati e le attestazioni per lavori eseguiti all’estero, ai sensi dell’articolo 83, entro trenta giorni dal provvedimento del Ministero degli affari esteri di cui all’articolo 83, comma 2;
d) i certificati di cui all’articolo 85, comma 7, entro trenta giorni dal rilascio dell’attestazione;
e) le relazioni dettagliate sul comportamento delle imprese esecutrici di cui al comma 6, nel termine ivi previsto;
f) i dati di cui al comma 3, lettere a), d), e), nei termini per essi previsti dal codice e dal presente regolamento.
8. In caso di inosservanza dei termini di cui al comma 7, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 6, comma 11, del codice. Inoltre, l’esecutore può produrre l’originale o copia autentica del documento direttamente all’Osservatorio, che, previa verifica della sua autenticità, ne dispone l’inserzione nel casellario. E’ salva l’applicazione dell’articolo 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
9. Nel casellario sono inseriti a cura dell’Osservatorio, a cui sono trasmessi dall’Autorità, i provvedimenti sanzionatori nei confronti delle SOA.
10. I dati del casellario sono resi pubblici a cura dell’Osservatorio e sono a disposizione delle stazioni appaltanti e degli enti aggiudicatori per l’individuazione degli operatori economici nei cui confronti sussistono cause di esclusione dalle procedure di affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nonché delle SOA per lo svolgimento dell’attività di attestazione e di verifica e controllo.
10. Tutte le notizie, le informazioni e i dati riguardanti gli operatori economici e le SOA contenute nel casellario sono riservati e tutelati nel rispetto della normativa vigente fatte salve le segnalazioni cui devono provvedere le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori”.
Art. 90 – Requisiti per lavori pubblici di importo pari o inferiore a 150.000 euro.
Valgono le considerazioni già svolte in relazione all’art. 82, co. 5, per quanto riguarda i lavori su beni immobili soggetti alle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali.
Nell’art. 90, co. 2, l’ambito applicativo deve coincidere con quello degli articoli del codice dedicati ai lavori su beni culturali. Pertanto, le parole “Per i lavori sui beni immobili soggetti alle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali, per gli scavi archeologici e per quelli agricolo-forestali,” devono essere sostituite con le parole “Per i lavori sui beni di cui alla parte II, titolo IV, capo I del codice, inerente i contratti relativi a beni culturali, nonché per gli scavi agricolo – forestali”.
Infine, come meglio si esporrà in relazione agli articoli da 235 a 246 dello schema, l’art. 90, co. 2, andrebbe ricollocato nel titolo specificamente dedicato dal regolamento agli appalti relativi a beni culturali, salvo che per gli scavi agricolo – forestali.
Art. 93 – Consorzi stabili di imprese
L’art. 93 riproduce l’art. 97, d.P.R. n. 554/1999, ad eccezione del comma 4 di quest’ultimo articolo.
Il co. 4 dell’art. 97, d.P.R. n. 554/1999, detta una disposizione di favore per i consorzi stabili, destinata a valere per i primi cinque anni di vita dei consorzi medesimi.
Non si tratta, pertanto, di una norma transitoria, ma di una norma di favore a regime, destinata a valere per tutti i consorzi stabili, in relazione ai primi cinque anni di vita.
Non è chiaro il motivo della mancata riproduzione di tale norma nel nuovo regolamento, sul punto la relazione ministeriale non fornisce indicazioni. Inoltre la previsione dell’art. 97, co. 4, d.P.R. n. 554/1999 è espressamente riprodotta nell’art. 286, co. 3, relativamente alla partecipazione dei consorzi stabili alle gare per servizi e forniture. Sicché, lo schema di regolamento istituisce un regime differenziato privo di giustificazione.
Occorre pertanto riprodurre nell’art. 93 in esame il contenuto dell’art. 97, co. 4, d.P.R. n. 554/1999.
Il co. 1 dell’art. 93, come disposto dal co. 2 dell’art. 36 del codice, prevede la facoltà del consorzio stabile di far eseguire le prestazioni alle imprese consorziate. In realtà, non ne stabilisce però limiti e condizioni (come richiesto dall’art. 36, co. 2) e la facoltà risulta, pertanto, illimitata.
Art. 94 – Requisiti del concessionario
Viene mutuato l’art. 98, d.P.R. n. 554/1999.
Il co. 1 fissa i requisiti per il concessionario che esegue i lavori con la propria organizzazione, richiamando l’art. 40 del codice e l’art. 78 del regolamento, e fissando poi requisiti ulteriori che tendono alla dimostrazione della capacità tecnica e finanziaria per la fase di gestione del servizio.
Il co. 3 fissa i requisiti per il concessionario che non esegue in proprio i lavori, stabilendo che “deve essere in possesso esclusivamente dei requisiti di cui al comma 1”.
In tal modo vengono richiamati tutti i requisiti del comma 1, prescritti per il concessionario esecutore dei lavori.
Comparando l’art. 94 dello schema con l’art. 98, d.P.R. n. 554/1999, si evidenzia un refuso, in quanto per il concessionario non esecutore sono richiesti, dall’art. 98 ora vigente, i soli requisiti del comma 1, lett. a), b), c, d).
Pertanto, l’art. 94, co. 3, va integrato, sostituendo alle parole “dei requisiti di cui al comma 1″, le parole ” degli ulteriori requisiti di cui al comma 1, lettere a), b), c) e d)”.
Art. 95 – Requisiti del promotore e attività di asseverazione.
La norma in commento riproduce l’art. 99, d.P.R. n. 554/1999 e lo integra da un lato stabilendo in quale momento il promotore deve possedere i requisiti necessari per l’affidamento della concessione, e dall’altro stabilendo qual è il contenuto minimo dell’attività di asseverazione affidata ai finanziatori.
Va osservato che né l’art. in commento, né l’art. 99, d.P.R. n. 554/1999, né il codice, affrontano espressamente la questione della necessità che il promotore possieda i requisiti di ordine generale di cui all’art. 38 del codice, sin dalla fase di presentazione della proposta.
Si segnala l’opportunità di affrontare tale questione in sede di (futuro) decreto correttivo del codice, onde evitare che vengano accettate proposte di soggetti privi dei requisiti di idoneità morale.
Inoltre, l’art. 95, co. 1, dello schema, nel riprodurre l’art. 99, co. 1, d.P.R. n. 554/1999, abilita a svolgere il ruolo di promotore i soggetti che “negli ultimi tre anni hanno partecipato in modo significativo alla realizzazione di interventi di natura ed importo almeno pari a quello oggetto della proposta”.
L’espressione contiene un rilevante margine di ambiguità, non essendo chiaro in cosa debba consistere tale partecipazione “in modo significativo”, tanto più che non si richiede al soggetto di aver realizzato in proprio e per intero interventi di natura e importo pari a quello oggetto della proposta, ma solo di aver partecipato a tale intervento in modo significativo.
Il nuovo regolamento può pertanto cogliere l’occasione di chiarire tale ambiguità.
Sul piano formale, nel comma 1, secondo rigo, la parola “soggetti” va sostituita con le parole “i soggetti”.
Art. 96 – Revoca dell’attestazione di qualificazione
Si è già osservato che l’art. 96, co. 3, dello schema, prevede la risoluzione del contratto ogni qualvolta vi sia stata la revoca dell’attestazione di qualificazione, ed è ora in contrasto con l’art. 135, co. 1 bis, del codice, introdotto dal secondo correttivo, secondo cui la risoluzione del contratto ha luogo solo in caso di revoca dell’attestazione di qualificazione conseguita sulla base di falsa documentazione o dichiarazioni mendaci. Pertanto, il co. 3 dell’art. 96 va espunto. In alternativa, in luogo dell’espunzione del terzo comma, l’armonizzazione con l’art. 135, co. 1 bis del codice, potrebbe avvenire modificando il comma 3 in commento come segue: “ove la revoca sia intervenuta per una delle ipotesi di cui all’art. 135, comma 1 bis del codice, le stazioni appaltanti e i soggetti aggiudicatori procedono alla risoluzione del contratto”.
Sul piano sistematico, poi, l’art. 96 dello schema risulta inserito nel capo IV del titolo III, dedicato ai soggetti abilitati ad assumere lavori, mentre più correttamente andrebbe inserito alla fine del capo III, dedicato ai requisiti per la qualificazione.
Articoli da 97 a 104 – Qualificazione del contraente generale
Il codice prevede un sistema di qualificazione dei contraenti generali, gestito dal Ministero delle infrastrutture. Per la sua disciplina di dettaglio, il codice demanda al regolamento generale, lasciando tuttavia ad un d.m. la fissazione delle ulteriori modalità tecniche e procedurali, nonché la istituzione di una commissione per l’esame dei ricorsi amministrativi, e di una commissione consultiva (art. 192, commi 4, 5 e 6 del codice).
Il codice ha in materia mutuato la disciplina recata dal d.lgs. n. 190/2002 e successive modificazioni, nonché quella recata dal d.m. 27 maggio 2005 che detta le modalità tecniche e procedurali per la qualificazione dei contraenti generali.
Gli artt. da 97 a 104, secondo la relazione ministeriale, riproducono il contenuto di tale d.m. 27 maggio 2005, che viene abrogato per intero dallo schema di regolamento.
La Sezione rileva, anzitutto, che nel sistema del codice è stata data una definizione di contraente generale solo ai fini delle infrastrutture strategiche, e in tale ambito ne è stata disciplinata la qualificazione con regole peculiari.
Tuttavia con il secondo decreto correttivo, è stato introdotto il contraente generale anche nell’ambito del leasing finanziario per le opere pubbliche, e la formulazione della norma (si veda in particolare il comma 3 dell’art. 160 bis del codice) è tale da lasciar presumere che l’istituto del contraente generale sia utilizzabile per tutte le “opere pubbliche o di pubblica utilità” di cui al comma 1 del medesimo articolo, e non per le sole infrastrutture strategiche.
D’altra parte, in mancanza di qualsiasi definizione del contraente generale vuoi nel nuovo art. 160 bis del codice, vuoi nell’art. 3 del codice medesimo, si deve ritenere che la definizione di contraente generale data ai fini delle infrastrutture strategiche, e la relativa qualificazione, si applichino anche per il leasing finanziario.
Il regolamento deve pertanto chiarire che la qualificazione del contraente generale vale non solo per le infrastrutture strategiche ma anche per il leasing finanziario, anche se non può non rilevarsi che le modalità di tale qualificazione appaiono decisamente ultronee quando non si tratti di infrastrutture strategiche.
La Sezione rileva, in secondo luogo, che non è chiaro se oltre al d.m. 27 maggio 2005, trasfuso nel regolamento, vi siano altri decreti ministeriali istitutivi della commissione per l’esame dei ricorsi (art. 192, co. 5, del codice) e della commissione consultiva (art. 192, co. 6, del codice).
Infatti la istituzione di tali commissioni è specificamente demandata dal codice a decreti ministeriali, ma di tali commissioni non si occupa il d.m. 27 maggio 2005.
Inoltre le due commissioni dovevano formare oggetto di riordino ai sensi dell’art. 29, d.l. n. 223/2006. Non consta che siano state incluse nel d.P.R. di riordino (d.P.R. 14 maggio 2007 n. 92). Sicché, tali commissioni dovrebbero aver perso operatività con decorrenza 15 maggio 2007, a meno che i loro compiti non siano stati attribuiti ad altre commissioni, che siano state a loro volta riordinate dal citato d.P.R. n. 92/2007.
Compete al Ministero delle infrastrutture una verifica in ordine alla sorte di tali commissioni: ove le stesse risultino estinte con effetto dal 15 maggio 2007, o mai istituite, andrebbe abrogato il riferimento ad esse contenuto nell’art. 192, commi 5 e 6 del codice (con un decreto legislativo correttivo), e andrebbe eliminato il riferimento alla commissione ricorsi contenuto nell’art. 104 dello schema di regolamento.
Va aggiunto che la scelta tecnica, pienamente condivisibile, di trasfondere nel regolamento generale il contenuto del d.m. 27 maggio 2005, deve indurre a riflettere sulla necessità della perdurante vigenza dell’art. 192, co. 4, ultimo periodo, del codice, che demanda ad un provvedimento ministeriale la disciplina delle modalità tecniche e procedurali della qualificazione del general contractor. Sicché in sede di (futuro) correttivo del codice tale norma potrebbe essere espunta.
Nel dettaglio, si osserva quanto segue.
L’art. 188 del codice dispone che il regolamento fissa i requisiti di ordine generale per la qualificazione del general contractor. A sua volta l’art. 98 dello schema di regolamento per i requisiti di ordine generale del general contractor rinvia all’art. 77 del regolamento, che a sua volta rinvia all’art. 38 del codice.
Si ha pertanto un rinvio a catena, con ritorno al punto di partenza, del tutto superfluo.
Intanto, occorre che l’art. 98, co. 1, lett. b), dello schema, anziché rinviare all’art. 77 del regolamento, rinvii direttamente all’art. 38 del codice. In secondo luogo, in un futuro decreto correttivo del codice, l’art. 188 andrà novellato prevedendo un rinvio all’art. 38 del codice anziché al regolamento.
L’art. 98, co. 1, lett. c), dello schema, per i requisiti di ordine speciale dapprima rinvia all’art. 189 del codice, e poi ne riproduce il contenuto. La riproduzione pedissequa di norme del codice va evitata, pertanto l’art. 98, co. 1, lett. c), deve limitarsi alle parole “requisiti di ordine speciale di cui all’articolo 189 del codice”, con eliminazione del successivo contenuto (punti a., b., c.).
L’art. 99, co. 3, dello schema riproduce quanto già contenuto nell’art. 192, co. 2, del codice, e va pertanto espunto.
L’art. 103 dello schema riproduce quanto già contenuto nell’art. 47 del codice, in ordine alla qualificazione di imprese stabilite in Stati diversi dall’Italia, tranne la precisazione che i documenti in lingua straniera devono essere tradotti in lingua italiana da traduttore ufficiale che ne attesta la conformità al testo originale in lingua madre.
L’art. 103 va pertanto espunto.
La precisazione relativa ai documenti in lingua straniera, avendo rilevanza per la qualificazione di tutte le imprese straniere, e non solo per i contraenti generali, deve essere dettata in apposita norma che valga per tutti i tipi di qualificazione, sia per gare singole, che in relazione a sistemi di qualificazione.
Art. 105 – Appalti di lavori – contratti a corpo e a misura
I commi 1 e 2 dell’articolo in commento indicano i presupposti per l’appalto a corpo e a misura, mutuando l’art. 19, commi 4, 5 e 5 bis, l. n. 109/1994.
Ma tali previsioni della l. n. 109/1994, sono state espressamente abrogate dal codice, e in esso non riprodotte.
L’art. 53, co. 4, del codice, demanda solo al bando di stabilire se il contratto sarà a corpo o a misura o parte a corpo e parte a misura, e lascia al regolamento non già la disciplina dei “presupposti” per l’appalto a corpo e a misura, ma solo “le modalità”, ossia i criteri di commisurazione del prezzo in caso di appalto a corpo e a misura.
Pertanto, i commi 1 e 2 dell’art. 105 vanno espunti.
Il comma 3, che non riguarda l’appalto a corpo e a misura, ma consente di prescindere dal progetto esecutivo per i lavori di manutenzione o di scavi archeologici, deve trovare adeguata collocazione o nella parte del regolamento dedicata alla progettazione esecutiva, o nella parte del regolamento dedicata all’avvio dell’esecuzione, o, meglio ancora, per quanto riguarda gli scavi archeologici, nel titolo dedicato ai lavori su beni culturali.
Art. 106 – Disposizioni preliminari
Il verbale da sottoscrivere da parte del RUP e dell’impresa, richiamato nel co. 3 dell’art. 106, non prevede la possibilità della consegna anticipata in via di urgenza dei lavori prima della stipula del contratto.
Pertanto, si suggerisce di modificare il comma in esame, sostituendone il testo con la seguente formulazione: “In nessun caso si procede alla stipulazione del contratto o alla consegna in via d’urgenza dei lavori, se il responsabile del procedimento e l’impresa appaltatrice non abbiano concordemente dato atto, con verbale da entrambi sottoscritto, del permanere delle condizioni che consentono l’immediata esecuzione dei lavori, con particolare riferimento a quelle di cui al comma 1, lett. a), b) e c).”.
Articoli da 107 a 109
Gli artt. da 107 a 109 disciplinano, rispettivamente, le categorie di opere generali e specializzate, i requisiti di qualificazione per tali categorie, i criteri di affidamento delle opere generali e specializzate non eseguite direttamente.
