La Direttiva servizi non consente di vietare al professionista la pubblicità “porta a porta”

L’art. 24, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale vieti totalmente agli esercenti una professione regolamentata, come quella di dottore commercialista/esperto contabile, di effettuare atti di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi («démarchage»).



Di seguito, il testo integrale della decisione della CGE (e qui un primo commento).

. . . .

Corte di Giustizia, Grande Sezione

Sentenza del 5 aprile 2011



(presidente Skouris, relatore Lõhmus)



Procedimento C‑119/09, Société fiduciaire nationale d’expertise comptable contro Ministre du Budget, des Comptes publics et de la Fonction publique

(…)

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 24 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376, pag. 36).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Société fiduciaire nationale d’expertise comptable (in prosieguo: la «Société fiduciaire») e il Ministre du Budget, des Comptes publics et de la Fonction publique (Ministro del Tesoro, del Bilancio e della Funzione pubblica), in merito a un ricorso diretto all’annullamento del decreto 27 settembre 2007, n. 1387, recante un codice di deontologia della professione di dottore commercialista/esperto contabile (JORF del 28 settembre 2007, pag. 15847), nella parte in cui vieta gli atti di «démarchage», cioè di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi.

Contesto normativo

La normativa dell’Unione

3        Ai sensi del secondo, del quinto e del centesimo ‘considerando’ della direttiva 2006/123:

«(2)      Una maggiore competitività del mercato dei servizi è essenziale per promuovere la crescita economica e creare posti di lavoro nell’Unione europea. Attualmente un elevato numero di ostacoli nel mercato interno impedisce ai prestatori, in particolare alle piccole e medie imprese (PMI), di espandersi oltre i confini nazionali e di sfruttare appieno il mercato unico. Tale situazione indebolisce la competitività globale dei prestatori dell’Unione europea. Un libero mercato che induca gli Stati membri ad eliminare le restrizioni alla circolazione transfrontaliera dei servizi, incrementando al tempo stesso la trasparenza e l’informazione dei consumatori, consentirebbe agli stessi una più ampia facoltà di scelta e migliori servizi a prezzi inferiori.

(…)

(5)      È necessario quindi eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato. (…)

(…)

(100)          Occorre sopprimere i divieti totali in materia di comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate, revocando non i divieti relativi al contenuto di una comunicazione commerciale bensì quei divieti che, in generale e per una determinata professione, proibiscono una o più forme di comunicazione commerciale, ad esempio il divieto assoluto di pubblicità in un determinato o in determinati mezzi di comunicazione. Per quanto riguarda il contenuto e le modalità delle comunicazioni commerciali, occorre incoraggiare gli operatori del settore ad elaborare, nel rispetto del diritto comunitario, codici di condotta a livello comunitario».

4        L’art. 4, punto 12, della direttiva 2006/123 prevede che, ai fini della medesima, si debba intendere per:

«“comunicazione commerciale”: qualsiasi forma di comunicazione destinata a promuovere, direttamente o indirettamente, beni, servizi, o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di una persona che svolge un’attività commerciale, industriale o artigianale o che esercita una professione regolamentata. Non costituiscono, di per sé, comunicazioni commerciali le informazioni seguenti:

a)       le informazioni che permettono l’accesso diretto all’attività dell’impresa, dell’organizzazione o della persona, in particolare un nome di dominio o un indirizzo di posta elettronica,

b)       le comunicazioni relative ai beni, ai servizi o all’immagine dell’impresa, dell’organizzazione o della persona elaborate in modo indipendente, in particolare se fornite in assenza di un corrispettivo economico».

5        L’art. 24 della direttiva 2006/123, intitolato «Comunicazioni commerciali emananti dalle professioni regolamentate», ha il seguente tenore:

«1.      Gli Stati membri sopprimono tutti i divieti totali in materia di comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate.

2.      Gli Stati membri provvedono affinché le comunicazioni commerciali che emanano dalle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali, in conformità del diritto comunitario, riguardanti, in particolare, l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Le regole professionali in materia di comunicazioni commerciali sono non discriminatorie, giustificate da motivi imperativi di interesse generale e proporzionate».

