Il Giudice di pace di Alessandria aveva dubitato della
legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio
1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e
radiotelevisivo), nella parte in cui stabilisce che per le controversie
fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o
destinatario di licenze oppure fra soggetti autorizzati o destinatari
di licenze fra loro, “non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale
fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di
conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione
dell’istanza” all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in
riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 102 della Costituzione nonché in
relazione all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La Corte Costituzionale ha rigettato la questione, osservando che “la previsione di uno strumento quale il tentativo
obbligatorio di conciliazione è finalizzata ad assicurare
l’interesse generale al soddisfacimento più immediato delle situazioni
sostanziali realizzato attraverso la composizione preventiva della lite
rispetto a quello conseguito attraverso il processo; l’istituto in esame costituisce uno strumento volto
ad assicurare un più elevato livello di protezione dei consumatori e
promuovere la fiducia dei consumatori, in linea peraltro con le
indicazioni di cui alla raccomandazione della Commissione CE del 4
aprile 2001 (Sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che
partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia
di consumo).”
. . . . .
Corte Costituzionale
Ordinanza del 18 febbraio 2009 numero 51
(presidente Flick, relatore Tesauro)
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), promosso con ordinanza del 7 febbraio 2008 dal Giudice di pace di Alessandria nel procedimento civile vertente tra Garipoli Barbara e Telecom Italia s.p.a., iscritta al n. 233 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2008.
Udito nella camera di consiglio del 14 gennaio 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro.
Ritenuto che il Giudice di pace di Alessandria, con ordinanza del 7 febbraio 2008, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 102 della Costituzione ed in relazione all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo;
che il giudice rimettente premette di essere stato adito da una utente che agiva nei confronti di Telecom Italia s.p.a., per ottenere il rimborso della somma risultante a suo credito da fattura inviata dalla medesima Telecom a seguito della cessazione del contratto telefonico;
che il medesimo rimettente premette, altresì, che parte attrice nel giudizio principale aveva sollevato eccezione di illegittimità costituzionale della predetta disposizione nella parte in cui stabilisce che, per le controversie tra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell’istanza all’autorità;
che il Giudice di pace di Alessandria ritiene rilevante e non manifestamente infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997, proposta dall’attrice;
che detta norma, ad avviso del rimettente, violerebbe l’art. 3 della Costituzione in quanto determinerebbe una diseguaglianza fra utenti ed operatori che controvertono con gli organismi di telecomunicazione ed utenti ed operatori che controvertono con organismi erogatori di altri servizi di pubblica utilità, non assoggettati all’obbligo del tentativo di conciliazione;
che la norma in esame sarebbe, inoltre, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione sotto altro profilo, non prescrivendo l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione anche a carico delle aziende nei confronti dei singoli utenti;
che, secondo il rimettente, il citato art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997 sarebbe, altresì, in contrasto: con l’art. 24 della Costituzione il quale recita, al comma 1, che: «tutti i cittadini possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi»; con l’art. 25 della Costituzione il quale «garantisce quale diritto inviolabile che nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge»; con l’art. 102 della Costituzione, con il quale «viene fatto divieto di costituire giudici speciali o straordinari al di fuori delle ipotesi degli organi giudiziari ordinari, se non come sezioni specializzate degli stessi»; infine con l’art. 6 della CEDU, il quale «riconosce come inviolabili il diritto dell’individuo a ricorrere ai tribunali, vietando espressamente di designare procedure di definizione extragiudiziale delle controversie».
Considerato che il Giudice di pace di Alessandria dubita della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), nella parte in cui stabilisce che per le controversie fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure fra soggetti autorizzati o destinatari di licenze fra loro, «non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell’istanza» all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 102 della Costituzione nonché in relazione all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo;
che le censure sollevate in riferimento agli artt. 24, 25 e 102 della Costituzione, nonché in relazione all’art. 6 della CEDU sono formulate in maniera apodittica, essendosi il rimettente limitato a richiamare il contenuto delle norme evocate quali parametri, senza spiegare affatto per quale ragione la norma censurata configurerebbe una lesione dei principi in esse contemplati, cosicché le relative questioni devono essere dichiarate inammissibili (fra le tante, ordinanze n. 344 e n. 249 del 2008);
che, quanto alla denunciata disparità di trattamento operata dalla norma censurata nei confronti degli utenti e degli enti erogatori di servizi di telecomunicazione rispetto ad utenti ed enti erogatori di altri servizi di pubblica utilità, non sottoposti al tentativo obbligatorio di conciliazione, così come nei confronti degli organismi di telecomunicazione che agiscono contro singoli utenti, i quali pure non soggiacciono al previo tentativo obbligatorio di conciliazione, il rimettente muove da un erroneo presupposto interpretativo secondo il quale la prescrizione del predetto tentativo costituirebbe un aggravio per l’utente;
che, a tal proposito, questa Corte ha già affermato che, viceversa, «la previsione di uno strumento quale il tentativo obbligatorio di conciliazione […] è finalizzata ad assicurare l’interesse generale al soddisfacimento più immediato delle situazioni sostanziali realizzato attraverso la composizione preventiva della lite rispetto a quello conseguito attraverso il processo» (sentenza n. 403 del 2007);
che, pertanto, l’istituto in esame costituisce uno strumento volto ad assicurare un più «elevato livello di protezione dei consumatori e promuovere la fiducia dei consumatori», in linea peraltro con le indicazioni di cui alla raccomandazione della Commissione CE del 4 aprile 2001 (Sui principi applicabili agli organi extragiudiziali che partecipano alla risoluzione consensuale delle controversie in materia di consumo);
che, pertanto, la questione avente ad oggetto l’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997, deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
P.Q.M.
dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo), sollevate, in riferimento agli artt. 24, 25 e 102 della Costituzione nonché in relazione all’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dal Giudice di pace di Alessandria con l’ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 11, della legge n. 249 del 1997, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Giudice di pace di Alessandria con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 febbraio 2009. Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2009.