“Ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, anche nel testo vigente anteriormente al d.l. n. 70 del 2011, secondo cui costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni alle norme in materia previdenziale e assistenziale, la nozione di “violazione grave” non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva; ne consegue che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (d.u.r.c.) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto”.
E’ quanto ha ribadito il Consiglio di Stato nell’Adunanza Plenaria numero 8 del 4 maggio scorso
Di seguito ne riportiamo il testo
…
Consiglio di Stato
Adunanza Plenaria, 4 maggio 2012 numero 8
(…)
DIRITTO
1. Per la soluzione della questione di diritto rimessa all’esame dell’adunanza plenaria, in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163 (recante il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, d’ora innanzi “codice appalti” o d.lgs. n. 163 del 2006), giova premettere una breve ricostruzione del quadro normativo.
1.1. L’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, considera causa di esclusione non qualsivoglia violazione in materia di obblighi contributivi, ma solo le <
1.2. Va evidenziata la differenza rispetto al regime normativo previgente al d.lgs. n. 163 del 2006.
Prima della sua entrata in vigore, vi era un regime differenziato per la valutazione delle infrazioni previdenziali nei diversi settori degli appalti:
a) nel settore dei lavori pubblici, l’art. 75 d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 richiedeva la gravità delle infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici;
b) nel settore dei servizi pubblici e delle forniture pubbliche andavano esclusi dalle gare, in base all’art. 12, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 157 del 1995 e all’art. 11, co. 1, lett. d), d.lgs. n. 358 del 1992, coloro <
c) nei settori speciali si applicavano le cause di esclusione rispettivamente previste per i lavori, i servizi e le forniture nei settori ordinari (art. 22 d.lgs. n. 158 del 1995).
E’ evidente che prima del d.lgs. n. 163 del 2006, per gli appalti di servizi e forniture, nei settori ordinari e speciali, era causa di esclusione qualsivoglia violazione in ordine al pagamento di contributi previdenziali e assistenziali.
Per i lavori nei settori ordinari e speciali, prima del codice appalti, erano causa di esclusione solo le violazioni gravi.
1.3. Nel regime introdotto dal codice appalti, per tutti i tipi di appalti, sia nei settori ordinari che speciali, sono causa di esclusione solo le gravi violazioni previdenziali, definitivamente accertate.
L’art. 38 d.lgs. n. 163 del 2006 crea anche una differenza tra la regolarità contributiva richiesta al partecipante alla gara, e la regolarità contributiva richiesta all’aggiudicatario al fine della stipula del contratto.
Infatti, il concorrente può essere escluso solo in presenza di gravi violazioni, definitivamente accertate, sicché le violazioni non gravi, o ancora non definitive, non sono causa di esclusione.
Invece, al fine della stipula del contratto, l’affidatario deve presentare la certificazione di regolarità contributiva ai sensi dell’art. 2 d.l. n. 210 del 2002 (art. 38, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006); tale disposizione, a sua volta, prevede il rilascio del d.u.r.c., documento unico di regolarità contributiva, che attesta contemporaneamente la regolarità contributiva quanto agli obblighi nei confronti dell’I.N.P.S., dell’I.N.A.I.L. e delle Casse edili.
Il d.u.r.c. regolare, poi, è requisito che accompagna l’intera fase di esecuzione del contratto, essendo necessario al fine del pagamento secondo gli stati di avanzamento e al fine del pagamento della rata di saldo dopo il collaudo.
1.4. Per risolvere la questione di diritto rimessa alla plenaria, occorre anche esaminare quali sono i presupposti in presenza dei quali il d.u.r.c. attesta la regolarità contributiva, e quando invece viene attestato che difetta la regolarità contributiva.
Anche su questo punto, si è registrata una evoluzione normativa.
Infatti alla circolare I.N.P.S. 26 luglio 2005 n. 92 e alla circolare I.N.A.I.L. 25 luglio 2005 n. 38 ha fatto seguito il decreto del Ministero del lavoro e della previdenza sociale 24 ottobre 2007.
Tra le circolari del 2005 e il d.m. del 2007, successivo, non vi è perfetta coincidenza.
