L'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 21/2012 pubblicata il 07/06/2012, ad un mese di distanza dalla precedente sentenza n. 10/2012, torna sui requisiti di moralità degli ex amministratori.
Richiamandosi alla precedente, precisa che anche “in caso di incorporazione o fusione societaria sussiste in capo alla società incorporante, o risultante dalla fusione, l’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 anche con riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la società incorporata o le società fusesi nell’ultimo triennio ovvero che sono cessati dalla relativa carica in detto periodo (dopo il d.l. n. 70 del 2011: nell’ultimo anno). Resta ferma la possibilità di dimostrare la c.d. dissociazione”.
Il caso di specie differiva da quello deciso dalla Plenaria nella sentenza n. 10/2012 in quanto si trattava di fusione e non di cessione di azienda, tuttavia tale pronuncia, si riferiva anche al caso della fusione che veniva espressamente menzionato.
La pronuncia 10/2012 aderendo ad un'interpretazione antielusiva dell’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006, aveva ritenuto necessaria, in caso di cessione d'azienda antecedente una gara d'appalto, la dichiarazione relativa al requisito di cui all'art. 38 lett. c) del Codice degli Appalti, anche in riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la cedente nell'ultimo triennio (ora nell'ultimo anno), salvo il caso in cui il cessionario comprovi che la cessione si è svolta secondo una linea di discontinuità rispetto alla precedente gestione. Cosi come, in caso di mancata presentazione della dichiarazione e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest’ultima può essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.
Il Collegio, ha ritenuto di applicare tale orientamento anche al caso di specie, con alcuni accorgimenti.
Nel caso sottoposto al suo esame, l’omessa dichiarazione non riguardava un amministratore in carica del soggetto incorporato, ma un amministratore già cessato anche dalla società incorporata ed inoltre, mentre nel caso deciso dalla plenaria n. 10/2012 l’amministratore dell’azienda ceduta aveva pregiudizi penali, in tale vicenda l’amministratore cessato della società incorporata era incensurato.
Ad avviso dell'Adunanza, dunque, la vicenda societaria in questione non appariva in alcun modo posta in essere in funzione di eludere le regole di partecipazione alle gare per l’affidamento di pubblici appalti.
Pertanto, “la omissione di dichiarazione, o, meglio, la dichiarazione resa in gara, secondo cui non ci sono amministratori cessati nel triennio, è del tutto innocua perché non è volta a nascondere circostanze rilevanti”.
Inoltre, la clausola del bando non menzionava espressamente l’onere di dichiarazione per gli amministratori di società partecipanti ad un procedimento di fusione, sicché in virtù di quanto affermato nella precedente sentenza i concorrenti potevano essere esclusi solo se difettava il requisito sostanziale (nel senso che vi era la prova che gli amministratori per i quali era stata omessa la dichiarazione avevano pregiudizi penali).
Nel caso di specie essendo provato il possesso del requisito sostanziale, la società aggiudicataria non poteva essere esclusa dalla gara, pertanto il massimo organo della giustizia amministrativa ne ha accolto l'appello e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, ha rigettato il ricorso di primo grado.
Di seguito il testo integrale della sentenza n. 21/2012 dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato
N. 00021/2012REG.PROV.COLL.
N. 00017/2012 REG.RIC.A.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro dell’ad. plen. 17/2012 (n. di registro generale 4984 del 2011), proposto da IVRI -Istituti di Vigilanza Riuniti s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Enzo Robaldo e Maria Stefania Masini, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Roma, via della Vite, n. 7;
contro
Aldo Tarricone Sicurezza s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Giuliano Di Pardo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, piazza Barberini, n. 52;
nei confronti di
il Comune di Larino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Stefano Scarano, con domicilio eletto presso Clementino Palmiero in Roma, via Albalonga, n. 7;
Ivri Istituti di Vigilanza Riuniti D'Italia s. p. a.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. MOLISE, n. 236/2011, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO DEL SERVIZIO DI VIGILANZA PRESSO IL PALAZZO DI GIUSTIZIA DI LARINO;
Visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Aldo Tarricone Sicurezza s.r.l. e del Comune di Larino, con i relativi allegati;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
vista la decisione del Consiglio di Stato sez. V, 31 marzo 2012 n. 1886, contenente una sentenza parziale e una ordinanza di rimessione alla plenaria;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del 21 maggio 2012 il cons. Rosanna De Nictolis e uditi per le parti gli avvocati Robaldo e Scarano;
premesso in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
1. Il Comune di Larino con delibera di giunta del 23 novembre 2009 ha indetto una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di vigilanza presso il palazzo di giustizia di Larino per un periodo di tre anni (dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2012) , per un importo a base d’asta di 172.216,12 euro.
