Legittimi gli affidamenti diretti all’Università?

Il Consiglio di Stato, con ordinanza depositata lo scorso 16 settembre, sui rilievi presentati dagli Ordini degli ingegneri, dubita che l’affidamento diretto, senza procedura ad evidenza pubblica, di un incarico di studio, consulenza e redazione di un Piano di Governo del Territorio comunale (P.G.T., che in Lombardia ha sostituito il Piano regolatore generale) da parte del Comune all’Università sia compatibile con la disciplina in tema di appalti, ispirata ai principi di concorrenza, trasparenza e parità di trattamento.

Se, da un lato, possono essere conclusi accordi diretti tra le P.A. ai sensi dell’art. 15 l. n. 241/1990, quando una pubblica amministrazione intenda affidare a titolo oneroso ad altra pubblica amministrazione un servizio che ricada tra i compiti dell’ente, dall’altro, il Collegio ritiene che “il ricorso al partenariato pubblico-pubblico possa profilare il pericolo di contrasto con i principi di concorrenza quando l’amministrazione con cui sia concluso un accordo di collaborazione possa rivestire al tempo stesso la qualità di operatore economico”, qualità che, in base alla giurisprudenza comunitaria, è riconosciuta ad ogni ente pubblico che offra servizi sul mercato.

Di seguito, il testo dell’ordinanza.

Consiglio di Stato, Sezione Quinta
Ordinanza n. 05207 del 16 settembre 2011

(presidente Stefano Baccarini, estensore Antonio Bianchi)

N. 05207/2011 REG.PROV.COLL.
N. 06305/2010 REG.RIC

(…)

Questa Sezione, con sentenza parziale 7 aprile 2011, n. 2148, ha risolto le questioni di rito, respingendo i, motivi di appello incidentale, in ordine alla dedotta inammissibilità del ricorso di primo grado.

Nel merito ritiene necessaria, ai fini del decidere, la risoluzione di problemi interpretativi della disciplina comunitaria in materia di procedure di affidamento di appalti pubblici di servizi che di seguito si espongono.

La normativa nazionale rilevante.

1. Attraverso il disciplinare approvato dal Comune di Pavia e la successiva convenzione, è stato concluso un accordo in forma scritta tra due pubbliche amministrazioni per l’esecuzione, a titolo oneroso, di attività di studio e consulenza tecnico scientifica finalizzata alla redazione degli atti costituenti il Piano di Governo del Territorio Comunale.
L’amministrazione comunale sostiene che l’attività di studio e ricerca richiesta all’Università rientrerebbe tra quelle istituzionalmente svolte e che pertanto l’accordo trarrebbe il proprio fondamento giuridico dall’art. 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che al primo comma così recita:
“Anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art. 14, le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.”

2. In base alla legislazione di settore, le Università costituiscono la sede naturale degli studi e della ricerca scientifica e tecnologica.
In tal senso prevede l’art. 6 della legge n. 168/1989 con disposizione che conferma l’art. 63 del D.P.R. n. 382 /1980 ( “le università sono sedi primarie della ricerca scientifica”).

3. L’art. 66 dello stesso D.P.R. n. 382 prevede:
“Le Università, purché non vi osti lo svolgimento della loro funzione scientifica didattica, possono eseguire attività di ricerca e consulenza stabilite mediante contratti e convenzioni con enti pubblici e privati. L’esecuzione di tali contratti e convenzioni sarà affidata, di norma, ai dipartimenti o, qualora questi non siano costituiti, agli istituti o alle cliniche universitarie o a singoli docenti a tempo pieno.
I proventi delle prestazioni dei contratti e convenzioni di cui al comma precedente sono ripartiti secondo un regolamento approvato dal consiglio di amministrazione dell’Università, sulla base di uno schema predisposto, su proposta del Consiglio universitario nazionale, dal Ministro della pubblica istruzione.
Il personale docente e non docente che collabora a tali prestazioni può essere ricompensato fino a una somma annua totale non superiore al 30 per cento della retribuzione complessiva. In ogni caso la somma così erogata al personale non può superare il 50 per cento dei proventi globali delle prestazioni.
Il regolamento di cui al secondo comma determina la somma da destinare per spese di carattere generale sostenute dall’Università e i criteri per l’assegnazione al personale della somma di cui al terzo comma. Gli introiti rimanenti sono destinati ad acquisto di materiale didattico e scientifico e a spese di funzionamento dei dipartimenti, istituti o cliniche che hanno eseguito i contratti e le convenzioni.
Dai proventi globali derivanti dalle singole prestazioni e da ripartire con le modalità di cui al precedente secondo comma vanno in ogni caso previamente detratte le spese sostenute dall’Università per l’espletamento delle prestazioni medesime.
I proventi derivati dall’attività di cui al comma precedente costituiscono entrate del bilancio dell’Università”.

