“La fase precedente la proclamazione degli eletti deve svolgersi secondo la cadenza prefissata dal legislatore senza possibilità di alterazioni del tempo, ritmo e/o del contenuto degli atti amministrativi per effetto dell’intervento del giudice amministrativo.
Tale principio è in linea con la esigenza di assicurare che fino alla proclamazione degli eletti la volontà popolare si formi e si esprima senza inframmettenza alcuna e ciò è coerente con i principi costituzionali in tema di tutela giurisdizionale.
Invero tra la esigenza di immediata giustiziabilità e quella di rispettare la cadenza del procedimento è stata privilegiata quest’ultima, ma limitatamente ad un profilo temporale in quanto, dopo la proclamazione degli eletti, può essere fatto valere dinanzi al giudice naturale anche qualsiasi vizio eventualmente incorso nella fase precedente.
Ciò posto, sull’intervento del giudice in questa fase, esatto o sbagliato che sia, deve sempre prevalere il principio di continuità delle operazioni elettorali voluto dal legislatore e confermato dalla giurisprudenza.
Conseguentemente, l’alterazione del procedimento elettorale per effetto dell’intervento del giudice rileva ex se, sul piano storico-fattuale, indipendentemente da ogni indagine sul relativo contenuto.
Pertanto, ove tale intervento risulti acclarato in punto di fatto e risulti altresì che abbia effettivamente provocato l’alterazione della fase del procedimento anteriore alla proclamazione, v’è la necessità di rimuovere ogni effetto di tale intervento rinnovando cioè le operazioni elettorali ab imis“.
. . . . .
CGA Sicilia
Sentenza 3 ottobre 2007 numero 907
(presidente Virgilio, estensore Trovato)
(…)
Diritto
1. In via pregiudiziale vanno esaminate le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità dell’appello principale sollevate dal signor Felice Calabrò e dal signor Salvatore Merlino.
Questi hanno dedotto:
a) – la tardività dell’appello proposto ben oltre il termine di venti giorni fissato dall’art. 29 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 s.m.;
b) – la sua inammissibilità perché proposto da persone non in possesso della qualità di elettori del Comune di Messina;
c) – la mancata notifica all’Ufficio centrale elettorale e alla Commissione elettorale circoscrizionale;
d) – il carattere esecutivo della esclusione della lista (dovuta in ottemperanza al provvedimento cautelare giurisdizionale).
Le eccezioni sono infondate.
a) L’art. 29 citato, al comma 2, (modificativo dell’art. 83 comma 12 del d.P.R. 16 maggio 1960 n. 570) stabilisce che i ricorsi avverso le sentenze in materie di operazioni elettorali sono proposti entro il termine di venti giorni dalla notifica della sentenza, per coloro nei cui confronti è obbligatoria la notifica; per gli altri cittadini elettori nel termine di venti giorni decorrenti dall’ultimo giorno della pubblicazione della sentenza medesima nell’albo pretorio del comune.
Come rilevato in giurisprudenza il termine di venti giorni dalla pubblicazione nell’albo pretorio si riferisce ai soli titolari dell’azione popolare; pertanto, la mancata notificazione della sentenza di primo grado a chi di quel giudizio è stato parte necessaria rende applicabile, per la proposizione dell’appello, il termine annuale di decadenza ridotto della metà (Consiglio Stato, sez. V, 25 febbraio 2002, n. 1090).
Rientrano tra questi ultimi i signori Salvatore Gennaro e Antonino Di Trapani, che in primo grado rivestivano la qualità di ricorrenti o in altri casi di controinteressati in qualità rispettivamente di presentatore della lista in vertenza e di candidato a Sindaco collegato alla lista medesima.
In questa prospettiva l’appello appare tempestivo, in quanto notificato nei termini di legge. Più esattamente si tratta di sentenza depositata il 28 novembre 2006 e non notificata; mentre l’appello è stato notificato il 27 gennaio 2007 e, quindi, tempestivamente pur considerato il termine dimidiato semestrale.
b) E’ pur vero che gli appellanti non risultano essere cittadini del Comune di Messina ma è altrettanto vero che sono legittimati ad agire rispettivamente come presentatore della lista (il signor Gennaro Salvatore) e come candidato alla consultazione (il signor Antonino Di Trapani).
c) La terza eccezione, a prescindere da un approfondimento in diritto (in relazione alla eccezione di difetto di legittimazione passiva degli organi citati sollevata dall’Avvocatura dello Stato in primo grado) è infondata in punto di fatto.
L’appello risulta utilmente notificato alla CEC (Commissione elettorale circondariale) e all’Ufficio centrale elettorale, presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo in data 29 gennaio 2007.
