Le obbligazioni nascenti a carico delle parti a seguito della consegna anticipata dei lavori, pur se di carattere preparatorio e temporaneo, in quanto destinate a restare definitivamente suggellate nel contratto, sono effettivamente sorte e non potrebbe dubitarsi della loro piena vincolatività, pena altrimenti la frustrazione dell’istituto acceleratorio, finalizzato a soddisfare il prevalente interesse pubblico alla conclusione dei lavori appaltati nel rispetto di termini particolarmente stringenti.
Così si è espressa la Sesta sezione del Consiglio di Stato nella sentenza n. 3320 del 6 giugno scorso, rigettando l'appello proposto da una società invocante la riforma della sentenza del Tar Salerno n. 279/2007, che le aveva respinto il ricorso contro la determina di risoluzione per inadempimento dell'affidamento di alcuni lavori di cui era aggiudicataria.
Nella specie, l'appellante sosteneva l'illegittimità della risoluzione per inesistenza di un contratto inter partes. Tuttavia il Consiglio ha rilevato che la consegna dei lavori era avvenuta in via d'urgenza e sotto riserva di legge, circostanza che è sufficiente a ritenere corretta la ritenuta insorgenza, in via anticipata, di diritti ed obblighi in capo alle parti, in relazione agli impegni immediati dalle stesse assunti, per come risultanti dal verbale di consegna. E pertanto, nonostante l'assenza di quello che viene propriamente definito “vincolo contrattuale”, l'inadempimento dell'impresa configura comunque un'ipotesi di inadempimento contrattuale.
Osserva, inoltre, il Collegio che le obbligazioni scaturenti dal verbale di consegna assurgono al grado delle pattuizioni contrattuali. Nel caso sotto il suo esame, dal verbale di consegna si desume che l'appellante, quale impresa incaricata della esecuzione in quanto aggiudicataria dell’appalto, aveva accettato di dar corso alla rapida realizzazione delle opere, che avrebbe dovuto ultimare nel termine di 120 giorni dalla consegna. In realtà, l'appellante è rimasta inerme per circa 6 mesi dalla consegna.
Stante ciò, ad avviso della sesta sezione del Consiglio di Stato, l'inerzia dell'appellante-appaltatrice configura un inadempimento contrattuale e pertanto legittima è la risoluzione operata dal resistente-appaltante. Ricorso respinto con condanna alle spese.
Di seguito, il testo della sentenza n. 3320/2012 del Consiglio di Stato
N. 03320/2012REG.PROV.COLL.
N. 04937/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4937 del 2007, proposto dalla s.a.s. Matera, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea Abbamonte, con domicilio eletto presso il medesimo difensore in Roma, via degli Avignonesi, 5;
contro
Consorzio di Bonifica Paestum – Sinistra del Sele, in persona del presidente e legale rappresentante,rappresentato e difeso dagli avvocati. Claudio Martino e Arcangelo Guzzo, con domicilio eletto presso lo studio legale del primo in Roma, via Antonio Gramsci N.9;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SEZ. STACCATA DI SALERNO: SEZIONE I n. 279/2007, resa tra le parti, concernente REVOCA APPALTO PER REALIZZAZIONE TETTI FOTOVOLTAICI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 maggio 2012 il Consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti gli avvocati Andrea Abbamonte e Arcangelo Guzzo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- La s.a.s. Matera impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. di Salerno, 22 marzo 2007, n. 279, nella parte in cui ha respinto il ricorso di primo grado n. 1035 del 2005 dalla stessa proposto avverso la deliberazione della deputazione amministrativa del Consorzio di bonifica Paestum-Sinistra Sele n. 21 del 20 febbraio 2005, recante la determinazione di risoluzione per inadempimento dell’affidamento dei lavori funzionali alla realizzazione di 11 tetti fotovoltaici da eseguirsi nei Comuni di Campagna, Serre, Albanella e Capaccio.
La società appellante insiste anche in questo grado nel sostenere la illegittimità del provvedimento in primo grado impugnato e la contraddittorietà della sentenza che, pure avendo riconosciuta la inesistenza di un contratto inter partes ai fini della giurisdizione, avrebbe nondimeno ritenuto corretta la ricostruzione della fattispecie operata dal Consorzio appellato in termini di inadempimento contrattuale imputabile ad essa deducente.