Si osserva anzitutto, sul piano sistematico, che nello schema di regolamento, la materia della qualificazione delle imprese operanti nei lavori pubblici (per ottenere l’attestato SOA) è trattata organicamente nel Titolo III della Parte II, nonché nel successivo Titolo IV per quanto attiene al contraente generale: in particolare negli artt. 91 e segg. sono indicati i requisiti per la partecipazione dei vari operatori economici alle gare di appalto.
Al fine di evitare una dispersione della stessa materia in più punti del testo regolamentare, appare opportuno ricollocare anche gli artt. 107, 108, 109 nell’ambito del precedente Titolo III.
L’art. 107, commi 2 e 3, reca la definizione di opere generali e speciali, già contenuta nell’art. 3, co. 1, lett. t) e u), del medesimo schema di regolamento, pertanto i commi 2 e 3 vanno espunti.
Art. 110 – Disposizioni in materia di pubblicazione degli avvisi e dei bandi
Il comma 2 è meramente ripetitivo dell’art. 10, co. 8, del codice, e va espunto.
Il comma 3 è meramente ripetitivo dell’art. 64, co. 4, e dell’art. 122, co. 4, del codice, e va espunto.
Art. 111 – Esecuzione dei lavori congiunta all’acquisizione di beni immobili
La disposizione in commento riproduce l’art. 83, d.P.R. n. 554/1999, tuttavia la previsione necessita di migliore coordinamento con l’art. 53, commi 5 e seguenti, del codice.
Anzitutto, nel comma 2, il contenuto delle lett. b) e c) va invertito.
In secondo luogo, il comma 4, sebbene riproduca norma del precedente regolamento, è ora meramente ripetitivo dell’art. 53, co. 10, del codice, e pertanto va espunto.
Il comma 5, lett. a), laddove prevede che la proprietà del bene viene aggiudicata al miglior offerente, è in contrasto con l’art. 53, co. 7, secondo cui la proprietà del bene viene trasferita all’appaltatore solo dopo il collaudo, salva la anticipata immissione in possesso. Pertanto, l’espressione “la proprietà dello stesso viene aggiudicata al miglior offerente” va sostituita con l’espressione “il contratto viene aggiudicato al miglior offerente”.
Il comma 6 prevede che il valore dei beni immobili pubblici da trasferire viene determinato “sulla base dei criteri estimativi desumibili dalle norme fiscali”. Nella misura in cui si faccia, in tal modo, rinvio ai valori catastali, si determina, verosimilmente, una sottostima del bene pubblico rispetto al suo valore di mercato. Pertanto, la norma in commento va riscritta, prevedendo che il valore dei beni immobili pubblici da trasferire, da porre a base di gara, viene fissato “sulla base del valore di mercato determinato tramite i competenti uffici del Ministero dell’economia e delle finanze”.
Art. 112 – Contratti aperti di manutenzione
a) Viene riprodotto l’art. 154, d.P.R. n. 554/1999, relativo al contratto aperto di manutenzione, norma che trovava la sua legittimazione nella duplice circostanza che:
– la l. n. 109/1994 non contemplava l’accordo quadro, che, prima del codice, era stato in Italia introdotto solo per i settori speciali;
– il regolamento n. 554/1999 era un regolamento anche di delegificazione, ai sensi dell’art. 17, co. 2, l. n. 400/1988.
Nel sistema del codice, da un lato non vi è alcuna norma che preveda il contratto aperto di manutenzione e per converso è stato previsto l’accordo quadro per lavori di manutenzione (art. 59 del codice), e dall’altro lato il regolamento non può né delegificare, né andare praeter legem, essendo un regolamento di sola esecuzione e attuazione.
Pertanto, si deve escludere che il nuovo regolamento possa prevedere l’istituto del contratto aperto di manutenzione.
Piuttosto, potrebbe essere opportuno dettare norme di esecuzione e attuazione dell’art. 59 del codice, in tema di accordo quadro per lavori di manutenzione. Tanto più che lo schema di regolamento detta disposizioni attuative per l’accordo quadro solo nel settore di servizi e forniture (art. 296) e non anche per i lavori.
Pertanto l’art. 112 va espunto.
b) Ove il Ministero e il Governo ritenessero di dover mantenere il contratto aperto di manutenzione in aggiunta all’accordo quadro per lavori di manutenzione, andrebbero chiariti gli elementi differenziali tra i due istituti, giustificando la perdurante necessità del contratto aperto di manutenzione, dopo l’entrata in vigore (a partire dal 1° agosto 2007), dell’accordo quadro per lavori di manutenzione.
Vanno richiamate, ove il Governo intenda mantenere il contratto aperto di manutenzione, le osservazioni contenute nel parere dell’Autorità di vigilanza sullo schema di regolamento:
a) sostituire l’attuale titolo “Lavori di manutenzione” dell’art. 112 con quello più chiaro e pertinente “Contratto aperto di manutenzione”;
b) al co. 1 dopo le parole “interventi di manutenzione” aggiungere “di pronto intervento” (cfr. determinazione Autorità n. 13/2004);
c) nel co. 2 riformulare il secondo periodo con il testo: “Il responsabile del procedimento può autorizzare l’ulteriore spesa fino ad un importo non superiore a 200.000 euro e comunque fino ad una spesa non superiore all’originario importo a base di gara.”. Questa modifica è utile perché secondo una tesi, sulla base della scarna disciplina dell’attuale art. 154, d.P.R. n. 554/1999, il contratto aperto di manutenzione non potrebbe avere un importo superiore a 200.000 euro, il che lo renderebbe inutile dato che quel limite è lo stesso dei lavori in economia. Infine la proposta di modifica più importante attiene all’opportunità di prevedere un importo massimo del contratto aperto, che potrebbe essere fissato in un milione di euro. Ed ancora, appare opportuno prevedere una normativa sulla verifica (collaudo) delle prestazioni rese all’interno di questo contratto: ad esempio, si potrebbe stabilire che ogni intervento sia sottoposto quanto meno a certificato di regolare esecuzione.
Art. 113 – Dialogo competitivo
L’art. 113, co. 1, dello schema, dà una definizione di “particolare complessità” dell’intervento che è difforme dalla definizione già contenuta nell’art. 58 del codice. Pertanto l’intero art. 113, co. 1, va espunto.
Inoltre sul piano del procedimento di gara, l’art. 113 non contiene specificazioni dell’iter delineato dall’art. 58; indubbiamente la lacuna del regolamento è imputabile alla circostanza che il dialogo competitivo è ad oggi un istituto inoperante, sicché è mancata quella pratica applicazione idonea ad evidenziare i problemi da regolamentare.
Se del caso, si provvederà ad un aggiustamento della norma regolamentare, dopo un periodo di congrua applicazione dell’istituto.
La pratica applicazione dovrà poi indurre a riflettere, in termini più generali, sulle analogie e differenze tra dialogo competitivo e finanza di progetto, anche al fine di un accorpamento delle procedure e di un auspicabile snellimento della triplice procedura concorsuale che connota, oggi, la finanza di progetto. Siffatta triplice procedura concorsuale è vieppiù sovrabbondante dopo il secondo correttivo del codice, che ha abolito il diritto di prelazione del promotore.
Art. 114 – Schema di contratto
La previsione in commento mutua l’art. 86, d.P.R. n. 554/1999, in ordine al contenuto dello schema di contratto di concessione.
La norma non è stata tuttavia adeguata alle sopravvenienze normative in tema di concessione, successive al d.P.R. n. 554/1999.
In particolare, la lett. i), relativa al prezzo dovuto al concessionario, non tiene conto dell’art. 143, co. 5, del codice, che prevede la cessione di immobili a titolo di prezzo, rinviando all’art. 53. In particolare, in siffatta ipotesi il contratto di concessione dovrà anche prevedere le modalità dell’eventuale anticipata immissione in possesso dell’immobile, rispetto al trasferimento della proprietà che può avvenire solo dopo il collaudo dell’opera.
Ancora, l’art. 86 in esame non tiene conto dell’art. 143, co. 7, sia nel testo originario del codice, sia nel testo novellato dal d.lgs. n. 113/2007. Pertanto va opportunamente integrato.
Art. 115 – Contenuti dell’offerta
Nel primo rigo del comma 1 occorre fare salvo quanto previsto dall’articolo 143 del codice in ordine al contenuto dell’offerta dell’aspirante concessionario (v. art. 143, co. 7).
Art. 117 – Aggiudicazione al prezzo più basso determinato mediante offerta a prezzi unitari
Viene riprodotto l’art. 90, d.P.R. n. 554/1999.
L’ultimo comma disciplina la possibilità di sospensione o rinvio della seduta di gara.
Si tratta di norma di rilevante importanza (in considerazione del contenzioso giudiziario spesso originato da deroghe al principio di continuità della gara), e di portata sistematica non limitata al criterio del prezzo più basso mediante offerta di prezzi unitari, per cui la stessa dovrebbe formare oggetto di un articolo a sé stante, opportunamente collocato all’inizio o alla fine del capo II, e di applicazione a tutti i criteri di selezione delle offerte.
Art. 118 – Offerta economicamente più vantaggiosa – Commissione giudicatrice
Il secondo periodo del co. 1, a tenore del quale i punti da assegnare a pesi e punteggi per qualità, pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali e ambientali non devono essere complessivamente inferiori a 65 (su un totale di 100) è privo di copertura legislativa. Infatti l’art. 83 del codice e le direttive comunitarie lasciano ai bandi, caso per caso, la scelta in ordine al punteggio da attribuire a ciascun elemento di valutazione, e non attribuiscono al regolamento il compito di predeterminare il peso minimo (o massimo) di ciascun elemento. Tale norma va pertanto espunta.
Va espunto altresì il primo periodo del comma 2 dall’art. 118, in quanto è in contrasto con il principio di trasparenza e imparzialità ammettere la possibilità che il bando di gara preveda l’audizione dei concorrenti, da parte della commissione giudicatrice, prima dell’apertura della busta contenente l’offerta tecnica, non essendo oltretutto nemmeno chiarito quale dovrebbe essere l’oggetto dell’audizione. Invero, la verifica della documentazione viene fatta in seduta pubblica, in cui già attualmente i concorrenti possono essere sentiti e far mettere a verbale le proprie osservazioni in ordine all’ammissione o esclusione della gara. Per quanto riguarda, poi, il contenuto delle offerte (tecnica ed economica) non è ammissibile un’audizione delle imprese sul contenuto delle offerte o sulla fissazione dei criteri di valutazione delle stesse, prima dell’apertura delle offerte medesime.
Il comma 3 dell’art. 118 in esame prevede la nomina della commissione giudicatrice “nel caso di accertata carenza di organico”.
Tale ipotesi è tuttavia già prevista dall’art. 84, co. 8, del codice. Pertanto, nell’art. 118, co. 3, il periodo “Nel caso di accertata carenza nell’organico della stazione appaltante di adeguate professionalità, attestata dal responsabile del procedimento sulla base degli atti forniti dal dirigente, si procede alla nomina della commissione giudicatrice di cui all’articolo 84, comma 8, secondo periodo, del codice” va sostituito come segue: “L’accertata carenza di organico di cui all’articolo 84, comma 8, del codice, è attestata dal responsabile del procedimento sulla base degli atti forniti dal dirigente”.
Art. 119 – Offerte anomale
Il co. 1, nel disciplinare come si calcolano le offerte di uguale valore al fine di determinare le medie, stabilisce, nel secondo periodo, che “Qualora nell’effettuare il calcolo del 10 per cento di cui all’articolo 86, comma 1, del codice siano presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da escludere, dette offerte sono altresì da escludere ai fini del successivo calcolo della soglia di anomalia”.
L’espressione “escludere” è impropria, in quanto non si tratta di esclusione, ma di accantonamento provvisorio. Pertanto la parola “escludere”, che compare due volte nel periodo, va in entrambi i casi sostituita con la parola “accantonare”.
I commi 4 e 5 danno attuazione all’art. 88, co. 3, del codice, che demanda al regolamento la fissazione dei criteri per la costituzione di apposita commissione per la valutazione delle offerte anomale.
L’attuazione è tuttavia solo parziale, in quanto il comma 5 impone in via prioritaria che la commissione sia costituita da personale interno alla stazione appaltante, salvi i casi di comprovata carenza di organico, ma non indica i criteri per la scelta di componenti esterni, ove la carenza di organico vi sia.
Occorre, pertanto, completare la norma, se del caso mediante rinvio ai criteri di nomina delle commissioni di gara con membri esterni, di cui all’art. 84 del codice.
Art. 122 – Fideiussione a garanzia dell’anticipazione e fideiussione a garanzia dei saldi
Nel co. 1 sono superflue, e vanno espunte, le parole “secondo quanto disposto dal successivo articolo 138”.
Art. 124 – Polizza di assicurazione indennitaria decennale
Nell’art. 124, occorre sostituire le parole “l’appaltatore e il concessionario” con le parole “esecutore dei lavori” (come enunciato dal codice all’art. 129 e dal precedente art. 123 dello schema di regolamento).
Artt. da 127 a 134 – Garanzia globale di esecuzione
L’art. 129, co. 3, del codice, prevede l’istituzione, mediante regolamento, di un sistema di garanzia globale di esecuzione, per gli appalti di maggiore complessità ed importo. La garanzia globale, già prevista dalla l. Merloni, non è stata sino ad oggi attuata. Uno schema di regolamento era stato predisposto in passato dal Ministero delle infrastrutture, e esaminato dal Consiglio di Stato, che aveva disposto adempimenti istruttori (Cons. St., sez. atti normativi, 7 febbraio 2005 n. 655).
Il capo II, rubricato “sistema di garanzia globale”, va ridenominato “sistema di garanzia globale di esecuzione”, atteso che la garanzia globale riguarda la fase di esecuzione del contratto, e questo è il nome che le viene dato dal codice (art. 129, co. 3).
Art. 127
Il comma 2 reca la definizione della garanzia globale, e in esso le parole “la garanzia globale” vanno sostituite con le parole “la garanzia globale di esecuzione”.
Il comma 3 dell’art. 127 indica l’ambito applicativo dell’istituto, escludendone espressamente le concessioni.
L’esclusione delle concessioni dall’oggetto dal sistema di garanzia globale non può essere condivisa in quanto non è conforme al dettato di cui all’art. 129 del codice, che si riferisce ai “lavori” di importo superiore a 100 milioni di euro e non solo agli “appalti”. Inoltre l’art. 142, co. 3, del codice, richiama per le concessioni e per gli appalti del concessionario le norme del codice, salvo che non siano espressamente derogate dalle norme specifiche dettate per le concessioni.
Nella relazione ministeriale illustrativa si giustifica l’esclusione delle concessioni dall’ambito della garanzia globale con la considerazione che “non può chiedersi ad un garante di intervenire in via sostitutiva in una attività imprenditoriale di gestione, di durata anche pluridecennale”.
Tale tesi non è condivisibile, atteso che la garanzia globale si riferisce, come afferma la stessa relazione ministeriale, all’”esecuzione” dell’opera, assicurando alla stazione appaltante la sollecita e fedele realizzazione della stessa. Siffatta esigenza sussiste indubbiamente anche nelle concessioni, in relazione al momento “esecutivo” dell’opera, sicché ben può prevedersi, per le concessioni, la garanzia globale limitatamente alla fase di esecuzione dell’opera, e ferme le ulteriori garanzie che l’ordinamento prevede per la successiva fase gestionale (sebbene sia minore il rischio di cattiva gestione, atteso che è dalla gestione che il concessionario consegue, essenzialmente, il proprio ritorno economico).
Art. 129 – Oggetto e durata della garanzia globale
L’art. 129 elenca le ipotesi di attivazione della garanzia di subentro. La norma non è ben coordinata con la nuova formulazione dell’art. 135 del codice. In generale, la norma può essere più sintetica, limitandosi a stabilire che la garanzia di subentro opera nei casi di “risoluzione del contratto ai sensi degli articoli 135 e 136 del codice, nonché nel caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa o concordato preventivo, che impediscano la corretta prosecuzione dell’esecuzione”.
Sul piano formale, sia nella lett. a) che nella lett. b), la parola “garanzia” va sostituita con “la garanzia”.
Art. 135 – Documenti facenti parte integrante del contratto
In tale articolo viene riprodotto, con adattamenti, l’art. 110, d.P.R. n. 554/1999. Mentre quest’ultimo sanciva senz’altro che il capitolato generale è parte integrante del contratto, l’art. 135 dello schema dispone che detto capitolato generale è parte integrante del contratto “ove adottato”.
La norma regolamentare non è in linea con le innovazioni recate dal codice in tema di capitolato generale.
E, invero, innovando rispetto al passato, il codice ha inteso attribuire valenza negoziale e non regolamentare al capitolato generale di appalto (art. 5, commi 8 e 9, e art. 253, co. 3, del codice), in una logica di semplificazione che passa anche, e necessariamente, per la riduzione del numero delle fonti normative eteronome.
