I responsabili dell’area tecnica e dell’area economico finanziaria esprimono il proprio parere sulla delibera di riconoscimento di debito fuori bilancio secondo la delimitazione che a detti pareri sono conferiti dalla legge; tali limitazioni vanno individuate da un lato, nella verifica di legittimità, in linea tecnica, che la materia in deliberazione rientri nella effettiva competenza dell’organo deliberante e che sul piano della regolarità tecnico-amministrativa sussistono i presupposti di fatto che legittimano il ricorso ad una tale deliberazione a prescindere da ogni valutazione e sindacato nel merito degli atti prodromici che hanno resa necessaria l’assunzione della deliberazione.
I pareri espressi dai responsabili dell’aerea tecnica e del servizio finanziario dei comuni costituiscono atti preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò, rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni operano quale presupposto di diritto, ma non possono interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri spettanti all’organo deliberante; a questi spetta la ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi, al di là della mera relazione funzionale dei pareri stessi che sono resi "ex ante" sulla proposta di deliberazione e costituiscono il presupposto al corretto esercizio dei poteri amministrativi dell’organo deliberante, senza intervenire sulla volontà di questo nei casi in cui, come nella specie, la competenza a provvedere spetta allo stesso Consiglio comunale e non già ad altri uffici tecnici o amministrativi dell’amministrazione comunale.
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Corte dei Conti, sezione giurisdizionale d’appello per la regione Sicilia
Sentenza dell’1 gennaio 2009 numero 1
(presidente Sancetta, estensore Grillo)
(annulla Corte dei conti per la Regione Siciliana n. 1712/2005 dell’8.7.2005)
(…)
Diritto
Il giudice di primo grado ha posto a fondamento della decisione di condanna il fatto che i signori D.G.R. e M.G., nella rispettiva qualità di responsabile del parere di regolarità tecnica e del parere di regolarità contabile, non avevano rilevato, per il bagaglio professionale posseduto, l’assoluta illiceità della proposta di deliberazione di rimborso di spese legali (all’ex segretario comunale, all’ ex assessore ed all’ex sindaco del comune di C.S., interessati da un procedimento penale), ed ha dichiarato la loro responsabilità per non avere indirizzato il Consiglio comunale verso una determinazione negativa, ritenendo pienamente assolutoria una sentenza che, invece, era tutt’altro, e ha individuato in ciò una cosciente violazione dei doveri d’ufficio.
A tale prospettazione gli appellanti hanno opposto: – l’uno – che il parere tecnico non comporta una valutazione di legittimità dell’atto in riferimento all’oggetto della delibera, essendo un parere tecnico e non di legittimità, diversamente da quello che in precedenza veniva dato dal segretario comunale, e si limita ad attestare che l’atto corrisponde all’attività istruttoria compiuta, ai fatti acquisiti nell’attività istruttoria, che l’atto nella sua composizione formale corrisponde a quanto voluto dalla normativa sulla formazione della delibera nel suo aspetto estrinseco e non attesta nulla in ordine alla legittimità delle ragioni di merito che sottostanno al tipo di delibera adottata. In conclusione afferma che la volontà di procedere al rimborso delle spese legali e la valutazione della legittimità del rimborso medesimo è invece stata effettuata dal Consiglio Comunale, che ha ritenuto di dovere provvedere in tale senso e che è tale atto che ha fatto consumare il danno erariale, potendo il consiglio comunale approvare le delibere, anche disattendendo il relativo parere del funzionario; – l’altro – che nel visto (o parere) di regolarità contabile emesso dal responsabile del servizio finanziario, rientra la verifica della esatta imputazione della spesa al bilancio, la disponibilità finanziaria del capitolo sul quale la spesa viene imputata, nonché la regolarità, sotto l’aspetto economico e fiscale della proposta. In conclusione aggiunge che il parere in esame, seppure obbligatorio, non è vincolante e non interviene ad integrare la volontà dell’organo adottante.
