Elezioni Regionali 2013: incandidabili i condannati in via definitiva

Chi ha riportato una condanna definitiva per abuso d’ufficio, anche se datata, non può candidarsi alle imminenti elezioni regionali. A vietarlo il D.Lgs. n. 235/2012 "Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilita' e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell'articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190", che dunque risulta applicabile in via retroattiva.

Lo afferma la quinta sezione del Consiglio di Stato, presieduta da Stefano Baccarini, con la sentenza n. 695 del 6 febbraio 2013.

Il collegio respinge così il ricorso proposto da un candidato per l’elezione del Presidente della Giunta Regionale e del Consiglio Regionale del Molise, prevista per i giorni 24 e 25 febbraio 2013, contro l'Ufficio Centrale Regionale Per L'Elezione del Pres. e Giunta Reg. della Regione Molise, U.T.G. – Prefettura di Campobasso, Ministero dell'Interno per la riforma della sentenza breve del T.A.R. MOLISE  n. 00027/2013, concernentela  cancellazione del nominativo del candidato dalla lista regionale.

Dal casellario giudiziale risultava infatti a carico del ricorrente, una sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Campobasso, divenuta definitiva il 19.12.2001, relativa al delitto di abuso d’ufficio.

L’Ufficio Centrale Regionale per le elezioni regionali in Molise, aveva dunque cancellato il nominativo del ricorrente dalla lista dei candidati in ragione della ritenuta ricorrenza della causa di incandidabilità sancita dall’art. 7, comma 2, lett. c), del decreto legislativo 31 dicembre 2012, n. 235.

Il ricorrente sosteneva invece che la normativa inibitoria di cui al  D.Lgs. n. 235/2012 sarebbe stata applicabile solo con riferimento alle sentenze successive alla sua entrata in vigore.

Tuttavia l'organo di vertice della giustizia amministrativa osserva come "l’applicazione delle cause ostative di cui allo jus superveniens alle sentenze di condanna intervenute in un torno di tempo anteriore non si pone in contrasto con il dedotto principio, ricavabile dalla Carta Costituzionale e dalle disposizioni della CEDU, dell’irretroattività delle norme penali e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive".

"La disposizione in questione contempla casi di non candidabilità che il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha ritenuto di configurare in relazione al fatto che l'aspirante candidato abbia subito condanne in relazione a determinate tipologie di reato caratterizzate da uno speciale disvalore (Corte Cost. sentt. n. 407/1992; n. 114/1998). – si legge nella sentenza – Il fine primario perseguito è quello di allontanare dallo svolgimento del rilevante munus pubblico i soggetti la cui radicale inidoneità sia conclamata da irrevocabili pronunzie di giustizia. In questo quadro la condanna penale irrevocabile è presa in considerazione come mero presupposto oggettivo cui è ricollegato un giudizio di "indegnità morale" a ricoprire determinate cariche elettive: la condanna stessa viene, quindi, configurata alla stregua di "requisito negativo" o “qualifica negativa” ai fini della capacità di partecipare alla competizione elettorale e di mantenere la carica (Corte Cost., sentenza 31 marzo 1998, n. 114, con riguardo all’analoga fattispecie delle cause di incandidabilità previste, in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali, dalla legge 18 gennaio 1992, n. 16)".

"L’applicazione della richiamata disciplina ai procedimenti elettorali successivi alla sua entrata in vigore, pur se con riferimento a requisiti soggettivi collegati a fatti storici precedenti, non dà la stura ad una situazione di retroattività ma costituisce applicazione del principio generale tempus regit actum che impone, in assenza di deroghe, l’applicazione della normativa sostanziale vigente al momento dell’esercizio del potere amministrativo", aggiunge il collegio.

Quindi risulta vano invocare la Costituzione o la Convenzione europea dei diritti dell’uomo: non è un problema di irretroattività della legge penale, ma l’aver subito una condanna penale definitiva costituisce un requisito negativo che giustifica l'esclusione dalla partecipazione alla competizione.

Qui il testo integrale della sentnza n. 695/2013 del Consiglio di Stato

Redazione

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