Secondo il codice, in particolare, il capitolato generale è parte integrante del contratto se menzionato nel bando o nell’invito.
Pertanto, la norma regolamentare va allineata al codice, sostituendo le parole “ove adottato” con le parole “se menzionato nel bando o nell’invito”.
Art. 138 – Anticipazione
L’art. 138, co. 2, (a tenore del quale “Ai sensi di quanto disposto dall’articolo 5 del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con la legge 28 maggio 1997, n. 140, è fatto divieto alle amministrazioni pubbliche ed agli enti pubblici economici di concedere, in qualsiasi forma, anticipazioni del prezzo in materia di contratti di appalto di lavori, con esclusione di quelli riguardanti attività oggetto di cofinanziamento da parte dell’Unione europea”), è superfluo, perché ripetitivo della norma di legge citata, e fonte di equivoci, in quanto non è richiamato l’ultimo periodo della norma di legge medesima (a tenore del quale “Per l’attuazione dei programmi URBAN cofinanziati dall’Unione europea l’anticipazione sui contratti suddetti non può superare la somma complessiva del 20 per cento del prezzo di aggiudicazione dell’appalti”).
Pertanto, va solo richiamata la norma primaria, senza riprodurne il contenuto, come segue: “Si applica il divieto di anticipazioni del prezzo di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con la legge 28 maggio 1997, n. 140”.
Art. 139 – Pagamenti in acconto
Nel comma 1 le parole “dallo schema di contratto” vanno sostituite con le parole “dal contratto”, atteso che i termini e le rate dei pagamenti sono vincolanti ove contenuti nel contratto, e non nel suo schema, e che una volta che si è nella fase dell’esecuzione, si è in presenza del contratto, e non del suo schema.
Art. 141 – Termini di pagamento
La disposizione mutua il contenuto dell’art. 29, del capitolato generale di appalto n. 145/2000.
Occorre aggiungere un comma 4 che ai fini del termine di pagamento faccia salvo il disposto del novellato art. 118, co. 6, terzo periodo del codice, a tenore del quale non possono essere disposti pagamenti se l’appaltatatore non trasmette il DURC proprio e dei subappaltatori, nonché copia dei versamenti dovuti agli organismi paritetici.
La norma può essere così formulata: “E’ salvo il disposto dell’articolo 118, comma 6, terzo periodo, del codice”.
Art. 143 – Penali
Nel comma 1 le parole “lo schema di contratto precisa” vanno sostituite con le parole “il contratto indica”, per le considerazioni già svolte in sede di esame dell’art. 139 dello schema.
Analogamente, nel comma 3 le parole “nello schema di contratto” vanno sostituite con le parole “nel contratto”.
Nel comma 4 le parole “agli eventuali ritardi” vanno sostituite con le parole “ai ritardi”, atteso che nella norma l’obbligo del direttore dei lavori di riferire tempestivamente al responsabile del procedimento si concreta solo quando i ritardi ci sono, e non quando sono eventuali.
Art. 144 – Inadempimento dell’appaltatore
La norma contempla l’esecuzione in danno dell’appaltatore inadempiente.
La norma va integrata dando attuazione al nuovo art. 5, co. 5, lett. r), del codice, come novellato dal secondo decreto correttivo, che demanda al regolamento la disciplina dell’intervento sostitutivo della stazione appaltante (non solo, come ora prevede l’art. 144 dello schema, in caso di inadempimento degli obblighi propriamente inerenti l’esecuzione dei lavori) ma anche in caso di inadempimento degli obblighi retributivi e contributivi dell’esecutore nei confronti dei propri dipendenti e subappaltatori.
Artt. da 145 a 148 – Direzione dei lavori
Nell’ambito di tali previsioni occorre dare opportuna attuazione al nuovo art. 118, co. 4, del codice, come novellato dal secondo decreto correttivo.
In particolare, si potrebbe intervenire sull’art. 146, co. 4, nel quale, tra i compiti del direttore dei lavori, andrebbe enumerato anche quello di provvedere alla segnalazione al responsabile del procedimento in caso di inosservanza, da parte dell’affidatario, della disposizione di cui all’art. 118, co. 4, del codice, come novellato dal d.lgs. n. 113/2007.
Art. 149 – Sicurezza nei cantieri
In relazione al co. 1, terzo periodo – si suggerisce di coordinarlo con il disposto dell’art. 92, co. 5, del codice.
Si richiamano le osservazioni svolte in relazione all’art. 49, in ordine alla preclusione, per la fonte regolamentare, di prevedere ex novo un compenso aggiuntivo per i dipendenti pubblici, parametrato a tariffe professionali, in difetto di una base legislativa che lo consenta.
Va pertanto espunto l’ultimo periodo dell’art. 149, co. 1.
In relazione al co. 2, se ne suggerisce il coordinamento con il disposto dell’art. 5, d.lgs. n. 494/1996, come modificato dal d.lgs. n. 528/1999. Peraltro sarebbe opportuno non riprodurre pedissequamente norme già contenute nel citato art. 5, d.lgs. n. 494/1996, ma se del caso operare un mero rinvio alla norma primaria.
In relazione al co. 2, lett. d) occorre che siano specificate quali sono le “gravi inosservanze” che comportano rispettivamente la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere e la risoluzione del contratto; in tal senso è opportuno che la norma in esame sia coordinata con il disposto del d.m. n. 222/2003, nella parte in cui, in attuazione del mandato di cui all’art. 131, co. 3 del codice, provvederà a stabilire “quali violazioni della sicurezza determinano la risoluzione del contratto da parte della stazione appaltante”.
Si suggerisce, inoltre, alla luce del comunicato del Presidente dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici del 28 settembre 2006, di aggiungere in coda al periodo di che trattasi le parole: “I predetti provvedimenti interdettivi sono oggetto di comunicazione all’Autorità da parte del responsabile del procedimento.”.
In termini più generali, l’art. 149 va opportunamente integrato alla luce dell’art. 118, co. 4, del codice, come novellato dal secondo decreto correttivo. Allo scopo, si potrebbe intervenire sul comma 2, nel quale, tra le funzioni del coordinatore per l’esecuzione dei lavori, andrebbe indicata quella di provvedere alla segnalazione al responsabile del procedimento in caso di inosservanza, da parte dell’affidatario, della disposizione di cui all’art. 118, co. 4, del codice, come novellato dal d. lgs. n. 113/2007.
Sul piano formale, nelle lettere da a) ad f) del comma 2, occorre togliere l’articolo determinativo che è posto davanti al verbo in forma infinito.
Art. 150 – Disposizioni e ordini di servizio
Viene riprodotto con modifiche l’art. 128 del regolamento n. 554/1999.
Quest’ultimo conteneva un unico istituto, l’ordine di servizio, con cui il responsabile del procedimento impartisce istruzioni al direttore dei lavori, e con cui il direttore dei lavori impartisce istruzioni all’appaltatore.
Nella nuova norma si distinguono “le istruzioni di servizio”, che sono impartite dal responsabile del procedimento al direttore dei lavori, e “gli ordini di servizio”, impartiti dal direttore dei lavori all’appaltatore.
Non si coglie la necessità della modifica, che è meramente lessicale, ed è preferibile la formulazione originaria contenuta nell’art. 128, d.P.R. n. 554/1999.
Art. 156 – Sospensione e ripresa dei lavori
Nell’art. 156 si dice che il direttore dei lavori ordina la sospensione dei lavori in presenza di circostanze speciali che impediscono l’utile prosecuzione dei lavori a regola d’arte, e che il responsabile del procedimento ordina la sospensione dei lavori fuori dei casi di competenza del direttore dei lavori, in presenza dei presupposti di cui all’art. 157.
Tuttavia l’art. 157 menziona come cause di sospensione le avverse condizioni climatiche, di forza maggiore, e le altre circostanze speciali che impediscono l’esecuzione a regola d’arte, attribuendo la competenza al direttore dei lavori.
Pertanto occorre meglio chiarire – e si tratta di scelta di opportunità, sicché questa Sezione non può suggerire norme – se la sospensione dei lavori può essere ordinata sia dal direttore dei lavori che dal responsabile del procedimento in presenza dei medesimi presupposti, ovvero se i due soggetti hanno competenze differenziate.
Art. 158 – Sospensione illegittima
Nel comma 1, le parole “il riconoscimento dei danni prodotti” vanno sostituite con le parole “il risarcimento dei danni subiti”.
Art. 159 – Variazioni ed addizioni al progetto approvato
Il comma 2 costituisce riscrittura non fedele dell’art. 10, d.m. n. 145/2000.
Dispone infatti che il mancato rispetto di variazioni e addizioni non autorizzate “salvo diversa valutazione del responsabile del procedimento, non dà titolo al pagamento dei lavori non autorizzati e comporta la rimessa in pristino, a carico dell’appaltatore, dei lavori e delle opere nella situazione originaria secondo le disposizioni del direttore dei lavori, fermo che in nessun caso egli può vantare compensi, rimborsi o indennizzi per i lavori medesimi”.
La norma è contraddittoria laddove rimette alla valutazione del responsabile del procedimento non solo la possibilità di esclusione della rimessione in pristino, ma anche la possibilità di pagamento dei lavori non autorizzati, e poi esclude comunque ogni tipo di compenso o indennizzo.
Occorre, pertanto, chiarire, come è nell’attuale norma di capitolato, che il responsabile del procedimento può solo acconsentire a che non si procede a rimessione in pristino, ferma l’esclusione di pagamenti e indennizzi.
La norma va pertanto così riformulata: “Il mancato rispetto del comma 1¸ comporta, salva diversa valutazione del responsabile del procedimento, la rimessa in pristino, a carico dell’appaltatore, dei lavori e delle opere nella situazione originaria secondo le disposizioni del direttore dei lavori, fermo che in nessun caso egli può vantare compensi, rimborsi o indennizzi per i lavori medesimi”.
Art. 164 – Riconoscimenti a favore dei creditori
Vengono riprodotti gli artt. da 351 a 355 della l. n. 2248/1865, all. F, che stabilisce, in relazione ai creditori dell’esecutore di opere pubbliche, un limite alla possibilità di “sequestro” delle somme dovute dalla stazione appaltante all’esecutore di lavori pubblici.
a) L’articolo in commento suscita una perplessità di fondo, in ordine alla possibilità che il regolamento (che ha natura di esecuzione e di attuazione), possa delegificare una materia (quella dei limiti ai diritti dei creditori), che attiene a diritti soggettivi e che finora era regolata da una fonte primaria che, per il principio di specialità, poteva derogare alle regole generali recate dal c.c. e dal c.p.c. in tema di sequestro e pignoramento di crediti.
La stessa perplessità si impone in relazione al comma 3, a tenore del quale se la stazione appaltante acconsente al “sequestro” del credito dell’appaltatore, i sequestri sono principalmente accordati per talune tipologie di crediti; infatti si crea una sorta di ordine di privilegi, difforme dal c.c., e derivante non da norma primaria, ma da norma regolamentare.
Ad avviso della Sezione, in assenza di norme che disciplinano, nel codice, la materia dei creditori dell’appaltatore, il regolamento non può introdurre alcuna disposizione sostitutiva degli artt. da 351 a 355, l. n. 2248/1865, non essendo un regolamento di delegificazione né essendo la materia indicata dall’art. 5 del codice fra quelle regolamentari.
Vero è che l’art. 256 del codice prevede, a far data dall’entrata in vigore del regolamento, l’abrogazione degli artt. da 351 a 355 della l. n. 2248/1865, ma è anche vero che nessuna norma del codice autorizza la riproduzione di tali articoli nel regolamento. Pertanto, gli artt. da 351 a 355, l. n. 2248/1865, vanno abrogati dal regolamento, senza riproduzione al suo interno.
b) Ove il Governo ritenga di dover mantenere l’art. 164, la Sezione formula le seguenti ulteriori osservazioni sul testo.
Nel riprodurre le disposizioni previgenti, il regolamento sembra seguire la tesi restrittiva, emersa nell’esegesi dell’art. 351, l. n. 2248/1865, secondo cui il limite per i creditori dell’appaltatore riguarda solo il “sequestro” e non anche il “pignoramento” delle somme dovute dalla stazione appaltante all’esecutore.
Va ricordato che in giurisprudenza è stata sostenuta anche la diversa tesi secondo cui l’art. 351, l. n. 2248/1865 richiederebbe il consenso della stazione appaltante anche per il pignoramento presso terzi.
Invero, la corretta soluzione imporrebbe un attento studio, in chiave storica, del significato della parola “sequestro” adoperata nell’art. 351 della l. del 1865, anche alla luce del c.c. e del c.p.c. all’epoca vigenti.
Allo stato, e stante la natura regolamentare delle norme che riproducono la l. del 1865, è corretta una interpretazione restrittiva.
Sul piano formale si segnala, poi, che il linguaggio normativo utilizzato dal legislatore del 1865 va aggiornato, anche per motivi di ordine sostanziale. Così, nel comma 1, l’espressione “definitiva collaudazione” va adeguatamente sostituita, chiarendo, sul piano sostanziale, se le somme possono essere sequestrate dopo il collaudo finale provvisorio o dopo il collaudo finale definitivo, e tenendo conto che per taluni lavori è rilasciato non il certificato di collaudo ma quello di regolare esecuzione (art. 141 del codice).
Artt. 165 e 166 – Appalto misto di progettazione ed esecuzione
a) Gli artt. 165 e 166 danno attuazione all’art. 53 del codice, in ordine al c.d. appalto – concorso (cioè l’appalto di esecuzione e progettazione esecutiva, previa acquisizione in gara del progetto definitivo) e al c.d. appalto – integrato (cioè l’appalto di esecuzione e progettazione esecutiva).
Come è noto l’art. 53 ha rimosso i limiti rigorosi di utilizzo di tali istituti previsti dalla l. n. 109/1994, lasciando maggiore discrezionalità alla stazione appaltante nell’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione al medesimo operatore.
Successivamente al codice, il legislatore ha ritenuto di differire l’entrata in vigore di tale “liberalizzazione”, in attesa che il regolamento circondasse di maggiori cautele l’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione.
b) Con il secondo decreto correttivo, l’ambito dell’appalto misto di progettazione ed esecuzione è stato ulteriormente circoscritto per i lavori sotto soglia.
Inoltre, è stato demandato al regolamento di fissare i criteri di valutazione della parte progettuale dell’offerta.
Gli artt. 165 e 166 dello schema prevedono un rigoroso controllo sulla progettazione affidata all’esecutore. Tuttavia gli stessi vanno integrati alla luce del secondo correttivo, quanto a:
– indicazione, per l’appalto – concorso, dei fattori ponderali ai fini della valutazione del progetto (art. 53, co. 2, lett. c), del codice);
– definizione, ai fini dell’appalto – integrato e dell’appalto – concorso sotto soglia, dei lavori di speciale complessità e dei progetti integrali (art. 122, co. 1, del codice), se del caso mediante un richiamo, da parte dell’art. 3, co. 1, lett. l), dello schema, anche dell’art. 122 del codice.
Ancora, l’art. 165, co. 9, e l’art. 166, co. 8, dello schema, demandano al capitolato speciale prestazionale allegato al progetto preliminare le modalità per il pagamento del corrispettivo previsto per le spese di progettazione esecutiva, laddove il nuovo art. 53, co. 3 bis, demanda al bando la facoltà di prevedere le modalità di corresponsione diretta al progettista della quota di compenso corrispondente agli oneri di progettazione, peraltro non solo con riferimento alla progettazione esecutiva, ma anche a quella definitiva. Tale discrasia può essere rimediata con l’aggiunta, del seguente inciso: “nelle ipotesi in cui non trova applicazione l’art. 53, comma 3-bis del codice, il capitolato speciale prestazionale allegato al progetto preliminare indica le modalità per il pagamento del corrispettivo previsto per le spese di progettazione esecutiva”.
L’adeguamento degli artt. 165 e 166 dello schema al sopravvenuto d.lgs. n. 113/2007 è indispensabile pena la in operatività sine die dell’appalto integrato e dell’appalto concorso.
Infatti il d.lgs. n. 113/2007 ha differito l’entrata in vigore di tali istituti fino alla data di entrata in vigore del regolamento. E tale previsione è da intendersi non già come differimento al regolamento quale che ne sia il contenuto, bensì come differimento all’entrata in vigore di puntuali norme regolamentari che attuino il d.lgs. n. 113/2007 quanto ai profili dell’appalto concorso e dell’appalto integrato da esso demandati al regolamento.
c) Per quanto riguarda il contenuto attuale degli artt. 165 e 166 dello schema, si osserva, sul piano formale:
– nell’art. 165, co. 1, sostituire le parole “ai sensi dell’articolo 11, del codice” con le parole “ai sensi dell’articolo 11, comma 9, del codice”;
– nell’art. 165, co. 2, sostituire le parole “con apposita disposizione di servizio, ordina” con “con ordine di servizio dispone” (v. osservazioni sull’art. 150);
– nell’art. 165, co. 2, sostituire le parole “nei tempi di cui allo schema di contratto allegato al progetto preliminare posto a base di gara” con le parole “nel termine fissato dal contratto” (v. osservazioni sull’art. 139);
– nell’art. 165, co. 6, sostituire le parole “dallo schema di contratto” con le parole “dal contratto” (v. osservazioni sull’art. 139);
– nell’art. 165, co. 10, sostituire la parola “designato” con la parola “nominato”;
– nell’art. 166, co. 1, sostituire le parole “, intervenuta la stipulazione del contratto a norma dell’articolo 11 del codice” con le parole “, dopo la stipulazione del contratto,”.
