Il mutamento di destinazione d’uso,anche in assenza di interventi edilizi, comporta il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione. È quanto ha affermato il Consiglio di Stato nella sentenza n.5539 dell’ottobre scorso, respingendo l’appello di un privato contro la decisione di un Comune. In particolare il Comune, dopo aver rilevato un cambio di destinazione d’uso non autorizzato, ha richiesto al privato il pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e del costo di costruzione. Nella fattispecie il mutamento d’uso riguardava solo il cambio di destinazione d’uso da attività commerciale all’ingrosso ad attività di vendita al dettaglio, senza alcun intervento edilizio. Nel rigettare l’appello del privato, il Consiglio di Stato ha precisato che il pagamento degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione è sempre dovuto quando si è in presenza di una “trasformazione edilizia” che apporti vantaggi economici all’utilizzatore, indipendentemente dall’esecuzione di opere edilizie.
Di seguito il testo della sentenza.
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Consiglio di Stato (Sezione Quarta)
Sentenza,14 ottobre 2011, numero 5539
(presidente Numerico, estensore Migliozzi)
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L’appello è infondato e, come tale, deve essere respinto. Va preliminarmente precisato che l’oggetto del contendere, in base all’impugnativa solo parziale della sentenza n.1790/2010 è circoscritto in questo grado unicamente all’an del pagamento del costo di costruzione richiesto dal Comune di Forlì, senza che venga in rilievo la quantificazione del corrispettivo per il titolo in questione (lire 69.750). Obietta dunque parte appellante, con nella sua articolata tesi difensiva, che non essendo intervenuta opera edilizia alcuna nei locali dell’edificio adibito all’attività commerciale ivi svolta e non sussistendo un cambio di destinazione d’uso con opere (e neppure senza opere), non potrebbe pretendersi da parte dell’Amministrazione comunale il pagamento della quota di contributo concessorio afferente, appunto, il costo di costruzione. Un tale assunto non appare condivisibile. Occorre necessariamente prendere le mosse da un dato di fatto decisivo ai fini in esame e cioè che nella specie, come evidenziato dagli accertamenti svolti dal Comune, sostanzialmente non smentiti dall’appellante, si è verificato un cambio di destinazione d’uso non autorizzato, con l’avvenuta variazione, ancorché senza opere, dell’utilizzo di alcuni locali, da commercio all’ingrosso (originaria destinazione urbanistica dell’immobile) a commercio al minuto. Ora, vero è che il contributo relativo al costo di costruzione (art.6 della legge n.10 del 28 gennaio 1977, c.d. legge “Bucalossi” ) è riconducibile all’attività costruttiva ex se considerata; nondimeno, trattandosi di un prelievo paratributario, il corrispettivo in questione è comunque dovuto in presenza di una “trasformazione edilizia” che indipendentemente dall’esecuzione fisica di opere , si rivela produttiva di vantaggi economici connessi all’utilizzazione (cfr. Cons Stato Sez. IV 21/4/2006 n.2258) . Questa situazione si verifica allorché venga in rilievo, come nella fattispecie, un mutamento d’uso rilevante, intendendo per tale ogni variazione anche di semplice uso che comporti un passaggio tra due categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico e che determini comunque un aumento del c.d. carico urbanistico. E’ esattamente quanto accaduto nel caso de quo, in cui la sopravvenuta destinazione d’uso di commercio al dettaglio, senza interventi costruttivi, diversa da quella originariamente impressa all’immobile (commercio all’ingrosso) comporta maggiori oneri sociali delle opere di urbanizzazione e fa perciò insorgere il presupposto imponibile per la debenza del contributo concessorio comprensivo della quota relativa al costo di costruzione, con conseguente necessità, per l’utilizzatore del beneficio, di pagare la differenza tra gli oneri di urbanizzazione già corrisposti per la destinazione d’uso originaria e quelli, se più elevati, dovuti per la nuova destinazione impressa all’immobile. Ora il contributo concessorio come rideterminato comprende necessariamente anche il costo di costruzione; tanto in relazione a quanto direttamente contemplato dalla c.d. legge Bucalossi (la citata L. n.10/77), il cui art.10, al comma 2, espressamente prevede il pagamento del predetto onere per gli edifici destinati all’attività commerciale, con la precisazione che, come costantemente affermato da questo Consiglio di Stato (cfr. Sez. IV 25/6/010 n. 4109; idem 10/3/2011 n.1332), l’esonero dal costo di costruzione non concerne le “opere” ( e le “variazioni” ) suscettibili di essere utilizzate al servizio di attività economiche di tipo commerciale . Da tanto deriva che, essendo intervenuta nell’immobile per cui è causa una modifica della superficie ad uso commerciale in senso accrescitivo del carico urbanistico ( a causa del passaggio tra due autonome categorie urbanistiche: commercio all’ingrosso e commercio al dettaglio), per tale variazione è insorta la condizione di fatto e di diritto che impone il pagamento dell’onere contributivo anche in riferimento alla quota del costo di costruzione, come determinata ex novo con l’atto sindacale in contestazione. In forza delle suestese considerazioni, l’appello non appare suscettibile di accoglimento, meritando le relative statuizioni recate dalla sentenza del TAR Emilia Romagna n.1790/2010 integrale conferma. Le spese e competenze del presente grado del giudizio seguono la regola della soccombenza , liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
l Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Condanna la parte appellante al pagamento delle spese e competenze del presente grado del giudizio che si liquidano complessivamente in euro 3.000,00 ( tremila ) oltre IVA e CPA. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
DEPOSITATA IN SEGRETERIA il 14/10/2011