Il diritto di interpello
Il diritto di interpello (previsto dall’art. 9 del decreto legislativo n. 124/2004, come modificato dal decreto legge n. 262/2006) consiste nella facoltà da parte di organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali, enti pubblici nazionali, nonché organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale e consigli nazionali degli ordini professionali, di inoltrare
alla Direzione generale per l’attività ispettiva, esclusivamente
tramite posta elettronica (all’indirizzo interpello@lavoro.gov.it), quesiti di ordine generale sull’applicazione
delle normative di competenza del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale. Non possono inoltrare quesiti le associazioni territoriali dei lavoratori o dei datori di lavoro, le Regioni, le Province, i Comuni.
La questione: Lavoro autonomo in forma coordinata e
continuativa e incarico che determini l’esercizio di poteri
direttivi e di spesa
Il Ministero ha chiarito che:
Non è incompatibile
il ricorso al lavoro autonomo, anche in forma coordinata e
continuativa, con un incarico che determini l’esercizio di poteri
direttivi e di spesa ove tali poteri risultino funzionali all’esecuzione dell’incarico e compatibili, quanto al loro concreto esercizio, con la scelta di ricorrere alla modalità autonoma di esecuzione della prestazione.
Peraltro, con riferimento alla forma coordinata e continuativa
della prestazione non sembra contraddire l’eventuale applicabilità
della disciplina del lavoro a progetto, là dove tale disciplina non
introduce limiti ulteriori a quelli sopra evidenziati al ricorso alla
collaborazione autonoma coordinata e continuativa, ma si limita a
predeterminare convenzionalmente, attraverso il vincolo del progetto, le modalità esecutive della prestazione e del coordinamento. D’altronde, la disciplina del lavoro a progetto non esaurisce in quanto
tale il ricorso al lavoro autonomo coordinato e continuativo.
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Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali
Direzione generale per l’attività ispettiva
Interpello n. 8/2009
art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – qualificazione del rapporto di lavoro – rapporto di lavoro autonomo con incarico direttivo
Alla Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
Dipartimento di Economia Aziendale
Centro Studi Internazionali e Comparati “Marco Biagi”
v.le Jacopo Berengario 51
41100 Modena
Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 – qualificazione del rapporto di lavoro – rapporto di lavoro autonomo con incarico direttivo.
L’Università di Modena e Reggio Emilia – Centro Studi Internazionali e Comparati “Marco Biagi” ha presentato istanza di interpello per avere chiarimenti in merito alla compatibilità di un contratto di lavoro autonomo, in forma coordinata e continuativa, con l’incarico di direzione amministrativa di un ente di ricerca/fondazione universitaria con personalità giuridica di diritto privato, con attribuzione di funzionali poteri di spesa e di direzione sui lavoratori alle dipendenze del committente.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
Va premesso anzitutto che, per costante giurisprudenza, qualsiasi attività lavorativa espletata per conto di un altro soggetto può dar luogo ad un rapporto di lavoro o subordinato o autonomo, a seconda che ricorra o meno l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare dell’altra parte, estrinsecantesi non già in semplici direttive, ma in specifici ordini e in un’assidua opera di vigilanza e di controllo sull’esecuzione della prestazione (così Cass. 22 agosto 2003, n. 12364).
A tale principio generale deve essere ricondotto l’orientamento giurisprudenziale prevalente (cfr., ex plurimis, Cass. 15 giugno 1999, n. 5960) secondo cui l’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto stesso, è l’assoggettamento (cd. “vincolo di subordinazione”) del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale che “deve essere concretamente apprezzato in relazione alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione; mentre altri elementi, quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario e la forma della retribuzione assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva” (cfr. Cass. 12 dicembre 2001, n. 15657).
Da tale impostazione sembra potersi desumere che il mero dato del conferimento al collaboratore di poteri specifici all’interno dell’organizzazione e funzionali all’esecuzione dell’incarico non può certo essere considerato un indice di per sé determinante di esclusione della natura autonoma del rapporto di lavoro. Per contro, proprio l’attribuzione di tali poteri, l’assenza di vincoli di presenza e orario di lavoro, nonché un ruolo di contenuto direttivo e connotato da forte autonomia nell’esecuzione dell’incarico determinano la maggiore e specifica rilevanza del criterio della volontà delle parti espresso in sede di qualificazione del costituendo rapporto giuridico.
Al riguardo, peraltro, la Suprema Corte ha da tempo affermato che, “allo scopo della distinzione [tra lavoro autonomo e subordinato], qualora l’assoggettamento del lavoratore alle altrui direttive non sia agevolmente apprezzabile in ragione del concreto atteggiarsi del rapporto, caratterizzato dalla presenza di elementi compatibili con l’uno o con l’altro tipo come avviene in caso di svolgimento di mansioni dirigenziali, il giudice non può prescindere dalla qualificazione attribuita dalle parti al rapporto, anche se tale qualificazione, di per sé, non ha di norma valore determinante, ben potendo essere disattesa qualora sia stato dimostrato che l’elemento della subordinazione si sia di fatto realizzato” (cfr., da ultimo, Cass. 13 luglio 2001, n. 9292; Cass. 18 aprile 2001, n. 5665 e Cass. 11 giugno 1998, n. 5845; Cass. 22 agosto 2003, n. 12364).
Da quanto sopra sembra pertanto potersi ritenere non incompatibile il ricorso al lavoro autonomo, anche in forma coordinata e continuativa, con un incarico che determini l’esercizio di poteri direttivi e di spesa ove tali poteri risultino, anche dalla configurazione operata dalle parti nel regolamento contrattuale, funzionali all’esecuzione dell’incarico e compatibili, quanto al loro concreto esercizio, con la scelta di ricorrere alla modalità autonoma di esecuzione della prestazione.
Peraltro, con riferimento alla forma coordinata e continuativa della prestazione non sembra contraddire l’eventuale applicabilità della disciplina del lavoro a progetto, là dove tale disciplina non introduce limiti ulteriori a quelli sopra evidenziati al ricorso alla collaborazione autonoma coordinata e continuativa, ma si limita a predeterminare convenzionalmente, attraverso il vincolo del progetto, le modalità esecutive della prestazione e del coordinamento (cfr. ML circ. n. 1/2004).
A tale ultimo riguardo rileva, in ogni caso, il dato legale in base al quale la disciplina del lavoro a progetto non esaurisce in quanto tale il ricorso al lavoro autonomo coordinato e continuativo, posto che alcune categorie di soggetti sono espressamente escluse dal relativo ambito di applicazione (cfr. art. 61, D.Lgs. n. 276/2003).
Roma, 13 febbraio 2009
Il direttore generale
(f.to Paolo Pennesi)