La gara è stata aggiudicata in via definitiva, giusta determinazione 11 novembre 2010 n. 1112, alla IVRI s.p.a.
2. Contro gli atti di gara ha proposto ricorso la seconda classificata Aldo Tarricone sicurezza s.r.l. (d’ora innanzi ATS), davanti al Tar Molise, articolando quattro motivi di ricorso e chiedendo il risarcimento del danno.
3. Il Tar adito, con la sentenza Tar Molise, 9 maggio 2011 n. 236, ha:
1) disatteso l’eccezione di tardività del ricorso e sotto tale profilo ha accolto il quarto motivo di ricorso, con cui si lamentava l’omessa comunicazione dell’aggiudicazione definitiva, sotto il profilo che l’omissione non aveva fatto decorrere il termine di impugnazione, sicché il ricorso era tempestivo;
2) accolto il primo motivo di ricorso e per l’effetto affermato che la IVRI s.p.a. avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, avendo omesso la dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, relativamente agli amministratori cessati nel triennio anteriore il bando, con riferimento ad amministratore di società incorporata dalla IVRI stessa;
3) respinto il secondo motivo di ricorso;
4) accolto il terzo motivo di ricorso con cui si deduceva la violazione dell’art. 48, comma 1, d.lgs. n. 163/2006;
5) assorbito la domanda di risarcimento del danno per equivalente.
4. Contro tale sentenza ha proposto appello la IVRI s.p.a.
Il Comune di Larino si è costituito in adesione all’appello.
La ATS si è costituita in resistenza all’appello, ma non ha proposto né appello incidentale quanto al motivo di ricorso respinto in prime cure, né chiesto con memoria tempestiva l’esame della domanda risarcitoria assorbita in prime cure.
5. L’atto di appello:
– ripropone l’eccezione di tardività del ricorso di primo grado;
– contesta il capo di sentenza che ha accolto il primo motivo del ricorso di primo grado;
– contesta il capo di sentenza che ha accolto il terzo motivo del ricorso di primo grado.
5.1. La V Sezione, con ordinanza n. 3229 del 2011, ha accolto la domanda incidentale di sospensione della sentenza.
In data 14 novembre 2011 il Comune e la società IVRI hanno stipulato il contratto di appalto fino al 31 dicembre 2012, e il contratto è in corso di esecuzione.
6. La V Sezione del Consiglio di Stato ha reso una decisione, 31 marzo 2012 n. 1886, che ha un duplice contenuto: sentenza parziale e ordinanza di rimessione alla plenaria.
6.1. La decisione, nella parte in cui si configura come sentenza parziale, ha:
– respinto il primo motivo di appello con cui si sostiene la tardività del ricorso di primo grado, e per l’effetto ribadito che il ricorso di primo grado è da ritenere tempestivo (da pag. 11 a pag. 14 della decisione n. 1886/2012);
– accolto il terzo motivo di appello, con cui si contestava l’accoglimento del terzo motivo del ricorso di primo grado, e per l’effetto ritenuto che IVRI s.p.a. avrebbe rispettato il termine di cui all’art. 48, d.lgs. n. 163/2006, per comprovare il possesso dei requisiti (da pag. 14 a pag. 18 della decisione n. 1886/2012).
6.2. La decisione n. 1886/2012, nella parte in cui si configura come ordinanza di rimessione all’adunanza plenaria, ha deferito all’esame di quest’ultima il secondo motivo di appello, con il quale si contesta il capo di sentenza che, in accoglimento del primo motivo del ricorso di primo grado, ha ritenuto che in caso di vicende societarie quale la fusione per incorporazione, la società incorporante che partecipa a gara di pubblico appalto deve rendere la dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 anche con riferimento agli amministratori della società incorporata (da pag. 18 a pag. 29 della decisione n. 1886/2012).
