Il proprietario dei terreni puo’ impugnare i provvedimenti di approvazione del programma costruttivo

Secondo il TAR Palermo il proprietario dei terreni oggetto di un programma costruttivo e, quindi, destinatario del relativo procedimento ablatorio, deve ritenersi essere titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale alla eventuale rimozione dei provvedimenti impugnati.

Ciò in quanto questi ultimi incidono direttamente sul diritto di proprietà, di cui il predetto è titolare sulle aree interessate dal programma costruttivo.

Qui di seguito il testo integrale della sentenza.

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TAR Palermo, Sez. III

Sentenza n. 1251 del 10 luglio 2009

(Pres. Adamo – Relatore Cappellano)

 


(…)

Diritto

1. Preliminarmente, il Collegio deve farsi carico di esaminare l’eccezione di inammissibilità, per asserita carenza di interesse, sollevata dalla resistente Amministrazione Regionale.

1.1. Detta eccezione non merita adesione.

Va notato, sul punto, come il ricorrente, proprietario dei terreni oggetto del programma costruttivo e, quindi, destinatario del relativo procedimento ablatorio, sia titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale alla eventuale rimozione dei provvedimenti impugnati, i quali incidono direttamente sul diritto di proprietà, di cui il predetto è titolare sulle aree interessate dal programma costruttivo.

Tanto basta per respingere l’eccezione di carenza di interesse.

2. Nel merito, il ricorso è fondato, secondo quanto di seguito precisato.

2.1. Risulta fondata la censura sub I), in ordine alla violazione dei termini, più volte prorogati, posti dalla legislazione regionale siciliana, con le precisazioni appresso evidenziate.

Viene in discussione la questione sulla natura perentoria, o meramente ordinatoria, dei termini stabiliti dal legislatore regionale in materia di programmi costruttivi, in relazione all’accesso ai finanziamenti.

Va evidenziato, al riguardo, che l’art. 6 della L.R. n. 13/2007 (Disposizioni in materia di edilizia cooperativa) ha ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2008 i termini inizialmente previsti dagli articoli 1, 7, 13 e 16 della legge regionale 24 luglio 1997, n. 25, già prorogati dall’art. 31 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15, limitatamente alle cooperative edilizie in possesso di attestazione di revisione in corso di validità, che per gli effetti del combinato disposto dell’art. 31 della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15 e dell’art. 67, comma 3, della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17, hanno mantenuto l’inclusione nei piani di utilizzazione degli stanziamenti di cui alla L.R. 20 dicembre 1975, n. 79 e alla L.R. 5 dicembre 1977, n. 95 e ss. mm. e ii..

I suddetti termini – i quali si riferiscono, specificatamente: l’art. 1, all’avvio dei programmi costruttivi; l’art. 7, alle modalità di accesso ai benefici; l’art. 13, all’inizio dei lavori – sono stati prorogati con successive disposizioni legislative regionali, fino al termine ultimo del 31 dicembre 2008 (per le proroghe succedutesi, si veda l’art. 6 della L.R. n. 21/1998, l’art. 4 della L.R. n. 19/2000; l’art. 16 della L.R. n. 4/2002; l’art. 31 della L.R. n. 15/2004, come modificato dall’art. 67, comma 2, della L.R. n. 17/2004; l’art. 6, comma 1, della L.R. n. 13/2007).

Ora, sulla natura perentoria dei termini, si deve in primo luogo considerare che tale natura perentoria, quando non vi è espressa indicazione legislativa in tal senso, va desunta tenendo conto delle ragioni che, con quel termine, si intendono tutelare, cosicché è stata esclusa la qualifica ordinatoria di un termine laddove, se esso “non fosse ritenuto a pena di decadenza, si potrebbe determinare una sorta di libertà temporale nella presentazione delle istanze che, evidentemente, condizionerebbe in maniera chiaramente negativa le esigenze di tipo organizzatorio dell’amministrazione” (T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 24 gennaio 2007, n. 91).

Più in particolare, allorquando le norme di settore riconoscano ai destinatari interessati oneri di attivazione per fasi procedimentali differenziate, la delimitazione dello spazio temporale entro il quale il privato interessato deve attivarsi non può assumere natura meramente indicativa, anche in assenza di esplicite precisazioni della norma; ciò, in quanto l’amministrazione deve essere posta in grado di pianificare il suo modus operandi, che deve essere differenziato e ripartito, in relazione alle concrete adesioni dell’utenza al beneficio stabilito.