Infatti, secondo le suddette circolari:
a) il d.u.r.c. attesta la regolarità contributiva solo se non vi sono inadempienze in atto, sicché anche una inadempienza di lieve entità osta alla dichiarazione di regolarità contributiva;
b) se pende contenzioso amministrativo, il d.u.r.c. attesta la regolarità contributiva solo se il ricorso verte su questioni controverse o interpretative, sia adeguatamente motivato e non sia manifestamente presentato a scopi dilatori o pretestuosi; fuori da queste ipotesi, l’irregolarità contributiva, ancorché sia contestata mediante un contenzioso amministrativo, osta alla dichiarazione di regolarità contributiva.
Il d.m. del 2007 è stato emanato in attuazione dell’art. 1, comma 1176, l. n. 296 del 2006, a tenore del quale << Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentiti gli istituti previdenziali interessati e le parti sociali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità di rilascio, i contenuti analitici del documento unico di regolarità contributiva di cui al comma 1175, nonché le tipologie di pregresse irregolarità di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da non considerare ostative al rilascio del documento medesimo. In attesa dell’entrata in vigore del decreto di cui al presente comma sono fatte salve le vigenti disposizioni speciali in materia di certificazione di regolarità contributiva nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura>>.
Tale d.m., come si evince dalla sua premessa, disciplina il d.u.r.c. in termini generali, quale che sia lo scopo per cui il d.u.r.c. è richiesto, chiarendosi così un equivoco che poteva insorgere da una esegesi letterale della norma primaria (si legge nel preambolo: <
Non è perciò dubbio che il d.m. in questione riguarda anche il d.u.r.c. necessario per l’affidamento di appalti pubblici.
Secondo il nuovo d.m.:
a) ai fini specifici della partecipazione a gare di appalto, viene fissata una soglia di <
b) la pendenza di qualsivoglia contenzioso amministrativo impedisce di ritenere il soggetto in posizione irregolare; fino alla decisione che respinge il ricorso, può essere dichiarata la regolarità contributiva (art. 8, comma 2, lett. a), d.m. citato);
c) non costituisce causa ostativa al rilascio del d.u.r.c. l’aver beneficiato degli aiuti di stato specificati nel d.P.C.M. emanato ai sensi dell’art. 1, comma 1223, l. n. 296 del 2006, sebbene non ancora rimborsati o depositati in un conto bloccato (art. 8, comma 4, d.m. citato).
Sia le previgenti circolari, sia il d.m. ritengono non ostative della dichiarazione di regolarità contributiva le pendenze processuali, fino alla sentenza definitiva.
Dopo il d.m. del 2007, si può affermare che il d.u.r.c. attesta solo le irregolarità contributive <
2. Così ricostruito il quadro normativo rilevante per il caso controverso, si deve osservare che, se prima del d.m. del 2007 poteva essere dubbio se vi fosse o meno automatismo nella valutazione di gravità delle violazioni previdenziali da parte della stazione appaltante (v. i casi decisi da Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009 nn. 4905 e 4907), dopo il d.m. del 2007, risulta chiaro che la valutazione di gravità o meno della infrazione previdenziale è riservata agli enti previdenziali.
Invero, se la violazione è ritenuta non grave, il d.u.r.c. viene rilasciato con esito positivo, il contrario accade se la violazione è ritenuta grave.
2.1. Si deve ritenere che la valutazione compiuta dagli enti previdenziali sia vincolante per le stazioni appaltanti e precluda, ad esse, una valutazione autonoma.