6        A norma degli artt. 44 e 45 della direttiva 2006/123, quest’ultima è entrata in vigore il 28 dicembre 2006 e doveva essere recepita dagli Stati membri entro il 28 dicembre 2009.

La normativa nazionale

7        L’istituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti/esperti contabili nonché il titolo e la professione di dottore commercialista/esperto contabile sono disciplinati dalle disposizioni del decreto 19 settembre 1945, n. 2138 (JORF del 21 settembre 1945, pag. 5938). Ai sensi del predetto decreto, i dottori commercialisti/esperti contabili hanno il compito precipuo di tenere e di controllare la contabilità di imprese e di organismi ai quali non sono vincolati da un contratto di lavoro. Essi sono abilitati ad attestare la regolarità e la veridicità dei risultati di esercizio e possono altresì prestare assistenza nella creazione di imprese ed organismi per quanto riguarda tutti i relativi aspetti contabili, economici e finanziari.

8        Fino all’adozione del decreto 25 marzo 2004, n. 279, recante semplificazione e adeguamento delle condizioni di esercizio di talune attività professionali (JORF del 27 marzo 2004, pag. 5888), agli esercenti la professione di dottore commercialista/esperto contabile era vietata qualsiasi pubblicità personale. Il decreto 30 maggio 1997, n. 586, relativo al funzionamento degli organi di autogoverno professionale dei dottori commercialisti/esperti contabili (JORF del 31 maggio 1997, pag. 8510), che specifica a quali condizioni i dottori commercialisti/esperti contabili possono ora ricorrere ad azioni promozionali, stabilisce, all’art. 7, che tali condizioni formeranno oggetto di un codice dei doveri professionali, le cui disposizioni saranno emanate sotto forma di decreto preceduto dal parere del Conseil d’État.

9        Pertanto, l’art. 23 del decreto n. 2138/1945 nonché l’art. 7 del decreto n. 586/97 sono le norme sulla cui base è stato adottato il decreto n. 1387/2007.

10      Ai sensi dell’art. 1 di quest’ultimo decreto:

«Le norme deontologiche applicabili alla professione di dottore commercialista/esperto contabile sono fissate dal codice di deontologia allegato al presente decreto».

11      L’art. 1 del codice di deontologia della professione di dottore commercialista/esperto contabile dispone quanto segue:

«Le disposizioni del presente codice si applicano ai dottori commercialisti/esperti contabili, qualunque siano le modalità di esercizio della professione, e, se del caso, ai dottori commercialisti/esperti contabili tirocinanti nonché ai dipendenti menzionati rispettivamente agli artt. 83 ter e 83 quater del decreto 19 settembre 1945, n. 2138, recante istituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti/esperti contabili e disciplinante il titolo e la professione di dottore commercialista/esperto contabile.

Ad eccezione di quelle che possono riguardare unicamente le persone fisiche, le disposizioni suddette si applicano parimenti alle società di revisione contabile e alle associazioni di gestione e di contabilità».

12      A norma dell’art. 12 di tale codice:

«I – Ai soggetti di cui all’art. 1 è fatto divieto di intraprendere qualsiasi atto non richiesto al fine di proporre i propri servizi a terzi.

La loro partecipazione a dibattiti, seminari o altre manifestazioni universitarie o scientifiche è autorizzata nei limiti in cui tali soggetti non compiano, in tale occasione, atti equiparabili a un “démarchage”.

II – Le azioni promozionali sono consentite ai soggetti di cui all’art. 1 nei limiti in cui forniscano al pubblico un’informazione utile. I mezzi impiegati a tale fine vengono applicati con discrezione, in modo da non ledere l’indipendenza, la dignità e l’onore della professione, nonché le regole del segreto professionale e la lealtà verso i clienti e i colleghi.

Quando presentano la loro attività professionale a terzi, con qualsiasi mezzo, i soggetti di cui all’art. 1 non devono adottare alcuna forma di espressione idonea a compromettere la dignità della loro funzione o l’immagine della professione.