D’altronde, sarebbe illogico che il legislatore regionale, dopo avere stabilito un termine – sebbene senza una esplicita previsione di sanzione a carico del soggetto che non lo abbia rispettato – poi proceda ad ulteriormente prorogare lo stesso con disposizione legislativa ad hoc, addirittura per ben cinque volte nel corso del tempo, se lo stesso avesse natura ordinatoria.

E’ certamente intuibile che la Regione, consapevole dei ritardi nella attuazione dei numerosi programmi costruttivi in Sicilia, si determini a prorogare detti termini al fine di consentire ai soggetti interessati l’accesso ai finanziamenti: ma trattasi, invero, di una scelta di politica legislativa, la quale sottende, ad avviso del Collegio, la natura non ordinatoria dei termini in questione.

Vale la pena di rilevare anche che la fissazione dei termini ad opera del legislatore regionale risponde, verosimilmente, anche alla logica di operare un controllo a priori, rispetto alle iniziative finanziabili, circa disponibilità delle finanze regionali. Non deve, infatti, dimenticarsi come tali programmi costruttivi costituiscano strumenti di attuazione degli obiettivi di edilizia agevolata, attraverso l’inserimento degli stessi all’interno di un programma di interventi finanziari pubblici.

E’ quindi verosimile che, se il legislatore regionale ha avvertito nel corso degli anni l’esigenza di normare tutti i termini rilevanti, e di disporne la proroga, è stato proprio per dare continuità ad iniziative private pur sempre soggette al finanziamento regionale e per le quali, quindi, non può prescindersi dalla autorizzazione legislativa all’inizio e alla prosecuzione delle attività.

Sul punto la difesa del Comune e della Regione si limitano ad affermare per un verso, e solo labialmente, che il termine per l’inizio dei lavori sarebbe di natura non perentoria; per altro verso, il Comune di Carini evidenzia che, comunque, le scadenze previste saranno prorogate, facendo riferimento ad una dichiarazione di intenti del Presidente della Regione Siciliana.

Ciò premesso sulla ritenuta natura perentoria dei termini indicati, va, tuttavia, rilevato che il vizio in parola non può inficiare ex se la deliberazione di approvazione del programma costruttivo, non solo in quanto, al momento della sua adozione (ed approvazione) – momento, rispetto al quale vanno esaminati i prospettati vizi di legittimità – i termini legislativamente previsti non era ancora scaduti; ma anche, in quanto il mancato rispetto del termine, riferito al mancato inizio dei lavori, può incidere esclusivamente sulla concreta eseguibilità dei lavori programmati, senza intaccare la validità della deliberazione stessa, anche perché l’art. 13 della L.R. n. 25/97 fa espressamente riferimento ai programmi approvati.

Per quanto attiene, invero, all’asserito mancato rispetto del termine per l’avvio del programma costruttivo, lo stesso risulta rispettato, atteso che detto programma è stato adottato e approvato entro il termine prescritto, a quella data vigente, ed entro il medesimo termine è stata anche sottoscritta la convenzione ex art. 35 della L. n. 865/1971, con la quale le aree sono entrate nella disponibilità della cooperativa (cfr. convenzione ex art. 35 della L. n. 865/1971 stipulata in data 22.12.2008).

Nessuna specifica censura può quindi essere mossa, sotto tale specifico profilo, alla deliberazione di adozione del programma costruttivo, ma solo al decreto di occupazione d’urgenza, emesso nel mese di gennaio 2009, il quale, facendo parte integrante del procedimento, collegato a quello di espropriazione, finalizzato all’urgente inizio dei lavori, confligge con la decadenza del termine del 31.12.2008 per l’inizio dei lavori relativi al programma costruttivo.

In ordine al mancato accesso al finanziamento (art. 7: accesso ai benefici), detta censura risulta, in atto, solo labialmente dedotta da parte ricorrente, non essendo stata fornita nel presente giudizio alcuna prova in ordine alla eventuale perdita del finanziamento da parte della Cooperativa controinteressata.

2.2. E’, altresì, fondata la censura sub II), articolata avverso il provvedimento di occupazione d’urgenza, relativa alla violazione dell’art. 22 bis del D.P.R. n. 327/2001.

