ATO, class action, gas naturale, attivita’ professionali con le PA.
Sono gli articoli 27, 99, 123 e 144 del disegno di legge finanziaria ad essere toccati dalla segnalazione appena inviata dall’Antitrust al Parlamento ed al Governo, con l’invito ad intervenire, apportando le modifiche suggerite di seguito.
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Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato
Segnalazione del 22 novembre 2007
sul testo di disegno di legge finanziaria 2008 approvato dal Senato il 15 novembre
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ritiene necessario formulare, ai sensi dell’articolo 22 della legge n. 287/90, le seguenti considerazioni in riferimento ad alcune disposizioni del ddl A.C. n. 3256 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (c.d. legge finanziaria 2008) – approvato in prima lettura dal Senato della Repubblica il 15 novembre 2007 e attualmente all’esame della Camera dei Deputati – che, se approvate definitivamente nel testo attuale, possono determinare ingiustificate distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato.
L’articolo 27 del disegno di legge in parola reca norme di indirizzo alle regioni per la riduzione dei costi derivanti dalla duplicazione di funzioni.
A tale scopo al comma 1 si prevede che lo Stato e le regioni nell’ambito di rispettiva competenza legislativa provvedano all’accorpamento o alla soppressione degli enti, agenzie od organismi titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali ed alla contestuale riallocazione delle stesse agli enti locali, secondo principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
Al comma 2 si prevede che i comuni e le province provvedano alla soppressione di enti, agenzie od organismi dai medesimi istituiti nell’ambito della rispettiva potestà regolamentare e titolari di funzioni in tutto o in parte coincidenti con quelle assegnate agli enti territoriali stessi.
Il comma 3 prescrive che:
“Per le finalità di cui al comma 1, le regioni, nell’esercizio delle rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti, fatte salve le competenze del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in ottemperanza agli obblighi comunitari, procedono entro il 1 luglio 2008, fatti salvi gli affidamenti e le convenzioni in essere, alla rideterminazione degli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei medesimi servizi secondo i principi dell’efficienza e della riduzione della spesa nel rispetto dei seguenti criteri generali, quali indirizzi di coordinamento della finanza pubblica:
a) in sede di delimitazione degli ambiti secondo i criteri e i principi di cui agli articoli 147 e 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006 n. 152, valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali ai fini dell’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti alle province e delle funzioni in materia di servizio idrico integrato di norma alla provincia corrispondente ovvero, in caso di bacini di dimensioni più ampie del territorio provinciale, alle regioni o alle province interessate, sulla base di appositi accordi; in alternativa, attribuzione delle medesime funzioni ad una delle forme associative tra comuni di cui agli articoli 30 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, composte da sindaci o da loro delegati, che vi partecipano senza percepire alcun compenso;
b) destinazione delle economie a carattere permanente derivanti dall’attuazione del presente comma , come accertate da ciascuna regione con provvedimento comunicato al Ministro dell’economie delle finanze, al potenziamento degli interventi di miglioria e manutenzione ordinaria e straordinaria delle reti e delle infrastrutture di supporto nei rispettivi ambiti territoriali, nonché al contenimento delle tariffe per gli utenti domestici finali”.
Con specifico riferimento alla gestione dei servizi idrici, la normativa in discussione, pur animata dal condivisibile intento di procedere ad una razionalizzazione e ad un ridimensionamento dell’apparato amministrativo allo scopo di destinare le economie a carattere permanente che ne deriveranno al doveroso ammodernamento delle infrastrutture, nonché al contenimento delle tariffe, rischia nondimeno di determinare un ostacolo al processo di sviluppo dell’industria del settore.
Desta in particolare preoccupazione il criterio prevalente cui le regioni devono ispirarsi per la ridefinizione degli ambiti territoriali ottimali che fa riferimento al territorio provinciale, essendo del tutto recessivi i criteri connessi alle più idonee valutazioni di carattere idrogeologico ed economico.