– nell’art. 166, co. 1, sostituire le parole “con apposita disposizione di servizio, ordina” con “con ordine di servizio dispone” (v. osservazioni sull’art. 150);
– nell’art. 166, co. 5, sostituire le parole “dallo schema di contratto” con le parole “dal contratto” (v. osservazioni sull’art. 139).
Art. 168 – Modalità per il calcolo e il pagamento della compensazione
L’art. 133, co. 4, del codice, che recepisce disposizioni introdotte dalla l. finanziaria del 2004, disciplina un meccanismo “revisionale” eccezionale, in deroga al generale divieto di revisione dei prezzi.
Sul tema è intervenuta una circolare ministeriale (4 agosto 2005), che viene ora riprodotta nell’art. 168 dello schema di regolamento, che da un lato qualifica la pretesa dell’esecutore alla revisione prezzi come “un diritto che discende dalla legge in presenza dei presupposti ivi fissati”, e dall’altro lato prescrive che la domanda di revisione va proposta entro un termine di decadenza di trenta giorni.
La questione della natura giuridica della pretesa alla revisione è dibattuta, ma in ogni caso la comminatoria di un termine di decadenza per la domanda di revisione, deve essere prevista da norma primaria, o da questa consentita. Nessuna disposizione del codice demanda al regolamento tale possibilità. Si deve d’altro canto osservare che essendovi un importo massimo disponibile per il pagamento delle compensazioni (art. 133, co. 7 del codice), le istanze ammissibili andranno soddisfatte secondo un criterio cronologico, sicché è interesse degli esecutori la presentazione tempestiva dell’istanza.
Nell’art. 168, co. 1, vanno pertanto espunte le parole “a pena di decadenza” mentre le parole “entro trenta giorni dalla avvenuta pubblicazione” vanno sostituite con le parole “dopo la pubblicazione”.
Nell’art. 168, co. 2, le parole “La stazione appaltante, per il tramite del responsabile del procedimento,” vanno sostituite con le parole “Il responsabile del procedimento,”.
Nell’art. 168, co. 9, vanno soppresse le parole “trattandosi di un diritto che discende dalla legge in presenza dei presupposti ivi fissati”, trattandosi di espressione propria del linguaggio esplicativo tipico delle circolari, ma non consona al linguaggio di un regolamento, che non deve esplicare ma normare.
Sul piano formale si rileva che la numerazione dei commi va rivista, saltandosi dal 6 all’8 con omissione del 7.
Art. 169 – Modalità per l’applicazione del prezzo chiuso
Valgono le considerazioni già svolte in relazione all’art. 168, in ordine alla preclusione, per la fonte regolamentare, di prevedere un termine di decadenza, in difetto di autorizzazione da parte della legge medesima.
Nell’art. 169, co. 1, vanno pertanto espunte le parole “a pena di decadenza” mentre le parole “entro trenta giorni dalla avvenuta pubblicazione” vanno sostituite con le parole “dopo la pubblicazione”.
Nell’art. 169, co. 2, le parole “La stazione appaltante, per il tramite del responsabile del procedimento,” vanno sostituite con le parole “Il responsabile del procedimento,”.
Art. 170 – Cottimo fiduciario
Nel comma 2 va espunto il richiamo dell’art. 125, co. 8, del codice, già di per sé applicabile al cottimo fiduciario, e non in virtù di un richiamo da parte della norma regolamentare.
Art. 175 – Fondi a disposizione della stazione appaltante
Nel comma 1, lett. f) sostituire la parola “indennizzi” in sé generica, con quelle “e pertinenti indennizzi”.
Nel comma 1, lett. g), non è corretto prevedere, tra le destinazioni dei fondi a disposizione delle stazioni appaltanti, genericamente, le “assicurazioni dei dipendenti”, che secondo la giurisprudenza non possono essere a carico dell’amministrazione pubblica – datore di lavoro, ove siano volte a coprire la responsabilità per danno erariale (C. conti, sez. giur. reg. Puglia, 7 febbraio 2004 n. 95; C. conti, sez. giur. reg. Lombardia, 9 maggio 2002 n. 942).
Sempre nel comma 1, lett. g), non è conforme alle regole di contabilità pubblica e corretta amministrazione inserire tra le destinazioni del fondo posto a disposizione della stazione appaltante le “spese di funzionamento delle amministrazioni aggiudicatrici comunque sostenute in relazione all’intervento”.
In entrambi i casi ad avviso della Sezione si grava il costo dell’opera pubblica di oneri non pertinenti, determinando, in definitiva, un aumento dei costi per la finanza pubblica, privi di copertura.
Si ritiene pertanto che le norme vadano espunte.
Sempre nel comma 1, lett. g), è erroneo il richiamo all’incentivo di cui all’art. 92, co. 4, atteso che l’art. 92, co. 4, non contempla alcun incentivo: il richiamo corretto è al comma 5 del medesimo articolo.
Art. 181 – Annotazione dei lavori a corpo
Nel comma 1 sostituire “dallo schema di contratto” con “dal contratto” (v. osservazioni relative all’art. 139).
Art. 191 – Stato di avanzamento lavori
Nel comma 1 sostituire “nello schema di contratto” con “nel contratto” (v. osservazioni relative all’art. 139).
Art. 196 – Conto finale dei lavori
Nel comma 2, lett. f), dopo le parole “nonché una relazione riservata relativa alle riserve dell’appaltatore” aggiungere “non ancora definite”. Ciò in quanto vi possono già essere stati pregressi accordi bonari e transazioni, e vanno definite solo le riserve residue.
Artt. da 211 a 234 – Collaudo dei lavori
Gli artt. da 211 a 234 riproducono le disposizioni del d.P.R. n. 554/1999 in materia di collaudo dei lavori, con modifiche di limitata entità. Di seguito si segnalano le norme, nuove, che danno adito a perplessità.
Art. 211 – Oggetto del collaudo
In relazione all’art. 211, co. 4, lett. d), l’ambito applicativo deve coincidere con quello degli articoli del codice dedicati ai lavori su beni culturali. Pertanto, le parole “nel caso di opere e lavori su beni soggetti alla vigente legislazione in materia di beni culturali e ambientali” devono essere sostituite con le parole “nel caso di opere o lavori relativi a beni di cui alla parte II, titolo IV, capo I del codice, inerente i contratti relativi a beni culturali”.
Infine, come meglio si esporrà in relazione agli articoli da 235 a 246 dello schema, l’art. 211, co. 4, lett. d), andrebbe ricollocato nel titolo specificamente dedicato dal regolamento agli appalti relativi a beni culturali.
Art. 212 – Nomina del collaudatore
Il co. 5 prevede che l’incarico di collaudo possa essere conferito anche a soggetti muniti di laurea triennale o diploma universitario.
Si rinvia a quanto osservato in relazione all’art. 3, lett. aa), in ordine alla necessità di espungere il riferimento alla laurea triennale o diploma universitario.
Compete infatti alle discipline delle singole professioni stabilire se e quali collaudi possono essere demandati a soggetti muniti di laurea triennale.
Non è legittimo il co. 7 dell’art. 212, che prevede l’affidamento del collaudo in via prioritaria, oltre che ai dipendenti in servizio della stazione appaltante, anche ai dipendenti a riposo e ai dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici con competenze in materia di lavori pubblici, anche a riposo.
Anzitutto, la norma è in contrasto con l’art. 141, co. 4, del codice, che fa riferimento alla nomina in via prioritaria, dei collaudatori, all’interno delle proprie strutture, facendo dunque riferimento ai soli dipendenti in servizio della stazione appaltante.
D’altro canto, l’incarico ad un dipendente di altra amministrazione o a riposo non può rientrare tra i compiti d’ufficio e non può pertanto essere compensato con l’incentivo di cui all’art. 92 del codice; inoltre l’affidamento diretto a tali soggetti di un’attività professionale sarebbe in evidente contrasto con i principi del Trattato CE.
Pertanto nel co. 7 vanno eliminate, sia nel primo che nel secondo periodo, le parole “e a dipendenti, anche a riposo, di amministrazioni aggiudicatrici con competenze in materia di lavori pubblici”.
Sempre il comma 7, laddove rinvia al comma 11, contiene un refuso, in quanto il rinvio corretto è al comma 10.
Il comma 10 per l’affidamento di incarichi di collaudo a soggetti esterni rinvia alla parte III, titoli II e III dello schema di regolamento. A sua volta l’art. 270 dello schema, per l’affidamento dei servizi di progettazione, richiama le procedure di evidenza pubblica previste dall’art. 91 del codice per gli incarichi esterni di progettazione, direzione dei lavori, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione.
In tal modo viene colmata una lacuna del codice, che all’art. 141 non prevede procedure di evidenza pubblica per l’affidamento di incarichi di collaudo a soggetti esterni.
Sul punto il regolamento costituisce migliore recepimento della direttiva comunitaria 2004/17, volto a scongiurare procedure di infrazione nei confronti dello Stato italiano.
E’ tuttavia auspicabile che in un (futuro) decreto correttivo del codice la lacuna sia colmata mediante novella dell’art. 91 del codice, integrandone il co. 1, prevedendo in esso anche gli incarichi di collaudo.
Art. 224 – Eccedenza su quanto è stato autorizzato ed approvato
Viene recepito, con una sostanziale modifica, l’art. 198, d.P.R. n. 554/1999. Quest’ultimo si limita a stabilire che se l’organo di collaudo riscontri lavorazioni meritevoli di collaudo, ma non preventivamente autorizzate, sospende il rilascio del certificato di collaudo e ne riferisce al responsabile del procedimento, che a sua volta trasmette la relazione e la proposta dell’organo di collaudo, con proprio parere, alla stazione appaltante. A tale ipotesi l’art. 224 dello schema aggiunge che l’organo di collaudo può ammettere le lavorazioni non preventivamente autorizzate nella contabilità, se le ritiene indispensabili per l’esecuzione dell’opera e se l’importo totale dell’opera, compresi i lavori non autorizzati non ecceda i limiti delle spese approvate, il tutto previo parere della stazione appaltante.
L’innovazione non può essere consentita, perché spetta alla stazione appaltante autorizzare lavorazioni eccedenti quanto già approvato, mentre l’organo di collaudo verifica solo la conformità dei lavori eseguiti rispetto al progetto e al contratto. L’innovazione altera il riparto di competenze, trasformando in organo con competenze decisorie un organo che ha invece compiti di controllo tecnico. Pertanto, vanno soppresse le parole “le ammette nella contabilità, previo parere della stazione appaltante, solo se le ritiene indispensabili per l’esecuzione dell’opera e se l’importo totale dell’opera, compresi i lavori non autorizzati, non ecceda i limiti delle spese approvate; altrimenti”.
Art. 232 – Collaudo dei lavori di particolare complessità tecnica o di grande rilevanza economica
L’art. 232, co. 1, dello schema, dà la definizione di “lavori di grande rilevanza economica” e “di particolare complessità tecnica” dichiaratamente “ai fini dell’art. 141, co. 1 e co. 6” del codice.
La disposizione va tuttavia coordinata con l’art. 3, lett. l) dello schema, che definisce i lavori di particolare complessità ai fini “dell’art. 141, co. 7” del codice.
E, invero, l’art. 141 del codice (relativo al collaudo dei lavori pubblici):
– al co. 1 parla di “particolare complessità dell’opera”;
– al co. 6 parla di “lavori di particolare complessità tecnica o di grande rilevanza economica”;
– al co. 7 parla di “opere di particolare complessità”.
Ora, il co. 1 e il co. 7 dell’art. 141 del codice utilizzano la medesima espressione, desumendone come conseguenza che il termine per il collaudo può essere elevato fino ad un anno (art. 141, co. 1, del codice) e che si procede a collaudo in corso d’opera (art. 141, co. 7 del codice).
Il co. 6, specifica la particolare complessità come “tecnica”, peraltro riferendola ai “lavori” e non alle “opere”, e vi aggiunge il caso di lavori di grande rilevanza economica, traendone come conseguenze che per tali tipologie di lavori il collaudo si basa su apposite certificazioni di qualità dell’opera e dei materiali.
Ora, posto che il co. 1 e il co. 7 dell’art. 141 del codice si riferiscono alla medesima nozione di particolare complessità dell’opera, non è corretto che tale particolare complessità venga, dallo schema di regolamento, diversamente definita nell’art. 3, lett. l) e nell’art. 232.
Art. 234 – Compenso spettante ai collaudatori
Nel co. 3, l’aliquota di maggiorazione del corrispettivo per il collaudo in corso d’opera è stata aumentata dal 20% (previsto dal d.P.R. n. 554/1999) al 30%. Va invece conservata l’aliquota del 20%, ai fini del contenimento della spesa. Tra l’altro, è di norma che i collaudi di rilevanti interventi siano svolti in corso d’opera, per cui l’incremento della spesa costituirebbe la norma, piuttosto che l’eccezione.
Non è inoltre dimostrata la copertura finanziaria di tale norma, che incide sul costo complessivo dell’opera pubblica. Sicché la norma va espunta.
Artt. da 235 a 246 – Lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale
In coerenza con la scelta del codice (e già in precedenza del d.lgs. n. 30/2004) di dedicare un capo a sé stante agli appalti relativi a beni culturali, anche il regolamento detta un apposito titolo per tali lavori, mutuando le disposizioni dettate in argomento dal d.P.R. n. 554/1999.
La scelta unificante non è stata però realizzata dallo schema di regolamento in modo compiuto, in quanto sono rimaste sparse in altre sedi del codice le disposizioni speciali in tema di qualificazione per i lavori relativi a beni culturali (e segnatamente quelle derivanti dal d.P.R. n. 34/2000), e altre disposizioni in tema di progettazione e collaudo.
Il codice demanda al regolamento di dettare i requisiti specifici di qualificazione occorrenti per gli appalti relativi a beni culturali (art. 201, co. 1, codice).
Nella logica di unificazione perseguita dal codice e dal regolamento, e nell’ottica di semplificazione, è necessario inserire nel titolo dedicato ai lavori relativi a beni culturali anche altre disposizioni ad essi pertinenti, e sparse nello schema di regolamento.
La questione non è solo di ordine formale – sistematico, in quanto l’aver disseminato nel codice svariate disposizioni relative a lavori e opere su beni culturali, ha comportato una diversa delimitazione, per ciascuna singola disposizione, del relativo ambito applicativo, con conseguenti dubbi esegetici e difficoltà applicative. Invece l’ambito applicativo non può che essere identico, e soprattutto non può che coincidere con quello indicato nel codice (art. 198 del codice), come già si è segnalato in sede di esame dei singoli articoli dello schema di regolamento (artt. 56, 84, co. 2, 82, co. 5, 86, co. 3, 90, co. 2, 105, co. 3, 107, co. 4, lett. a), 211, co. 4, lett. d), dello schema).
In particolare va rivista la collocazione dei seguenti articoli:
– art. 56, relativo alla verifica dei progetti relativi a lavori su beni culturali, che trova migliore collocazione sistematica dopo gli articoli da 237 a 243, relativi alla progettazione dei lavori su beni culturali;
– art. 211, co. 4, lett. d), relativo al collaudo in corso d’opera per lavori su beni culturali: tale norma va collocata nell’art. 246, specificamente dedicato al collaudo per i lavori su beni culturali;
– art. 86, co. 3, terzo periodo e quarto periodo, relativi alla direzione tecnica nell’ambito di imprese che si qualificano per lavori su beni culturali;
– art. 90, co. 2, relativo ai requisiti di qualificazione per lavori di importo inferiore a 150.000 euro relativi a beni culturali;
– art. 105, co. 3, nella parte in cui consente di prescindere dal progetto esecutivo per l’avvio dell’esecuzione di lavori di scavi archeologici, che va collocato o nell’art. 237, co. 3, che indica in quali casi, per i lavori relativi a beni culturali, può essere omesso il progetto esecutivo, o nell’art. 241, che tratta specificamente della progettazione dello scavo archeologico.