La norma richiamata, per quanto qui di interesse, recita testualmente: “Qualora l’avvio dei lavori rivesta carattere di particolare urgenza, tale da non consentire, in relazione alla particolare natura delle opere, l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 dell’ articolo 20, può essere emanato, senza particolari indagini e formalità, decreto motivato che determina in via provvisoria l’indennità di espropriazione, e che dispone anche l’occupazione anticipata dei beni immobili necessari. Il decreto contiene l’elenco dei beni da espropriare e dei relativi proprietari, indica i beni da occupare e determina l’indennità da offrire in via provvisoria. Il decreto è notificato con le modalità di cui al comma 4 e seguenti dell’ articolo 20 con l’avvertenza che il proprietario, nei trenta giorni successivi alla immissione in possesso, può, nel caso non condivida l’indennità offerta, presentare osservazioni scritte e depositare documenti.”

La giurisprudenza formatasi su tale norma ha condivisibilmente affermato che, affinché possa farsi luogo ad occupazione d’urgenza ex art. 22 bis, T.U. 8 giugno 2001 n. 327, occorre che l’Amministrazione motivi congruamente in ordine alle oggettive ragioni che denotano la conclamata urgenza dell’intervento, potendo tale obbligo escludersi nei soli casi in cui questa risulti in re ipsa dalla natura stessa dell’intervento, in quanto l’urgenza presa in considerazione dalla norma è un’urgenza qualificata e in relazione alla situazione concreta (Consiglio di Stato, sez. IV, 22 maggio 2008, n. 2459; T.A.R. Molise, sez. I, 3 settembre 2008, n. 712; 9 febbraio 2007, n. 78; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 19 giugno 2007, n. 343; T.A.R. Piemonte, sez. II, 19 luglio 2006, n. 2979).

Ora, considerato che, nel caso in specie, il decreto non risulta motivato, se non con un generico riferimento al carattere di particolare urgenza rivestito dai lavori, deve procedersi all’esame del concreto stato di fatto e dello specifico tipo di intervento posto in essere dall’Amministrazione Comunale per iniziativa della Cooperativa controinteressata.

Si nota, sul punto, come la qualificata urgenza non risulti, in primo luogo, neppure attraverso la motivazione per relationem, tramite il rinvio alla deliberazione n. 52/08 di adozione del Programma Costruttivo, richiamata in seno alla determinazione di occupazione d’urgenza: ciò, in quanto, se per un verso il richiamo alla citata deliberazione risulta presupposto indispensabile per l’emissione del decreto di occupazione d’urgenza – in quanto la stessa costituisce l’atto fondamentale che dà inizio alla procedura espropriativa – per altro verso, il suddetto richiamo in sé non soddisfa l’obbligo di motivazione dell’urgenza sottesa all’occupazione, che deve essere assolto congruamente.

In secondo luogo, va considerato che dalla lettura della delibera in questione – alla quale, peraltro, non è stata neppure assegnata la immediata esecutività, ad ulteriore riprova della debolezza della tesi di parte resistente – non si evince alcun tratto di urgenza ed indifferibilità, ma solo profili di opportunità.

Né alcun profilo utile alla valutazione dell’urgenza nella realizzazione dei lavori è dato evincersi dalla lettura della istanza, con cui la Cooperativa stessa ha chiesto l’emissione del decreto ai sensi del citato art. 22 bis.

Ciò, a fortiori, considerando che, nel caso in specie, si tratta di opere che erano inserite in un P.E.E.P. scaduto: dal che è dato desumersi che, per molti anni, l’Amministrazione Comunale di Carini non ha avvertito l’esigenza di procedere celermente alla realizzazione di tali opere in zona di edivsione; mentre, a distanza di molti anni, non si premura di precisare quali siano le rinnovate ragioni, che renderebbero urgente – procedendo, quindi, con un percorso eccezionale rispetto alla procedura di espropriazione ordinaria – l’esecuzione dei lavori.

Né l’estremo della urgenza qualificata potrebbe, a fortiori, trarsi dalla deliberazione consiliare di indirizzo n. 77/2006, limitandosi la stessa a fornire ai competenti uffici una indicazione sui programmi costruttivi da approvare, limitandoli sostanzialmente a quelli presentati dalle Cooperative edilizie già assegnatarie di finanziamenti, per le quali il Comune aveva già proceduto alla localizzazione degli interventi all’interno del P.E.E.P. ormai decaduto: nessun cenno viene fatto ad interessi pubblici da soddisfare, in tesi, solo con interventi urgenti.