A tal proposito, si osserva che tra le principali difficoltà sin qui sperimentate nel raggiungimento di un’organizzazione efficiente delle imprese che prestano i servizi in questione vi siano proprio le dimensioni ancora eccessivamente ridotte dei singoli ambiti operativi, per lo più già attualmente corrispondenti ai territori provinciali, che nella maggior parte dei casi non consentono la realizzazione di opportune economie di scala, che sono una condizione indispensabile affinché le imprese del settore siano effettivamente in grado di fornire servizi di migliore qualità, con costi e quindi prezzi realmente competitivi.
La ridefinizione degli ambiti condotta alla luce della “valutazione prioritaria dei territori provinciali quali ambiti territoriali ottimali” avrebbe conseguenze immediate in termini economici e concorrenziali, comportando la necessità di ridefinire le economie di scala e la dimensione dei soggetti imprenditoriali operanti nel settore, con conseguenze negative in termini di competitività generale e anche per gli aspetti occupazionali.
Sarebbe, dunque, opportuno non confondere la dimensione dell’ambito territoriale ottimale, che dovrebbe essere individuata dalle regioni in base ai più corretti criteri unicità del bacino idrografico, unicità della gestione e adeguatezza delle dimensioni gestionali previsti dall’articolo147 Dlgs. 3 aprile 2006, n152, con l’esigenza di evitare superfetazioni degli apparati amministrativi.
Sotto altro profilo, l’attribuzione diretta agli enti locali delle funzioni di regolazione del settore deve necessariamente essere accompagnata da specifiche cautele volte, da un lato, a garantire l’individuazione di strutture amministrative all’interno dell’ente locale che abbiano una capacità tecnica adeguata e, dall’altro, ad evitare che si confondano nello stesso soggetto le funzioni di regolazione con l’attività di gestione del servizio, che è svolta in condizioni di monopolio naturale, molto spesso dall’impresa dallo stesso ente posseduta.
In tal modo, graverebbe sull’ente locale un palese conflitto di ruolo che sarebbe di ostacolo allo sviluppo di un mercato efficiente.
L’Autorità si auspica che il legislatore voglia tenere in considerazione le preoccupazioni illustrate e, quindi, eliminare il riferimento alla priorità del criterio dei territori provinciali. Sarebbe poi opportuno garantire, compatibilmente con le esigenze di ridimensionamento degli apparati, una funzione di regolazione tecnicamente adeguata e libera dai conflitti di ruolo segnalati.
L’articolo 99 del disegno di legge ha introdotto nel nostro sistema giuridico l’azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori (class action).
L’Autorità condivide, in linea di principio, la scelta di introdurre del nostro ordinamento tale istituto che arricchisce gli strumenti giuridici posti a tutela dei diritti dei consumatori e degli utenti, ponendo l’Italia al passo con altri Paesi particolarmente sensibili alle istanze dei consumatori e alla necessità di assicurare loro strumenti di tutela pieni, rapidi ed efficaci, come la Gran Bretagna, la Spagna, la Germania, il Portogallo, la Svezia e gli Stati Uniti, ove la class action esiste già da tempo.
La disciplina dell’azione collettiva, così come prevista dall’articolo 99 del disegno di legge, andrebbe tuttavia perfezionata e migliorata nell’ottica di assicurare, da un lato, la piena tutela dei diritti dei consumatori e, dall’altro, di non risultare irrazionalmente punitiva per le imprese, producendo l’effetto indesiderato di scoraggiare gli investimenti, l’avvio di nuove attività imprenditoriali o la loro prosecuzione.
Nell’ambito degli strumenti di tutela amministrativa che l’ordinamento pone a disposizione dei consumatori e delle loro associazioni, l’Autorità svolge un importante ruolo, esercitando le competenze attribuite in materia di pratiche commerciali scorrette, in materia di pubblicità ingannevole e comparativa e in materia di tutela della concorrenza.