Tanto, alla luce delle seguenti considerazioni:
a) gli enti previdenziali sono istituzionalmente e specificamente competenti a valutare la gravità o meno delle violazioni previdenziali;
b) il d.u.r.c. è il documento pubblico che certifica in modo ufficiale la sussistenza o meno della regolarità contributiva, da ascrivere al novero delle dichiarazioni di scienza, assistite da fede pubblica privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., e facenti piena prova fino a querela di falso;
c) le stazioni appaltanti non sono gli enti istituzionalmente e specificamente competenti a valutare la gravità o meno delle violazioni previdenziali;
d) il codice degli appalti deve essere letto e interpretato non in una logica di separatezza e autonomia, ma come una parte dell’ordinamento nel suo complesso, e nell’ambito dell’ordinamento giuridico la nozione di “violazione previdenziale grave” non può che essere unitaria e uniforme, e rimessa all’autorità preposta al rispetto delle norme previdenziali; pertanto, l’art. 38, comma 1, lett. i), laddove menziona le “violazioni gravi” delle norme previdenziali, intende riferirsi alla nozione di “violazione previdenziale grave” esistente nell’ambito dell’ordinamento giuridico, e in particolare nello specifico settore previdenziale;
e) ne consegue che le stazioni appaltanti non hanno né la competenza né il potere di valutare caso per caso la gravità della violazione previdenziale, ma devono attenersi alle valutazioni dei competenti enti previdenziali.
2.2. Non può pertanto essere condivisa la prospettazione, riportata nell’ordinanza di rimessione, secondo cui il citato d.m. del 2007 non costituisce atto attuativo del codice appalti, con la conseguenza che la valutazione di gravità compiuta alla luce di tale d.m. non sarebbe automaticamente vincolante per la stazione appaltante.
Infatti, come già osservato, il codice appalti si inserisce, come parte del tutto, in un sistema normativo unitario, sicché le nozioni da esso utilizzate e da esso non definite, – come nel caso della “violazione previdenziale grave” non possono che essere desunte dall’ordinamento giuridico nel suo complesso, e segnatamente dallo specifico settore da cui le nozioni sono tratte e definite.
2.3. Siffatta soluzione, già seguita da numerose decisioni delle sezioni del Consiglio di Stato, nonché dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici relativi a lavori, servizi forniture [Autorità, determinazione n. 1/2010], è stata fatta propria anche dal legislatore nel 2011.
Come ricorda anche l’ordinanza di rimessione, il d.l. n. 70 del 2011, senza modificare formalmente l’art. 38, comma 1, lett. 1, d.lgs. n. 163 del 2006, ha inserito nel comma 2 dell’art. 38 una previsione volta a dare rilevanza al d.u.r.c. e ad escludere ogni discrezionalità della stazione appaltante nella valutazione della gravità delle violazioni previdenziali e assistenziali.
In particolare, ai fini del comma 1, lett. i), dell’art. 38, si intendono gravi le violazioni ostative al rilascio del documento unico di regolarità contributiva di cui all’art. 2, comma 2, d.l. 25 settembre 2002, n. 210, convertito in legge 22 novembre 2002, n. 266.
Pertanto dopo la novella legislativa resta definitivamente chiarito che la mancanza di d.u.r.c. comporta una presunzione legale iuris et de iure di gravità delle violazioni previdenziali.
Tale previsione è stata introdotta dal d.l. n. 70 del 2011 e non è stata toccata dalla legge di conversione, per cui è in vigore dal 14 maggio 2011.
E’ vero che disposizione si applica, ratione temporis, a procedure i cui bandi o avvisi, ovvero, nelle procedure senza bando, inviti, siano successivi al 14 maggio 2011 (art. 4, comma 3, d.l. n. 70 del 2011 e che pertanto non riguarda le gare derivanti da bandi pubblicati anteriormente (come è il caso di specie).
Si tratta, peraltro, di una disposizione che si limita a recepire e consolidare un orientamento interpretativo già formatosi in precedenza, e che pertanto si pone in linea di continuità, e non di innovazione, rispetto all’assetto ad essa previgente.
2.4. Si deve in conclusione esprimere il seguente principio di diritto: “ai sensi e per gli effetti dell’art. 38, comma 1, lett. i), d.lgs. n. 163 del 2006, anche nel testo vigente anteriormente al d.l. n. 70 del 2011, secondo cui costituiscono causa di esclusione dalle gare di appalto le gravi violazioni alle norme in materia previdenziale e assistenziale, la nozione di “violazione grave” non è rimessa alla valutazione caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla disciplina previdenziale, e in particolare dalla disciplina del documento unico di regolarità contributiva; ne consegue che la verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di appalti con la pubblica amministrazione è demandata agli istituti di previdenza, le cui certificazioni (d.u.r.c.) si impongono alle stazioni appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto”.