L’ordinanza di rimessione:
a) fa proprie le argomentazioni giuridiche di altra ordinanza della V Sezione, 14 febbraio 2012 n. 711, che ha rimesso alla plenaria analoga questione con riferimento al caso di cessione di azienda, propugnando l’accoglimento della soluzione secondo cui la dichiarazione in questione non dovrebbe essere resa – da parte del cessionario di azienda/società incorporante, per gli amministratori della azienda ceduta/società incorporata;
b) ricorda inoltre la decisione della III Sezione n. 4323/2011 che ha ritenuto necessaria la dichiarazione suddetta anche per gli amministratori cessati della società incorporata;
c) propone un ulteriore argomento a sostegno della tesi della insussistenza del dovere di dichiarazione, affermando che la fusione per incorporazione non comporterebbe una successione universale, di talché gli amministratori della incorporata cessati nel triennio non sarebbero ex amministratori della incorporante;
d) in via subordinata osserva che l’obbligo di dichiarazione non dovrebbe sussistere quando la operazione societaria non è frutto di intenti elusivi della disciplina degli appalti; nel caso di specie difetterebbe qualsivoglia intento elusivo, e peraltro l’amministratore cessato, della incorporata, per il quale la incorporante ha omesso la dichiarazione, è nella specie incensurato.
DIRITTO
1. Prima di risolvere il quesito di diritto è bene avere chiaro il quadro fattuale.
Il signor Giovanni Tedeschi, incensurato, ha fatto parte, come amministratore, di IVRI Campobasso, ed è cessato dalla carica nel febbraio del 2007.
Nell’aprile del 2008 IVRI Campobasso è stata fusa per incorporazione in IVRI Chieti, partecipante alla gara.
Il bando di gara è del dicembre del 2009.
In base a quanto stabilito dall’art. 3/e) del disciplinare, i concorrenti erano tenuti a dichiarare che nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara non vi fossero soggetti cessati dalle cariche societarie indicate nell’art. 38, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 163 del 2006, ovvero a indicare l’elenco degli eventuali soggetti cessati dalle cariche societarie suindicate nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando, e che per i predetti soggetti non erano state pronunciate sentenze di condanna passate in giudicato o di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444, cod. proc. pen., per reati incidenti sulla affidabilità morale e professionale, e comunque che non vi erano condanne con sentenza passata in giudicato per uno o più reati menzionati nel medesimo art. 3/e), ovvero, nel caso di sentenze a carico, che erano stati adottati atti e misure di completa dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata dimostrabili con la documentazione allegata alla dichiarazione.
Il rappresentante di IVRI Chieti, in sede di domanda di partecipazione alla procedura di gara, ha dichiarato che, nel triennio antecedente la data di pubblicazione del bando di gara, non vi erano soggetti cessati dalle cariche societarie di cui all’art. 38/c) del d.lgs. n. 163 del 2006 (il 26 febbraio 2007, vale a dire nel triennio antecedente l’indizione della gara, il Tedeschi era cessato dalla carica di amministratore, munito dei poteri di legale rappresentanza, di IVRI Campobasso, quale società incorporata da IVRI Chieti l’11 aprile 2008).
2. La questione di diritto sottoposta all’esame del Collegio è stata di recente decisa dall’adunanza plenaria con la sentenza 4 maggio 2012 n. 10 (resa sulla ordinanza di rimessione della V Sezione, 14 febbraio 2012 n. 711), sia pure con riferimento al caso, parzialmente diverso, della cessione di azienda, ma con affermazioni di principio estensibili anche al caso di fusione/incorporazione.
Il Collegio non intende discostarsi dai principi di diritto ivi espressi, che peraltro devono essere correttamente applicati caso per caso, come la stessa plenaria n. 10/2012 ricorda.
Il caso specifico differisce infatti da quello deciso dalla plenaria n. 10/2012, non solo perché, in diritto, si disputa di fusione e non di cessione di azienda, ma anche per due essenziali elementi di fatto:
a) l’omessa dichiarazione non riguarda un amministratore in carica del soggetto incorporato, ma un amministratore già cessato anche dalla società incorporata;
b) mentre nel caso deciso dalla plenaria n. 10/2012 l’amministratore dell’azienda ceduta aveva pregiudizi penali, in tale vicenda l’amministratore cessato della società incorporata era incensurato.
3. La citata pronuncia della plenaria n. 10/2012, aderendo ad una interpretazione antielusiva dell’obbligo di dichiarazione di cui all’art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006, si riferisce anche al caso della fusione, che viene espressamente menzionato.