Sotto tale profilo, pertanto, il provvedimento di occupazione d’urgenza risulta illegittimo e va annullato.

2.3. Con il terzo motivo vengono censurati per violazione di legge (art. 2 L.r. 86/1981 come sostituito dall’art. 25 L.r. 22/1996; art. 5 L.R. n. 1/86) la delibera n. 52/08, nonché il decreto di approvazione del programma costruttivo, per la mancanza di qualsiasi riferimento al fabbisogno abitativo del successivo biennio.

La censura è infondata.

E’ sufficiente richiamare, sul punto, il consolidato orientamento, anche di questo Tribunale, in ordine alla duplice valenza, nella legislazione regionale in materia di edilizia residenziale pubblica, dell’espressione “programma costruttivo”: per un verso, una sorta di P.E.E.P. in scala ridotta ed adottato con procedimento semplificato, ma pur sempre uno strumento urbanistico (che va rapportato ai prevedibili bisogni di edilizia residenziale pubblica per un biennio); per altro verso, uno specifico progetto di intervento costruttivo su di un’area preventivamente individuata, per il quale, ovviamente, proprio in quanto tale, non si richiede uno specifico calcolo di fabbisogno abitativo (dovendo ritenersi la valutazione di detto fabbisogno implicita nella fase “a monte” di concessione del finanziamento regionale, di cui, nel sistema della legge, il Comune non può che prendere atto) (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. III, 7 ottobre 2004, n. 2788; Sez. II, 16 ottobre 2002, n. 3045; Catania, sez. III, 2 maggio 2005, n. 769).

E nella specie si versa, appunto, in tale seconda ipotesi, trattandosi di uno specifico intervento costruttivo ai sensi della speciale normativa acceleratoria di cui al citato art. 25 della L.r. 22/1996.

2.4. Con il quarto motivo di ricorso viene censurata la deliberazione consiliare (n. 52/2008) di adozione del programma costruttivo, in quanto la stessa non avrebbe preso in considerazione la circostanza che, sui terreni di proprietà del ricorrente, oggetto del programma costruttivo in interesse, sarebbe stata rilasciata concessione edilizia tacitamente assentita, ai sensi dell’art. 2, comma 5, della L.R. n. 17/94; circostanza che a torto sarebbe stata ritenuta superabile dalla P.A. procedente, a causa di una asserita illegittimità di detta concessione edilizia.

La censura è inammissibile per carenza di interesse concreto ed attuale.

Ed invero – a prescindere dai profili di legittimità del procedimento di formazione del silenzio assenso, che esulano dal presente giudizio – tale concessione edilizia sarebbe stata assentita nel mese di novembre 2007, per cui il ricorrente avrebbe potuto cominciare i lavori sino al mese di novembre 2008: tale atto ampliativo ha, tuttavia, esaurito la propria efficacia, tant’è vero che non è stato offerto al Collegio alcun elemento, da cui possa desumersi che il ricorrente abbia iniziato i lavori entro il termine annuale (il che avrebbe comportato l’obbligo, per lo stesso, di fare le relative comunicazioni, stimolando l’eventuale esercizio del potere di annullamento).

In atto, quindi, se il ricorrente volesse edificare nel terreno interessato, dovrebbe chiedere una nuova concessione edilizia, non potendo ricavare alcuna utilità da un atto ormai decaduto.

2.5. Con il quinto motivo di ricorso viene lamentata la carenza di motivazione, nella deliberazione di adozione del programma costruttivo in interesse, nonché nel decreto regionale di approvazione, in ordine alla reiterazione del vincolo espropriativo.

La censura è fondata.

In base alle coordinate ermeneutiche tracciate dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 7/2007, il principio della necessità della motivazione in caso di reiterazione del vincolo – peraltro chiaramente enunciato dall’art. 9, comma 4, del D.P.R. n. 327/01 – si pone quale temperamento dell’altro principio, per cui un atto di pianificazione generale non abbisogna, qualora non incida su posizioni consolidate, di una motivazione ulteriore rispetto a quella desumibile dai criteri che lo informano.

Il massimo consesso della Giustizia Amministrativa ha, in particolare, fissato i seguenti parametri, in assenza dei quali la reiterazione del vincolo espropriativo è suscettibile di essere caducata: idonea istruttoria; adeguata motivazione; evidenziazione della effettiva cura del pubblico interesse.