3. Ai sensi dell’art. 99, comma 4, primo periodo, cod. proc. amm., l’adunanza plenaria ritiene di dover decidere l’intera controversia.
4. Nell’ordine logico delle questioni si deve esaminare l’eccezione di inammissibilità, sollevata da RFI, in relazione ai motivi aggiunti proposti avverso l’atto di revoca dell’intera gara, nell’ambito del ricorso n. 5393/2011.
4.1. Essi sono inammissibili.
Ai sensi dell’art. 104, comma 3, cod. proc. amm., in appello sono ammessi i motivi aggiunti solo contro atti o provvedimenti già impugnati in primo grado.
Nel caso di specie i motivi aggiunti sono stati proposti contro un atto del tutto nuovo e frutto di autonomo procedimento di autotutela, che non era stato previamente impugnato davanti al Tar.
5. Con un mezzo di appello proposto solo dall’a.t.i. nel suo complesso (ricorso n. 5393/2011) si ripropongono le censure di primo grado con cui si sosteneva che l’esclusione avrebbe dovuto essere disposta solo nei confronti dell’impresa priva del requisito, e che il Consorzio avrebbe potuto provare in proprio il possesso del requisito, e comunque avrebbe dovuto essere ammesso a sostituire il consorziato privo del requisito.
5.1. Le censure sono infondate.
Correttamente l’esclusione è stata disposta sia nei confronti dell’a.t.i. che della singola consorziata priva del requisito della regolarità contributiva.
Il Consorzio Ravennate ha partecipato alla gara nella qualità di consorzio fra società cooperative di produzione e lavoro costituito a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422, soggetto ammesso ai pubblici appalti ai sensi dell’art. 34, comma, 1, lett. b) d.lgs. 163 del 2006 e dotato di soggettività giuridica autonoma.
Pur trattandosi di soggetto con struttura ed identità autonoma rispetto a quella delle cooperative consorziate, il possesso dei requisiti generali e morali ex art. 38 codice appalti deve essere verificato non solo in capo al consorzio ma anche alle consorziate, dovendosi ritenere cumulabili in capo al consorzio i soli requisiti di idoneità tecnica e finanziaria ai sensi dell’art. 35 codice appalti.
La diversa opzione ermeneutica condurrebbe invero a conseguenze paradossali in quanto le stringenti garanzie di moralità professionale richieste inderogabilmente ai singoli imprenditori potrebbero essere eluse da cooperative che, attraverso la costituzione di un consorzio con autonoma identità, riuscirebbero di fatto ad eseguire lavori e servizi per le pubbliche amministrazioni alle cui gare non sarebbero state singolarmente ammesse.
Nel senso qui seguito è la giurisprudenza secondo cui, mentre i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere riferiti al consorzio (come previsto dall’art. 35 codice appalti), i requisiti generali di partecipazione alla procedura di affidamento previsti dall’art. 38 codice citato devono essere posseduti dalle singole imprese consorziate; se, infatti, in caso di consorzi, tali requisiti andassero accertati solo in capo al consorzio e non anche in capo ai consorziati che eseguono le prestazioni, il consorzio potrebbe agevolmente diventare uno schermo di copertura consentendo la partecipazione di consorziati privi dei necessari requisiti; per gli operatori che non hanno i requisiti dell’art. 38 (si pensi al caso di soggetti con condanne penali per gravi reati incidenti sulla moralità professionale) basterebbe, anziché concorrere direttamente andando incontro a sicura esclusione, aderire a un consorzio da utilizzare come copertura [Cons. St., sez. V, 15 giugno 2010, n. 3759; Id., sez. IV, 27 giugno 2007, n. 3765; Id., sez. V, 5 settembre 2005, n. 4477; Id., sez. V, 30 gennaio 2002, n. 507].