Va aggiunto che, ove pure fosse esatta, l’eccezione avrebbe comportato solo la integrazione del contraddittorio e non la inammissibilità dell’appello.
d) Quanto alla censura sub d) il Collegio osserva che è bensì esatta la tesi secondo cui il procedimento elettorale, quanto alla esclusione della lista in vertenza, è esecutivo di provvedimento cautelare d’urgenza del Presidente della Prima Sezione del TAR, ma osserva altresì che tale circostanza non rileva in termini di inammissibilità dell’appello che è correttamente e utilmente diretto in particolare ad affermare la inammissibilità del ricorso n. 3049/2005 contro l’ammissione della lista di cui trattasi, prima della proclamazione degli eletti e quindi la illegittimità della mancata partecipazione di essa alla competizione elettorale, sia pure in conseguenza della misura cautelare disposta interinalmente dal Presidente della 1^ sezione del TAR con irreversibili effetti sul risultato elettorale.
2. Ad avviso del Collegio uno è infatti il tema fondamentale della odierna decisione:
– quello della impugnabilità da parte dell’on. Craxi, nella affermata qualità di Segretario nazionale pro tempore del nuovo PSI, della ammissione alle elezioni della lista presentata dal signor Salvatore Gennaro su delega dell’On. De Michelis; e, più in particolare, quello della impugnabilità immediata di detta ammissione prima della proclamazione degli eletti.
In proposito il Collegio ritiene che appare estranea al giudizio elettorale la impugnazione immediata e quindi la sospensione cautelare di atti endoprocedimentali anteriormente alla proclamazione degli eletti.
Dal punto di vista letterale vanno richiamate le disposizioni dettate dal già citato art. 83/11 del T.U. n. 570 del 1960 (introdotto dall’art. 2 della legge 23 dicembre 1966, n. 1147 le cui norme di carattere procedurale sono tuttora vigenti in quanto richiamate dall’art. 19 dalla legge 6 dicembre 1971, n. 1034) che stabiliscono quanto segue: “Contro le operazioni per l’elezione dei consiglieri comunali successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, qualsiasi cittadino elettore del Comune, o chiunque altro vi abbia diretto interesse, può proporre impugnativa davanti alla sezione per il contenzioso elettorale (ora: al Tribunale amministrativo regionale – n.d.r.) con ricorso che deve essere depositato nella segreteria entro il termine di giorni trenta dalla proclamazione degli eletti”.
La disposizione trova fondamento logico nel fatto che il procedimento elettorale, in quanto preordinato a realizzare l’interesse pubblico primario a che la consultazione si svolga nella data stabilita con il decreto di convocazione dei comizi, presenta struttura peculiare articolata in momenti legati l’uno all’altro da cadenze cronologiche ravvicinate e fusi in un rapporto funzionale che non tollera interruzioni o ritardi.
3. Possono sul punto richiamarsi i seguenti passaggi procedimentali previsti dall’ordinamento di settore (cfr. in particolare artt. 8, 17, 18, 19, 20, 21 del d.P.Reg. 20 agosto 1960, n. 3 nonchè la l.r. 26 agosto 1992 n. 7 e la l.r. 15 settembre 1997, n. 35):
– (Entro il 60° giorno precedente quello della votazione)
Emanazione del decreto dell’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali recante la fissazione della data di votazione.
– (45° giorno precedente quello della votazione)
Pubblicazione, a cura del Sindaco o organo straordinario del Comune, del manifesto di convocazione dei comizi elettorali.
– (Entro il 30° giorno precedente quello della votazione) Inizio del periodo di propaganda elettorale (artt. 1 e 2 legge 4 aprile 1956 n. 2121).
– Dal 30° giorno e sino alle ore 12,00 del 25° giorno precedente quello della votazione
Presentazione al Comune delle liste dei candidati al Consiglio comunale e delle collegate candidature a Sindaco.
– Entro il 25° giorno precedente quello della votazione
Trasmissione alla Commissione elettorale circondariale, a cura del segretario comunale o di chi lo sostituisce legalmente, delle liste dei candidati al Consiglio comunale e delle collegate candidature a Sindaco.
– 1° giorno successivo a quello di scadenza per la presentazione delle liste
– Termine ultimo per esame, approvazione, eventuali modificazioni o contestazioni delle liste dei candidati al Consiglio comunale e delle collegate candidature a Sindaco, da parte della Commissione elettorale circondariale.
– Presentazione alla Commissione elettorale circondariale di nuovi documenti in luogo di quelli contestati per vizi formali o perché presentati in difformità a quanto prescritto.
– Entro il 3° giorno successivo a quello di scadenza per la presentazione delle liste
– Presentazione di nuovi contrassegni in sostituzione di quelli ricusati dalla commissione elettorale circondariale.
– Entro il 4° giorno successivo a quello di scadenza per la presentazione delle liste
Riunione della Commissione elettorale circondariale per decidere su eventuali contestazioni nell’esame delle liste e delle candidature.