4. Lo statuto dell’Università di Pavia si conforma a detta disciplina.
Profili di contrasto col diritto dell’Unione Europea.

5. Gli accordi tra pubbliche amministrazioni regolati dalla legge fondamentale sul procedimento (art. 15) sono preordinati al coordinamento dell’azione di diversi apparati amministrativi ciascuno portatore di uno specifico interesse pubblico e possono essere utilizzati come forma di collaborazione per la più efficiente ed economica gestione di servizi pubblici.
L’accezione di interesse comune è, allo stato della giurisprudenza, piuttosto ampia e coincide, nella sostanza, con il perseguimento dell’interesse pubblico da parte degli enti partecipanti all’accordo conformemente ai loro scopi istituzionali.

6. In materia di accordi tra pubbliche amministrazioni, al di fuori dell’ipotesi più ricorrente di svolgimento di funzioni comuni (quali, ad esempio, la costituzione di un consorzio tra enti per la gestione tecnica ed amministrativa di aree industriali o la gestione di un servizio comune), è stato ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa che sia possibile ricorrere all’art. 15 l. n. 241/1990 quando una pubblica amministrazione intenda affidare a titolo oneroso ad altra pubblica amministrazione un servizio ove questo ricada tra i compiti dell’ente. In questo quadro, è stato ritenuto legittimo l’affidamento del servizio di trasporti intra – inter ospedalieri da parte di un’azienda ospedaliera alla Croce Rossa Italiana, ente di diritto pubblico avente, tra i propri compiti, quello di effettuare, con propria organizzazione, il servizio di pronto soccorso e trasporto infermi, concorrendo all’adempimento delle finalità del Servizio Sanitario nazionale attraverso apposite convenzioni (Cons. St. Sez. V, 12 aprile 2007, n. 1707).

7. Anche prescindendo dalla diretta applicazione dell’ari 15, il Consiglio di Stato ha comunque ammesso l’affidamento senza gara, considerando la materia esclusa dall’ambito di applicazione della disciplina sugli appalti pubblici, del servizio di elisoccorso integrato tecnico sanitario da parte di una Regione al Ministero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco (Cons. St. Sez. V, 13 luglio 2010, n. 4539) e l’affidamento dell’incarico di studio e di consulenza tecnico scientifica per la redazione del Piano regolatore comunale da parte di un Comune ad una Università (Cons. St. Sez. V, 10 settembre 2010, n. 6548).
Negli ultimi due casi, l’insussistenza dell’obbligo a carico dell’amministrazione affidante di fare ricorso alle procedure di scelta ad evidenza pubblica è stata giustificata con riferimento alla non configurabilità dell’amministrazione affidataria come operatore economico, alla mancanza di remunerazione qualificabile come corrispettivo quando venga pattuito per l’esecuzione della prestazione un mero rimborso dei costi, al riconoscimento da parte della giurisprudenza comunitaria della possibilità che amministrazioni pubbliche concludano accordi diretti per il perseguimento di fini di interesse pubblico.

8. Sul piano comunitario, il tema della cooperazione pubblico- pubblico ha costituito oggetto della Risoluzione del Parlamento europeo del 18 maggio 2010 sui nuovi sviluppi in materia di appalti pubblici (2009/2 175 (INI)).