Tale principio è stato affermato anche dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, secondo cui “In virtù del particolare rapporto consortile – rapporto organico – esistente in tale tipologia di consorzi, l’articolo 35 d.lgs. n. 163 del 2006 dispone che i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria devono essere posseduti e comprovati dai consorzi stessi e non dalle singole società consorziate che eseguiranno i lavori, mentre i requisiti di carattere morale devono essere posseduti dal consorzio e da ciascuna delle imprese che partecipano al consorzio stesso” (parere n. 192 del 10 luglio 2008 reso in sede di precontenzioso).
5.2. Neppure può condividersi l’argomentazione secondo cui il consorzio poteva sostituire il soggetto indicato come esecutore dell’appalto.
In attuazione dell’art. 37, comma 7, d.lgs. 163 del 2006 (per evitare la concomitante partecipazione alla gara del consorzio e delle imprese consorziate), la lex specialis di gara imponeva al sodalizio di indicare preventivamente la ditta incaricata per l’esecuzione dell’appalto onde consentire la verifica dei requisiti di ordine generale.
Difatti, il disciplinare di gara onerava le partecipanti di:
– indicare per quali consorziate intendessero partecipare (punto 1.1.3.19, pagina 5);
Ammettere quindi la sostituzione successiva della consorziata, in caso di esito negativo della verifica sul possesso dei requisiti generali, significherebbe eludere le finalità sottese alle menzionate prescrizioni di gara e, di fatto, rendere vano il controllo preventivo ex art. 38, d.lgs. 163 del 2006 in capo alla ditta originariamente indicata nella domanda di partecipazione.
Giova inoltre rammentare sul punto il consolidato orientamento di questo Consesso, in ordine ai limiti entro cui può ammettersi un’a.t.i. “a geometria variabile”, orientamento estensibile alle modifiche soggettive in corso di gara dei consorziati indicati per l’esecuzione dell’appalto.
In particolare, il codice appalti indica i casi tassativi in cui è possibile la modifica soggettiva dell’a.t.i. già aggiudicataria, sempre in caso di vicende patologiche che colpiscono il mandante o il mandatario (art. 37, comma 18 e 19).
Secondo un’interpretazione restrittiva, se ne desume il divieto della modifica della compagine soggettiva in corso di gara o dopo l’aggiudicazione, al di fuori dei casi consentiti. Ciò in quanto con la sottoscrizione del mandato da parte di tutte le componenti dell’a.t.i. la stazione appaltante è posta in grado di conoscere i soggetti con cui andrà a contrattare; consentire una modifica della compagine sarebbe lesiva della par condicio, perché comporterebbe una formazione a geometria variabile, adattabile agli sviluppi della procedura di gara.
Il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle gare pubbliche, mira a garantire una conoscenza piena da parte delle amministrazioni aggiudicatrici dei soggetti che intendono contrarre con le amministrazioni stesse consentendo una verifica preliminare e compiuta dei requisiti di idoneità morale, tecnico-organizzativa ed economico-finanziaria dei concorrenti, verifica che non deve essere resa vana in corso di gara con modificazioni di alcun genere [Cons. St., sez. V, 7 aprile 2006, n. 1903; Cons. St., sez. V, 30 agosto 2006, n. 5081].
La tesi è stata però rimessa in discussione da altre pronunce, secondo cui sarebbe possibile, dopo l’aggiudicazione, il recesso di una o più imprese dell’a.t.i., se quelle rimanenti siano in possesso dei requisiti di qualificazione per le prestazioni oggetto dell’appalto: infatti il divieto legislativo riguarderebbe solo l’aggiunta o la sostituzione di componenti, non anche il venir meno, senza sostituzione, di taluno [Cons. St., sez. IV, 23 luglio 2007, n. 4101].
Si è osservato che il divieto di modificazione soggettiva non ha l’obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento in costanza di procedura di gara. Il rigore di detta disposizione va, infatti, temperato in ragione dello scopo che persegue, che è quello di consentire alla stazione appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari. Tale essendo, dunque, la funzione di detta disposizione è evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano quelle che portano all’aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento, in tal caso, infatti, le esigenze succitate non risultano affatto frustrate poiché l’amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell’impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto mira ad impedire non possono verificarsi [Cons. St., sez. VI, 13 maggio 2009, n. 2964].