Tali modalità di comunicazione, come qualsiasi altra, sono ammesse soltanto a condizione che l’espressione sia decorosa e improntata a ritegno, che il loro contenuto sia privo di inesattezze e non sia tale da indurre in errore il pubblico e che siano prive di ogni elemento comparativo».

 Causa principale e questione pregiudiziale



13      Con ricorso proposto il 28 novembre 2007, la Société fiduciaire ha chiesto al Conseil d’État di annullare il decreto n. 1387/2007 nella parte in cui vieta il «démarchage», cioè gli atti di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi. Tale società considera che il divieto generale e assoluto di qualsiasi attività di «démarchage», previsto dall’art. 12-I del codice di deontologia della professione di dottore commercialista/esperto contabile, sia contrario all’art. 24 della direttiva 2006/123 e metta in grave pericolo l’attuazione di quest’ultima.

14      Il giudice a quo ritiene che un rinvio pregiudiziale sia necessario nella controversia dinanzi ad esso pendente, in quanto il divieto di «démarchage» imposto dal decreto impugnato, qualora fosse considerato contrario all’art. 24 della direttiva 2006/123, comprometterebbe seriamente l’attuazione di quest’ultima.

15      Ciò premesso, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se la direttiva [2006/123] abbia inteso abolire, per le professioni regolamentate da essa contemplate, ogni divieto generale, qualunque sia la forma di pratica commerciale di cui trattasi, oppure se abbia lasciato agli Stati membri la possibilità di mantenere dei divieti generali per talune pratiche commerciali, quali il “démarchage”».

Sulla ricevibilità



16      Il giudice del rinvio sollecita l’interpretazione della direttiva 2006/123, il cui termine di recepimento, fissato al 28 dicembre 2009, non era ancora scaduto alla data in cui è stata emanata l’ordinanza di rinvio, ossia il 4 marzo 2009.

17      Il governo francese, senza eccepire esplicitamente l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, solleva obiezioni in ordine alla pertinenza del quesito posto dal giudice del rinvio e alla valutazione formulata da quest’ultimo secondo cui, se la normativa nazionale controversa nella causa principale venisse considerata contraria alla direttiva 2006/123, comprometterebbe seriamente l’attuazione di quest’ultima.

18      Infatti, secondo tale governo, se è pur vero che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, in pendenza del termine di recepimento di una direttiva gli Stati membri che ne sono destinatari devono astenersi dall’adottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva stessa (sentenze 18 dicembre 1997, causa C‑129/96, Inter‑Environnement Wallonie, Racc. pag. I‑7411, punto 45; 8 maggio 2003, causa C‑14/02, ATRAL, Racc. pag. I‑4431, punto 58, nonché 23 aprile 2009, cause riunite C‑261/07 e C‑299/07, VTB-VAB e Galatea, Racc. pag. I‑2949, punto 38), ciò non varrebbe nel caso di specie, in cui l’applicazione della normativa nazionale controversa in pendenza del termine di recepimento della direttiva 2006/123 non produrrebbe effetti capaci, da un lato, di perdurare dopo la scadenza di tale termine e suscettibili, dall’altro, di presentare una particolare gravità in rapporto all’obiettivo perseguito dalla direttiva in parola.

19      A tal riguardo, va ricordato che, come emerge da questa stessa giurisprudenza, spetta al giudice del rinvio investito della controversia principale valutare se le disposizioni nazionali di cui si contesta la legittimità siano atte a compromettere seriamente il risultato prescritto da una direttiva. In tale valutazione il giudice del rinvio dovrebbe, in particolare, esaminare se le disposizioni di cui trattasi si presentino come un completo recepimento della direttiva e determinare gli effetti concreti dell’applicazione di tali disposizioni non conformi alla direttiva e della loro durata nel tempo (v., in particolare, sentenza Inter‑Environnement Wallonie, cit., punti 46 e 47).

20      Non spetta dunque alla Corte verificare l’esattezza di tale valutazione nell’ambito di un esame della ricevibilità di una domanda di pronuncia pregiudiziale.