Va altresì valutato se inserire nel presente titolo, ovvero quanto meno in esso richiamare, gli artt 82, co. 5, ultimo periodo, 84, co. 2, 107, co. 4, lett. a) e lett. z), che riguardano la qualificazione per beni culturali e le s.i.o.s. relative a beni culturali.
Va pertanto previsto un apposito articolo sulla qualificazione (dopo l’art. 244 dello schema), in cui inserire l’attuale art. 86, co. 3, terzo e quarto periodo, l’art. 90, co. 2, e in cui inserire, ovvero richiamare, gli attuali art. 82, co. 5, ultimo periodo, 84, co. 2, 107, co. 4, lett. a) e lett. z).
Si raccomanda infine al Ministero una rilettura generale dello schema, per enucleare eventuali altre norme specifiche per i lavori su beni culturali, sfuggite alla Sezione, da ricollocare nel titolo ad essi pertinente.
Art. 235 – Ambito di applicazione
L’art. 235 detta l’ambito di applicazione delle norme regolamentari relative a beni del patrimonio culturale, con norme che da un lato ripetono quanto già affermato nel codice, e dall’altro lato estendono le disposizioni regolamentari oltre l’ambito delineato dal codice, riferendosi non solo ai beni culturali, ma anche ai beni paesaggistici.
In particolare, il comma 1 indica quali disposizioni del codice si applicano ai beni culturali: la previsione è inutile, perché ripete l’art. 197 del codice, e anche illegittima, perché non compete alla fonte regolamentare stabilire l’ambito di applicazione di norme primarie, quando tale ambito è già fissato dalle norme primarie stesse.
Il co. 2 indica l’ambito di applicazione del regolamento ai beni culturali, in maniera difforme rispetto all’ambito di applicazione indicato nell’art. 198del codice.
Il co. 3 è praeter legem, in quanto prevede l’estensione, ancorché facoltativa, delle disposizioni regolamentari dettate per i lavori su beni culturali anche agli interventi su beni paesaggistici. Siffatta ipotesi non è contemplata dal codice, che non detta una disciplina dei lavori relativi a beni paesaggistici differenziata rispetto alle altre tipologie di lavori pubblici.
In conclusione, occorre espungere i commi 1, 2, e 3, e riscrivere una norma sull’ambito applicativo del regolamento, in relazione ai beni culturali, come segue:
“1. Le disposizioni del presente titolo si applicano ai beni del patrimonio culturale indicati nell’articolo 198 del codice”.
Conseguentemente l’attuale comma 4 diventa comma 2.
Art. 237 – Attività di progettazione
Il primo periodo del comma 2 (a tenore del quale “di regola l’affidamento avviene sulla base del progetto definitivo”) è meramente ripetitivo di norma già contenuta nell’art. 203, co. 1, del codice, e va pertanto espunto.
I commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente, il potere del responsabile del procedimento di ridurre i livelli di definizione progettuale, e di omettere la progettazione esecutiva (per lavori su beni mobili e superfici architettoniche decorate) o di redigerla in corso d’opera (per lavori su altri beni culturali).
Si tratta di disposizioni che non si rinvengono nell’art. 213, d.P.R. n. 554/1999.
Entrambe le previsioni suscitano perplessità, perché danno una eccessiva discrezionalità al responsabile del procedimento, in relazione a beni che, per il loro carattere culturale, sono di particolare importanza.
Si invita pertanto ad una maggiore riflessione in ordine alla possibilità di adottare ulteriori cautele atte a garantire una corretta e completa progettazione.
Art.. 239 – Progetto definitivo
Nell’incipit del co. 1, dopo le parole “Il progetto definitivo”, vanno espunte le parole “di regola posto a base di gara”, per le considerazioni già esposte in relazione all’art. 237 dello schema.
Art. 245 – Sistema di realizzazione dei lavori e scelta del contraente
L’art. 245 dello schema si limita a rinviare ai sistemi di realizzazione dei lavori e scelta del contraente dettati dal codice per gli appalti relativi a beni culturali. E’ norma superflua che va pertanto espunta.
Artt. da 247 a 260 – Lavori eseguiti all’estero
L’art. 5, co. 6 del codice prevede che per assicurare la compatibilità con gli ordinamenti esteri delle procedure di affidamento ed esecuzione dei lavori, servizi e forniture, eseguiti sul territorio dei rispettivi Stati esteri, nell’ambito di attuazione della legge 26 febbraio 1987, n. 49, sulla cooperazione allo sviluppo, il regolamento, sentito il Ministero degli affari esteri, tiene conto della specialità delle condizioni per la realizzazione di lavori, servizi e forniture, e delle procedure applicate in materia dalle organizzazioni internazionali e dalla Unione europea.
La stessa disposizione, riguardante solo la realizzazione dei lavori pubblici, era contenuta all’art. 3, co. 7 ter, l. n. 109/1994.
La previsione è stata attuata nello schema di regolamento nel titolo XII concernente i lavori eseguiti all’estero. Tale parte del regolamento prevede una disciplina regolamentare molto più ampia rispetto a quella prevista dal d.P.R. n. 554/1999, mediante la separazione del previgente titolo XIV in due capi: il capo I relativo ai lavori nell’ambito di attuazione della l. 26 febbraio 1987, n. 49 ed il capo II riguardante i lavori su immobili all’estero ad uso dell’amministrazione del Ministero degli affari esteri.
L’estensione operata con il capo II non è fornita della copertura legislativa all’interno dell’art. 5, co. 6, del codice, né in altra disposizione del medesimo.
L’intero capo II va eliminato, in quanto, come si è già osservato, il regolamento può dettare solo disposizioni di esecuzione ed attuazione del codice, non praeter legem.
La materia dei lavori pubblici del Ministero degli affari esteri, e, segnatamente, dei lavori all’estero, trova già una disciplina, sia pure incompleta, nel d.P.R. 5 gennaio 1967 n. 18, nella l. 3 febbraio 1979 n. 34, e nella l. 31 dicembre 1998 n. 477, sicché mancano i presupposti per l’intervento di un regolamento “indipendente” ai sensi dell’art. 17, co. 1, lett. c), l. n. 400/1988.
Pertanto, per poter dettare le norme contenute nel capo II dello schema, occorrerebbe preliminarmente, con un futuro decreto legislativo correttivo, integrare l’art. 5, co. 6, del codice.
Si segnala per converso una lacuna del capo I in commento, in quanto, il codice prevede che il regolamento debba recare la disciplina attuativa anche per i servizi e forniture, nella ambito della l. 26 febbraio 1987, n. 49, aspetti invece non disciplinati dal titolo XII, tranne che nell’art. 251, co. 4 (in tema di aggiudicazione), e nell’art. 256, co. 5 ove si fa cenno ad affidamenti di servizi, ma sempre all’interno di una disciplina riguardante i lavori, poiché ci si riferisce al documento preliminare alla progettazione.
Occorre pertanto procedere ad aggiustamenti formali nei singoli articoli per recepire l’art. 5, co. 6 del codice, anche per servizi e forniture.
Art. 271 – Modalità di determinazione del corrispettivo
La disposizione non tiene ancora conto della liberalizzazione delle tariffe operata dal d.l. n. 223/2006 (si veda al riguardo la determinazione dell’Autorità n. 4/2007), e ribadita dal secondo decreto correttivo.
In particolare il co. 3 riferisce il ribasso offerto in gara alle sole prestazioni accessorie.
E’ da evidenziare, di contro, come l’Autorità abbia, in tale contesto normativo, ritenuto corretto porre a base di gara l’importo degli onorari, nonché delle relative spese e prestazioni speciali, senza l’applicazione della riduzione prevista per le prestazioni professionali rese a favore di enti pubblici.
Occorre inoltre espungere il comma 2.
Art. 274 – Procedura ristretta
La disposizione in commento procedimentalizza la scelta dei concorrenti da invitare ad una procedura ristretta per incarico di progettazione.
La Sezione invita il Ministero e il Governo a valutare l’utilità pratica e l’attualità di siffatta norma, atteso che il secondo decreto correttivo, mediante la novella dell’art. 55, co. 6, e dell’art. 62, co. 1, del codice, ha azzerato, nella procedura ristretta per servizi e forniture, la possibilità di scelta dei candidati da invitare, imponendo alla stazione appaltante di invitare tutti coloro che ne fanno richiesta.
Sicché, sembra non esservi spazio per una scelta dei candidati da invitare per l’affidamento del servizio di progettazione, a meno che non si ritenga praticabile un dialogo competitivo per affidare detto servizio.
Ritiene la Sezione che l’intero articolo 274 vada espunto, o correttamente delimitato in relazione ai novellati art. 62, co. 1 e 55, co. 6 del codice.
Art. 276 – Affidamento dei servizi di importo inferiore a 100.000 euro
Per gli appalti di servizi di progettazione di importo inferiore a 100.000 euro il regolamento (art. 276) richiama le disposizioni dell’art. 91, co. 12 del codice (procedura negoziata con invito a cinque soggetti), precisando che i soggetti da invitare sono individuati sulla base di indagini di mercato, ovvero tramite elenchi aperti di operatori economici predisposti dalla stazione appaltante dei curricula redatti secondo l’allegato N, assicurando altresì il criterio della rotazione.
La precisazione appare condivisibile; tuttavia va rivisto il riferimento, nei commi 2 e 4, ai due allegati N e O. Il primo riporta lo schema di curriculum da presentarsi per l’inserimento negli elenchi; il secondo riporta una scheda di referenze professionali necessaria al fine di individuare i professionisti da invitare. Sembrerebbe opportuno accorpare i due allegati, al fine di un’unica e completa documentazione da presentare da parte dei professionisti. D’altra parte la scheda di cui all’allegato O è un dettaglio degli incarichi contenuti nel curriculum.
Quanto all’individuazione dei cinque operatori, da effettuarsi con indagine di mercato, nel caso di non disponibilità di elenchi, ovvero di carenza di soggetti idonei in tali elenchi, occorre prevedere un previo avviso pubblico, al quale sarà data adeguata pubblicità; l’avviso dovrà indicare i criteri per la selezione dei soggetti da invitare all’offerta, con riferimento alla specificità del progetto e alla prestazione da affidare.
Si suggerisce pertanto l’inserimento, in fine, di un comma 6 del seguente tenore:
“6. Nel caso di non disponibilità degli elenchi di cui al comma 2, ovvero di carenza di soggetti idonei in tali elenchi, l’indagine di mercato finalizzata all’individuazione di cinque soggetti idonei avviene previo avviso pubblico, reso noto con adeguata pubblicità. L’avviso dovrà indicare i criteri per la selezione dei soggetti da invitare all’offerta, con riferimento alla specificità del progetto ed alla prestazione da affidare”.
Art. 279 – Polizza assicurativa del dipendente incaricato della progettazione
La norma in commento riproduce l’art. 106, d.P.R. n. 554/1999. Tuttavia mentre l’art. 106 previgente imponeva al progettista – dipendente pubblico di stipulare la polizza, e accollava all’amministrazione l’onere del rimborso del relativo premio, nella misura dei due terzi, l’art. 279 dello schema impone l’obbligo della stipula dell’assicurazione direttamente a carico della stazione appaltante, e in misura intera.
Viene elevato il costo a carico dell’amministrazione (da due terzi all’intero), senza che sia prevista la copertura finanziaria.
Vero è che l’art. 90, co. 5, del codice (come già l’art. 17, l. n. 109/1994), demanda la regolamento di definire “i limiti e le modalità per la stipulazione per intero, a carico delle stazioni appaltanti, di polizze assicurative per la copertura dei rischi di natura professionale a favore dei dipendenti incaricati della progettazione”.
Tuttavia, la norma regolamentare non fissa, in contrasto con la norma primaria, “i limiti” entro cui può essere consentito l’accollo del premio assicurativo per intero alla stazione appaltante.
E’ pertanto necessario che la norma regolamentare stabilisca i limiti sostanziali, e allo scopo può essere utilmente ripristinata la previsione dell’art. 106, d.P.R. n. 554/1999, che ripartisce l’onere della polizza finanziaria tra stazione appaltante e progettista, nella misura, rispettivamente, di due terzi e un terzo.
Artt. da 280 a 354 – Contratti pubblici relativi a forniture e altri servizi nei settori ordinari
a) Osservazioni generali.
Lo schema di regolamento, a differenza del codice, che ha previsto una parte di disposizioni generali comuni ai lavori, ai servizi ed alle forniture, ha tenuto separato il settore dei lavori pubblici (disciplinato dagli artt. 1 – 280) dal settore delle forniture e servizi (artt. 280 – 354).
La parte IV dello schema di regolamento contiene disposizioni che sono la riproduzione di norme dettate dal codice per l’esecuzione dei lavori. In particolare gli artt. da 307 a 312 riportano le previsioni di cui agli artt. da 135 a 140 del codice. Al fine di non creare una sovrapposizione normativa tra fonti di primo e secondo grado, va previsto un semplice rinvio alle norme del codice.
Si rileva, altresì, che gli istituti innovativi introdotti dal codice, in particolare l’accordo quadro (art. 296), l’asta elettronica (artt. 297 – 302) e il sistema dinamico di acquisto, sono stati regolati esclusivamente nella Parte IV sebbene essi si applichino anche ai lavori pubblici.
Sarebbe opportuno, pertanto, che la disciplina dei nuovi istituti fosse collocata nella parte relativa ai lavori, e richiamata nella parte relativa a servizi e forniture. Altrimenti, occorre inserire nella parte sui lavori pubblici un richiamo alla disciplina di detti nuovi istituti contenuta nella Parte IV.
Si osserva, infine, che è stata prevista nel Titolo III dello schema di regolamento la disciplina relativa all’esecuzione del contratto, che risulta essere innovativa per il settore dei servizi e delle forniture, per il quale in precedenza si faceva riferimento al regolamento di contabilità generale dello Stato e alle normative speciali. Detta disciplina è stata ripresa, mutatis mutandis, dal d.P.R. n. 554/1999 e, pertanto, solo in via applicativa si potranno valutare le eventuali criticità peculiari rispetto al settore dei servizi e delle forniture.
b) I singoli articoli.
Art. 280 – Programmazione dell’attività contrattuale per l’acquisizione di beni e servizi.
Si segnala la presenza di un refuso nel testo contenuto al co. 1. Viene, infatti, disposto un rinvio all’art. 9, co. 5, che non esiste. Pertanto il rinvio deve riferirsi al co. 3 dell’art. 9.
Art. 281 – Il responsabile del procedimento nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici di servizi e forniture
Il co. 4 dell’art. 281 dello schema prevede che il responsabile del procedimento è un funzionario, anche di qualifica non dirigenziale, dell’amministrazione aggiudicatrice in possesso di titolo di studio e competenza professionale adeguati alla specifica natura dell’intervento da realizzare.
Come già osservato in relazione all’art. 5 dello schema di regolamento, la previsione secondo cui il responsabile del procedimento è in possesso di titolo di studio e competenza professionale adeguati alla specifica natura dell’intervento da realizzare non è conforme all’art. 10, co. 5, del codice, a tenore del quale “il responsabile del procedimento deve possedere titolo di studio e competenza adeguati in relazione ai compiti per cui è nominato. Per i lavori e i servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria deve essere un tecnico”. Infatti la norma primaria richiede titolo di studio e competenza adeguati al complesso dei compiti che il r.u.p. deve assolvere, mentre la norma regolamentare incentra il titolo di studio sull’intervento da realizzare. La previsione deve pertanto essere espunta, e il co. 4, dell’art. 281 va così riformulato: “Il responsabile del procedimento è un funzionario, anche di qualifica non dirigenziale, dell’amministrazione aggiudicatrice”.
Il testo dell’articolo non coincide con la rubrica, in quanto tratta anche dell’ipotesi del direttore dell’esecuzione esterno. Il comma 6, in particolare, andrebbe ricollocato nell’art. 315, che tratta appunto del direttore dell’esecuzione.
Sempre in relazione al co. 6 si segnala che la definizione di interventi di “speciale complessità” andrebbe meglio coordinata con l’art. 3, lett. l), che reca analoghe definizioni per i lavori.
Art. 283 – Il responsabile del procedimento nei procedimenti complessi e nei procedimenti connessi. Acquisti tramite le centrali di committenza.
A parte la incongruenza tra i due commi si rileva che il primo, in particolare, adotta definizioni (procedimenti complessi e procedimenti connessi), extravaganti rispetto all’ordinamento giuridico. Sicché il comma 1 va espunto, con conseguente modifica della rubrica dell’articolo.
Art. 284 – Requisiti dei partecipanti alla procedure di affidamento
Per omogeneità tra i due commi dell’articolo (il primo dedicato alle imprese singole, il secondo a RTI, consorzi ordinari e GEIE) si potrebbe specificare anche nel primo comma, con riferimento all’impresa singola, che i requisiti economico – finanziari e tecnico – organizzativi che devono essere posseduti per la partecipazione, sono individuati nel bando inserendo dopo le parole “requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi” le parole “indicati nel bando”.