La tesi più ampia è stata in prosieguo seguita dalla giurisprudenza con alcune puntualizzazioni.
Tale orientamento da un lato, non penalizza la stazione appaltante, non creando incertezze, e dall’altro lato non penalizza le imprese, le cui dinamiche non di rado impongono modificazioni soggettive di consorzi e raggruppamenti, per ragioni che prescindono dalla singola gara, e che non possono precluderne la partecipazione se nessun nocumento ne deriva per la stazione appaltante.
Né si verifica una violazione della par condicio dei concorrenti, perché non si tratta di introdurre nuovi soggetti in corsa, ma solo di consentire a taluno degli associati o consorziati il recesso, mediante utilizzo dei requisiti dei soggetti residui, già comunque posseduti.
Tale soluzione va seguita purché la modifica della compagine soggettiva in senso riduttivo avvenga per esigenze organizzative proprie dell’a.t.i. o consorzio, e non invece per eludere la legge di gara e, in particolare, per evitare una sanzione di esclusione dalla gara per difetto dei requisiti in capo al componente dell’a.t.i. che viene meno per effetto dell’operazione riduttiva [Cons. St., sez. VI, 16 febbraio 2010, n. 842].
Nella prospettiva in commento si è osservato anche che il recesso dell’impresa componente di un raggruppamento nel corso della procedura di gara non vale a sanare ex post una situazione di preclusione all’ammissione alla procedura sussistente al momento dell’offerta in ragione della sussistenza di cause di esclusione riguardanti il soggetto recedente, pena la violazione della par condicio tra i concorrenti; tale tesi è stata seguita, incidentalmente, anche da una decisione dell’adunanza plenaria del 2010 [Cons. St., ad. plen., 15 aprile 2010, n. 2155; Cons. St., sez. V, 10 settembre 2010, n. 6546]; e che una diversa soluzione ermeneutica, che intendesse impedire il controllo sui requisiti di ammissione delle imprese recedenti, consentirebbe l’elusione delle prescrizioni legali che impongono il possesso dei requisiti stessi in capo ai soggetti originariamente facenti parte del raggruppamento all’atto della scadenza dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione [Cons. St., sez. V, 28 settembre 2011, n. 5406].
Alla luce di tale orientamento, che il Collegio condivide, nel caso di specie la sostituzione dell’impresa esecutrice avrebbe sanato ex post il difetto di un requisito di partecipazione, in violazione della par condicio, e pertanto era inammissibile.
6. Con ulteriore mezzo proposto solo dall’a.t.i. si afferma che l’incameramento della cauzione e la segnalazione all’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici potevano essere disposte dalla stazione appaltante solo per difetto dei requisiti speciali e non anche per difetto dei requisiti di ordine generale.
6.1. Il mezzo è infondato.
Anzitutto gli impugnati provvedimenti sono stati legittimamente disposti in esecuzione delle prescrizioni contenute nel disciplinare di gara (pag. 12), non impugnate in parte qua, secondo cui l’esito negativo delle verifiche sul possesso dei requisiti autocertificati nei confronti dell’aggiudicatario dell’appalto avrebbe comportato “l’adozione del provvedimento di annullamento dell’aggiudicazione definitiva, la escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione all’Autorità di Vigilanza, ai sensi delle vigenti disposizioni”.
Inoltre, le deduzioni svolte nel gravame sono destituite di fondamento anche alla luce del prevalente orientamento giurisprudenziale [Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4905; sez. V, 12 febbraio 2007, n. 554; sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5792], secondo cui:
– la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria discende dall’art. 75, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006 e riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario, intendendosi per fatto dell’affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali di cui all’art. 38 citato;
– la segnalazione all’Autorità va fatta non solo nel caso di riscontrato difetto dei requisiti di ordine speciale in sede di controllo a campione, ma anche in caso di accertamento negativo sul possesso dei requisiti di ordine generale.
6.2. Con ulteriore mezzo si lamenta che la cauzione non avrebbe potuto essere incamerata perché, dopo le disposte esclusioni, la stazione appaltante ha in via di autotutela revocato l’intera gara.