Per quanto qui di interesse con particolare riguardo alla adeguatezza della motivazione, l’Adunanza Plenaria precisa che essa vada valutata tenendo conto, tra le altre, delle seguenti circostanze, rilevanti nel loro complesso:

a) se la reiterazione riguardi o meno una pluralità di aree, nell’ambito della adozione di una variante generale o comunque riguardante una consistente parte del territorio comunale;

b) se la reiterazione riguardi soltanto una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per l’altra parte non è disposta la reiterazione (perché ulteriori terreni sono individuati per il rispetto degli standard);

c) se la reiterazione sia stata disposta per la prima volta sull’area in questione.

Nel caso in specie, è incontestabile che si tratti della reiterazione di un vincolo in un’area specifica, e non già della reiterazione in blocco su una pluralità di aree per una consistente parte del territorio comunale, a seguito della decadenza dello strumento urbanistico generale.

Vi è stata, invero, la decadenza dei vincoli espropriativi posti con il P.E.E.P., la cui mancata attuazione per più di un ventennio risulta indicativa di una anomalia della funzione pubblica, ravvisabile quando, dopo la decadenza ‘in blocco’ dei vincoli complessivamente previsti dallo strumento urbanistico, l’Autorità ne reiteri solo alcuni, in assenza di una adeguata istruttoria o motivazione.

Non è, neppure, possibile evincere con chiarezza e precisione le persistenti ed attuali finalità di interesse pubblico che la deliberazione ha inteso perseguire; attualità dell’interesse pubblico, che, nel caso di specie, a prescindere dall’omessa motivazione, il Comune di Carini non ha evidenziato, anche tenendo conto della circostanza di fatto – già rilevata – che l’Amministrazione ha reiterato un vincolo, al quale non è stata data attuazione per circa quindici anni, non evidenziandosi, pertanto, in re ipsa la necessità di realizzare quelle opere previste dal P.E.E.P., e per le quali il vincolo stesso era strumentale.

Dalla lettura dell’atto consiliare di indirizzo n. 77/2006, una motivazione nella sostanza appare chiara, in quanto il Comune ha inteso procedere alla realizzazione di programmi in qualche modo “in itinere”, per i quali vi era già stata la localizzazione; ma questa appare una motivazione sostenibile in relazione alla scelta dell’uno o dell’altro programma costruttivo, quindi in relazione alla posizione dei privati interessati alla presentazione delle istanze per l’approvazione dei programmi costruttivi; mentre non appare sufficiente per i privati destinatari della procedura espropriativa.

2.6. Non è, invece, fondato il sesto motivo di ricorso, con cui viene dedotto il difetto di motivazione sotto il profilo della mancata indicazione dei criteri di scelta delle aree da espropriare.

La deliberazione di adozione del programma costruttivo si presenta, sotto tale specifico profilo, come meramente applicativa della deliberazione di indirizzo n. 77/06, la quale, sebbene formalmente impugnata da parte ricorrente, non ha costituito oggetto di specifiche censure, rimanendo, quindi, immune, dal giudizio di illegittimità.

2.7. Non è fondato neppure il settimo motivo, con cui parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 16 del D.P.R. n. 327/2001, in quanto nella comunicazione di avvio del procedimento n. 43252/2007 non sarebbe stato allegato lo schema dell’atto di approvazione del progetto.

Invero, la norma, di cui si assume la violazione, non prevede tale obbligo a carico dell’Ente, ma stabilisce solo che al proprietario dell’area, ove è prevista la realizzazione dell’opera, è inviato l’avviso dell’avvio del procedimento e del deposito degli atti di cui al comma 1, con l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento: tanto basta a ritenere infondata detta censura.

2.8. Parimenti da disattendere è il penultimo motivo di ricorso, con cui si lamenta la violazione dell’art. 39 del D.P.R. n. 327/2001, per non avere né la deliberazione di adozione del programma costruttivo, né il decreto regionale di approvazione, indicato l’indennizzo dovuto ai proprietari.