Art. 286 – Consorzi stabili di imprese
Il co. 1 prevede la facoltà del consorzio stabile di far eseguire le prestazioni alle imprese consorziate. In realtà, non ne stabilisce però limiti e condizioni (come richiesto dall’art. 36, co. 2) e la facoltà risulta, pertanto, illimitata.
In particolare, poi, oltre a ribadire la responsabilità solidale del consorzio nei confronti della stazione appaltante, se ne afferma il carattere “sussidiario” (non previsto nel codice). L’integrazione è erronea, perché la responsabilità solidale e quella sussidiaria hanno caratteristiche diverse. Inoltre, l’eventuale sussidiarietà della responsabilità (che presuppone per lo meno il beneficium ordinis a vantaggio del debitore principale), determinerebbe una diminuzione della garanzia nei confronti della stazione appaltante. La norma va allineata a quella prevista all’art. 36, co. 2 del codice.
Inoltre la responsabilità sussidiaria, oltre a non essere prevista dall’art. 36 del codice, non è nemmeno prevista dall’art. 93 dello schema, del quale l’art. 286 costituisce una mera riproduzione.
Va più in generale rilevato che i commi 1, 2 e 4 dell’art. 286 ricalcano pedissequamente l’art. 93 dello schema di regolamento, sicché occorre dettare solo una norma di rinvio. Quanto al comma 3 dell’art. 286, si è già osservato in relazione all’art. 93, che si tratta di norma che va mantenuta, ma inserita nell’art. 93, perché riguarda anche i consorzi stabili per i lavori.
Art. 287 – Il promotore finanziario nei servizi
Nell’art. 287 è stata prevista anche per i servizi la figura del promotore finanziario.
L’art. 287, co. 4, ultimo periodo, dello schema, prevede il diritto di prelazione del promotore, che invece è stato abrogato, nel settore dei lavori, dal secondo decreto correttivo; pertanto, va espunto il secondo periodo del comma 4.
L’art. 287, co. 4, ai fini della scelta del concessionario di servizi, prevede, in luogo della doppia gara di cui all’art. 155, co. 1, lett. a) e b) del codice (gara per la selezione delle due migliori offerte, e successiva procedura negoziata cui partecipano il promotore e i due migliori offerenti selezionati nella precedente gara), una unica gara informale, ai sensi dell’art. 30, co. 3, del codice.
Tuttavia l’art. 30, co. 4, del codice, chiarisce che la gara informale per la scelta del concessionario di servizi è una ipotesi minimale di tutela della concorrenza, essendo fatte salve discipline specifiche che prevedano forme più ampie di tutela. Pertanto, anche nella disciplina regolamentare del promotore finanziario per i servizi, va previsto un meccanismo di gara (con procedura aperta o ristretta) ove vi siano norme primarie che per le concessioni relative a specifici servizi contemplino tali procedure aperte o ristrette. L’art. 287, co. 4, va pertanto adeguatamente integrato come segue: “Ai fini della scelta del concessionario, in mancanza di discipline specifiche …”.
Art. 289 – Garanzie e verifiche della progettazione di servizi e forniture nell’ambito dei concorsi di progettazione
Al co. 3, vi è un refuso, in quanto il richiamo, ivi contenuto, al comma 3 deve essere corretto in “comma 2”.
Il co. 5 richiama la responsabilità del soggetto incaricato della verifica con riferimento all’art. 53: ove detto soggetto sia un dipendente, valgono i rilievi negativi già formulati a proposito degli artt. 53 e 54.
Art. 290 – Criteri di applicabilità delle misure di gestione ambientale
L’art. 290 prevede la possibilità, per le stazioni appaltanti, di richiedere l’applicazione di misure o sistemi di gestione ambientale nell’esecuzione delle prestazioni contrattuali quando ciò risulti giustificato dalla specifica natura delle stesse, limitandola al caso degli appalti di servizi. Si ritiene opportuno estendere tale possibilità agli appalti di forniture dal momento che potrebbero prevedere servizi accessori aventi le caratteristiche descritte nell’articolo. Si suggerisce perciò di inserire dopo la parola “servizi” le parole “e forniture”.
Art. 291 – Commissione giudicatrice
Si segnala il refuso, contenuto nel co. 2, relativo all’importo. Pertanto la cifra “1.000.0000” deve essere sostituita dalla cifra “1.000.000”.
Art. 293 – Offerte anomale
L’art. 293 replica, per servizi e forniture, l’art. 119, dettato per i lavori, salva la mancanza, nel comma 1, del secondo periodo, che invece è necessario, con le correzioni suggerite dalla Sezione in relazione all’art. 119, co. 1. Vi sono inoltre limitate differenze nel comma 2 dell’art. 293, rispetto al comma 2 dell’art. 119, attinenti alla competenza in ordine alla verifica di anomalia, che però non sono condivisibili, dovendosi ritenere che anche quando vi sia una commissione di gara, la verifica di anomalia compete non a questa, ma alla stazione appaltante, per il tramite del responsabile del procedimento.
Occorre, pertanto, correggere il comma 2 e integrare il comma 1.
Occorre inoltre integrare il comma 4, secondo le indicazioni già esposte in relazione all’art. 119, comma 5.
L’intero art. 293 è comunque superfluo, dovendosi limitare ad una norma di mero rinvio all’art. 119 dello schema di regolamento.
Art. 294 – Servizi sostitutivi di mensa
Viene riprodotto il contenuto del d.P.C.M. 18 novembre 2005, epurato delle norme annullate dalla sentenza del TAR Lazio – sez. I, 26 gennaio 2007 n. 572.
a) Va anzitutto svolta una osservazione di carattere generale in ordine alla possibilità o meno di riprodurre l’intero d.P.C.M. 18 novembre 2005 all’interno del regolamento di attuazione del codice.
Infatti tale d.P.C.M. trova il suo fondamento normativo non già nel codice, bensì nell’art. 14, vicies ter, d.l. n. 115/2005, conv. con la l. n. 168/2005, e di tale articolo il codice ha disposto l’abrogazione del solo comma 1, lett. c), nella parte in cui demanda al d.P.C.M. la fissazione dei criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Ciò in quanto i criteri di affidamento dell’appalto sono materia di spettanza del codice degli appalti, e infatti l’art. 83, co. 5, del codice, demanda al regolamento la fissazione dei criteri di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tra l’altro per il servizio sostitutivo di mensa.
E’ bensì vero che il co. 4 dell’art. 256, del codice, elenca le norme che saranno abrogate dal regolamento, tuttavia non dice che va abrogato integralmente il d.P.C.M. 18 novembre 2005, ma solo che ne vanno abrogate le disposizioni pertinenti.
Se il d.P.C.M. 18 novembre 2005 viene riprodotto per intero nel regolamento, con conseguente sua abrogazione, rimane aperta la questione della sorte dell’art. 14, vicies ter, d.l. n. 115/2005, che è norma primaria in vigore. Sicché, in teoria, rimane la possibilità di intervento di un atto diverso dal presente regolamento, per disciplinare la materia del servizio sostitutivo di mensa.
Ad avviso della Sezione, la materia del servizio sostitutivo di mensa può essere disciplinata dal presente regolamento solo nei limiti disegnati dall’art. 83, co. 5, del codice, vale a dire quanto ai criteri di ponderazione degli elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
Pertanto, solo a seguito di una futura abrogazione dell’intero art. 14 vicies ter, d.l. n. 115/2005, tutti gli altri aspetti della disciplina recata dal d.P.C.M. 18 novembre 2005, attinenti ai requisiti delle società che svolgono i servizi sostitutivi degli esercizi convenzionati, e dei buoni pasto, potranno essere disciplinati dal presente schema di regolamento.
b) Quanto ai criteri di aggiudicazione, correttamente lo schema elimina la norma del d.P.C.M. che imponeva l’utilizzo del solo criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, e lascia così alle stazioni appaltanti la scelta tra tale criterio e quello del prezzo più basso.
Occorre però rilevare che l’art. 83, co. 5, del codice, demanda al regolamento la fissazione delle metodologie per individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa con un unico parametro numerico finale, e, per quanto riguarda il servizio dei buoni pasto, dispone espressamente che il regolamento deve tener contro dei criteri di valutazione recati dal d.P.C.M. 18 novembre 2005, nei limiti di compatibilità con il codice.
Invece, l’art. 294 dello schema di regolamento, oblitera del tutto l’art. 6, co. 3, d.P.C.M. 18 novembre 2005, che indica in dettaglio la distribuzione del punteggio tra i vari elementi di valutazione.
Secondo la relazione ministeriale, si è ritenuto di non indicare gli elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, alla luce dell’art. 256 del codice, che ha abrogato l’art. 14, vicies ter, co. 1, lett. c), nella parte in cui demanda al d.P.C.M. la fissazione dei criteri di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La relazione ministeriale trae da tale abrogazione la conclusione che l’intento del codice sarebbe di sottrarre la fissazione di tali criteri alla norma regolamentare. Tuttavia, si deve in contrario osservare che l’art. 256 va letto in combinato disposto con l’art. 83, co. 5, del codice.
Pertanto, secondo la Sezione, per l’affidamento del servizio sostitutivo di mensa mediante buoni pasto con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, non è sufficiente l’applicazione dell’art. 292, co. 1, dello schema di regolamento, ma occorre riprodurre, se del caso con adattamenti, l’art. 6, co. 3, d.P.C.M. 18 novembre 2005.
c) Ove il Ministero delle infrastrutture e il Governo ritengano di dover mantenere nel regolamento di attuazione del codice la riproduzione integrale del d.P.C.M. 18 novembre 2005, valgono le osservazioni che seguono.
Anzitutto il d.P.C.M. citato è stato riprodotto previa obliterazione delle norme che il T.a.r. Lazio, con sentenza n. 572/2007, ha annullato. Tuttavia in relazione a tale sentenza sono stati proposti quattro appelli, passati in decisione all’udienza del 10 luglio 2007 innanzi alla sezione IV del Consiglio di Stato, e la decisione di appello ad oggi non risulta depositata. Ove la decisione di appello riformasse, in tutto o in parte, quella di primo grado, facendo rivivere una o più delle norme annullate, di tanto si dovrebbe tener conto nella formulazione dell’art. 294 dello schema.
Per quanto riguarda il contenuto attuale dell’art. 294, va rilevato che non sono state riprodotte le definizioni, contenute nell’art. 2, d.P.C.M. 18 novembre 2005, e che sarebbe opportuno introdurre (v. p.es. la nozione di buono pasto, servizio sostitutivo, valore facciale).
Va rilevato poi che non è stato riprodotto nell’art. 294 dello schema l’art. 3, co. 6, del citato d.P.C.M., che abilita le società a svolgere l’attività di emissione dei buoni pasto previa d.i.a. Al contempo, è stata riprodotta la parallela norma che riguarda le imprese straniere (v. art. 294, co. 2).
Sembra corretto che il regime autorizzatorio delle imprese che svolgono attività di emissione dei buoni pasto (che è questione diversa dai requisiti soggettivi di qualificazione), o venga trattato per tutte le imprese, sia italiane che straniere, o per nessuna. Per cui o si ripristina l’art. 3, co. 6, del citato d.P.C.M., o si elimina l’attuale art. 294, co. 2.
Art. 295 – Servizi di pulizia
In attuazione dell’art. 83, co. 5, del codice, viene riprodotto in tale articolo il d.P.C.M. 13 marzo 1999, n. 117, che disciplina gli elementi di valutazione e dei parametri di ponderazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa in relazione ai servizi di pulizia.
Alla fine del comma 3 dell’art. 295 dello schema va riprodotto l’art. 3, co. 2, del citato d.P.C.M., a tenore del quale “La somma dei fattori ponderali da assegnare per l’insieme degli elementi è pari a cento”.
Sempre in relazione al co. 3, va espunto il periodo “Le amministrazioni aggiudicatrici considerano inammissibili offerte nelle quali il costo del lavoro previsto sia inferiore al costo stabilito dal C.C.N.L. di categoria e dalle leggi previdenziali e assistenziali, risultante da atti ufficiali” in quanto superato dall’art. 87, comma 2, lett. g), comma 3, comma 4 del codice e dall’art. 86, commi 3 bis e 3 ter del codice (inseriti dalla l. 3 agosto 2007 n. 123, “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”). Si tratta invero di aspetto che non attiene all’offerta economicamente più vantaggiosa, ma all’anomalia dell’offerta e alle giustificazioni inammissibili. Se del caso, può essere nel co. 3 inserita, in luogo del periodo espunto, una norma che faccia salva l’applicazione degli artt. 86 e 87 del codice, segnatamente per quanto riguarda l’anomalia dell’offerta in relazione al costo del lavoro e della sicurezza.
Art. 296 – Accordo quadro
L’art. 59, co. 7 del codice riguarda l’accordo quadro non solo per i servizi e le forniture, ma anche per i lavori (come già rilevato in sede di esame dell’art. 112 dello schema).
Non si comprende perché l’accordo quadro trovi, nel regolamento, una disciplina attuativa solo per i servizi e le forniture, e non anche per i lavori.
Pertanto, occorre dettare una disciplina dell’accordo quadro per i lavori, e richiamarla per servizi e forniture, o, in subordine, richiamare l’art. 296 per i lavori.
Art. 297 – Sistema dinamico di acquisizione
L’art. 297 demanda al Ministero dell’economia e delle finanze il compito di realizzare e gestire un sistema dinamico di acquisizione “per le stazioni appaltanti” predisponendo “gli strumenti organizzativi ed amministrativi, elettronici e telematici necessari alla sua realizzazione”, “nonché curando l’esecuzione di tutti i servizi informatici, telematici e di consulenza necessari alla compiuta realizzazione del sistema stesso”.
La previsione in commento non ha base nell’art. 60 del codice, che facoltizza, e non obbliga, le stazioni appaltanti a istituire un sistema dinamico.
La norma regolamentare, invece, obbliga il Ministero dell’economia e delle finanze a realizzare un sistema dinamico ad ambito soggettivo illimitato, riferendosi a tutte le “stazioni appaltanti” (è da presumere, quelle statali), e con un ambito temporale indefinito, non essendo stata fissata la tempistica.
La realizzazione di un siffatto sistema su larga scala implica anche rilevanti costi, che tuttavia non sono quantificati e non risultano forniti della necessaria copertura finanziaria.
La norma in commento, pertanto, essendo priva di base legale nell’art. 60 del codice, e non essendone dimostrata la copertura finanziaria, va espunta.
Art. 298 – Asta elettronica
L’art. 298 introduce una definizione di asta elettronica che oltre a sovrapporsi, differisce da quella prevista nel codice all’art. 3, co. 15, adottata in recepimento della direttiva n. 2004/18. Nello schema di regolamento l’asta elettronica è definita erroneamente una “procedura di gestione della fase finale di aggiudicazione”, contrariamente a quanto disposto nel codice ai sensi del quale è un “processo per fasi successive basato su un dispositivo elettronico”.
Inoltre il comma 1 dell’art. 298 dispone che l’asta elettronica è utilizzabile sia quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso, sia quando è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ma tanto si desume già dall’art. 85 del codice, sia nel suo complesso, sia, in particolare, alla luce del comma 8.
Occorre, pertanto, espungere l’intero comma 1 dell’art. 298.
Art. 299 – Sistema informatico di negoziazione
Al co. 3 dell’articolo potrebbe essere utile precisare che il sistema informatico è in grado di segnalare le anomalie delle procedure, nonché di evidenziare le offerte che sono di importo pari o superiore alla soglia di anomalia.
Pertanto dopo le parole “sistema stesso” si suggerisce di aggiungere quanto segue: “segnalando altresì le anomalie delle procedure e evidenziando le offerte di importo pari o superiore alla soglia di anomalia”.
Art. 301 – Modalità e partecipazione all’asta elettronica
L’art. 301, co. 1, lett. a), prevede che, dopo aver verificato l’ammissibilità delle offerte, un funzionario della stazione appaltante ovvero il soggetto che presiede alla gara si registri, provvedendo all’attribuzione di un codice identificativo di user ID e password. Sembra più corretto che a procedere alla registrazione vi sia, al posto del funzionario, il responsabile del procedimento della stazione appaltante. Pertanto si suggerisce di sostituire la parola “funzionario” con la parola “responsabile del procedimento”.
L’art. 301, co. 1, lett. d) è meramente ripetitivo di quanto già affermato nell’art. 85, co. 7, secondo periodo, del codice, e va pertanto espunto.