Rileva inoltre l’appellante la ascrivibilità al solo Consorzio intimato del ritardo nell’avvio dei lavori di realizzazione dell’impianto, evidenziando in particolare l’atteggiamento inerte di quest’ultimo nella predisposizione della documentazione funzionale ad ottenere il titolo edilizio per l’avvio dei lavori.
La società conclude per l’accoglimento dell’appello e per l’annullamento, in riforma della impugnata sentenza, dell’atto di risoluzione oggetto del ricorso di primo grado.
Si è costituito in giudizio l’intimato Consorzio per resistere al ricorso in appello e per chiederne la reiezione.
All’udienza del 4 maggio 2012 la causa è stata trattenuta per la sentenza.
Ritiene la Sezione che l’appello è infondato e va respinto.
2.- Con il primo motivo la società appellante deduce che in carenza di titolo contrattuale non può darsi inadempimento, posto che il vincolo giuridico suppone la stipula del contratto, nella specie non ancora avvenuta non essendo peraltro decorso, ai sensi dell’art. 109 del d.P.R. n. 554 del 1999, il termine di 60 giorni dalla aggiudicazione; rileva pertanto l’appellante società la contraddittorietà della sentenza che, pur dando atto, ai fini della ritenuta giurisdizione del giudice amministrativo, della mancanza di un contratto inter partes, avrebbe nondimeno ravvisato la ricorrenza di una fattispecie di inadempimento contrattuale imputabile.
La doglianza non può essere condivisa.
Nella specie la consegna dei lavori è effettivamente avvenuta in via d’urgenza e sotto riserva di legge, ai sensi dell’art. 129, comma 4, e 130 del d.P.R n. 554 del 1999 (applicabili ratione temporis alla controversia in esame); tale circostanza è di per sé sufficiente a ritenere corretta la ritenuta insorgenza, in via anticipata, di diritti ed obblighi in capo alle parti, in relazione agli impegni immediati dalle stesse assunti, per come risultanti dal verbale di consegna.
Le obbligazioni nascenti a carico delle parti a seguito della consegna anticipata dei lavori, pur se di carattere preparatorio e temporaneo, in quanto destinate a restare definitivamente suggellate nel contratto, sono effettivamente sorte e non potrebbe dubitarsi della loro piena vincolatività, pena altrimenti la frustrazione dell’istituto acceleratorio, finalizzato a soddisfare il prevalente interesse pubblico alla conclusione dei lavori appaltati nel rispetto di termini particolarmente stringenti.
Nel caso in esame, come si è esposto, l’Amministrazione si è avvalsa della facoltà di consegnare i lavori in via d’urgenza e la odierna appellante, quale impresa incaricata della esecuzione in quanto aggiudicataria dell’appalto, ha accettato – come si desume dal processo verbale di consegna del 26 marzo 2004 – di dar corso alla rapida realizzazione delle opere, la cui ultimazione era stata fissata al 26 luglio 2004.
Non rileva d’altronde che, ai fini della giurisdizione, il giudice di primo grado abbia ritenuto dirimente, per inferirne la sussistenza della giurisdizione amministrativa, la mancata stipula del contratto, ciò che peraltro costituisce un dato oggettivo non contestato.
Né in questa sede potrebbe discutersi, in carenza di specifico motivo d’appello sulla questione di giurisdizione, in ordine alla congruità del criterio discretivo formale individuato dal giudice di primo grado, peraltro nel solco di un consolidato orientamento della giurisprudenza, ai fini del riparto della giurisdizione.
3.- Con distinti motivi l’appellante torna a contestare nel merito, criticando anche sul punto la sentenza impugnata, la determinazione risolutoria adottata dalla Amministrazione ed oggetto del giudizio di primo grado; nella prospettazione dell’appellante, le inadempienze contrattuali, ove mai ravvisabili, sarebbero da imputare alla Amministrazione appaltante.
Ma neanche tali censure appaiono meritevoli di condivisione.