In questo quadro, l’Autorità auspica che possano essere introdotte disposizioni di raccordo tra la disciplina della class action e le proprie competenze, ad esempio, prevedendo un sistema in cui l’azione collettiva risarcitoria possa essere esperita a seguito del procedimento amministrativo di competenza dell’Autorità, volto a tutelare, nell’esercizio delle diverse competenze indicate, in via diretta ed immediata l’interesse dei consumatori e, dunque, a scongiurare la realizzazione stessa del danno ai consumatori o, in ogni caso, a circoscriverne la portata.
Si auspica, infine, la soppressione del comma 11 dell’articolo in esame, il quale fa discendere un effetto di nullità dei contratti dalla decisione di accertamento dell’ingannevolezza del messaggio da parte dell’Autorità garante.
Si tratta, infatti, di un effetto che appare extra ordinem, nella misura in cui riconnette alla decisione adottata in sede amministrativa dirette conseguenze sulla validità di su una serie indefinita di contratti, determinando in questo modo anche una grave incertezza nelle transazioni commerciali.
L’articolo 123 prevede, al primo comma, che, dal 1° gennaio 2008, i soggetti titolari, ai sensi dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 164/00, di concessioni per l’attività di stoccaggio del gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, o comunque autorizzati all’installazione e all’esercizio di nuovi stabilimenti di stoccaggio di gas naturale, corrispondano alle regioni nelle quali hanno sede i relativi stabilimenti di stoccaggio, a titolo compensativo per il mancato uso alternativo del territorio, “un importo annuo pari all’1% del valore della capacità complessiva autorizzata di stoccaggio di gas naturale.
Il secondo comma indica alla regione interessata come ripartire il suddetto contributo tra il comune in cui si trova il sito di stoccaggio e i comuni contermini.
Tale disposizione istituisce un contributo a carico delle imprese che operano nell’attività di stoccaggio del gas naturale, utilizzando un criterio per individuare la base imponibile che non appare sufficientemente delineato.
Infatti, il riferimento al “valore della capacità complessiva autorizzata” non rimanda all’individuazione di un dato definito o, comunque, definibile con un sufficiente grado di oggettività.
In particolare, la prima criticità attiene al parametro cui riferirsi per definire il valore in termini monetari della capacità autorizzata, che dunque si presta necessariamente a decisioni arbitrarie in sede applicativa del tributo.
Inoltre, ove, il riferimento alla “capacità autorizzata” riguardasse il programma di accertamento e sviluppo della capacità del giacimento idoneo ad essere adibito a stoccaggio che deve corredare, insieme ad altri elementi, l’istanza per ottenere una nuova concessione (in base a quanto previsto dall’articolo 3, comma 3, del DM 26 agosto 2005), la capacità rappresenterebbe la previsione di spazio utilizzabile del sito di stoccaggio formulata in sede di avvio dell’attività stessa.
In questo caso, l’impresa potrebbe trovarsi nella situazione di subire il prelievo del contributo compensativo, prima ancora di aver iniziato l’attività e realizzato i connessi ricavi.
Non è poi certo se si debba fare riferimento alla capacità concessa in occasione del rilascio di una nuova concessione (ai sensi dell’articolo articolo 3, comma 3, del DM 26 agosto 2005) oppure a quella concessa a seguito di un successivo potenziamento dei siti già in esercizio (ai sensi dell’articolo 8 del DM 26 agosto 2005).
Infine, la disposizione in parola si lascia interpretare nel senso che il predetto valore potrebbe essere riferito alla capacità originariamente autorizzata ad un’impresa, con ciò rendendo possibile una disparità di trattamento a favore delle imprese che hanno ricevuto le concessioni nel passato ed il cui valore è presumibilmente più basso rispetto alle imprese che ne richiedano in futuro.