Comunicazione delle decisioni adottate dalla Commissione al Prefetto per la stampa delle schede di votazione e al Sindaco per la preparazione dei manifesti relativi alle liste dei candidati al Consiglio comunale e alle collegate candidature a Sindaco.
(Dal 20° al 2° giorno precedente quello della votazione)
Stampa delle schede di votazione a cura dell’Ufficio territoriale del Governo, confezione dei relativi pacchi per le singole sezioni elettorali e recapito ai Comuni interessati.
– Entro il 15° giorno precedente quello della votazione
Affissione all’albo pretorio ed in altri luoghi pubblici, a cura del Sindaco, del manifesto recante le liste dei candidati al Consiglio comunale e delle collegate candidature a Sindaco.
Affissione all’albo pretorio del programma amministrativo dei candidati alla carica di Sindaco.
– ore 24,00 del 2° giorno precedente quello della votazione
Termine della propaganda elettorale (art. 9, legge n. 212/1956 e successive modifiche).
Sembra evidente, già da questa scansione procedimentale, che interventi del giudice amministrativo, nella compiuta articolazione di primo grado e di appello, sono irrealizzabili e comunque altererebbero i limiti temporali degli adempimenti concatenati a garanzia di un corretto svolgimento delle consultazioni.
4. La giurisprudenza, in ragione di ciò, si era orientata già in passato ad escludere la impugnabilità immediata degli atti infraprocedimentali, anche se direttamente lesivi (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 14 febbraio 1984, n. 122 secondo cui nel procedimento amministrativo elettorale l’atto impugnabile è costituito dalla proclamazione degli eletti; per cui è inammissibile il ricorso proposto avverso l’atto di esclusione di una lista elettorale).
In seguito si era ammessa una eccezione per gli atti aventi attitudine a ledere in via immediata interessi (in particolare l’esclusione di una lista o di un candidato; cfr. Consiglio Stato Ad. Plen., 24 luglio 1997, n. 15; v. anche di recente Consiglio Stato, sez. V, 14 novembre 2006, n. 6683).
Per lo più si negava però l’immediata impugnabilità degli atti non immediatamente lesivi come l’ammissione di una lista o di un candidato (Consiglio Stato, sez. V, 31 dicembre 1993, n. 1408; Consiglio Stato, sez. V, 10 marzo 1998, n. 282; Consiglio Stato, sez. V, 30 marzo 1994, n. 217).
Si ribadiva così che nel procedimento elettorale, salvo che per alcuni atti autonomamente impugnabili in ragione della loro lesività immediata, vige il principio secondo cui ogni impugnazione deve essere rivolta contro l’atto di proclamazione degli eletti, dalla cui data decorre il termine per la proposizione del ricorso (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 18 giugno 2001, n. 3212, che disattendeva l’eccezione di irricevibilità diretta contro l’impugnazione non immediata del provvedimento di ammissione delle liste).
Sul punto non mancavano indirizzi giurisprudenziali difformi, che configuravano un onere di impugnazione immediata almeno in capo ai cittadini elettori anche con riguardo alla ammissione di liste o candidati. E ciò nella considerazione che essi sono titolari di azione a tutela del corretto svolgimento della consultazione elettorale, posizione che va tutelata con l’immediata e tempestiva impugnazione degli atti ritenuti lesivi di detto interesse (ivi compresa l’ammissione delle liste, su cui cfr. C.S., V, 15 marzo 2001, n. 1521), in termini decorrenti dalla data di pubblicazione delle liste ammesse, o al più tardi, dalla data delle votazioni. L’interesse fatto valere in via d’azione dai cittadini elettori per il corretto svolgimento della consultazione elettorale – si sottolineava – poteva concernere anche l’esclusione o l’ammissione, asseritamente illegittime, di una o più liste di candidati, in quanto la presenza o l’assenza di queste ultime avrebbero potuto influenzare la volontà degli elettori ed alterare quindi il risultato del voto: pertanto, l’esclusione o l’ammissione di una lista avrebbero rappresentato atti immediatamente lesivi, impugnabili entro il termine decadenziale decorrente dalla conoscenza della mancata partecipazione della lista stessa, conoscenza da intendere acquisita, stante il regime di pubblicità proprio del procedimento elettorale, alla data di pubblicazione delle liste ammesse o, al più tardi, alla data delle votazioni (Consiglio Stato, sez. V, 21 ottobre 1998, n. 1528; v. anche Consiglio Stato, sez. V, 3 novembre 2001, n. 5695).
Altri orientamenti, dai cennati presupposti, pervenivano alla conclusione secondo cui l’impugnazione contro l’ammissione è sempre facoltativa, ferma restando comunque la necessità di impugnare il successivo atto di proclamazione degli eletti (cfr. CS, V, 3 febbraio 1999, n. 116).