Art. 303 – Individuazione delle offerte anormalmente basse
L’ultimo periodo dell’unico comma dell’art. 303 prevede che in caso di ricorso all’asta elettronica per gli appalti sotto soglia comunitaria, il bando non può prevedere l’esclusione automatica delle offerte anomale. La norma è in contrasto con quella primaria dell’art. 124, co. 8, del codice, che lascia ai bandi la facoltà, negli appalti sotto soglia, di prevedere l’esclusione automatica. La questione se mantenere o meno in vita l’esclusione automatica delle offerte anomale negli appalti sotto soglia va inoltre affrontata in termini generali, e dalle norme primarie, e non per casi singoli, e da norme regolamentari. L’intero periodo va pertanto espunto.
Art. 305 – Procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici
Art. 306 – Bando di gara e termini per le procedure di gara interamente gestite con sistemi telematici
In merito alla gara gestita interamente con sistemi telematici, è opportuno disciplinare espressamente come possano essere gestite le fasi ed i documenti che non possono essere oggetto di un utilizzo telematico. In via esemplificativa si considerino le garanzie fideiussorie che, attualmente, hanno validità solo se prodotte in originale riportanti l’autentica notarile. Potrebbe ad esempio suggerirsi di prevedere l’invio delle garanzie fideiussorie da parte dell’operatore economico prima di accedere al sistema informatico di negoziazione.
La presentazione di documentazione non disponibile in formato elettronico è disciplinata dall’art. 77, co. 6, lett. d), del codice, che impegna i concorrenti a presentare detta documentazione in forma cartacea “prima della scadenza del termine previsto per la presentazione delle offerte o delle domande di partecipazione”. Questa norma potrebbe essere richiamata anche per le fideiussioni e potrebbe trovare collocazione nel successivo art. 306.
Articoli da 307 a 312
Gli artt. da 307 a 312 riproducono esattamente le previsioni contenute agli artt. da 135 a 140 del codice, ivi dettate per i lavori, e dal regolamento estese a servizi e forniture.
Peraltro, l’art. 135 del codice è stato novellato dal secondo correttivo del codice, prevedendovi ulteriori cause di risoluzione del contratto ed eliminando le valutazioni di opportunità riservate al responsabile del procedimento. L’art. 307 dello schema di regolamento si limita a riprodurre l’art. 135 del codice nel testo anteriore alla novella, creando così una discrasia tra cause di risoluzione per i lavori e cause di risoluzione per servizi e forniture.
Occorre, pertanto, espungere dallo schema il contenuto degli articoli da 307 a 312 e dettare un’unica previsione, rubricata “Norme applicabili all’esecuzione di servizi e forniture”, in cui si stabilisca “Si applicano gli articoli da 135 a 140 del codice. I riferimenti ivi contenuti al direttore dei lavori, ai lavori, alle opere, si intendono sostituiti dal riferimento al direttore dell’esecuzione, nonché ai servizi o alle forniture”.
Art. 313 – Penali, garanzie, danni e riconoscimenti a favore dei creditori
Il co. 4 richiama, tra gli altri, l’art. 164 del regolamento.
Valgono, pertanto, le osservazioni fatte con riferimento a tale articolo.
Art. 315 – Direttore dell’esecuzione del contratto
L’art. 119 del codice, dopo aver stabilito che nei servizi e nelle forniture di regola il direttore dell’esecuzione del contratto coincide con il responsabile del procedimento, demanda al regolamento di individuare quelli di particolare importanza, per i quali i due soggetti devono essere distinti.
Il regolamento nell’art. 281, co. 6, definisce gli interventi di “speciale complessità” per i quali le due figure non possono coincidere nella medesima persona fisica.
L’art. 315, co. 2, dello schema, aggiunge che il direttore dell’esecuzione (sia che coincida, sia che non coincida con il responsabile del procedimento), può nominare uno o più assistenti, in caso di contratti “di particolare complessità”.
Ritiene la Sezione che sia di difficoltosa comprensione, in assenza di una più dettagliata definizione, il confine tra prestazioni di “speciale complessità” che giustificano la nomina di un direttore dell’esecuzione diverso dal responsabile del procedimento, e prestazioni di “particolare complessità”, che facoltizzano il direttore dell’esecuzione a nominare uno o più assistenti.
D’altro, canto, se a nominare gli assistenti è il soggetto che è al tempo stesso responsabile del procedimento e direttore dell’esecuzione, allora la “particolare complessità” è necessariamente un quid minus di quella “speciale complessità” in presenza della quale sarebbe stato nominato, a monte, un direttore dell’esecuzione diverso dal responsabile del procedimento.
Viceversa, se a nominare gli assistenti è il direttore dell’esecuzione distinto dal responsabile del procedimento, e dunque nominato sul presupposto di prestazioni di “speciale complessità”, allora la “particolare complessità” che giustifica la nomina degli assistenti si palesa come un quid pluris rispetto alla “speciale complessità”.
E’ evidente la difficoltà esegetica della formula utilizzata.
A meno che l’intento non sia di identificare la “particolare complessità” menzionata nell’art. 315, co. 2, con la “speciale complessità” di cui all’art. 281, co. 6, e dunque di consentire la nomina di assistenti solo da parte del direttore dell’esecuzione diverso dal responsabile del procedimento.
Occorre pertanto riformulare la norma come segue: “Nelle ipotesi di appalti di speciale complessità come definiti dall’art. 281, comma 6, lettera b), il direttore dell’esecuzione può nominare uno o più assistenti cui affida per iscritto, sotto la sua sorveglianza, una o più delle attività di sua competenza”.
Art. 317 – Giorno e termine per l’avvio dell’esecuzione del contratto
Art. 320 – Riconoscimenti a favore dell’appaltatore in caso di ritardato avvio dell’esecuzione del contratto
L’art. 317, commi 5, 6, 7 costituisce la fedele riproduzione dell’art. 151, rispettivamente commi 8, 9, e 2, che disciplina la medesima materia per i lavori.
Per rendere più sintetico il regolamento, si deve dettare una unica norma di rinvio in cui si afferma che “Si applicano i commi 2, 8 e 9 dell’articolo 151”.
Analogo rilievo si impone in relazione all’art. 320, mutuato dall’art. 155, commi 1, 2 e 3: anche in tal caso si impone una norma di mero rinvio.
Si rileva inoltre una difformità di regime in ordine alle spettanze dell’appaltatore in caso di recesso o ritardato inizio dell’esecuzione, rispetto al regime dettato per i lavori nell’art. 155.
Infatti per i lavori l’art. 155 distingue il caso in cui l’appaltatore dichiari di volere recedere e l’istanza sia accolta, e il caso in cui l’istanza di recesso non sia accolta e vi sia la tardiva consegna dei lavori. Nel primo caso viene corrisposto un rimborso nelle percentuali quantificate dalla norma. Nel secondo caso, è previsto il risarcimento del danno quantificato forfetariamente per ciascun giorno di ritardo nell’inizio dell’esecuzione.
Invece, l’art. 320, contempla solo il caso di recesso accolto, e per tale unica ipotesi prevede un doppio ristoro, quello forfetario (comma 1), e quello per ciascun giorno di ritardo (comma 2).
E’ evidente che così operando vi è un doppio ristoro in caso di recesso accolto, e nessun ristoro in caso di recesso non accolto e tardivo inizio dell’esecuzione.
Occorre, pertanto, ove si mantenga l’art. 320 e non si detti invece una norma di mero rinvio all’art. 155, commi 1, 2, e 3, modificare i commi 1 e 2 dell’art. 320 come segue:
– nel comma 1, le parole “Nel caso di recesso dell’appaltatore” vanno sostituite con le parole “Nel caso di accoglimento dell’istanza di recesso dell’appaltatore”;
– nel comma 2, le parole “Oltre alle spese di cui al comma precedente” vanno sostituite con le parole “Ove l’istanza di recesso non sia accolta e si proceda tardivamente alla consegna”.
Art. 321 – Esecuzione del contratto e svincolo progressivo della cauzione
I commi 1, 2, e 3 che sanciscono il dovere di diligenza professionale e di rispetto della normativa comunitaria e nazionale in capo all’appaltatore, e lo svincolo progressivo della cauzione, sono superflui, perché ripetitivi di principi e norme primarie: vanno pertanto espunti.
Ha rilevanza autonoma solo il co. 4, relativo allo svincolo progressivo della cauzione nel caso di contratti stipulati da centrali di committenza. Pertanto la rubrica dell’art. 321 va congruamente modificata (p.es. “Svincolo progressivo della cauzione in caso di contratti stipulati da centrali di committenza”).
Nel caso di soppressione dei primi tre commi, come proposto, non solo va modificata la rubrica, ma va anche corretto il riferimento, operato dal quarto comma, al comma 3 dell’articolo, che non esisterebbe più.
Art. 322 – Contabilità
L’art. 322, co. 4, è superfluo, perché ripetitivo della norma di legge in esso citata, e fonte di equivoci, in quanto non è richiamato l’ultimo periodo della norma primaria medesima.
Pertanto, va solo richiamata la norma primaria, senza riprodurne il contenuto, come segue: “Si applica il divieto di anticipazioni del prezzo di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito con la legge 28 maggio 1997, n. 140”.
Art. 323 – Sospensione dell’esecuzione del contratto
Mentre l’art. 156 dello schema disciplina la sospensione dei lavori sul presupposto che questi siano già avviati, perché se non avviati si rientra nell’ipotesi di ritardata consegna, l’art. 323 in commento prevede il provvedimento di sospensione non solo quando vi sono circostanze che impediscono la “prosecuzione”, ma anche quando vi sono circostanze che impediscono “l’avvio”.
Va attentamente valutato, se si intende mantenere la norma, il confine tra tale ipotesi e quella di ritardato avvio puro e semplice.
In ogni caso la questione della possibilità di un ordine di sospensione quando l’esecuzione del contratto non è ancora iniziata, va affrontata in termini omogenei per lavori, servizi e forniture.
L’art. 323, co. 2, prevede che il responsabile del procedimento possa ordinare la sospensione dell’esecuzione del contratto “per ragioni di pubblico interesse o necessità”. La norma è generica e dà un potere illimitato al responsabile del procedimento, svincolato da presupposti ed effetti. Diversamente, per i lavori pubblici, l’art. 156, co. 2, circoscrive il potere di sospensione per ragioni di pubblico interesse o necessità, indicandone presupposti ed effetti.
Anche per servizi e forniture l’ipotesi deve essere meglio confinata.
Inoltre si segnala (secondo quanto già osservato in relazione agli artt. 156 e 157) la necessità di stabilire il riparto di competenze tra direttore dell’esecuzione e responsabile del procedimento quanto all’ordine di sospensione.
L’art. 323, co. 3, prevede la redazione del verbale di sospensione, senza prevedere l’intervento dell’appaltatore e imponendo la sottoscrizione del verbale da parte dell’appaltatore. In modo diametralmente opposto dispone l’art. 156, co. 3 per i lavori, prevedendo la presenza dell’appaltatore ma non la necessità della sua sottoscrizione. Si tratta di soluzione più congrua, potendo darsi il caso di rifiuto di sottoscrizione. Va perciò previsto che l’appaltatore va convocato, e che la sua assenza alla data e ora stabilite non impedisce la redazione del verbale.
Va poi osservato che nell’art. 323 manca una disciplina delle eventuali contestazioni dell’appaltatore, e dell’ipotesi in cui la durata della sospensione superi di un quarto il termine contrattuale (v. invece commi 8 e 9 dell’art. 156).
Manca, inoltre, una disciplina delle conseguenze risarcitorie delle sospensioni illegittime, che è invece prevista per i lavori.
Art. 329 – Incarico di collaudo e di verifica della conformità
In relazione al comma 2, si segnala l’equivocità dell’espressione “particolare complessità”, rinviando a tutte le considerazioni svolte in sede di esame dell’art. 315 dello schema.
In relazione al comma 3, secondo quanto già osservato in relazione all’art. 212 quanto agli incarichi di collaudo di lavori, suscita perplessità la previsione dell’affidamento del collaudo in via prioritaria, oltre che ai dipendenti della stazione appaltante, ai dipendenti a riposo e i dipendenti di altre amministrazioni aggiudicatrici con competenze in materia di lavori pubblici, anche a riposo.
Invero, l’affidamento diretto a tali soggetti di un’attività professionale sarebbe in evidente contrasto con i principi del Trattato CE.
Pertanto nel co. 3 vanno eliminate, sia nel primo che nel secondo periodo, le parole “e a dipendenti, anche a riposo, di amministrazioni aggiudicatrici con competenze relative all’oggetto contrattuale”.
Art. 332 – Commissioni di collaudo e di verifica di conformità
L’articolo in commento è la fedele riproduzione dell’art. 216, dettato per i lavori.
L’articolo deve pertanto essere espunto, e nell’art. 329 va aggiunto un comma che rinvia all’art. 216.
Art. 344 – Mercato elettronico
Rispetto alla disposizione contenuta nell’articolo in esame, deve essere tenuta presente la previsione della legge finanziaria per il 2007 (art. 1, co. 450) ai sensi della quale per gli acquisti al di sotto della soglia di rilievo comunitario, le amministrazioni statali centrali e periferiche, a decorrere dal 1º luglio 2007, “sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 11, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101”. Si suggerisce di inserire all’inizio del comma 1 le parole “Fatti salvi i casi di ricorso obbligatorio al mercato elettronico previsti dalle norme in vigore”.
Art. 350 – Svolgimento della procedura di cottimo fiduciario
I commi 1 e 2 dell’articolo in commento (che riguarda il cottimo fiduciario per servizi e forniture) riproducono norme già contenute nell’art. 125, co. 11, del codice, e pertanto vanno espunti.
Conseguentemente, nel comma 3, che diventa comma 1, le parole “Per gli affidamenti di cui al comma 1” vanno sostituite con le parole “Per gli affidamenti in economia di importo pari o superiore a 20.000 euro e fino alle soglie di cui al comma 9 dell’articolo 125 del codice”.
Sempre nel comma 3, nel periodo “gli eventuali elementi di valutazione, nel caso si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa”, va soppressa la parola “eventuali”, atteso che se si utilizza il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa gli elementi di valutazione non sono eventuali ma doverosi, ferma restando la scelta di essi da parte della stazione appaltante.
Sempre nel comma 3, non è corretto stabilire che la lettera invito riporta “l’obbligo, per l’appaltatore, di possedere i requisiti soggettivi richiesti”, la previsione va così sostituita: “i requisiti soggettivi richiesti all’appaltatore, e la richiesta all’appaltatore di rendere apposita dichiarazione in merito al possesso dei requisiti soggettivi richiesti”.
Art. 355 – Norme applicabili
L’art. 355 dello schema di regolamento, seguendo la stessa tecnica dell’art. 206 del codice, elenca le disposizioni regolamentari dettate per i settori ordinari, che sono applicabili anche ai settori speciali.
Va anzitutto richiamato quanto già osservato in termini generali: l’art. 355 mira ad una estensione ai settori speciali della disciplina dettata per i settori ordinari, che va oltre quanto previsto dall’art. 206 del codice. Ciò contrasta con la “filosofia” dell’art. 206, come emerge anche dal secondo decreto legislativo correttivo, che elenca in via tassativa le disposizioni dettate per i settori ordinari, estensibili ai settori speciali.
In dettaglio si osserva quanto segue.
a) Vengono dichiarate applicabili ai settori speciali le disposizioni contenute nella parte I del regolamento (disposizioni comuni).
La parte I del regolamento consta di quattro articoli, relativi, rispettivamente, all’ambito di applicazione, alle infrastrutture strategiche, alle definizioni, al sito informatico presso l’Osservatorio.
Suscita perplessità il richiamo, per i settori speciali, dell’art. 2, nonché il richiamo integrale dell’art. 3.
Sotto il primo profilo, l’art. 206 del codice non richiama, per i settori speciali, la disciplina delle infrastrutture strategiche. Pertanto, l’art. 2 del regolamento, che riguarda tali infrastrutture strategiche, non sembra richiamabile nei settori speciali.
Sotto il secondo profilo, l’art. 3 del regolamento contiene, oltre a definizioni che riguardano tutti i settori, anche definizioni che riguardano solo i settori ordinari (p. es. la garanzia globale di esecuzione).
Sicché, il richiamo integrale dell’art. 3, potrebbe prestarsi alla interpretazione di aver voluto estendere nei settori speciali istituti che le norme primarie riservano ai settori ordinari.