Osserva infatti la citata plenaria che non è dubitabile che, stante il principio di tipicità e tassatività delle cause di esclusione, la norma in questione, al pari delle altre preclusive della partecipazione del concorrente alle procedure di gara, non sia suscettibile di interpretazione tale da introdurre ulteriori e non previste cause ostative. Si tratta, invece, di chiarire se il contenuto della stessa norma già di per sé comprenda o meno ipotesi non testuali, ma pur sempre ad essa riconducibili sotto il profilo della sostanziale continuità del soggetto imprenditoriale a cui si riferiscono, sicché il soggetto cessato dalla carica sia identificabile come interno al concorrente.
In tale quadro, l’adunanza n. 10/2012 è dell’avviso che nella causa di esclusione in esame non possa non ricadere anche l’ipotesi in cui affiori l’intento di eludere la norma in relazione a vicende in atto o prevedibili. Diversamente opinando si finirebbe infatti col disattendere lo scopo stesso della preclusione di legge, da individuarsi sicuramente in quello di impedire anche solo la possibilità di inquinamento dei pubblici appalti di lavori, servizi e forniture derivante dalla partecipazione alle relative procedure di affidamento di soggetti di cui sia accertata la mancanza di rigore comportamentale con riguardo a circostanze gravemente incidenti sull’affidabilità morale e professionale.
In questo senso, a fronte di tale scopo essenziale e preminente, non possono militare in senso contrario l’esigenza di certezza giuridica, intesa in termini impeditivi di ogni interpretazione non strettamente letterale, e la tutela della libertà d’impresa, laddove agiscano a scapito dello scopo stesso.
La citata plenaria n. 10/2012 menziona, e fa proprio, l’orientamento giurisprudenziale che ritiene necessaria la dichiarazione nelle ipotesi di fusione o di incorporazione di società, ancorché venute in essere antecedentemente all’avvio della gara e osserva che in tali casi la vicenda realizza una successione a titolo universale fra i soggetti interessati ovvero, alla luce della riforma del diritto societario disposta dal d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, la loro mera trasformazione e lascia dunque ferma, per definizione, la continuità dell’attività imprenditoriale.
Con riguardo al caso di cessione di azienda o di ramo di azienda in cui, secondo la plenaria n. 10/2012, si verifica successione a titolo particolare, si ha comunque il passaggio all’avente causa dell’intero complesso dei rapporti attivi e passivi nei quali l’azienda stessa o il suo ramo si sostanzia. Il che rende la vicenda ben suscettibile di comportare pur essa la continuità tra precedente e nuova gestione imprenditoriale.
La responsabilità per fatto di soggetto giuridico terzo a cui soggiace il cessionario trova risposta nel principio ubi commoda, ibi incommoda: il cessionario, come si avvale dei requisiti del cedente sul piano della partecipazione a gare pubbliche, così risente delle conseguenze, sullo stesso piano, delle eventuali responsabilità del cedente.
La plenaria n. 10/2012, affermato il principio, osserva che tuttavia possa aversi riguardo a peculiarità dei casi specifici:
a) anzitutto, è comunque dato al cessionario comprovare l’esistenza nel caso concreto di una completa cesura tra vecchia e nuova gestione, tale da escludere la rilevanza della condotta dei precedenti amministratori e direttori tecnici operanti nell’ultimo triennio e, ora, nell’ultimo anno, presso il complesso aziendale ceduto;
b) resta altresì fermo – tenuto anche conto della non univocità delle norme circa l’onere del cessionario – che in caso di mancata presentazione della dichiarazione e sempre che il bando non contenga al riguardo una espressa comminatoria di esclusione, quest’ultima potrà essere disposta soltanto là dove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione.
4. Ritiene il Collegio che gli argomenti esposti dalla plenaria n. 10/2012 valgono a superare anche gli argomenti, suggeriti nell’ordinanza di rimessione, fondati sull’assenza di successione universale nella fusione nel caso di specie.
Si tratta infatti comunque di una vicenda che ha comportato la continuità del precedente soggetto confluito nel nuovo, come già esposto dalla citata plenaria.
4.1. In dettaglio, assume l’ordinanza di rimessione che il novellato art. 2504-bis cod. civ. configura le operazioni di trasformazione o fusione societaria non come successione universale, ma come vicenda evolutiva dei medesimi soggetti originari partecipanti alla operazione societaria; di tal che, gli amministratori cessati della società incorporata o fusa, non sarebbero mai stati amministratori della nuova società.
4.2. Secondo l’art. 2504-bis, comma 1, cod. civ., nel testo anteriore alla novella recata dal d.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, “la società che risulta dalla fusione o quella incorporate assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte”.