6.3. Il mezzo va disatteso.
La legittimità di un provvedimento va valutata al momento della sua adozione, irrilevanti essendo fatti successivi. La revoca dell’intera gara in autotutela è un fatto successivo, e peraltro consequenziale alla circostanza delle numerose esclusioni e dei numerosi contenziosi pendenti; essa è del tutto irrilevante e non fa venir meno né la imputabilità al concorrente della causa di esclusione, e dunque l’incameramento della cauzione, né le ragioni legislative sottese all’istituto della cauzione.
7. L’ulteriore mezzo comune a entrambi gli appelli secondo cui nella specie la violazione contributiva non era grave e la stazione appaltante avrebbe dovuto valutare la non gravità, anziché attenersi alle risultanze del d.u.r.c., è stato già in parte esaminato e disatteso nel par. 1 della presente decisione, in sede di esame della questione di diritto rimessa alla plenaria.
7.1. Quanto alla questione del momento in cui deve sussistere la regolarità contributiva e della possibile sanatoria dell’irregolarità in corso di gara, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che l’assenza del requisito della regolarità contributiva, costituendo condizione di partecipazione alla gara, se non posseduto alla data di scadenza del termine di presentazione dell’offerta, non può che comportare la esclusione del concorrente non adempiente, non potendo valere la regolarizzazione postuma.
L’impresa infatti deve essere in regola con i relativi obblighi fin dalla presentazione della domanda e conservare tale regolarità per tutto lo svolgimento della procedura. Costituisce principio pacifico che poiché il momento in cui va verificata la sussistenza del requisito della regolarità contributiva e previdenziale è quello di presentazione della domanda di partecipazione alla gara, la eventuale regolarizzazione successiva, se vale a eliminare il contenzioso tra l’impresa e l’ente previdenziale non può comportare ex post il venir meno della causa di esclusione [Cons. St., sez. IV, 12 aprile 2011, n. 2284; Id., sez. V, 23 ottobre 2007, n.5575].
Deve escludersi la rilevanza di un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, quand’anche ricondotto retroattivamente, quanto ad efficacia, al momento della scadenza del termine di pagamento [Cons. St., sez. IV, n. 1458/2009].
Si tratta, del resto, di un corollario del più generale principio (già affermato nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE con la pronuncia del 9 febbraio 1996, in cause riunite C-226/04 e C-228/04) secondo cui la sussistenza del requisito della regolarità fiscale e contributiva (che, pure, può essere regolarizzato in base a disposizioni nazionali di concordato, condono o sanatoria) deve comunque essere riguardata con riferimento insuperabile al momento ultimo per la presentazione delle offerte, a nulla rilevando una regolarizzazione successiva la quale, pertanto, non potrà in alcun modo incidere sul dato dell’irregolarità ai fini della singola gara [Cons. St., sez. VI, 5 luglio 2010, n. 4243].
La mancanza del requisito della regolarità contributiva alla data di scadenza del termine previsto dal bando per la presentazione delle offerte, in definitiva, non é sanato dall’eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva, atteso che tale tardivo adempimento può rilevare nelle reciproche relazioni di credito e di debito fra i soggetti del rapporto obbligatorio e non anche nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice che debba accertare la sussistenza del requisito della regolarità contributiva ai fini dell’ammissione alla gara [Cons. St., sez. VI, 12 gennaio 2011, n.104].
7.2. Ora, nel caso di specie, le irregolarità contributive sussistevano al momento della presentazione della domanda di partecipazione e al momento della scadenza del bando (22 aprile 2009 e 7 maggio 2009), risultando l’irregolarità sanata il 26 giugno 2009; altre irregolarità si sono verificate dopo l’aggiudicazione (avvenuta a marzo 2010), e segnatamente al 28 e 30 giugno 2010, regolarizzate in prosieguo.
8. Con ulteriore ordine di censure sollevate solo con l’appello n. 7800/2011 si ripropongono i vizi di invalidità derivata dell’iscrizione dell’esclusione nel casellario informatico.
Il rigetto delle precedenti censure comporta anche il rigetto dei dedotti vizi di invalidità derivata.