Va notato, sul punto, coerentemente con la recente giurisprudenza formatasi sulla norma, che il principio, introdotto dalla sentenza n. 179/99 della Corte costituzionale – della spettanza di un indennizzo al proprietario nei cui confronti sia stato reiterato un vincolo preordinato all’esproprio – non assume alcuna rilevanza in ordine alla legittimità del provvedimento che ha disposto la reiterazione del vincolo: ciò in quanto la normativa contabilistica pubblica non consente all’Amministrazione di impegnare somme di denaro di cui – vuoi perché all’adozione dello strumento urbanistico potrebbe non seguire la sua approvazione, vuoi perché, comunque, la quantificazione richiede complessi accertamenti da effettuarsi con il concorso dell’interessato – non siano certi e determinati l’an ed il quantum (cfr. Ad. Plen., n. 7/2007 cit.).

Nel vigente quadro normativo, dunque, continua a sussistere il principio per il quale gli atti del procedimento di adozione e di approvazione di uno strumento urbanistico, contenente un vincolo preordinato all’esproprio, non devono prevedere la spettanza di un indennizzo, fermo restando che l’art. 39 del D.Lgs. n. 327/2001, determina l’obbligo, per l’autorità che ha disposto la reiterazione del vincolo, di liquidare l’indennità entro due mesi dalla data in cui ha ricevuto la documentata domanda di pagamento; in mancanza, l’interessato può chiedere alla Corte d’appello di determinare l’indennità (T.A.R. Veneto, sez. II, 15 gennaio 2008, n. 65; T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 6 luglio 2006, n. 3844; T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 8 marzo 2004, n. 524).

2.9. Si presenta fondato, infine, l’ultimo motivo di ricorso, sotto il profilo del difetto di motivazione della deliberazione n. 52/08 in ordine a taluni elementi ostativi alla approvazione del programma costruttivo.

In particolare, a fronte di una seduta, in cui la Terza Commissione Consiliare dell’Ente Locale non ha definito i lavori per l’emissione del parere relativo a tale proposta di deliberazione, lasciando in sospeso due questioni tecniche rilevanti – la discontinuità della viabilità con problemi di accesso ad alcuni lotti, e la non realizzabilità del programma a causa dei sottoservizi interrati (cfr. verbale n. 19 del 22.04.08) – la deliberazione è stata approvata, con un corredo motivazionale che, invero, non vale a chiarire come l’organo consiliare abbia superato i rilievi tecnici mossi dalla suddetta Commissione.

Al riguardo, sebbene la difesa del Comune si limiti a sostenere che il parere è solo consultivo, e non vincolante, va considerato che parte ricorrente contesta, cogliendo nel segno, la carenza di motivazione sul punto, in relazione al difetto di istruttoria, in quanto, sebbene si sia fatto cenno a tale aspetto problematico, poi non è stato indicato con chiarezza il motivo, per cui tali rilievi sarebbero stati superati; motivazione, la quale assume particolare rilievo, anche tenendo conto della circostanza che, per quanto attiene specificamente alla realizzazione delle strade di accesso ai lotti, pare emergere dalla lettura dell’atto deliberativo impugnato un contrasto tra la Cooperativa controinteressata nel presente giudizio e un’altra, non ricompresa nel precedente atto di indirizzo n. 77/2006.

Anche su tale punto, pertanto, l’Amministrazione Comunale dovrà effettuare un supplemento di istruttoria al fine di corredare l’atto deliberativo di idonea motivazione sul punto.

3. Va precisato, con riguardo alle deliberazioni n. 11 del 19 gennaio 2006 e n. 77 del 20 giugno 2006 adottate dal Consiglio Comunale di Carini, espressamente impugnate da parte ricorrente, che, poiché avverso le stesse non è stata mossa alcuna specifica censura, resistono a quella che è un’impugnazione solo formale, e devono essere salvaguardate dalla pronuncia di annullamento.

4. Conclusivamente, attesa la fondatezza dei motivi I, II, V e IX, relativi, nei termini sopra specificati, sia alla deliberazione di CC. n. 52 del 23.04.2008 di adozione del programma costruttivo, sia alla determinazione dirigenziale n. 10 del 26.01.2009 di occupazione d’urgenza, i provvedimenti appena indicati devono essere annullati.

5. Dall’annullamento della deliberazione n. 52/08 deriva, per illegittimità derivata, l’annullamento del decreto n. 1432 del 11.12.08, di approvazione del programma costruttivo, emesso dal Dirigente Generale del Dipartimento Regionale Urbanistica dell’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente.

6. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

Redazione

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