9. Il Parlamento europeo, ricordando che il Trattato di Lisbona entrato in vigore il 1° dicembre 2009 ha introdotto per la prima volta nel diritto dell’Unione europea un riconoscimento del diritto all’autonomia regionale e locale, ha posto l’accento sulla possibilità accordata dalla più recente giurisprudenza comunitaria (sent. 19 aprile 2007 in causa C – 295/05 Tragsa; 18 dicembre 2007 in causa C – 532/03 commissione contro Irlanda 13 novembre 2008 in causa C – 324/07 Coditel Brabant; 10 settembre 2009 in causa C – 206/08 Eurawasser; 9 ottobre 2009 in causa C – 573/07 Sea s.r.l.; 15 ottobre 2009 in causa C – 196/08 Acoset; 15 ottobre 2009 in causa C – 275/08 Commissione contro Germania 25 marzo 2010 in causa C – 0451/08 Helmut Muller) alle autorità pubbliche di ricorrere ai propri strumenti per adempiere alle proprie missioni di diritto pubblico in collaborazione con altre autorità pubbliche ed ha sottolineato come, in particolare in base alla sentenza della Corte (Grande Sezione) del 9 giugno 2009 nella causa C – 480/06 Commissione contro Germania, i partenariati pubblico-pubblico così come gli accordi di collaborazione tra autorità locali non rientrino nel campo di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici a condizione che siano soddisfatti i seguenti criteri:
– lo scopo del partenariato è l’esecuzione di un compito di servizio pubblico spettante a tutte le autorità locali in questione;
– il compito è svolto esclusivamente dalle autorità pubbliche, senza la partecipazione di privati o di imprese private;
– l’attività è espletata essenzialmente per le autorità pubbliche coinvolte.

10. Ha poi ricordato che detti principi hanno validità generale e di conseguenza possono essere applicati alla cooperazione tra tutte le amministrazioni aggiudicatrici pubbliche e non esclusivamente a quelle locali.

11. Potrebbe, quindi, effettivamente ritenersi che l’accordo intervenuto tra Comune e Università di Pavia soddisfi gli indicati criteri poiché:
– l’accordo soddisfa un interesse comune in base alla normativa nazionale citata ed ai compiti svolti dall’Università, avvalorato dalla collaborazione tra due gruppi di lavoro di entrambe le amministrazioni e dalla possibilità di diffusione nel mondo scientifico dei risultati della ricerca, ferma la proprietà della Azienda;
– non è prevista alcuna partecipazione di privati.

12. Deve inoltre rilevarsi che l’Università non ha carattere commerciale e che l’espletamento dei compiti di studio e di ricerca, anche applicata, rientranti nell’attività oggetto della convenzione sono tra quelli che essa può svolgere in base al proprio Statuto.
Quindi, seguendo la giurisprudenza di cui alla sentenza Coditel Brabant , dovrebbe essere ammesso a due amministrazioni pubbliche di ricorrere allo strumento della collaborazione per adempiere alle missioni di servizio pubblico.

13. Tuttavia, questa Sezione sospetta che, nel caso in esame, osti alla conclusione di un contratto come quello oggetto del contendere la direttiva n. 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi ed in particolare:
– l’art. 1, n. 2 lett. a) e d) che definisce l’ambito di applicazione della direttiva in riferimento agli appalti pubblici di servizi;
– l’art 2, secondo cui le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza;
– l’art. 28 secondo cui per aggiudicare gli appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici applicano le procedure nazionali adattate ai fini della direttiva;
– l’allegato II categoria 8 recante “servizi di ricetta e sviluppo” e categoria 12 recante “servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, anche integrata; servizi attinenti all’urbanistica e alla paesaggistica; servizi affini di consulenza scientifica e tecnica, servizi di sperimentazione tecnica e analisi”.

14. Ritiene, in particolare, il Collegio che il ricorso al partenariato pubblico-pubblico possa profilare il pericolo di contrasto con i principi di concorrenza quando l’amministrazione con cui sia concluso un accordo di collaborazione possa rivestire al tempo stesso la qualità di operatore economico.