21      Ad ogni modo, secondo una giurisprudenza costante, la questione relativa all’interpretazione del diritto dell’Unione, sollevata dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, beneficia di una presunzione di rilevanza (v., in tal senso, sentenze 16 dicembre 2008, causa C‑210/06, Cartesio, Racc. pag. I‑9641, punto 67; 7 ottobre 2010, causa C‑515/08, dos Santos Palhota e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 20, nonché 12 ottobre 2010, causa C‑45/09, Rosenbladt, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33).

22      Ne consegue che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

Sulla questione pregiudiziale



23      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’art. 24 della direttiva 2006/123 debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale la quale vieti agli esercenti una professione regolamentata, come quella di dottore commercialista/esperto contabile, di effettuare atti di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi («démarchage»).

24      In via preliminare, va rilevato che l’art. 24 della direttiva 2006/123, intitolato «Comunicazioni commerciali emananti dalle professioni regolamentate», sancisce due obblighi a carico degli Stati membri. Da un lato, l’art. 24, n. 1, esige che gli Stati membri sopprimano tutti i divieti assoluti in materia di comunicazioni commerciali delle professioni regolamentate. Dall’altro, il n. 2 del medesimo articolo obbliga gli Stati membri a provvedere affinché le comunicazioni commerciali che promanano dalle professioni regolamentate ottemperino alle regole professionali, conformi al diritto dell’Unione, riguardanti, in particolare, l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione nonché il segreto professionale, nel rispetto della specificità di ciascuna professione. Le suddette regole professionali devono essere non discriminatorie, giustificate da un motivo imperativo di interesse generale e proporzionate.

25      Al fine di verificare se l’art. 24 della direttiva 2006/123, e segnatamente il n. 1 di tale articolo, costituisca una norma destinata a proibire l’introduzione di un divieto di «démarchage» quale quello previsto dalla normativa nazionale in esame nella causa principale, occorre interpretare tale disposizione riferendosi non soltanto al suo tenore letterale, bensì anche alla sua finalità e al suo contesto nonché all’obiettivo perseguito dalla normativa di cui trattasi.

26      A tal riguardo, dal secondo e dal quinto ‘considerando’ della direttiva in parola emerge che quest’ultima mira ad eliminare le restrizioni alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri, al fine di contribuire alla realizzazione del mercato interno libero e concorrenziale.

27      La finalità dell’art. 24 di detta direttiva viene precisata nel centesimo ‘considerando’ di quest’ultima, dove si afferma che occorre sopprimere i divieti assoluti in materia di comunicazioni commerciali per le professioni regolamentate che, in generale e per una determinata professione, proibiscono una o più forme di comunicazione commerciale, segnatamente qualsiasi pubblicità in un determinato o in determinati mezzi di comunicazione.

28      Per quanto riguarda il contesto in cui si inscrive l’art. 24 della direttiva 2006/123, va ricordato che esso è contenuto nel capo V della medesima, intitolato «Qualità dei servizi». Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 31 delle sue conclusioni, tale capo, in generale, e il citato art. 24, in particolare, mirano alla salvaguardia degli interessi dei consumatori migliorando la qualità dei servizi delle professioni regolamentate nell’ambito del mercato interno.

29      Di conseguenza, tanto dalla finalità del predetto art. 24 quanto dal contesto in cui questo si inserisce risulta che, come giustamente sostenuto dalla Commissione europea, l’intenzione del legislatore dell’Unione era non soltanto di porre fine ai divieti assoluti, per gli esercenti una professione regolamentata, di ricorrere alla comunicazione commerciale, in qualunque forma, ma anche di eliminare i divieti di ricorso a una o più forme di comunicazione commerciale ai sensi dell’art. 4, punto 12, della direttiva 2006/123, quali, in particolare, la pubblicità, il marketing diretto e le sponsorizzazioni. Alla luce degli esempi contenuti nel centesimo ‘considerando’ della direttiva in parola, devono considerarsi quali divieti assoluti, preclusi a norma dell’art. 24, n. 1, della medesima direttiva, anche le regole professionali che proibiscono di fornire, nell’ambito di uno o più mezzi di comunicazione, informazioni sul prestatore o sulla sua attività.