I profili di appello delineati sono fondati.
Nella specie sia il responsabile dell’area tecnica che il responsabile dell’area economico finanziaria hanno espresso i pareri dovuti sulla delibera di riconoscimento di debito fuori bilancio secondo la delimitazione che a detti pareri sono conferiti dalla legge.
E tali limitazioni vanno individuate da un lato, nella verifica di legittimità, in linea tecnica, che la materia in deliberazione rientri nella effettiva competenza dell’organo deliberante e che sul piano della regolarità tecnico-amministrativa sussistono i presupposti di fatto che legittimano il ricorso ad una tale deliberazione a prescindere da ogni valutazione e sindacato nel merito degli atti prodromici che hanno resa necessaria l’assunzione della deliberazione, nella specie, di riconoscimento di debito fuori bilancio. Merito e ragioni le cui valutazioni appartengono esclusivamente all’ organo deliberante, libero di determinarsi in ordine alle stesse, non essendo il parere predetto vincolante per l’organo deliberante medesimo. A maggior ragione deve ritenersi non pertinente la pretesa di attribuire al responsabile dell’area economico-finanziaria valutazioni di legittimità generale, al quale, invece, spettano valutazioni solo riferite alla regolarità contabile, qualora, come nella specie, la deliberazione proposta comporti impegno di spesa o diminuzione di entrata.
Il richiamato parere di legittimità contenuto nell’art. 58, comma 4, lett. A) del regolamento sull’ordinamento del comune di C.S., nello stabilire che il parere in questione riguardi anche “la legalità della spesa”, va inteso nei termini sopradetti e, quindi solo con riferimento agli aspetti puramente contabili e finanziari e di validità formale.
La giurisprudenza, peraltro, è concorde nel ritenere che i pareri espressi dai responsabili dell’aerea tecnica e del servizio finanziario dei comuni costituiscono atti preparatori che legittimano l’adozione delle deliberazioni per le quali i pareri sono richiesti. Detti pareri, perciò, rispetto alla validità formale della medesime deliberazioni operano quale presupposto di diritto, ma non possono interferire sull’autonomo e corretto esercizio dei poteri spettanti all’organo deliberante; a questi spetta la ponderazione concreta e corretta dei pubblici interessi, al di là della mera relazione funzionale dei pareri stessi che sono resi "ex ante" sulla proposta di deliberazione e costituiscono il presupposto al corretto esercizio dei poteri amministrativi dell’organo deliberante, senza intervenire sulla volontà di questo nei casi in cui, come nella specie, la competenza a provvedere spetta allo stesso Consiglio comunale e non già ad altri uffici tecnici o amministrativi dell’amministrazione comunale (cfr. C. Conti Marche, sez. giurisdiz., 22/02/1994, n.1)
Poiché nel caso specifico la competenza ad adottare la delibera approvativa del debito fuori bilancio è di esclusiva pertinenza del Consiglio comunale, e che il parere del responsabile dell’area tecnica e del responsabile dell’ area economico finanziaria si sono correttamente ispirati, nei confini delle valutazioni tecniche e contabili attribuiti dall’ordinamento, alla verifica della positiva sussistenza dei presupposti legittimanti l’adozione della delibera n. 65 del 12.9.2001, il Collegio ritiene che, come espressamente intendono con la domanda gli appellanti, nessun nesso causale corre nella specie tra i pareri espressi nell’ambito della loro competenza dai signori D.G. e M.G. ed il dedotto danno erariale, che, pertanto, non è riconducibile alla loro responsabilità.
I signori D.G.R. e M.G., in riforma della sentenza appellata, vanno pertanto assolti.