In materia è da ultimo intervenuta la Adunanza plenaria del Consiglio di Stato che, con decisione n. 10 in data 24 novembre 2005, ha escluso in ogni caso la impugnabilità immediata di atti infraprocedimentali elettorali e quindi la sospensione di essi da parte del giudice, affermando che tale esegesi è conforme ai principi costituzionali in materia di tutela giurisdizionale.
E’ utile riportare i passaggi essenziali di questa decisione:
“3.5. …, la giurisprudenza ha puntualizzato che il procedimento elettorale di cui si tratta, caratterizzato dalla celerità dei relativi adempimenti – pur se strutturato in una serie di sub procedimenti, nei quali sono chiamati a pronunciarsi vari organi e adottate diverse deliberazioni – è stato considerato dal legislatore in una prospettiva unitaria, in vista dell’esigenza primaria di consentire lo svolgimento della consultazione della data stabilita. Tale volontà legislativa, chiaramente espressa dalla norma, appare adeguatamente giustificata pure tenendo conto della eventuale lesività di atti intermedi del procedimento, risultando comunque pienamente tutelata, mediante l’impugnazione dell’atto finale del procedimento, la posizione dei soggetti che da tali atti intermedi si ritengano lesi, …
D’altronde, in presenza di una disposizione legislativa che stabilisce in modo inequivoco che contro tutte le operazioni elettorali l’impugnativa va proposta in un termine perentorio abbreviato, decorrente dalla proclamazione degli eletti, è evidente che in sede applicativa della norma non può individuarsi un diverso termine di decorrenza da quello espressamente indicato, a meno di non voler ritenere (…………….) che per gli atti endoprocedimentali trovi applicazione l’ordinario termine di impugnazione di sessanta giorni, tesi anch’essa palesemente contrastante, tuttavia, con la lettera della norma, che non pone in realtà alcuna limitazione per l’impugnazione delle operazioni elettorali congiuntamente all’atto conclusivo del procedimento elettorale.
3.6. – Tanto premesso, l’Adunanza plenaria è dell’avviso che, contrariamente a quanto postulato dalla più recente giurisprudenza in materia, debba essere esclusa la possibilità di impugnazione, anche prima della proclamazione degli eletti, di tutti gli atti endoprocedimentali riguardanti le operazioni per le elezioni comunali. E ciò non solo per le già accennate esigenze di rispetto della lettera e dello spirito della norma ma anche in considerazione di ulteriori elementi, come di seguito precisato.
3.7. – In via preliminare è opportuno sottolineare che la non impugnabilità immediata di atti aventi effetti sicuramente lesivi (quali quelli di esclusione dal procedimento elettorale), con conseguente improponibilità anche di eventuali misure cautelari, non appare contrastante con il principio, affermato dalla Corte costituzionale (v. sentenza 27 dicembre 1974, n. 284), secondo cui il potere di sospensione dell’esecuzione dell’atto amministrativo è un elemento connaturale del sistema di tutela giurisdizionale. Questo perché nella fattispecie in discorso non si prospetta una esclusione o una limitazione dell’area di esercizio del potere medesimo, ma si stabilisce soltanto un criterio di accorpamento di tutte le impugnative riferibili allo stesso procedimento elettorale, ragionevolmente giustificato – a quanto si è visto – dall’intendimento del legislatore di consentire lo svolgimento della consultazione nel termine stabilito, spesso corrispondente a quello riguardante altri analoghi procedimenti, per evidenti ragioni di concentrazione dell’impegno politico ed amministrativo richiesto per le tornate elettorali.
Né può ritenersi che la possibilità di accordare misure cautelari con riguardo agli atti endoprocedimentali (ad esempio: ammettendo liste escluse o escludendo liste ammesse) possa rappresentare un mezzo efficace per scongiurare il pericolo di successivo annullamento dell’intero procedimento elettorale, poiché bisogna ricordare, invece, che si tratta pur sempre di strumenti con efficacia provvisoria, in attesa di una definitiva pronuncia sul merito; inoltre, in relazione ai tempi tecnici occorrenti appare inverosimile, e comunque del tutto eccezionale, la eventualità che intervenga un giudicato prima della conclusione delle operazioni elettorali.
3.8. – Né sembra porre alcun problema la circostanza, paventata dal giudice di primo grado, che dopo la proclamazione degli eletti l’interesse del ricorrente venga tutelato in relazione ai risultati elettorali poiché, da un lato, va ribadito che i ricorsi elettorali, proposti dal cittadino elettore, risultano rivolti al mero soddisfacimento di un interesse pubblico, e, dall’altro lato che la scelta di concentrazione delle impugnative effettuata dal legislatore sembra, appunto, rispondente anche all’esigenza di evitare la proposizione di eventuali impugnative meramente strumentali e propagandistiche.