30      Tuttavia, in forza dell’art. 24, n. 2, della direttiva 2006/123, letto alla luce del secondo periodo del centesimo ‘considerando’ di quest’ultima, gli Stati membri rimangono liberi di prevedere divieti relativi al contenuto o alle modalità delle comunicazioni commerciali per quanto riguarda le professioni regolamentate, purché le regole previste siano giustificate e proporzionate al fine di garantire in particolare l’indipendenza, la dignità e l’integrità della professione, nonché il segreto professionale necessario in sede di esercizio di quest’ultima.

31      Al fine di stabilire se la normativa nazionale controversa rientri nell’ambito di applicazione dell’art. 24 della direttiva in parola, occorre anzitutto stabilire se il «démarchage» configuri una comunicazione commerciale ai sensi di tale articolo.

32      La nozione di «comunicazione commerciale» è definita all’art. 4, punto 12, della direttiva 2006/123 come comprensiva di qualsiasi forma di comunicazione destinata a promuovere, direttamente o indirettamente, i beni, i servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di una persona che svolge un’attività commerciale, industriale, artigianale o che esercita una professione regolamentata. Tuttavia, esulano da tale nozione, in primo luogo, le informazioni che consentono l’accesso diretto all’attività dell’impresa, dell’organizzazione o della persona, quali un nome di dominio o un indirizzo di posta elettronica, nonché, in secondo luogo, le comunicazioni relative ai beni, ai servizi o all’immagine dell’impresa, dell’organizzazione o della persona elaborate in modo indipendente, in particolare qualora esse siano fornite senza corrispettivo economico.

33      Di conseguenza, come sostenuto dal governo olandese, la comunicazione commerciale comprende non soltanto la pubblicità classica, ma anche altre forme di pubblicità e di comunicazione di informazioni destinate all’acquisizione di nuovi clienti.

34      Per quanto riguarda la nozione di «démarchage», va rilevato che né la direttiva 2006/123 né alcun altro atto normativo dell’Unione contengono una definizione di tale nozione. Inoltre, la sua portata può variare negli ordinamenti giuridici dei diversi Stati membri.

35      Ai sensi dell’art. 12‑I del codice di deontologia in esame nella causa principale, deve considerarsi atto di «démarchage» quello con il quale un dottore commercialista/esperto contabile prende contatto con un terzo, che non l’abbia richiesto, al fine di proporgli i propri servizi.

36      A tal riguardo, va evidenziato che, sebbene la portata esatta della nozione di «démarchage», ai sensi della normativa nazionale, non risulti dall’ordinanza di rinvio, il Conseil d’État, nonché tutti gli interessati che hanno presentato osservazioni alla Corte, considerano che il «démarchage» rientri nella nozione di «comunicazione commerciale», di cui all’art. 4, punto 12, della direttiva 2006/123.

37      Secondo la Société fiduciaire, il «démarchage» si definisce come un’offerta personalizzata di beni o di servizi rivolta a una determinata persona giuridica o fisica che non l’abbia richiesta. Il governo francese aderisce a tale definizione, pur proponendo di distinguere due elementi, ossia, da un lato, un elemento di movimento, che risiede nel fatto di prendere contatto con un terzo che non lo ha richiesto, e, dall’altro, un elemento di contenuto consistente nella trasmissione di un messaggio a carattere commerciale. Secondo tale governo, è questo secondo elemento che costituisce, in particolare, una comunicazione commerciale ai sensi della direttiva 2006/123.

38      Da tali elementi si evince che il «démarchage» costituisce una forma di comunicazione di informazioni destinata alla ricerca di nuovi clienti. Orbene, come dedotto dalla Commissione, il «démarchage» implica un contatto personalizzato tra il prestatore e il potenziale cliente, al fine di presentare a quest’ultimo un’offerta di servizi. Per tale motivo, esso può essere qualificato come marketing diretto. Di conseguenza, il «démarchage» rientra nella nozione di «comunicazione commerciale», ai sensi degli artt. 4, punto 12, e 24 della direttiva 2006/123.

39      La questione che si pone quindi è se il divieto di «démarchage» possa essere considerato un divieto assoluto in materia di comunicazioni commerciali ai sensi dell’art. 24, n. 1, di tale direttiva.