Tali perplessità interpretative, derivanti dalla formulazione non sufficientemente definita della disposizione in parola, convergono nel senso di determinare i presupposti per un’applicazione della stessa che rischia di essere arbitraria e discriminatoria, specialmente ai danni delle nuove imprese che decidessero di entrare in tale settore, le quali potrebbero avere un ruolo decisivo nel potenziamento delle infrastrutture per l’approvvigionamento di gas, che sarebbe funzionale all’attivazione di un più intenso confronto concorrenziale nei mercati del gas, allo stato piuttosto tenue.
Vi sono del resto le condizioni economiche per nuovi ingressi, atteso che il 30 % della domanda risulta attualmente insoddisfatta.
L’Autorità, dunque, auspica che, se si ritiene di dover mantenere il contributo, il legislatore delimiti in modo più puntuale, certo e non discriminatorio il parametro da prendere in considerazione per calcolare la misura della contribuzione, sia in relazione al momento e alla fase di sviluppo da prendere in considerazione (il rilascio della concessione o l’autorizzazione dei potenziamenti), sia in relazione alla nozione di “valore” della capacità.
Il comma 2, terzo periodo, dell’articolo 144 della legge finanziaria stabilisce che:
“Il limite non si applica alle attività di natura professionale e ai contratti d’opera, che non possono in alcun caso essere stipulati con chi ad altro titolo percepisce emolumenti o retribuzioni ai sensi dei precedenti periodi, aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale indispensabile per competere sul mercato in condizioni di concorrenza”.
La disposizione in esame, per come è formulata, da un lato, esclude l’applicabilità del tetto alle retribuzioni pubbliche previsto dal precedente periodo del comma 2 dell’articolo 144 alle attività di natura professionale e ai contratti d’opera aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale “indispensabile per competere sul mercato in condizioni di concorrenza”, dall’altro, con un inciso, preclude del tutto la possibilità che un organismo pubblico stipuli contratti d’opera con chi, ad altro titolo, percepisca emolumenti o retribuzioni da parte di una pubblica amministrazione, ente pubblico anche economico, enti di ricerca, università, società non quotate a prevalente partecipazione pubblica.
La disposizione appare idonea ad alterare il regolare funzionamento del mercato sotto diversi profili.
In primo luogo occorre ribadire che le attività e i contratti esentati vengono individuati – con il riferimento al fatto che deve trattarsi di prestazioni indispensabili al fine indicato – con una formula generica, che suscita serie difficoltà applicative, di per sé tali da ostacolare il funzionamento di rilevanti settori professionali.
In secondo luogo, la possibilità per gli organismi pubblici di competere sul mercato viene pregiudicata, in quanto anche prestazioni di per sé indispensabili a tal fine non possono essere conseguite quando si tratti di prestazioni diverse da quelle professionali e d’opera artistica (es. contratti d’opera aventi ad oggetto prestazioni di altra natura) oppure quando il professionista o il prestatore d’opera abbiano un precedente rapporto con soggetti pubblici. In tal modo sono trattate diversamente fattispecie che l’ordinamento, e in specie la disciplina della concorrenza, considera del tutto assimilabili determinando una grave alterazione del corretto funzionamento del mercato.
Infine, in una diversa prospettiva, la disposizione limita gravemente l’attività economica di chiunque sia già in qualche rapporto con organismi pubblici, precludendo a costoro la stipulazione di qualsiasi contratto d’opera, anche professionale o artistica, con soggetti pubblici.
In tal modo viene limitata la possibilità di operare sul mercato di quei prestatori d’opera, anche professionale o artistica, che, a differenza di altri colleghi, avessero competenze utilizzabili prevalentemente negli ambiti interessati dall’applicazione della norma.
La disposizione, in tal modo, risulta quindi palesemente discriminatoria.
Alla luce di queste considerazioni, l’Autorità auspica che l’inciso contenuto al comma 2, terzo periodo, dell’articolo 144 del ddl in esame sia soppresso.
Il Presidente
Antonio Catricalà