A tale riguardo è opportuno aggiungere che il legislatore, dopo aver delineato una procedura improntata a criteri di accentuate garanzie di imparzialità e di obiettività, ha affidato i compiti più delicati ad organi collegiali quale la Commissione elettorale mandamentale e l’Ufficio elettorale, nell’ambito delle quali sono chiamati ad operare magistrati e funzionari di alto livello, in base a quanto previsto, rispettivamente, dall’art. 18 della legge 6 ottobre 1947, n. 1058, e dall’art. 20 del T.U. n. 570 del 1960. Anche in considerazione di tali garanzie, dunque, il legislatore sembra aver volutamente escluso la possibilità di intervento e di coinvolgimento del potere giudiziario, prima dell’atto finale delle elezioni, in questioni connotate da caratteri eminentemente politici.
Ciò per ragioni facilmente intuibili, ossia perché, da una parte, il rigore delle norme procedimentali risulterebbe adeguato ad assicurare con sufficiente certezza la regolarità del procedimento; e, dall’altra parte, perché l’intervento prematuro degli organi giurisdizionali potrebbe provocare, oltre ad una eccessiva risonanza delle vicende in contestazione, anche artificiose iniziative finalizzate alla strumentalizzazione di eventuali provvedimenti cautelari favorevoli (si pensi, ad esempio, all’ipotesi che una determinata lista venga ammessa, con riserva, a partecipare alle elezioni e che, dopo l’esito negativo delle stesse, i soggetti interessati rinuncino al ricorso, con conseguente possibilità di vanificare il risultato elettorale).
In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellati, non appare sostenibile l’assunto secondo cui l’immediata impugnabilità degli atti endoprocedimentali garantirebbe la efficacia e la economicità del procedimento elettorale, assicurando il vantaggio della certezza e della stabilità dei relativi risultati.
Anzitutto, come opportunamente segnalato dalla difesa del ricorrente, seppure l’ammissione di una lista può apparire in astratto pregiudizievole rispetto all’interesse del candidato sindaco appartenente ad altra lista, deve rammentarsi che, con il meccanismo del voto disgiunto, gli elettori possono esprimere la loro preferenza anche per un candidato sindaco diverso da quello al quale è collegata la lista per cui essi hanno votato, con la conseguenza che l’interesse a ricorrere può essere effettivamente verificato soltanto all’esito finale delle elezioni.
Ma, a parte ciò, deve ribadirsi che, in realtà, la concentrazione di tutte le impugnative, in un momento successivo alle elezioni, appare in grado di salvaguardare maggiormente i valori richiamati dai predetti resistenti, restando in questo maniera precluse le iniziative meramente strumentali che, in facile elusione degli invocati principi di buona fede e di correttezza, potrebbero dare àdito più agevolmente a manovre distorsive ed accordi fraudolenti per falsare l’andamento delle votazioni”.
5. Il Collegio (cfr. già decisione n. 287 in data 22 giugno 2006) condivide pienamente le tesi dell’Adunanza plenaria, (riprese dall’appello principale, di tal che infondata per quel che qui rileva è la eccezione di incompletezza dell’impianto difensivo dell’appello medesimo sollevata dagli appellanti incidentali).
Va rilevato in sintesi che:
– il procedimento elettorale ha cadenze accelerate che sono obbligatorie per gli organi amministrativi elettorali; è stato così affermato che le esigenze di celerità procedimentale, che ai sensi dell’art. 7 comma 1 l. 7 agosto 1990 n. 241, consentono di omettere la comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo, si riscontrano pure nel procedimento elettorale, che è scandito con estremo rigore dalla legge nei tempi e nelle modalità, per cui è legittimo che l’ufficio elettorale centrale adotti provvedimenti, anche in autotutela (nella specie si trattava di annullamento dell’ammissione di un gruppo o di una lista di candidati), senza dare la predetta comunicazione, essendo obbligato a emanare i propri atti tempestivamente e senza indugio nei termini stabiliti dalla legge e per evitare qualunque differimento della competizione elettorale (Consiglio Stato, sez. V, 29 gennaio 1996, n. 111). Ed ancora è stato rilevato che la commissione elettorale mandamentale ha il potere-dovere di procedere alla correzione degli errori nei quali sia incorsa nell’ammissione di liste e candidati, purché il detto potere di autotutela venga esercitato entro il limite temporale costituito dall’inizio delle successive fasi del procedimento (Consiglio Stato, sez. V, 22 gennaio 1987, n. 19).