La giurisprudenza ne traeva la pacifica conseguenza che la trasformazione o fusione danno luogo ad una vicenda di successione a titolo universale, con quel che ne consegue quanto all’interruzione del processo (Cass. civ., sez. un. 28 dicembre 2007, n. 27183; Id. sez. II, 25 febbraio 2011 n. 4740).
Il novellato art. 2504-bis, comma 1, cod. civ., non fa più menzione delle società “estinte” ma di società “partecipanti” all’operazione societaria, disponendo che “la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione”.
La giurisprudenza ha conseguentemente ritenuto che la fusione per incorporazione di una società in un’altra, alla stregua di quanto dispone il novellato art. 2504-bis, comma 1, cod. civ., non è causa d’interruzione del processo del quale quella società sia parte, trattandosi di un evento da cui consegue non già l’estinzione della società incorporata, bensì l’integrazione reciproca delle società partecipanti all’operazione, ossia di una vicenda meramente evolutiva del medesimo soggetto, che conserva la propria identità pur in un nuovo assetto organizzativo (Cass. civ. [ord.], sez. un., 8 febbraio 2006, n. 2637).
Siffatta ricostruzione è stata operata dalle Sezioni unite della Cassazione al precipuo fine di escludere l’interruzione dei processi in caso di fusione o incorporazione, ma non sposta i termini della questione sottoposta alla plenaria.
E, invero, anche a voler aderire alla prospettazione secondo cui non vi è estinzione delle società partecipanti all’operazione societaria, ma loro continuità nel nuovo soggetto, a maggior ragione perdura, per le società che proseguono sotto la nuova identità della società incorporante o risultante dalla fusione, l’onere di rendere la dichiarazione relativa ai propri amministratori cessati.
Infatti la società incorporante o risultante dalla fusione, – se non è, in base a tale ricostruzione, un successore universale, – tuttavia nemmeno è un soggetto “altro” e “diverso”, ma semmai un soggetto composito in cui proseguono la loro esistenza le società partecipanti all’operazione societaria. Per l’effetto non si possono considerare “altrui” gli amministratori che sono amministratori di un soggetto che è parte del tutto, e che conserva la sua identità originaria sotto una diversa forma giuridica.
Diversamente opinando, si arriverebbe alla paradossale conclusione che date due società A e B aventi ciascuna amministratori con pregiudizi penali, a seguito di fusione esitante nella società C, quest’ultima non sarebbe tenuta a rendere dichiarazione né per gli amministratori della società A né per quelli della società B.
5. Si tratta ora di verificare se, nel caso di specie, alla società appellante doveva essere applicata l’esclusione, per omessa dichiarazione.
5.1. In punto di diritto si deve premettere che l’art. 38, comma 2, impone la presentazione della dichiarazione sostitutiva attestante il possesso dei requisiti morali, e della dichiarazione sostitutiva completa, a pena di esclusione. Tanto si desumeva dal tenore testuale della previsione, formulata in termini imperativi, già prima dell’entrata in vigore del d.l. 13 maggio 2011, n. 70.
Tanto vale anche dopo l’entrata in vigore di quest’ultimo, che ha inserito nell’art. 46, d.lgs. n. 163 del 2006, il comma 1-bis, a tenore del quale “La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti”. La previsione rende evidente che la esclusione dalle gare possa essere disposta, oltre che nei casi in cui disposizioni del codice o del regolamento la prevedano espressamente, anche nei casi in cui dette disposizioni impongano adempimenti doverosi ai concorrenti o candidati, o dettino norme di divieto, pur senza prevedere una espressa sanzione di esclusione.
5.2. In punto di fatto si deve osservare che, nel caso per cui è processo, e a differenza che nel caso concreto su cui ha deciso la plenaria n. 10/2012, la vicenda societaria non appare in alcun modo posta in essere in funzione di elusione delle regole di partecipazione alle gare per l’affidamento di pubblici appalti.
Prova ne è che l’amministratore cessato di cui si discute, – e già cessato presso la società incorporata prima ancora che la fusione avesse luogo – , è incensurato.
Pertanto, la omissione di dichiarazione, o, meglio, la dichiarazione resa in gara, secondo cui non ci sono amministratori cessati nel triennio, è del tutto innocua perché non è volta a nascondere circostanze rilevanti.
La legge di gara, come osservato anche dall’ordinanza di rimessione, commina l’esclusione in caso di omissione della dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163 del 2006.