Si suggerisce di modificare l’art. 355, co. 1, sostituendo le parole
“nella parte I (disposizioni comuni)”
con le parole
“nell’articolo 1, nell’articolo 3, limitatamente alle definizioni rilevanti in ordine a disposizioni del presente regolamento dichiarate applicabili ai settori speciali, nell’articolo 4”.
b) Viene poi dichiarato applicabile l’art. 88, relativo al casellario informatico. Si rinvia a quanto osservato in quella sede, in ordine alla non omogeneità degli obblighi inerenti le informative al casellario informatico, per le stazioni appaltanti dei settori ordinari e per gli enti aggiudicatori dei settori speciali. Pertanto, nell’art. 355, co. 1, le parole “nell’articolo 88 (casellario informatico)” vanno sostituite con le parole “nell’articolo 88 (casellario informatico), limitatamente alle norme in esso contenute che si riferiscono anche agli enti aggiudicatori”.
c) L’art. 355, co. 1, richiama inoltre per i settori speciali le disposizioni contenute nella parte II, titolo III, capi I, II e III, con salvezza degli articoli da 226 a 229 del codice e dell’art. 356 del regolamento.
In tal modo, si estende ai settori speciali il sistema di qualificazione per i lavori pubblici tramite SOA.
Tale opzione non appare in linea con le norme primarie che disciplinano la qualificazione per l’esecuzione dei lavori pubblici nei settori speciali. Difatti dall’art. 230 del codice si desume che il sistema SOA non è automaticamente obbligatorio per gli enti aggiudicatori ma:
– è residuale per le amministrazioni aggiudicatrici;
– è eventuale e facoltativo per gli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici.
E’ pertanto necessario chiarire che le norme del regolamento relative alla qualificazione tramite SOA si applicano solo se il sistema SOA è applicabile ai settori speciali ai sensi delle norme primarie recate dall’art. 230 del codice.
Si suggerisce di modificare l’art. 355, co. 1, sostituendo le parole
“nella parte II, titolo III, capo I (disposizioni generali), capo II (autorizzazione degli organismi di attestazione), capo III (requisiti per la qualificazione)”,
con le parole “nella parte II, titolo III, capo I (disposizioni generali), capo II (autorizzazione degli organismi di attestazione), capo III (requisiti per la qualificazione) nel rispetto dei presupposti di cui all’articolo 230 del codice”.
d) Vengono richiamate le disposizioni contenute nella parte II, titolo V, capo I (appalti e concessioni), sezione I (disposizioni generali) e sezione seconda (appalti di lavori) con esclusione degli articoli 105, 110 e 112.
La parte II, titolo V, capo I, dello schema di regolamento, contiene gli articoli da 105 a 113.
Ad avviso della Sezione va escluso anche il richiamo degli artt. 106 e 111 del regolamento.
Suscita infatti perplessità l’estensione ai settori speciali dell’art. 106, che reca le disposizioni preliminari, e stabilisce, al co. 1, che l’avvio delle procedure di scelta del contraente presuppone l’avvenuta validazione del progetto ai sensi dell’art. 52 dello schema di regolamento, e al co. 2 il contenuto della dichiarazione del concorrente, da allegare all’offerta, di presa visione del progetto e del luogo di esecuzione. Il co. 3 dell’art. 106 preclude la stipulazione del contratto se le parti non danno atto del permanere delle condizioni che consentono l’immediata esecuzione dei lavori. Il co. 4 dispone che gli adempimenti per l’avvio delle procedure espropriative vanno posti in essere in tempi compatibili con la stipula del contratto.
Il co. 1, dell’art. 106 fa riferimento alla validazione del progetto ai sensi del precedente art. 52.
Ma tutte le norme in tema di progettazione, contenute nella parte II, titolo II, non sono applicabili ai settori speciali: infatti da un lato l’art. 206 del codice non richiama per i settori speciali le norme sulla progettazione nei settori ordinari e dall’altro lato coerentemente l’art. 355 dello schema di regolamento non richiama la parte II, titolo II, dello schema di regolamento.
Ma con il richiamo all’art. 106, si rende applicabile ai settori speciali una inapplicabile norma dei settori ordinari.
Anche gli altri commi dell’art. 106 contengono norme peculiari dei settori ordinari, non estensibili ai settori speciali.
Pertanto l’art. 106 va escluso dal novero delle norme applicabili ai settori speciali.
Suscita inoltre perplessità l’estensione ai settori speciali dell’art. 111 dello schema che disciplina l’esecuzione di lavori congiunta all’acquisizione di immobili (già art. 83, d.P.R. n. 554/1999).
Le norme primarie in argomento sono contenute nell’art. 53 del codice, commi da 5 a 12.
Senonché l’art. 206 del codice, nell’indicare le norme applicabili ai settori speciali, richiama solo i commi da 1 a 4 dell’art. 53, e non anche i commi da 5 a 12, mostrando così di non voler estendere ai settori speciali la disciplina del pagamento del prezzo dell’appalto mediante cessione di beni immobili.
Occorre pertanto di modificare l’art. 355, co. 1, sostituendo le parole:
“nella parte II, titolo V, capo I (appalti e concessioni), sezione prima (disposizioni generali) e sezione seconda (appalti di lavori) con esclusione degli articoli 105 (appalti di lavori – contratti a corpo e a misura), 110, comma 3 (disposizioni in materia di pubblicazione degli avvisi e dei bandi), 112 (lavori di manutenzione)”
con le parole: “nella parte II, titolo V, capo I (appalti e concessioni), sezione prima (disposizioni generali) e sezione seconda (appalti di lavori) con esclusione degli articoli 105 (appalti di lavori – contratti a corpo e a misura), 106 (disposizioni preliminari), 110, comma 3 (disposizioni in materia di pubblicazione degli avvisi e dei bandi, 111 (esecuzione dei lavori congiunta all’acquisizione dei beni immobili), 112 (lavori di manutenzione)”.
e) Vengono richiamate le disposizioni della parte II, titolo V, capo II (criteri di selezione delle offerte).
La parte II, titolo V, capo II, contiene gli articoli da 116 a 120, che disciplinano il criterio del prezzo più basso, dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le offerte anomale e le aste elettroniche.
Suscita perplessità l’estensione ai settori speciali dell’art. 119 che disciplina in dettaglio il procedimento di verifica delle offerte anomale. Si tratta di un procedimento che si confà ai settori ordinari e che non è compatibile con la snellezza che connota i settori speciali, dove un eccesso di procedimentalizzazione è deleterio.
Si suggerisce pertanto di modificare l’art. 355, co. 1, sostituendo le parole
“nella parte II, titolo V, capo II (criteri di selezione delle offerte)”
con le parole
“nella parte II, titolo V, capo II (criteri di selezione delle offerte), con esclusione dell’articolo 119 (Offerte anomale)”
f) Vengono estese ai settori speciali le norme regolamentari dettate per i servizi e le forniture nei settori ordinari (contenute nella parte IV, titolo II, capi I, II e III, con esclusione degli articoli “296 (accordo quadro), 307 (risoluzione per reati accertati), 308 (risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo), 309 (inadempimento di contratti di cottimo), 310 (provvedimenti in seguito alla risoluzione del contratto), 311 (obblighi in caso di risoluzione del contratto), 312 (procedure di affidamento in caso di fallimento dell’esecutore o risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’esecutore) e 313 (penali)”.
La parte IV titolo II dello schema contiene gli articoli da 284 a 313.
Va esclusa l’estensione ai settori speciali delle seguenti disposizioni relative a servizi e forniture nei settori ordinari:
– 287 (promotore finanziario nei servizi), in quanto l’art. 206 del codice non estende l’istituto del promotore finanziario ai settori speciali;
– 288 (concorsi di progettazione di servizi e forniture), in quanto il codice disciplina autonomamente i concorsi di progettazione nei settori speciali, senza rinviare alla disciplina dei concorsi di progettazione nei settori ordinari;
– 289 (garanzie e verifica della progettazione di servizi e forniture nell’ambito dei concorsi di progettazione), in quanto tutto il sistema delle garanzie non viene esteso ai settori speciali;
– 293 (offerte anomale), trattandosi di norme procedurali incompatibili con le esigenze di snellezza dei settori speciali.
Pertanto l’art. 355, co. 1, va modificato sostituendo le parole
“con esclusione degli articoli 296 (accordo quadro), 307 (risoluzione per reati accertati), 308 (risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo), 309 (inadempimento di contratti di cottimo), 310 (provvedimenti in seguito alla risoluzione del contratto), 311 (obblighi in caso di risoluzione del contratto), 312 (procedure di affidamento in caso di fallimento dell’esecutore o risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’esecutore) e 313 (penali)”
con le parole
“con esclusione degli articoli 287 (promotore finanziario nei servizi), 288 (concorsi di progettazione di servizi e forniture), 289 (garanzie e verifica della progettazione di servizi e forniture nell’ambito dei concorsi di progettazione), 293 (offerte anomale), 296 (accordo quadro), 307 (risoluzione per reati accertati), 308 (risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo), 309 (inadempimento di contratti di cottimo), 310 (provvedimenti in seguito alla risoluzione del contratto), 311 (obblighi in caso di risoluzione del contratto), 312 (procedure di affidamento in caso di fallimento dell’esecutore o risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’esecutore) e 313 (penali)”
g) Di seguito si riporta il testo dell’art. 355 con evidenziazione delle modifiche suggerite
“Art. 355 – Norme applicabili
1. Ai contratti disciplinati dalla parte III, titolo I, del codice si applicano, salvo non sia diversamente previsto dallo stesso codice e ferme restando le esclusioni e le precisazioni di cui all’articolo 206, comma 1, del codice, le disposizioni del presente regolamento, contenute:
– nella parte I (disposizioni comuni); nell’articolo 1, nell’articolo 3, limitatamente alle definizioni rilevanti in ordine a disposizioni del presente regolamento dichiarate applicabili ai settori speciali, nell’articolo 4;
– nell’articolo 36 (piani di sicurezza e di coordinamento);
– nell’articolo 88 (casellario informatico), limitatamente alle norme in esso contenute che si riferiscono anche agli enti aggiudicatori;
– nella parte II, titolo III, capo I (disposizioni generali), capo II (autorizzazione degli organismi di attestazione), capo III (requisiti per la qualificazione), nel rispetto dei presupposti di cui all’articolo 230 del codice, fermo quanto previsto dagli articoli da 226 a 229 del codice e al successivo articolo 356 (requisiti di qualificazione) del presente regolamento;
– nella parte II, titolo III, capo IV (soggetti abilitati ad assumere lavori), con esclusione degli articoli 94 (requisiti del concessionario), 95 (requisiti del promotore e attività di asseverazione) e 96 (revoca dell’attestazione di qualificazione);
– nella parte II, titolo V, capo I (appalti e concessioni), sezione prima (disposizioni generali) e sezione seconda (appalti di lavori), con esclusione degli articoli 105 (appalti di lavori – contratti a corpo e a misura), 106 (disposizioni preliminari), 110, comma 3 (disposizioni in materia di pubblicazione degli avvisi e dei bandi), 111 (esecuzione dei lavori congiunta all’acquisizione dei beni immobili), 112 (lavori di manutenzione);
– nella parte II, titolo V, capo II (criteri di selezione delle offerte), con esclusione dell’articolo 119 (Offerte anomale);
– nell’articolo 167 (subappalto);
– nella parte IV, titolo II , capo I (requisiti per la partecipazione), capo II (criteri di selezione delle offerte), capo III (procedure di scelta del contraente ed aste elettroniche), con esclusione degli articoli 287 (promotore finanziario nei servizi), 288 (concorsi di progettazione di servizi e forniture), 289 (garanzie e verifica della progettazione di servizi e forniture nell’ambito dei concorsi di progettazione), 293 (offerte anomale), 296 (accordo quadro), 307 (risoluzione per reati accertati), 308 (risoluzione del contratto per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo), 309 (inadempimento di contratti di cottimo), 310 (provvedimenti in seguito alla risoluzione del contratto), 311 (obblighi in caso di risoluzione del contratto), 312 (procedure di affidamento in caso di fallimento dell’esecutore o risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’esecutore) e 313 (penali);
– nella parte VI (contenzioso);
– nella parte VII (disposizioni transitorie e abrogazioni).
2. Gli enti aggiudicatori hanno comunque facoltà di applicare, nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza, le disposizioni del presente regolamento diverse da quelle elencate al comma 1, con apposita previsione contrattuale dandone preventiva comunicazione nell’avviso con cui si indice la gara o nell’invito a presentare offerta.
3. Gli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici individuano nel bando i requisiti progettuali ai sensi dell’articolo 53, comma 3, del codice, unicamente nel rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 206 del codice e fatta salva l’applicazione del successivo articolo 356 (requisiti di qualificazione) del presente regolamento”.
Art. 357 – Appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria
Sotto il profilo formale la frase “le disposizioni del presente regolamento che rendono attuazione” andrebbe corretta in: “le disposizioni del presente regolamento che danno attuazione”.
Art. 359 – Ambito di applicazione e art. 360 – Definizione delle riserve al termine dell’esecuzione del contratto
a) In termini generali si deve osservare che la parte VI, dedicata al contenzioso, consta di due soli articoli, di cui uno sull’ambito applicativo e uno sul termine per la definizione delle riserve.
In una logica di semplificazione normativa, sarebbe preferibile utilizzare un (futuro) decreto legislativo correttivo, per inserire direttamente nel codice, nell’art. 240 dedicato all’accordo bonario, il testo dell’attuale art. 32, d.m. n. 145/2000, riprodotto nell’art. 360 dello schema di regolamento.
In tal modo, da un lato potrebbero essere espunti dallo schema di regolamento gli artt. 359 e 360, e dall’altro lato gli operatori vedrebbero concentrate solo nel codice tutte le norme relative al contenzioso.
Allo stato, è preferibile accorpare il contenuto degli artt. 359 e 360, e spostarlo nel titolo X della parte II, relativo al collaudo dei lavori, dettando poi una norma di rinvio per servizi e forniture.
Ciò in quanto non è proporzionato contemplare una “Parte” che è la massima ripartizione, che consta di due soli articoli.
b) L’art. 359, co. 1, prevede che “Le disposizioni della presente parte si applicano ai contratti pubblici di lavori relativi ai settori ordinari, affidati da amministrazioni aggiudicatrici ed enti aggiudicatori, ovvero da concessionari”. Alla fine del comma vanno aggiunte le parole “e da soggetti privati ad essi equiparati”. Ciò in quanto il codice estende a tali soggetti le norme in materia di collaudo (art. 32, co. 2 del codice), nonché le norme in materia di contenzioso. Sicché l’accesso alla procedura arbitrale, previo esame delle riserve da parte della stazione appaltante, è anche in tal caso successivo al collaudo ovvero al mancato collaudo nei termini (v. art. 360 dello schema di regolamento).
c) L’art. 360 riproduce l’art. 32 del capitolato generale di appalto delle opere pubbliche, in ordine al termine per la definizione delle riserve che non hanno formato oggetto di accordo bonario.
Si segnala che lo schema di regolamento non riproduce, ma neppure abroga, l’art. 33, d.m. n. 145/2000, che prevede un termine dilatorio prima del quale non può essere avviata la procedura arbitrale.
Allo stato, pertanto, tale disciplina rimane, in via provvisoria, all’interno del capitolato generale di appalto, che si applica ai soli lavori pubblici, e solo se richiamato nel bando.
Si sottopone all’attenzione del Governo di valutare l’opportunità di inserire direttamente nel testo del codice con un futuro decreto correttivo anche il contenuto del citato art. 33, in modo da trasformarlo da norma contrattuale, operante solo se richiamata nel bando, in norma giuridica eteronoma.
Invero, è opportuno che le procedure arbitrali non si svolgano, di regola, in corso di esecuzione del contratto, atteso che potrebbero tradursi in fattore di ritardo della esecuzione medesima, ma solo all’esito del collaudo finale.
Allegati
L’allegato B – Schema di certificato di esecuzione dei lavori è da sopprimere alla luce di quanto osservato in relazione all’art. 82, co. 5, dello schema di regolamento.
5. Rilievi formali.
Il testo dello schema dovrà essere rivisto, sul piano formale, alla luce dei criteri dettati dalla Presidenza del Consiglio in ordine alla redazione degli atti normativi.
Si segnala che nella citazione della “Corte dei Conti” la parola “conti” va scritta con iniziale minuscola.
Si segnala ancora che i termini relativi ad adempimenti e sanzioni, talora sono indicati in cifre (p. es. artt. 70, 71 e 72) talora in lettere (p.es. artt. 74, 75). Va adottato un criterio omogeneo.
Negli articoli che contengono lunghe elencazioni, occorre che ciascun componente dell’elenco sia contrassegnato da una lettera o da un numero, anziché da un semplice trattino (come è, ad es., negli artt. 15, 16, 18), che rende la lettura difficile.
Va attentamente rivista la numerazione dei commi dei singoli articoli (v. p. es. art. 85, dove c’è un comma non numerato tra il 7° e l’8°; art. 90, con identico problema tra il 1° e il 2° comma).
P.Q.M.
Esprime parere favorevole con le osservazioni e alle condizioni suindicate.
Il Presidente della Sezione
(Giancarlo Coraggio)
Gli Estensori
(Rosanna De Nictolis)
(Giuseppe Minicone)