– sono assicurate garanzie di neutralità all’interno del procedimento elettorale per la presenza operativa di qualificati componenti e per la possibilità di reclami o anche di interventi in autotutela da effettuarsi in termini prefissati;
– tali cadenze sono incompatibili, quanto alla immediata impugnativa degli atti infraprocedimentali, con un compiuto, tempestivo, svolgimento del giudizio non solo di merito ma anche cautelare; basti sottolineare che nella specie l’intervento cautelare adottato in via d’urgenza dal presidente della prima Sezione del TAR non è stato esaminato dal Collegio di primo grado se non a distanza di circa un anno, unitamente al merito, quando le elezioni si erano da tempo svolte, ed ovviamente, allorchè la pronuncia cautelare aveva già prodotto effetti irreversibili (con conseguente assorbimento della domanda cautelare);
– non è ipotizzabile contro tali atti infraprocedimentali una tutela cautelare piena e tempestiva senza alterare le cadenze procedimentali, a scapito della corretta formazione della volontà elettorale. Il caso di specie appare ancora una volta sintomatico: la ammissione della lista in vertenza è stata sospesa in via d’urgenza dal giudice il 23 novembre 2005, è stata ribadita dalla CEC il giorno successivo, è stata esclusa dal giudice il 25 novembre 2005 a due giorni dalle elezioni, quando ormai erano stati affissi i manifesti elettorali con le liste dei candidati, era pressochè ultimata la campagna elettorale ed erano state stampate le schede, poi ristampate in esecuzione della pronuncia cautelare del TAR. Il che ha impedito anche eventuali regolarizzazioni nei termini di legge (cfr. art. 18 d.P.Reg. n. 3/1960 s.m.i.). E’ del tutto verosimile poi che, in questa situazione, elettori propensi a votare per la lista, esclusa all’ultimo momento, si siano trovati in difficoltà ad esprimere il voto, vale a dire a votare correttamente con la dovuta ponderazione e previa individuazione così di una diversa scelta, ove pure fossero stati in grado di avere conoscenza della circostanza che un intervento del giudice aveva avuto l’effetto di escludere la lista;
– l’esclusione cautelare di una lista ha comportato quindi un illegittimo svolgimento delle elezioni con effetti, riguardanti non solo la lista in questione, ma altresì tutte le altre liste, effetti che non sono ricostruibili ex post. Non è ovviamente possibile stabilire, ad esempio, quanti voti sarebbero confluiti sulla lista esclusa, nè su quali liste e candidati (a Sindaco e a Consiglieri) tali voti siano confluiti; se e in quale misura la tardiva esclusione abbia influito sulla percentuale di voti nulli, di schede bianche e degli astenuti;
– la corretta e piena tutela giurisdizionale alla luce della ricordata lettera e ratio legis poteva e doveva, invece, essere assicurata solo dopo la proclamazione degli eletti, quando, soprattutto in caso di ammissione delle liste, può essere verificata anche l’incidenza delle eventuali illegittimità della loro partecipazione sul risultato elettorale e quindi l’interesse a farne valere i vizi, al fine di una giusta composizione di due esigenze egualmente fondamentali per l’ordinamento (la conservazione, ove possibile, degli atti giuridici e la relativa massimizzazione degli effetti del procedimento elettorale con la salvaguardia della volontà del corpo elettorale. Cfr. Consiglio Stato, sez. V, 23 agosto 2000, n. 4586; Consiglio Stato, sez. V, 20 marzo 2006, n. 1437);
– l’intervento monocratico cautelare nel caso di specie escludendo una lista ha impedito lo sviluppo del procedimento elettorale nei modi di legge; il che comporta necessariamente la ripetizione del procedimento stesso;
– risultano quindi inammissibili, come verrà meglio chiarito in prosieguo, le censure degli appellanti incidentali dirette ad evidenziare che la lista doveva comunque essere esclusa; a prescindere da ogni altro rilievo le doglianze, ove pure fossero corrette, non escluderebbero la circostanza che il procedimento si è svolto al di fuori delle scansioni temporali di legge e che vi è stata comunque una alterazione del risultato elettorale non ricostruibile ex post.
6. Per questi motivi già in un primo orientamento giurisprudenziale si rilevava che un intervento cautelare avrebbe imposto comunque la ripetizione dell’intero procedimento per consentire il rispetto dei termini procedimentali inderogabili. Si osservava così che l’ammissione con riserva di una lista di candidati (nella specie a seguito di sospensione ordinata dal T.A.R. dell’esecuzione del provvedimento di esclusione disposto dalla commissione elettorale mandamentale) non avrebbe potuto consentire che, a causa delle ormai prossime operazioni di voto, il relativo manifesto fosse affisso per un termine minore di quello previsto dall’art. 34 t.u. n. 570 del 1960, essendo sempre possibile rimuovere l’irregolarità sollecitando l’esercizio (in quel caso) da parte del prefetto del potere di rinviare le elezioni. In mancanza di tale intervento e del rispetto del termine di legge l’intero procedimento elettorale avrebbe dovuto ritenersi illegittimo (Consiglio Stato, sez. V, 26 giugno 1981, n. 293).
Per ragioni analoghe una ripetizione delle consultazioni deve ritenersi necessaria nel caso in esame in cui l’esclusione della lista è stata tardivamente disposta dalla Commissione elettorale sulla base di provvedimento cautelare del giudice, con conseguenze, come detto, non ricostruibili sulla destinazione dei voti che sarebbero stati attribuiti alla lista esclusa.