Occorre peraltro tener conto che la clausola del bando non menziona espressamente l’onere di dichiarazione per gli amministratori di società partecipanti ad un procedimento di fusione, e tanto in un contesto di incertezza interpretativa in ordine alla portata del citato art. 38, comma 1, lett. c), incertezza chiarita solo con la plenaria n. 10/2012 e con la plenaria odierna.
In una situazione siffatta, di oscillazione della giurisprudenza e di clausola del bando che non prevede espressamente l’onere di rendere la dichiarazione relativamente agli amministratori delle società partecipanti alla fusione o incorporate, le stazioni appaltanti sono tenute ad esercitare un potere di soccorso nei confronti dei concorrenti, ammettendoli a fornire la dichiarazione mancante, sicché i concorrenti potranno essere esclusi solo se difetti il requisito sostanziale (nel senso che vi sia la prova che gli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi penali), ovvero se essi non rendano, nel termine indicato dalla stazione appaltante, la dichiarazione mancante.
Nel caso di specie:
a) la clausola del bando non menziona l’onere di rendere la dichiarazione con riguardo agli amministratori delle società partecipanti a procedimenti di fusione/trasformazione;
b) la stazione appaltante non aveva rilevato la causa di esclusione, afferente all’aggiudicatario;
c) la causa di esclusione è stata dedotta in giudizio come motivo di ricorso, da parte del concorrente secondo classificato;
d) nel corso del giudizio è emersa l’assenza assoluta di lesività della omissione della dichiarazione, essendo pacifico tra le parti che l’amministratore a cui si riferisce l’omissione non ha pregiudizi penali;
e) essendo provato il possesso del requisito sostanziale, la società aggiudicataria, odierna appellante, non poteva essere esclusa dalla gara.
6. Si devono in conclusione esprimere i seguenti principi di diritto:
“1)in caso di incorporazione o fusione societaria sussiste in capo alla società incorporante, o risultante dalla fusione, l’onere di presentare la dichiarazione relativa al requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006 anche con riferimento agli amministratori ed ai direttori tecnici che hanno operato presso la società incorporata o le società fusesi nell’ultimo triennio ovvero che sono cessati dalla relativa carica in detto periodo (dopo il d.l. n. 70 del 2011: nell’ultimo anno). Resta ferma la possibilità di dimostrare la c.d. dissociazione.
2)l’art. 38, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, sia prima che dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 70 del 2011, impone la presentazione di una dichiarazione sostitutiva completa, a pena di esclusione, e tale dichiarazione sostitutiva deve essere riferita, quanto all’art. 38, comma 1, lett. c), anche agli amministratori delle società che partecipano ad un procedimento di incorporazione o di fusione, nel limite temporale ivi indicato;
3) nel contesto di oscillazioni della giurisprudenza e di conseguente incertezza delle stazioni appaltanti, fino alla plenaria n. 10/2012 e alla plenaria odierna, i concorrenti che omettono la dichiarazione di cui all’art. 38, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 163/2006, relativamente agli amministratori delle società partecipanti al procedimento di fusione o incorporazione, possono essere esclusi dalle gare – in relazione alle dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 38, comma 1, lett. c) fino alla data di pubblicazione della presente decisione – solo se il bando espliciti tale onere di dichiarazione e la conseguente causa di esclusione; in caso contrario, l’esclusione può essere disposta solo ove vi sia la prova che gli amministratori per i quali è stata omessa la dichiarazione hanno pregiudizi penali”.
7. Consegue l’accoglimento dell’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, il rigetto del ricorso di primo grado.
Le spese di lite, in considerazione delle oscillazioni della giurisprudenza, della novità delle questioni giuridiche e della peculiarità della situazione di fatto, possono essere compensate in relazione ad entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Coraggio, Presidente del Consiglio di Stato
Giorgio Giovannini, Presidente aggiunto del Consiglio di Stato
Gaetano Trotta, Presidente di sezione
Pier Giorgio Lignani, Presidente di sezione
Stefano Baccarini, Presidente di sezione
Alessandro Botto, Consigliere
Rosanna De Nictolis, Consigliere, Estensore
Marzio Branca, Consigliere
Francesco Caringella, Consigliere
Anna Leoni, Consigliere
Maurizio Meschino, Consigliere
Raffaele Greco, Consigliere
Angelica Dell'Utri, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/06/2012
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
Il Dirigente della Sezione