Anzitutto non è fondato il rilievo, assuntivamente di ostacolo all’avvio dei lavori, relativo alla carenza di perizia geologica e di studio geotecnico, da fornire da parte della Amministrazione; né il bando di gara, né il disciplinare, né il capitolato speciale d’appalto, né il verbale di consegna dei lavori hanno mai fatto riferimento a tali documenti tecnici, di cui il Consorzio appellato ha fondatamente contestato la propedeuticità rispetto ai lavori da eseguire ( posa in opera di pannelli fotovoltaici su pensiline metalliche), anche a mezzo del richiamo alla determinazione interpretativa n. 3 del 2002 dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici.
Quanto alle ulteriori carenze istruttorie che avrebbero determinato, secondo la tesi dell’appellante, il ritardato avvio dei lavori per fatto alla stessa non imputabile, appaiono incensurabili i rilievi del giudice di primo grado secondo cui per un verso la presentazione della denuncia di inizio di attività era incombente posto a carico della impresa esecutrice, ai sensi dell’art. 54 bis n. 2 del capitolato speciale di appalto, mentre il deposito degli elaborati progettuali presso il genio civile è mancato per la omessa sottoscrizione degli stessi ad opera della impresa.
D’altra parte, come non ha mancato di rilevare questo Consiglio di Stato anche in sede cautelare con l’ordinanza resa all’esito della camera di consiglio del 10 luglio 2007, la società è rimasta inerte per un periodo di circa sei mesi dalla data di consegna dei lavori quando invece avrebbe dovuto ultimare le opere appaltate nel termine di giorni 120 dalla consegna (cfr. anche la nota del Consorzio n. 6708 del 29 settembre 2004, che ha diffidato al rispetto del termine).
4.- Non può essere accolta nemmeno la censura afferente la pretesa violazione degli istituti partecipativi, potendosi attribuire natura di decadenza all’atto impugnato in primo grado.
Innanzitutto, si è sopra evidenziato che, in caso di consegna anticipata dei lavori, gli obblighi ed i diritti delle parti, in quanto effetti anticipati del contratto, rivestono natura paritetica; per tal ragione il loro esercizio si sottrae al rispetto delle regole del procedimento amministrativo, la cui applicazione imporrebbe in ogni caso di non riconnettere effetti invalidanti al vizio della mancata comunicazione d’avvio del procedimento, in ragione del fatto che, alla luce dei rilievi svolti, il provvedimento finale non avrebbe potuto avere contenuto diverso da quello in concreto assunto, anche ove fosse stata garantita la partecipazione del rappresentante dell’impresa affidataria dei lavori (art. 21 octies della legge 7 agosto 1990 n. 241).
Peraltro, la censura va respinta anche perché non ha tenuto conto di quanto è avvenuto nel corso del procedimento, durante il quale più volte l’appellante è stata posta in grado di interloquire, come ha fatto, con l’Amministrazione (v. la nota della società del 25 settembre 2004, cui è seguita la nota del Consorzio n. 6708 del 29 settembre 2009 che ha diffidato al rispetto del termine, nonché v. la ulteriore deduzione della società, cui è seguita la nota del direttore dei lavori di data 18 ottobre 2004, che ha invitato l’impresa a trasmettere ulteriori deduzioni, poi fornite in data 5 novembre 2004).
5.- Da ultimo non appare meritevole di accoglimento neppure il motivo inerente l’incameramento della cauzione, affidato anch’esso al rilievo formale secondo cui, in mancanza di stipula contrattuale, non vi era spazio per l’applicazione della garanzia prestata per la sua esecuzione. Infatti, la stipula del contratto è mancata proprio a causa della constatata inadempienza agli obblighi esecutivi nascenti dalla consegna anticipata dei lavori, di tal che non vi era motivo perché la stazione appaltante, constatato legittimamente l’inadempimento dell’impresa esecutrice agli impegni assunti in sede di consegna dei lavori, non facesse luogo all’escussione della cauzione, prestata a garanzia della corretta esecuzione del contratto (sia pur nei limiti dell’ammontare indicato dai giudici di primo grado).
6.- In definitiva l’appello va respinto in quanto infondato.
Le spese del secondo grado di lite seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello RG n. 4937/2007), come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la società appellante al pagamento, in favore del Consorzio appellato, delle spese e degli onorari del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre iva e cpa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Rosanna De Nictolis, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere, Estensore
Bernhard Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/06/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)