In vista della rinnovazione delle operazioni elettorali, va poi precisato alla stregua di un indirizzo giurisprudenziale, pienamente condiviso dal Collegio, che non è configurabile una cristallizzazione della situazione partecipativa come definita in sede giurisdizionale in relazione alle precedenti consultazioni annullate, con la conseguenza che devono essere ammesse alla nuova consultazione sia le liste in precedenza legittimamente o illegittimamente escluse o ammesse sia eventuali nuove e diverse liste, e ciò in quanto in caso contrario, in violazione dei principi di democrazia, escludendosi dalla rinnovazione liste rappresentative di quote di elettorato, si determinerebbe nella sostanza un distacco tra corpo elettorato attivo e organi rappresentativi e il condizionamento dello stesso elettorato attivo, che non si concreta solo nella possibilità di esprimere un voto, ma postula soprattutto la facoltà di scelta fra candidati e liste (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 31 maggio 2007, n. 2817).
7. Tali temi sono ripresi anche dalla giurisprudenza più recente sempre nella prospettiva della ammissione cautelare (caso opposto a quello in esame, ma con argomenti adattabili ad esso): i ricorsi contro le operazioni elettorali successive alla emanazione del decreto di convocazione dei comizi, tra le quali ci sono quelle relative all’ammissione delle liste elettorali – è stato osservato – vanno proposti dopo la proclamazione degli eletti. Vero è che in tal modo non c’è immediata tutela giurisdizionale contro i provvedimenti di esclusione delle liste; ma è altrettanto vero che l’ammissione della lista esclusa potrebbe essere data solo con provvedimento cautelare di sospensione dell’efficacia dell’esclusione – non essendo praticamente possibile definire il giudizio prima dello svolgimento delle elezioni – sicché in ogni caso l’ammissione o esclusione della lista, e con esse i risultati dell’elezione, sarebbero provvisori, e vi sarebbero altrettante probabilità di far competere una lista illegittimamente esclusa quante di fare svolgere elezioni invalide; e in definitiva l’immediatezza della tutela sarebbe puramente apparente.
La situazione rimarrebbe la stessa quand’anche, sforzando oltremodo i tempi processuali a scapito del diritto di difesa, il giudizio potesse essere definito in primo grado, con sentenza soggetta ad appello, prima dello svolgimento delle elezioni. Per di più l’esecuzione dell’eventuale ordinanza cautelare di sospensione o sentenza di accoglimento del ricorso contro l’esclusione, pronunciata immediatamente prima del giorno fissato per i comizi, imporrebbe il rinvio di questi ultimi. Non si presta perciò a dubbio d’illegittimità costituzionale la suddetta disposizione di legge che, a fronte dell’alea non evitabile di cui si è detto, persegue i fini, di evidente rilievo costituzionale, di non turbare, con la proposizione di ricorsi non immediatamente risolutivi, né lo svolgimento delle operazioni elettorali né la serenità dei giudizi; così come ha stabilito l’adunanza plenaria delle sezioni giurisdizionali di questo Consiglio con la decisione n. 10 del 2005 (Consiglio Stato, sez. V, 6 febbraio 2007, n. 482).
Tali considerazioni, condivise dal Collegio, consentono di superare i problemi di costituzionalità delle norme citate, laddove non prevedono la immediata impugnazione degli atti infraprocedimentali del procedimento elettorale.
I principi di democrazia, posti a fondamento essenziale della Repubblica, sono prevalenti rispetto ad ogni altro interesse (che il Collegio non ha mancato di considerare) interferente nel caso di specie (quanto a quelli pubblici in particolare l’interesse alla stabilità degli organi delle Amministrazioni).
Non sembra d’altra parte rilevante il richiamo del giudice di primo grado alla sentenza della Corte costituzionale n. 154/1995 che riguarda l’illegittimità di norme regionali recanti il termine per l’impugnazione della proclamazione degli eletti, in ragione di un difetto di potestà legislativa della Regione al riguardo.
8. Ricapitolando quanto finora esposto, il Collegio, aderendo alla giurisprudenza dianzi citata, ritiene che la fase precedente la proclamazione degli eletti debba svolgersi secondo la cadenza prefissata dal legislatore senza possibilità di alterazioni del tempo, ritmo e/o del contenuto degli atti amministrativi per effetto dell’intervento del giudice amministrativo.
Tale principio è in linea con la esigenza di assicurare che fino alla proclamazione degli eletti la volontà popolare si formi e si esprima senza inframmettenza alcuna e ciò è coerente con i principi costituzionali in tema di tutela giurisdizionale.
Invero tra la esigenza di immediata giustiziabilità e quella di rispettare la cadenza del procedimento è stata privilegiata quest’ultima, ma limitatamente ad un profilo temporale in quanto, dopo la proclamazione degli eletti, può essere fatto valere dinanzi al giudice naturale anche qualsiasi vizio eventualmente incorso nella fase precedente.