15. Alla luce della sentenza della Corte di Giustizia 23 dicembre 2009 in causa C – 305/08 CoNisMa, la qualità di operatore economico è riconosciuta ad ogni ente pubblico che offra servizi sul mercato, indipendentemente dal perseguimento di uno scopo di lucro, dalla dotazione di una organizzazione di impresa o dalla presenza continua sul mercato.
La Corte, richiamando la propria giurisprudenza per cui, nell’ottica di apertura degli appalti pubblici alla concorrenza nella misura più ampia possibile, la normativa comunitaria è applicabile qualora il soggetto con cui un’amministrazione aggiudicatrice intenda concludere un contratto a titolo oneroso sia a sua volta un’amministrazione aggiudicatrice (sent. Stadt Hall e RPL Lochau), ha considerato ammesso a presentare un’offerta un ente indipendentemente dal fatto di essere un soggetto di diritto privato o di diritto pubblico, aggiungendo che un’interpretazione restrittiva della nozione di operatore economico avrebbe come conseguenza che i contratti conclusi tra amministrazioni aggiudicatrici e organismi che non agiscono in base ad uno scopo di lucro non sarebbero considerati come appalti pubblici e sarebbero sottratti alle norme comunitarie in materia di parità di trattamento e di trasparenza, in contrasto con la finalità delle medesime norme.

16. Alla luce di tale sentenza, le Università devono considerarsi ammesse a partecipare ad una gara come qualsiasi altro operatore economico ed i contratti conclusi tra queste ed amministrazioni aggiudicatrici rientrano nell’ambito delle norme comunitarie sulle aggiudicazioni.

17. Parimenti, sembrerebbe non decisiva la circostanza che il corrispettivo previsto per l’esecuzione della prestazione non abbia, in ipotesi, carattere remunerativo, servendo essenzialmente a ripianare i costi sostenuti dall’Università.

18. Invero, la fissazione di un corrispettivo, pur nell’assenza di un sostanziale profitto, non vale a conferire gratuità all’accordo che rimane a titolo oneroso e che quindi, sotto tale profilo, potrebbe rientrare nel campo di applicazione della disciplina comunitaria degli appalti.

19. Nella specie, peraltro, il corrispettivo è fissato dal bando di gara nell’importo massimo presunto di € 195.000,00 IVA esclusa, da negoziare tra le parti tenendo conto del programma operativo di studio e consulenza e, pertanto, non sembra essere oggettivamente rapportato ai soli costi da sostenere da parte del soggetto incaricato.
Anche il riferimento al modulo di autoproduzione dell’in house providing (sentenze Tragsa e Sea s.r.l.) appare poco perspicuo ove si consideri che l’Università è amministrazione distinta dal Comune sottratta a qualsiasi genere di controllo (in specie, controllo analogo) e che in alcun modo può considerarsi derivazione o longa manus dl Comune. Pertanto, in base alla giurisprudenza Teckal (v anche sent. 13 gennaio 2005 Commissione contro Regno di Spagna in causa C – 84/03), l’esclusione dall’applicazione della disciplina dei contratti pubblici di servizi degli accordi di collaborazione tra pubbliche amministrazioni, in mancanza di controllo analogo tra gli enti, sarebbe in contrasto con la disciplina comunitaria in materia di aggiudicazione di appalti pubblici di servizi.

20. In conclusione, poiché dalla giurisprudenza comunitaria non si traggono decisive indicazioni interpretative per risolvere i problemi enunciati, il Collegio sottopone alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione interpretativa pregiudiziale:

Se le direttive del Parlamento Europeo e del Consiglio 31.3.2004 e 2004/ 18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi ed in particolare l’articolo 1, n. 2 lettere a) e d), l’articolo 2, l’articolo 28 e l’allegato II categorie n. 8 e n. 12 ostino ad una disciplina nazionale che consente la stipulazione di accordi in forma scritta tra due amministrazioni aggiudicatrici per lo studio e la consulenza tecnico scientifica finalizzata alla redazione degli atti costituenti il Piano di Governo del Territorio comunale così come individuati dalla normativa nazionale e regionale di settore verso un corrispettivo la cui non remuneratività non è manifesta, ove l’amministrazione esecutrice possa rivestire la qualità di operatore economico.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) visti l’articolo 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, l’articolo 79 del codice del processo amministrativo e l’art. 295 del codice di procedura civile, chiede alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla questione di interpretazione del diritto dell’Unione europea specificata in motivazione;
ordina la sospensione del processo e la trasmissione di copia della presente ordinanza alla Cancelleria della Corte di Giustizia.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 ° febbraio 2011 con l’intervento dei magistrati:

Stefano Baccarini, Presidente
Aldo Scola, Consigliere
Eugenio Mele, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore.

Depositata in segreteria il 16 settembre 2011

Redazione

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