Infine, per quanto riguarda l’eccezione di difetto di legittimazione attiva e passiva avanzata dai signori M.S., M.F. e S.R., gli stessi sostengono che la parte privata non è legittimata ad interporre appello avverso il compartecipe assolto in primo grado, spettando il potere di iniziativa processuale ai fini del perseguimento della responsabilità amministrativa in via esclusiva al Procuratore regionale e per l’appello anche al procuratore generale il che impedisce alla parte privata di emettere l’atto di chiamata in causa e di formulazione della domanda ed essendo insussistente in appello ogni forma di litisconsorzio necessario. Il signor S. in particolare evidenzia che nessun motivo d’impugnazione è stato avanzato nei confronti del capo dell’impugnata sentenza relativo all’assoluzione del deducente, unitamente ad altri consiglieri comunali, e nessuna richiesta di riforma della sentenza è stata formulata per tale capo della sentenza medesima.
I predetti in sostanza tutti sostengono l’inammissibilità dell’appello.
Il Collegio ritiene sia opportuno chiarire che nella pronuncia oggetto dell’odierno appello i consiglieri del comune di C.S., fra cui i signori M.S., S.R. e M.F., sono stati assolti in ragione della circostanza che avrebbero pur sempre concorso alla produzione del danno, sia pure in assenza di dolo o colpa grave.
Ciò posto va precisato che nel giudizio di responsabilità amministrativa, che pur è caratterizzato dalla parziarietà, normalmente i singoli e distinti comportamenti degli eventuali compartecipi nella produzione dell’evento danno concorrono alla costituzione di un rapporto che, anche se non è unitario, tuttavia, in un vicenda processuale, in cui si controverte sull’esistenza, quantificazione e ripartizione del danno medesimo, impone la necessità di una valutazione unitaria dei singoli apporti causali. Orbene i ricorrenti hanno provveduto legittimamente a notificare il proprio appello anche ai predetti nella veste formale della citazione a giudizio, senza però avanzare nei loro confronti alcuna richiesta di condanna al risarcimento del danno in contestazione.
Tanto premesso, va rilevato che nel caso specifico la notificazione dell’appello ai compartecipi, assolti in primo grado per mancanza di colpa grave, non realizza un’ipotesi di “vocatio in jus” per integrare il contraddittorio, ma ha valore di una "litis denuntiatio" che, in quanto tale, da un lato non espone chi la effettua all’onere delle spese giudiziali e, dall’altro, non attribuisce veste di parte – e quindi di legittimati passivi – agli intimati, lasciandoli liberi di costituirsi o meno (cfr.Cass.civ. III 22.5.2003 n. 8054), tanto più se, come nella specie, nessuna motivazione né domanda è stata spiegata relativamente alla loro assoluzione.
Le eccezioni opposte dai signori M.S., M.F. e S.R. che sono intervenuti nell’attuale fase di gravame sono, pertanto, destituite di fondamento e va necessariamente disattesa la censura d’inammissibilità dell’appello e dichiarato il non luogo a provvedere sulla richiesta di liquidazione delle spese processuali presentata dai signori M.S. e M.F., in quanto domanda che esula dall’oggetto del giudizio di responsabilità amministrativa.
Va sospesa la pronuncia sulla liquidazione degli onorari e diritti spettanti ai difensori dei prosciolti, sino alla definizione della questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 bis, comma 10, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito nella legge 2 dicembre 2005, n. 248, che impone la suddetta liquidazione, in relazione agli articoli 24, 103, comma 2, e 111, comma 2, della Costituzione, che è stata rimessa alla Corte costituzionale con ordinanza n. 98 di questa sezione depositata in data odierna.
P.Q.M.
La Corte dei conti, sezione giurisdizionale d’appello per la Regione siciliana, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello dei signori D.G.R. e M.G. e, per l’effetto, annulla la sentenza appellata e li manda assolti dagli addebiti contestati.
Sospende per le ragioni espresse in motivazione la pronuncia sulla liquidazione degli onorari e diritti spettanti alla difesa dei prosciolti.
Così deciso in Palermo il 21 ottobre 2008. Depositata in segreteria l’1 gennaio 2009.