Ciò posto, sull’intervento del giudice in questa fase, esatto o sbagliato che sia, deve sempre prevalere il principio di continuità delle operazioni elettorali voluto dal legislatore e confermato dalla giurisprudenza.
Conseguentemente, l’alterazione del procedimento elettorale per effetto dell’intervento del giudice rileva ex se, sul piano storico-fattuale, indipendentemente da ogni indagine sul relativo contenuto.
Pertanto, ove tale intervento risulti acclarato in punto di fatto e risulti altresì che abbia effettivamente provocato l’alterazione della fase del procedimento anteriore alla proclamazione, v’è la necessità di rimuovere ogni effetto di tale intervento rinnovando cioè le operazioni elettorali ab imis secondo quanto già in precedenza rilevato.
Da quanto anzidetto discende la conseguenza che gli appelli incidentali, volti a sostenere la esattezza nel merito del provvedimento del giudice e la conseguente carenza di interesse degli appellanti a contestare il risultato elettorale conseguitone, sono essi stessi inammissibili per originario difetto di interesse in quanto – ripetesi – l’intervento del giudice che altera il procedimento in questa fase non può in nessun caso trovare una legittimazione ex post secundum eventum litis.
Diversamente opinando verrebbe implicitamente negato il principio di continuità delle operazioni elettorali perché se ne legittimerebbe l’incisione da parte di provvedimenti cautelari sommari del giudice, sia pure sotto condizione di una verifica ex post sulla loro esattezza. Ciò, per quanto anzidetto, è proprio quanto il sistema normativo intende evitare.
Il Collegio pertanto ritiene di non dover affrontare le questioni attinenti alla ammissibilità o meno della lista controversa, questioni che peraltro, alla luce di quanto sopra, neppure avrebbero dovuto costituire oggetto di trattazione da parte del primo giudice.
In conclusione sul piano processuale risultano inammissibili tutti i ricorsi e motivi di rito e di merito proposti ad opponendum dell’appello principale perché la reiterazione ab imis del procedimento elettorale fa venir meno l’interesse a coltivarli, mentre gli altri motivi dell’appello principale restano assorbiti per la stessa ragione.
Infine, la richiesta di riconoscimento di errore scusabile riguardante l’irritualità del ricorso n. 3049/2005, in quanto proposto prima della proclamazione degli eletti, ove pure potesse essere presa in considerazione, non potrebbe comunque consentire di superare i profili di inammissibilità del ricorso stesso, evidenziati in precedenza.
9. Per le ragioni che precedono – assorbito ogni altro motivo ed eccezione – in accoglimento, come da motivazione, dell’appello principale, ed in riforma della sentenza appellata, va dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado n. 3049/2005 diretto contro l’ammissione della lista presentata dal sig. Salvatore Gennaro su delega dell’Onorevole De Michelis con i successivi motivi aggiunti. Per l’effetto va disposto – stante lo svolgimento della consultazione in assenza di tale lista – l’annullamento della consultazione elettorale e della conseguente proclamazione degli eletti.
Conseguentemente, i ricorsi proposti in primo grado dopo la proclamazione degli eletti nei quali, per motivi di rito e/o di merito, veniva chiesto l’annullamento del risultato elettorale per la mancata partecipazione della lista in vertenza risultano assorbiti o comunque improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse.
I ricorsi principali o incidentali proposti in primo grado, anche essi dopo la proclamazione degli eletti, nei quali veniva invece chiesto, per motivi di rito e/o di merito, la conferma del risultato elettorale risultano inammissibili per carenza di interesse attesa la pronuncia sul ricorso 3049/2005 da cui discende, come anzidetto, oltre all’annullamento della proclamazione degli eletti altresì l’obbligo di reiterare ab imis la consultazione elettorale. In nessun caso, invero, questi ricorrenti avrebbero potuto conseguire lo scopo di mantenere fermo il risultato elettorale scaturito dalla consultazione del 27 – 28 novembre 2005. Di qui anche l’inammissibilità degli odierni appelli incidentali.
10. Sussistono, in relazione alla complessità e, per alcuni aspetti, alla novità delle questioni esaminate, giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
P. Q. M.
Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in sede giurisdizionale come da motivazione accoglie l’appello principale e dichiara inammissibili gli appelli incidentali.
Annulla le consultazioni elettorali per il rinnovo delle cariche municipali di Messina, svoltesi il 27 e 28 novembre 2005.
Compensa tra le parti le spese dei due gradi di giudizio. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria della Sezione giurisdizionale di questo Consiglio di trasmettere la presente decisione all’Assessore della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali della Regione Sicilia, al Prefetto di Messina e al Sindaco del Comune di Messina, per quanto di rispettiva competenza.
Depositata in segreteria il 3 ottobre 2007