40      Dalla formulazione dell’art. 12‑I del codice di deontologia oggetto della causa principale, nonché dalla «Griglia indicativa degli strumenti di comunicazione» predisposta dal Conseil supérieur de l’ordre des experts-comptables [Consiglio superiore dell’Ordine dei dottori commercialisti/esperti contabili], allegata alle osservazioni scritte del governo francese, risulta che, in forza della norma suddetta, gli esercenti la professione di dottore commercialista/esperto contabile devono astenersi da qualsiasi contatto personale non richiesto che possa essere considerato come un reclutamento di clientela o una proposta concreta di servizi commerciali.

41      Va constatato che il divieto di «démarchage», quale previsto dal citato art. 12‑I, è concepito in modo ampio, poiché vieta qualsiasi atto di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi, a prescindere dalla sua forma, dal suo contenuto o dai mezzi impiegati. Pertanto, tale divieto comprende la proibizione di tutti i mezzi di comunicazione che consentono l’attuazione di questa forma di comunicazione commerciale.

42      Ne consegue che un siffatto divieto deve essere considerato come un divieto assoluto in materia di comunicazioni commerciali, proibito dall’art. 24, n. 1, della direttiva 2006/123.

43      Tale conclusione è conforme all’obiettivo di detta direttiva, che consiste, come ricordato al punto 26 della presente sentenza, nell’eliminare gli ostacoli alla libera prestazione dei servizi tra gli Stati membri. Infatti, una normativa di uno Stato membro che vieti ai dottori commercialisti/esperti contabili di procedere a qualsiasi atto di «démarchage» può ledere maggiormente i professionisti provenienti da altri Stati membri, privandoli di un mezzo efficace di penetrazione del mercato nazionale di cui trattasi. Un siffatto divieto costituisce pertanto una restrizione alla libera prestazione dei servizi transfrontalieri (v., per analogia, sentenza 10 maggio 1995, causa C‑384/93, Alpine Investments, Racc. pag. I‑1141, punti 28 e 38).

44      Il governo francese sostiene che il «démarchage» lede l’indipendenza dei soggetti esercitanti tale professione. A suo avviso, essendo i dottori commercialisti/esperti contabili incaricati di controllare la contabilità di imprese e organismi ai quali essi non sono vincolati da un contratto di lavoro, nonché di attestare la regolarità e la veridicità dei risultati di esercizio di tali imprese od organismi, è indispensabile che i suddetti professionisti non siano sospettati di alcuna compiacenza nei confronti dei loro clienti. Orbene, mediante una presa di contatto con il dirigente dell’impresa o dell’organismo interessati, il dottore commercialista/esperto contabile rischierebbe di modificare la natura del rapporto che deve abitualmente intrattenere con il suo cliente, ciò che dunque nuocerebbe alla sua indipendenza.

45      Tuttavia, come constatato al punto 42 della presente sentenza, la normativa di cui trattasi nella causa principale vieta totalmente una forma di comunicazione commerciale e rientra pertanto nell’ambito di applicazione dell’art. 24, n. 1, della direttiva 2006/123. Tale normativa è dunque incompatibile con la direttiva 2006/123 e non può essere giustificata in forza dell’art. 24, n. 2, di quest’ultima, anche se essa è non discriminatoria, fondata su un motivo imperativo di interesse generale e proporzionata.

46      Alla luce di tutte queste considerazioni, la questione deferita va risolta dichiarando che l’art. 24, n. 1, della direttiva 2006/123 deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale vieti totalmente agli esercenti una professione regolamentata, come quella di dottore commercialista/esperto contabile, di effettuare atti di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi («démarchage»).

Sulle spese

47      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi,

la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’art. 24, n. 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale la quale vieti totalmente agli esercenti una professione regolamentata, come quella di dottore commercialista/esperto contabile, di effettuare atti di promozione commerciale diretta e ad personam dei propri servizi («démarchage»).

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Decisione pubblicata sul sito della Corte, all’indirizzo

http://curia.europa.eu/jcms/jcms/Jo2_7216/eur-lex

Redazione

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