9. Vengono infine riproposte (con l’appello n. 7800/2011) le censure autonome, articolate in prime cure, contro l’iscrizione nel casellario informatico.
Si assume che la comunicazione dell’esclusione da parte della stazione appaltante non poteva costituire equipollente dell’avviso di avvio del procedimento di annotazione nel casellario informatico, in relazione al quale andava assicurata la partecipazione dell’interessato.
Si lamenta inoltre che l’annotazione non è in fatto precisa.
9.1. La censura è fondata per quanto di ragione.
L’iscrizione nel caso di specie è avvenuta ai sensi dell’art. 27, c. 2, lett. t), d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, vigente ratione temporis, a tenore del quale vanno iscritte nel casellario informatico <
In tema di garanzie partecipative relative al procedimento di iscrizione nel casellario informatico, la giurisprudenza di questo Consesso ha affermato che esse sono, in linea di principio, sempre dovute, salvo ad ammettere equipollenti quando la segnalazione da parte della stazione appaltante e la conseguente iscrizione sono un atto dovuto [Cons. St., sez. VI, 15 giugno 2010, n. 3754; Id., 24 dicembre 2009, n. 8720; Id., 4 agosto 2009, n. 4905].
Si è affermato che dell’avvio del procedimento di iscrizione di dati nel casellario informatico presso l’Autorità di vigilanza deve essere notiziato l’interessato, anche quando la trasmissione di atti al casellario, da parte delle stazioni appaltanti, è dovuta in adempimento di disposizioni di legge, attese le conseguenze rilevanti che derivano da tale iscrizione e l’indubbio interesse del soggetto all’esattezza delle iscrizioni. Invero, né dalla legge n. 241/1990, né dal sistema della legislazione sui pubblici appalti, si desume una deroga al principio generale dell’avviso di avvio del procedimento, quanto allo specifico procedimento di iscrizione dei dati nel casellario informatico presso l’Osservatorio. Anzi, una conferma della necessità di garantire la partecipazione (mediante avviso di avvio del procedimento e mediante contraddittorio) nel procedimento di iscrizione di dati e notizie nel casellario informatico si desume proprio dalla determinazione n. 1/2008 dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che ha istituito il casellario informatico per servizi e forniture [Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4905].
A ciò aggiungasi che sia il regolamento di esecuzione del codice appalti, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, sia la delibera n. 1/2010 dell’Autorità di vigilanza, prevedono garanzie partecipative quanto al procedimento di iscrizione nel casellario.
Ora, nel caso di specie, l’iscrizione è avvenuta ai sensi dell’art. 27, comma 2, lett. t) d.P.R. n. 34 del 2000, ossia ha per oggetto una notizia “ritenuta utile” dall’Osservatorio.
Se, da un lato, la comunicazione dell’esclusione da parte della stazione appaltante era un atto dovuto, dall’altro lato l’iscrizione non è avvenuta quale atto consequenziale (art. 27, comma 2, lett. r) che prevede l’iscrizione dell’esclusione), ma previa valutazione di “utilità della notizia” (art. 27, comma 2, lett. t).
Essendo stata eseguita una iscrizione previa valutazione e non una valutazione automatica, andava garantita la partecipazione dell’impresa interessata al procedimento, anche al fine della individuazione delle corrette date a cui era riferita l’irregolarità contributiva.
Per l’effetto va annullata l’iscrizione nel casellario informatico, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’Autorità di vigilanza.
10. In considerazione della complessità delle questioni e delle oscillazioni della giurisprudenza, le spese di lite possono essere interamente compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, e già riuniti:
a) dichiara inammissibili i motivi aggiunti proposti nell’appello n. 15/2012 (5393/2011);
b) respinge l’appello n. 15/2012 (5393/2011);
c) accoglie in parte l’appello n. 16/2012 (7800/2011) e per l’effetto annulla l’impugnato provvedimento di iscrizione nel casellario informatico, con salvezza degli ulteriori provvedimenti dell’Autorità;
d) respinge, nel resto, l’appello n. 16/2012 (7800/2011);
e) compensa interamente tra le parti le spese e gli onorari di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Depositata in segreteria il 4 maggio 2012.